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Moby Prince, 10-04-1991

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view post Posted on 10/4/2011, 10:06
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Al nome della nave traghetto Moby Prince, della compagnia di navigazione privata Nav.Ar.Ma, è legata la più grave tragedia che abbia colpito la Marina mercantile italiana dal secondo dopoguerra

La tragedia, avvenuta poco al largo del Porto di Livorno la sera del 10 aprile 1991, coinvolse lo stesso Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo, con la quale il traghetto entrò in collisione.

Il caso vuole che l'incidente Moby Prince - Agip Abruzzo sia anche uno dei due maggiori disastri ambientali nei mari italiani e che entrambi questi eventi si siano verificati nel mese di aprile del 1991: l'esplosione (che poi ha portato al naufragio) sulla petroliera Amoco Milford Haven al largo di Voltri si è infatti verificata la mattina del 11 aprile 1991, neanche 10 ore dall'incidente del Moby Prince.

Morirono nel rogo successivo allo scontro tra il traghetto e la petroliera Agip Abruzzo tutte le 140 persone a bordo del Moby Prince, equipaggio e passeggeri, tranne il giovane mozzo napoletano Alessio Bertrand

Il 28 maggio 1998, la nave (posta sotto sequestro) affondò nelle acque del Porto di Livorno mentre era ormeggiata alla banchina; in seguito fu recuperata, per poi essere avviata alla demolizione in Turchia.

Il Moby Prince
Costruito nel 1967 nei cantieri navali Cammel Laird & Co Ltd , in Gran Bretagna, per la compagnia olandese Stoomvaart Maatschappij Zeeland sotto il nome di Koningin Juliana, acquistato dalla Nav.Ar.Ma nel 1986 ed entrato in servizio l'8 maggio del medesimo anno; la nave stazzava 6187 tonnellate lorde ed era dotata di 4 motori entrobordo che le consentivano una velocità massima di 19 nodi. Lungo 131,5 metri e largo 20, aveva una capacità di carico di 1500 passeggeri e 360 veicoli.

Incidente
Alle ore 22:03 del 10 aprile 1991, il traghetto Moby Prince, in servizio di linea tra Livorno e Olbia, mollò gli ormeggi per la traversata. A bordo era presente l'intero equipaggio, formato da 65 persone agli ordini del comandante Ugo Chessa e 75 passeggeri. Il traghetto, durante la percorrenza del cono di uscita del porto, colpì con la prua la petroliera Agip Abruzzo, penetrando all'interno della cisterna numero 7, contenente circa 2700 tonnellate di petrolio Iranian Light [6]. Alle ore 22:25, il marconista di bordo lanciò il Mayday dal VHF portatile, e non dalla postazione radio, dato che, come stabilito anche dal punto in cui fu ritrovato il cadavere, al momento dell'impatto non si trovava in sala radio.

Parte del petrolio fuoriuscì allargandosi in mare e incendiandosi, mentre la parte di petrolio sopra il livello di galleggiamento della petroliera venne spruzzato sul Moby Prince, incendiandolo.

Non è possibile stabilire esattamente quanto greggio sia stato "spruzzato" sul Moby, secondo l'ingegnere Del Bene, nominato come consulente di Parte civile nel processo, si trattò di una quantità compresa tra le 100 e le 300 tonnellate.

Dopo lo scontro, la petroliera accese i motori e si disincagliò dal traghetto, favorendo però con lo spostamento, una maggiore fuoriuscita del petrolio .

L'incendio sprigionatosi all'esterno della nave probabilmente penetrò all'interno del traghetto a causa della rottura di due coperchi che separavano la coperta prodiera dal garage superiore (probabilmente fino al locale eliche di prua) .

Tuttavia l'incendio non si propagò subito a tutta la nave, in quanto il Moby Prince era provvisto di paratie tagliafuoco per impedire la propagazione delle fiamme. Si stima che le fiamme siano arrivate all'altezza del salone De Lux (dove sono state ritrovate gran parte delle 140 vittime) in un tempo sicuramente superiore alla mezz'ora. I soccorsi partirono in mare solo dopo le ripetute richieste di aiuto da parte dell'Agip Abruzzo. Il relitto della Moby Prince non venne individuato fino alle ore 23:35. Il Moby Prince, con i motori ancora in funzione, percorse ancora alcuni metri, allontanandosi dal punto d'impatto e iniziando a girare in senso circolare e rendendo ancora più difficoltosa la sua individuazione .

Si appurò, in seguito, che l'equipaggio fece sistemare, in attesa dei soccorsi (attesi in brevissimo tempo, visto la vicinanza delle banchine del porto), gran parte dei passeggeri nel salone De Lux posto a prua della nave e dotato di pareti e porte tagliafuoco. Le fiamme provenivano appunto dalla parte anteriore della nave e, raggiunto il salone, lo "scavalcarono", passando intorno e infiammando tutti gli arredi e le strutture circostanti al suo perimetro. In questo modo il salone De Lux si trovò esattamente al centro dell'incendio e, quando l'equipaggio si accorse del ritardo dei soccorsi, non fu più possibile evacuare le persone dall'uscita posteriore del salone, tanto meno da quella anteriore, già luogo di provenienza delle fiamme. Gli esami tossicologici rilevarono inoltre un elevatissimo tasso di monossido di carbonio nel sangue delle vittime, sintomo del fatto che in molti sopravvissero per ore (anche in stato di incoscienza) all'incendio, e non tutti quindi morirono a causa delle fiamme nel giro di pochi minuti dall'impatto.

Un fattore che ha contribuito in maniera importante alla mortalità sul traghetto è stato di sicuro il fumo nero e denso originato dalla combustione del petrolio e dei materiali plastici, e in misura minore i gas prodotti dall'evaporazione del petrolio che, concentrati in ambienti ridotti come quelli di un traghetto, hanno aumentato il loro potere soffocante[. Ad aggravare la presenza dei fumi e dei gas è poi intervenuto il sistema di aria condizionata e di aria forzata in circolazione sul traghetto, rimasto accesso durante tutto l'evolversi dell'incendio (fu trovato ancora in funzione il giorno dopo l'incidente), che ha distribuito il fumo e i gas tossici anche negli ambienti della nave non direttamente interessati dall'incendio.

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Grave ritardo nei soccorsi

I soccorsi tardarono in maniera decisiva negli interventi di salvataggio dei passeggeri del Moby Prince, anche perché in un primo momento tutti i mezzi di soccorso partiti dal porto di Livorno si concentrano sull'Agip Abruzzo (che viene raggiunta intorno alle 23:00, e sul quale nessun membro dell'equipaggio perderà la vita), in quanto per motivi mai accertati il Mayday del Moby Prince giunse via radio debolissimo e disturbato a causa di un improvviso calo di volume nelle comunicazioni tra Moby Prince e la Capitaneria di porto[13].
« ....May day.... may day..Moby Prince..... Moby Prince.....siamo in collisione ..siamo in fiamme..occorrono i vigili del fuoco...compamare se non ci aiuti prendiamo fuoco..may day may day...... »


( Marconista del Moby Prince dopo l'impatto)

Inoltre il comandante dell'Agip Abruzzo Renato Superina, in una comunicazione via radio ai soccorritori alle 22:36, fa riferimento ad un impatto con una bettolina (una imbarcazione molto più piccola usata prevalentemente nei porti) e non con un traghetto passeggeri, urlando ai soccorritori di recarsi con urgenza verso l'Agip Abruzzo, e soprattutto di "non scambiare loro per noi".

Tale indicazione venne ripetuta dall'ufficiale Rt dell'Agip Abruzzo, in una comunicazione radio:
« ...sembra una bettolina quella che ci è venuta addosso.. »


( ufficiale Rt Agip Abruzzo dopo l'impatto )

I primi a raggiungere per puro caso il Moby Prince verso le 23:35 sono due ormeggiatori su una piccola imbarcazione: Mauro Valli e Walter Mattei , i quali raccolsero anche l'unico superstite, il mozzo napoletano Alessio Bertrand. Bertrand si salvò rimanendo attaccato al parapetto della poppa della nave, evitando l'incendio e lanciandosi poi in mare dopo le sollecitazioni dei due ormeggiatori.

Insieme agli ormeggiatori giunge anche una motovedetta (la CP232) della Capitaneria di Porto. In quegli attimi concitati Valli e Mattei invocarono più volte aiuto alla Capitaneria, anche considerando le dichiarazioni di Bertrand, che asseriva vi fossero ancora persone da salvare, ma per motivi mai chiariti, le operazioni di soccorso sulla Moby ebbero un decorso tragicamente lungo.

Il naufrago venne caricato sulla motovedetta che rimase sul posto per più di mezz'ora, quindi ripartì alla volta del porto in quanto le condizioni del naufrago andavano aggravandosi. Stranamente dopo questo avvenimento gli ormeggiatori contraddicendo quanto detto in precedenza riferirono via radio che il naufrago avrebbe detto: "non c'è più nessuno da salvare, tutti morti bruciati"

In seguito rimorchiatori e mezzi dei Vigili del Fuoco cercarono di raffreddare le lamiere del Moby con potenti getti d'acqua. Alle 3.30 il marinaio Giovanni Veneruso, in forza ad un rimorchiatore privato, venne fatto salire sul traghetto in fiamme per il tempo necessario ad agganciare un cavo di traino. È in assoluto il primo soccorritore a salire sulla nave dopo la tragedia. Dopo di lui, la nave verrà di nuovo visitata dai soccorritori soltanto a mattina inoltrata, una volta spento l'incendio.

L'episodio del cadavere sul ponte
In un filmato girato da un elicottero dei Carabinieri la mattina presto dell'11 aprile si vede chiaramente un cadavere disteso sulla schiena a poppa, sulle lamiere bruciate. Al momento delle riprese aeree del cadavere, si poté notare chiaramente come l'uomo non fosse carbonizzato, ma, al contrario, il cadavere fosse stranamente integro per trovarsi sul ponte distrutto dalle fiamme. All'ingresso nel porto di Livorno, nei video girati dai Vigili del fuoco lo stesso uomo risulta completamente bruciato, avvalorando cosi l'ipotesi secondo cui molti dei passeggeri non morirono in breve tempo, ma a causa del monossido di carbonio sprigionato dall'incendio. L'ipotesi, smentita in fase processuale da alcune perizie, ma accettata da altre, è quella che il passeggero, sopravvissuto durante la notte all'incendio e ai fumi tossici, sia uscito alle prime luci dell'alba per raggiungere i soccorritori e a causa dell'enorme calore ancora sprigionato dalle lamiere del ponte, sia morto successivamente

La tesi e che alcuni passeggeri abbiano resistito a lungo all'interno del traghetto, e che all'interno dello stesso, almeno in alcune zone le temperature non fossero eccessivamente elevate, parve trovare conferma quando, nel settembre del 1992, venne trasmesso dai telegiornali un video amatoriale, girato da uno dei passeggeri nei minuti precedenti lo scontro. Il fatto che la cassetta, trovata in una borsa nel salone De Lux, abbia resistito integra all'incendio dimostrerebbe che l'incendio, almeno in quella zona della nave, non avrebbe provocato temperature tali da fondere neanche la plastica].

Dinamiche e causa dell'incidente
La nebbia
Tra le cause ufficiali del disastro è attribuito un ruolo significativo alla nebbia che quella sera secondo alcuni gravava sulla zona. I magistrati si sono espressi in favore del cosiddetto fenomeno della nebbia da avvezione, che può provocare la formazione repentina di un banco, anche molto fitto e localizzato, a causa della discesa di aria calda e umida sulla superficie fredda del mare. Il banco di nebbia sarebbe calato all'improvviso sul tratto di mare circostante all'Agip Abruzzo, impedendo al Moby Prince di individuare correttamente la petroliera. Esistono tuttavia alcuni elementi che fanno dubitare sulla effettiva presenza di condizioni di scarsa visibilità. In un filmato amatoriale trasmesso dal Tg1 all'epoca dei fatti, sembra evidente che la visibilità nel porto fosse quantomeno buona. L'ipotesi della nebbia è stata comunque smentita da varie testimonianze tra cui quella rilasciata in tribunale dal capitano della Guardia di Finanza Cesare Gentile. A capo di una motovedetta dei soccorritori uscita dal porto di Livorno intorno alle 22:35 ha dichiarato che "in quel momento c'era bellissimo tempo, il mare calmissimo e una visibilità meravigliosa".

L'attentato
Al vaglio della magistratura passò anche l'ipotesi di un ordigno collocato all'interno del traghetto, che con l'esplosione avesse mandato fuori rotta il traghetto. Tale ipotesi, inizialmente molto accreditata, venne durante lo svolgimento del processo definitivamente smontata grazie a perizie[27] e testimonianze[28], in particolare quella dell'unico superstite, che in sede processuale ribadì che a bordo non vi fu alcuna esplosione, ma che dopo la collisione il mare intorno al traghetto fosse letteralmente in fiamme a causa del petrolio fuoriuscito dall'Agip Abruzzo
[modifica] Il traffico

L'ipotesi che si potessero trovare immagini e dati sullo scontro tra le due imbarcazioni negli archivi satellitari americani[32] e in quelli delle basi Nato ebbe per quale tempo una certa risonanza, ma fu successivamente categoricamente smentita

La presenza di eventuali bettoline, invece, non è mai stata confermata. Il comandante della petroliera, nei messaggi iniziali inviati ai soccorritori, indicò più volte in una bettolina la nave coinvolta nello scontro , inconsapevole della reale natura, cioè del fatto che lo scontro avvenne con Moby Prince. I primi messaggi radio del comandante della Agip Abruzzo potrebbero essere attribuiti alla concitazione del momento e alla scarsa visibilità provocata dal fumo dell'incendio. Del resto alcuni marinai della Agip Abruzzo dichiararono di avere intravisto la sagoma della nave investitrice tra il fumo e le fiamme nei minuti successivi all'incidente, ma solo alcuni di loro riconobbero in essa un traghetto.

A sostegno della tesi della presenza di almeno una bettolina sono essenzialmente tre elementi:

* la constatazione, alcuni giorni dopo l'incidente, che la cisterna 6 della Agip Abruzzo non era correttamente sigillata
* il rinvenimento di un tubo semi carbonizzato idoneo al rifornimento di una nave di piccole dimensioni,
* la seguente annotazione delle ore 23:30 circa nel diario di bordo del capitano della "Efdim Junior":

« Venivamo a conoscenza che due navi, una passeggeri ed una cisterna, erano entrate in collisione ed era scoppiato un incendio. Decidevo di rimanere all'ancora a causa del gran numero di navi in movimento che si allontanavano dalla nave in fiamme ed al gran numero di imbarcazioni che prendevano parte alle operazioni di ricerca e salvataggio con visibilità zero. »


Contro l'ipotesi della bettolina incidono pesantemente le testimonianze verbalizzate durante il processo, in cui più persone tra cui l'avvisatore marittimo Romeo Ricci e il pilota di porto Federico Sgherri oltre a molti altri ufficiali dell'Agip Abruzzo e ormeggiatori del porto

Sulla posizione delle navi, almeno due dei mercantili americani (presumibilmente la Cape Breton e la Gallant II) compaiono alla fonda assieme alla Agip Abruzzo in una fotografia scattata dal lungomare di Livorno durante il pomeriggio antecedente la tragedia. Inoltre, sempre il capitano Gentile chiarisce nella sua testimonianza la posizione di alcune delle navi in rada poco dopo il disastro:
« Vidi la sagoma dell'Agip Abruzzo appena uscito dal porto, ma non il Moby in fiamme [...] Avevo una petroliera sul lato sinistro, a circa 700-800 metri dall'Accademia navale. Poi c'era la petroliera messa in questa posizione. Sull'altro raggio c'erano altre quattro navi fra cui c'era anche una nave, forse di munizioni; mentre all'imboccatura nord, proprio all'altezza del Calambrone, c'era, illuminata, la nave americana che stava caricando munizioni. »


Resta inoltre da valutare il ruolo della famosa nave Theresa, la cui reale esistenza è stata accertata nel gennaio del 2008, ma di cui restava una misteriosa traccia audio registrata alle 22,45 della notte dello scontro:
« This is Theresa, this is Theresa for the ship one in Livorno anchorage i'm moving out, i'm moving out.... »


(registrazione audio proveniente da Theresa)

Nei registri del porto di Livorno di quella notte non risulta essere mai stata presente Theresa, ne si chiarì mai a chi comunicò l'imminente abbandono (la nave uno) del porto in tutta fretta.

La posizione dell'Agip Abruzzo

Sulla posizione della Agip Abruzzo al momento dell'incidente esistono delle controversie. Il comandante della nave dichiarò, subito dopo l'incidente, di essere orientato con la prua rivolta a sud, ma successivamente ritratterà questa affermazione. La nave apparve rivolta a sud nelle ore successive alla collisione, tesi avvalorata da un video emerso nei mesi successivi all'incidente. Mai chiarito infine il punto cruciale che dovrebbe determinare se fu il traghetto passeggeri sbagliando rotta o a causa di una distrazione a colpire la petroliera, o se viceversa la petroliera si trovasse all'interno del cono nel quale era proibito alle imbarcazioni di restare alla fonda o di pescare proprio perché utilizzato dalle altre imbarcazioni per l'uscita dal porto

L'ipotesi dell'errore umano
Un altro aspetto più volte indicato come possibile causa dello scontro, fu quello dell'errore umano da parte dell'equipaggio di Moby, causato dal mancato utilizzo del radar, o dalla mancata dovuta attenzione nelle procedure di uscita dal porto o dalla velocità troppo elevata

Tra le cause dell'eventuale disattenzione è stato indicato più volte erroneamente anche dagli organi di stampa dell'epoca il fatto che l'equipaggio potesse essere distratto dalla gara di andata della semifinale di Coppa delle Coppe tra la Juventus e il Barcellona. Questa ipotesi è stata però decisamente respinta dalla testimonianza del superstite Bertrand, il quale durante vari interrogatori ha più volte dichiarato di aver personalmente portato alcuni panini in plancia comandi, e che il personale di guardia si trovasse al proprio posto nella gestione del traghetto

L'avaria del timone di Moby Prince
L'avaria al timone, o a qualche sistema di navigazione, è stata smentita dalle perizie richieste dal tribunale di Livorno

La questione delle navi Militari e il traffico d'armi
Un punto mai chiarito, a causa dello stretto riserbo da parte delle autorità italiane ed americane in merito, è quello dell'eventuale presenza in rada (all'interno cioè della zona di porto teatro della sciagura) di navi militari americane o di altre nazioni, e delle loro eventuali attività . Appurato da verbali e registri che molte navi americane transitavano e sostavano nel Porto di Livorno nella notte dell'incidente, esistono alcune zone d'ombra mai chiarite, in merito ad un'eventuale responsabilità di queste ultime o dei loro carichi nella dinamica dello scontro . La vicinanza della base americana di Camp Darby di fatto rendeva frequente la presenza di navi americane nel porto. Ma nella notte in questione, molte navi militari erano ferme in rada sotto falso nome o con nomi di copertura, si presume eseguendo attività militari che non risultarono autorizzate dalla prefettura come previsto dalla legge italiana

Alcune ipotesi spingono invece per affermare che l'incidente, fortuitamente o volutamente provocato da terzi, sia da mettere in relazione con traffici illeciti di armamenti militari avvenuti la notte dell'incidente nel Porto di Livorno .

Processi
Immediatamente dopo la collisione, la Procura di Livorno apre un fascicolo per omissione di soccorso e omicidio colposo. Il processo di primo grado inizia il 29 novembre 1995. Gli imputati sono 4: il terzo ufficiale di coperta dell'Agip Abruzzo Valentino Rolla, accusato di omicidio colposo plurimo e incendio colposo; Angelo Cedro, comandante in seconda della Capitaneria di Porto e l'ufficiale di guardia Lorenzo Checcacci, accusati di omicidio colposo plurimo per non avere attivato i soccorsi con tempestività; Gianluigi Spartano, marinaio di leva, imputato per omicidio colposo per non aver trasmesso la richiesta di soccorso.

In istruttoria furono archiviate le posizioni dell'armatore di Navarma, Achille Onorato, e del comandante dell'Agip Abruzzo, Renato Superina.

Il processo, pieno di momenti di tensione, si conclude due anni dopo: la sentenza viene pronunciata nella notte tra il 31 ottobre e il 1º novembre 1997. In un'aula piena di polizia e carabinieri, chiamati dal tribunale per la tutela dell'ordine pubblico, il presidente Germano Lamberti lesse il dispositivo della sentenza con cui furono assolti tutti gli imputati perché «il fatto non sussiste» . La sentenza verrà però parzialmente riformata in appello: la terza sezione penale di Firenze dichiara il non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato.

Nel novembre 1997, 11 parlamentari proposero una nuova commissione parlamentare d'inchiesta

Contemporaneamente al processo principale, nell'allora Pretura vennero giudicate due posizioni stralciate: quella del nostromo Ciro Di Lauro, che si autoaccusò della manomissione, sulla carcassa del traghetto, di un pezzo del timone, e quella del tecnico alle manutenzioni di Navarma, Pasquale D'Orsi, chiamato in causa da Di Lauro. I due erano accusati di frode processuale, per aver modificato le condizioni del luogo del delitto, ovvero per aver orientato diversamente la leva del timone in sala macchine

Nel corso di una udienza, Ciro Di Lauro confessò di aver manomesso il timone . Ma il pretore di Livorno assolse entrambi gli imputati per «difetto di punibilità». La sentenza verrà confermata sia dal processo di appello sia in Cassazione.

Nel 2006 la Procura di Livorno, su richiesta dei figli del comandante Chessa, decise di riaprire un filone d'inchiesta sul disastro del traghetto .

Nel 2009, l'associazione dei familiari delle vittime, in una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, chiede a questi di farsi portavoce presso il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, della richiesta di rendere pubblici i tracciati radar, le immagini satellitari, o altro materiale in possesso delle autorità americane della rada del porto di Livorno durante le ore del disastro del Moby Prince.

Nell'aprile 2009, l'onorevole Ermete Realacci ha presentato una nuova interrogazione parlamentare riguardo al coinvolgimento di altre navi, in particolar modo imbarcazioni militari americane presenti la notte della tragedia nel porto di Livorno, e riguardo alla presenza mai accertata definitivamente dei tracciati radar e delle comunicazioni radio registrate a Camp Darby

Nuove indagini e sviluppi sulla vicenda
I familiari delle vittime del Moby Prince si sono costituiti in associazione, presieduta da Angelo Chessa, e non cessano da allora di reclamare che sia fatta luce e giustizia su questo terribile avvenimento.

L'istanza di riapertura delle indagini per appurare le reali responsabilità è stata presentata dal legale dei figli del Comandante Chessa nel 2006 [58]. Con maggiore attenzione è stato chiesto di occuparsi della questione del traffico illecito di armi e della presenza di navi militari o comunque navi al di fuori del controllo della Capitaneria di Porto, che possano essere causa o una delle concause del disastro

Nel 2006, l'ipotesi di trovare immagini satellitari della sciagura prese di nuovo corpo dopo il ritrovamento di alcune bobine di immagini negli uffici della Procura di Livorno[60].

Il 16 novembre 2007 un consulente in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali, Fabio Piselli [61] (ex parà della "Folgore") di origine livornese, mentre stava privatamente indagando sulla morte di un suo cugino impiegato alla Defense Intelligence Agency presso l'ambasciata americana di Roma, ha raccolto delle notizie utili anche per la tragedia del Moby Prince. Per questo dopo aver incontrato l'avvocato Carlo Palermo per organizzare l'ascolto di un potenziale testimone, è stato aggredito da quattro persone incappucciate che dopo averlo stordito lo hanno successivamente chiuso in macchina alla quale hanno appiccato il fuoco: per fortuna l'uomo è riuscito ad uscire in tempo dall'auto [62]. Fabio Piselli era già stato precedentemente interrogato dalla Procura di Livorno come persona a conoscenza di fatti riguardanti il Moby Prince con particolare interesse verso il monitoraggio elettronico della rada di Livorno avvenuto la sera della tragedia. Inoltre ha partecipato ai soccorsi sin dai primi momenti della tragedia fino al riconoscimento dei resti delle vittime morte a bordo del traghetto. La Procura di Livorno ha aperto un fascicolo per tentato omicidio in danno di Fabio Piselli ad opera di ignoti; la sua auto è stata sottoposta alle indagini scientifiche da parte dei Carabinieri del RIS.

Nel giugno del 2009, a seguito delle indagini riaperte dalla procura, viene sentito nuovamente come persona informata sui fatti il mozzo di bordo Alessio Bertrand, unico sopravvissuto al rogo

Nel luglio del 2009, su richiesta della magistratura, sono state eseguite scandagliature della zona di porto in cui è avvenuto lo scontro, e stando alle prime indiscrezioni, sarebbero emersi alcuni reperti utili alle indagini

Il relitto del Moby Prince, completamente arso ma ancora galleggiante, è rimasto per anni sotto sequestro nel porto di Livorno. Nel 1998 è quasi affondato mentre era attraccato in banchina. Recuperato e dissequestrato, è stato avviato allo smantellamento nel cantiere di Aliaga, in Turchia[65]. Tuttavia Roberto Saviano, durante la trasmissione Che tempo che fa ha affermato che il relitto sarebbe stato smaltito dai clan camorristici del Casertano ridotto in pezzi, sarebbe poi stato portato via con una carovana di autotreni e sotterrato in un'improvvisata discarica a cielo aperto nelle campagne di Castelvolturno

Il seguente elenco riporta i nomi e l'età delle vittime

* Abbattista Giovanni 45
* Allegrini Stefano 23
* Alves Sandrine 24
* Amato Natale 52
* Ambrosio Francesco 22
* Ambrosio Vittorio 30
* Andreazzoli Marco 28
* Averta Rocco 36
* Avolio Antonio 45
* Baffa Nicodemo 52
* Baldauf Gernard 27
* Barbaro Luciano 24
* Barsuglia Luca 24
* Bartolozzi Umberto 48
* Belintende Sergio 31
* Bianco Gavino 40
* Bisbocci Alberto 20
* Bommarito Giuseppe 43
* Botturi Adriana 60
* Brandano Raimondo 60
* Campo Antonino 26
* Campus Giovanni B. 53
* Campus Gianfranco 21
* Canu Angelo 28
* Canu Sara 5
* Canu Ilenia 1
* Caprari Alessia 19
* Cassano Antonello 25
* Castorini Rosario 39
* Cervini Domenico 21
* Cesari Diego 14
* Chessa Ugo 54
* Cinapro Graziano 45
* Cirillo Ciro 25
* Ciriotti Tiziana 22
* Congiu Giuseppe 23
* Crupi Francesco 34
* Dal Tezzon Antonietta 47
* Dal Zotto Pasquale 32
* D'Antonio Giovanni 22
* De Barba Mauro 30
* De Caritat Beatrice 31
* Defendenti Anna 24
* Degennaro Giuseppe 29
* De Montis Angelita 23
* De Pretto Tatiana 18
* Esposito Francesco 43
* Falanga Nicola 19
* Farnesi Cristina 22
* Ferraro Sabrina 20
* Ferrini Carlo 32
* Filigheddu Maria 40
* Filippeddu Giovanni 46
* Fondacaro Mario 57
* Formica Maria G. 51
* Fratini Bruno 34
* Frulio Ciro 18
* Fumagalli Alfredo 23
* Furcas Daniele 33
* Fusinato Angelo 58
* Gabelli Antonino 72
* Gasparini Giuseppe 62
* Ghezzani Maria G. 57
* Giacomelli Piera 55
* Giampedroni Lido 29
* Gianoli Giorgio 29
* Giardini Priscilla 23
* Giglio Alessandra 26
* Gnerre Erminio 29
* Granatelli Giuseppina 27
* Guida Gerardo 23
* Guizzo Gino 52
* Ilari Salvatore 31
* La Vespa Gaspare 31
* Lazzarini Giuseppe 32
* Lazzarini Romana 22
* Lipparelli Raffaela 50
* Manca Giuseppe 48
* Marcon Maria 83
* Martignago Giuseppina 46
* Massa Angelo 30
* Mazzitelli Francesco 56
* Mela Maria 44
* Minutti Giovanni V. 50
* Molaro Gabriele 35
* Mori Aldo 52
* Mura Paolo 34
* Padovan Giovanna 54
* Padula Aniella 44
* Pagnini Vladimiro 59
* Paino Vincenzo 34
* Parrela Maurizio 15
* Pasqualini Ignazio 36
* Paternico Rosana 43
* Perazzoni Arnaldo 28
* Perez De Vere Luigi 24
* Pernice Rocco 41
* Picone Arcangelo 34
* Piu Pasqualino 28
* Porciello Pasquale 23
* Primi Silavana 38
* Prola Mauro 27
* Regnier Bernardo 53
* Rispoli Liana 29
* Rizzi Monica 27
* Rizzi Umberto 47
* Rizzo Salvatore 29
* Rodi Antonio 41
* Romano Rosario 24
* Romdoni Cesare 56
* Roncalbati Amelio 54
* Rosetti Sergio 52
* Rota Vania 22
* Saccaro Ernesto 50
* Saccaro Ivan 17
* Salsi Giuliano 41
* Salvemini Nicola 35
* Sansone Massimo
* Santini Roberto 53
* Sari Gianfranco 39
* Scano Salvatore 73
* Sciacca Giuseppe 53
* Scuotto Mario 31
* Serra Maria A. 54
* Sicignano Gerardo 34
* Simoncini Maria Rosa 25
* Sini Antonio 42
* Soro Gabriella 29
* Stellati Mara 44
* Tagliamonte Giovanni 38
* Timpano Giulio 29
* Trevisan Ranieri 30
* Trevisan Rino 58
* Tumeo Francesco 58
* Vacca Alessandro 37
* Vidili Raimonde 22
* Vigerello Giuliano 44
* Vigliani Carlo 31
* Vinattieri Roberto 44
* Vitiello Ciro 31

Alle vittime della sciagura, il comune di Livorno ha dedicato una piazza e diverse manifestazioni

Nel 2006 è andato in scena lo spettacolo teatrale M/T Moby Prince, con la prima svoltasi al teatro Goldoni di Livorno. Lo spettacolo, recitato da due attori, e composto in gran parte da spezzoni audio e video dei soccorsi e della tragedia, e dagli atti processuali che hanno portato alle assoluzioni
 
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