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Piazza Fontana 12 dicembre 1969

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view post Posted on 12/12/2010, 10:48
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AVVISO : I TOPIC COME QUESTO SONO DI NATURA STORICA E GLI UTENTI TUTTI SONO PREGATI NEI LORO COMMENTI DI ASTENERSI DALLO SCATENARE IL MINIMO FLAME O IL MANCARE RISPETTO A QUALSIASI PERSONA COINVOLTA NELL'EVENTO
SI PREGA QUINDI DI COMMENTARE IN MANIERA CIVILE E PORTANDO IL DOVUTO RISPETTO ALLE VITTIME


La strage di piazza Fontana fu conseguenza di un grave attentato terroristico avvenuto il 12 dicembre 1969 nel centro di Milano.

Qui trovate la ricostruzione video fatta da Lucarelli per blu notte(e non solo)


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L'esplosione

L'esplosione avvenne alle 16:37, una bomba esplose nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura in piazza Fontana, provocando la morte di diciassette persone ed il ferimento di altre ottantotto. Per la sua gravità e rilevanza politica, tale strage ha assunto un rilievo storico primario venendo convenzionalmente indicata quale primo atto della strategia della tensione.

Una seconda bomba fu rinvenuta inesplosa nella sede milanese della Banca Commerciale Italiana, in piazza della Scala, furono fatti i rilievi previsti, e successivamente fu fatta brillare distruggendo in tal modo elementi probatori di possibile importanza per risalire all'origine dell'esplosivo e a chi avesse preparato gli ordigni. Una terza bomba esplose a Roma alle 16:55 dello stesso giorno nel passaggio sotterraneo che collegava l'entrata di via Veneto con quella di via di San Basilio della Banca Nazionale del Lavoro, ferendo tredici persone. Altre due bombe esplosero a Roma tra le 17:20 e le 17:30, una davanti all'Altare della Patria e l'altra all'ingresso del museo del Risorgimento, in piazza Venezia, facendo quattro feriti.

Si contarono dunque cinque attentati terroristici nel pomeriggio dello stesso giorno, concentrati, tra il primo e l'ultimo, in un lasso di tempo di soli 53 minuti, a colpire contemporaneamente le due maggiori città d'Italia, Roma e Milano.

Sebbene la vicenda sia tuttora oggetto di controversie, le responsabilità di questi attacchi possono essere ricondotte a gruppi eversivi di estrema destra, che miravano a un inasprimento di politiche repressive e autoritarie tramite l'instaurazione di un clima di tensione nel paese.

Periodo storico
Il periodo storico è quello della contestazione studentesca e segna l'inizio della strategia della tensione: tra il 1968 e il 1974 verranno compiuti 140 attentati, quello di Piazza Fontana è uno dei più gravi; verrà ricordato insieme alla strage di Bologna come uno dei peggiori eventi della storia italiana del dopoguerra.

Nella situazione politica precedente e culminante con questa strage sono state ravvisate molte similitudini con la fase preparatoria in Grecia del colpo di stato del 1967.

Le indagini iniziali
Le indagini vennero orientate inizialmente nei confronti di tutti i gruppi in cui potevano esserci possibili estremisti, furono fermate per accertamenti circa 80 persone, in particolare degli anarchici del Circolo anarchico 22 marzo.

Il 12 dicembre l'anarchico Giuseppe Pinelli (già fermato ed interrogato con altri anarchici nella primavera 1969 per alcuni attentati, successivamente anche questi rivelatisi in realtà di matrice neofascista), viene fermato e interrogato a lungo in Questura ed il 15 dicembre, dopo tre giorni di interrogatori, Pinelli precipita dal quarto piano della questura milanese e muore. L'inchiesta giudiziaria, coordinata dal sostituto Procuratore Gerardo D'Ambrosio, individuò la causa della morte in un "malore attivo", in seguito al quale l'uomo sarebbe caduto da solo, sporgendosi troppo dalla ringhiera del balcone della stanza: fu accertato che il commissario Calabresi non era nella stanza al momento della caduta.

La vicenda del taxi e del presunto riconoscimento
Il 16 dicembre viene arrestato anche un altro anarchico, Pietro Valpreda, indicato dal tassista Rolandi come l'uomo che era sceso quel pomeriggio dal suo taxi in piazza Fontana recando con sé una grossa valigia: il giorno dopo il Corriere della sera titolò che "il mostro" era stato catturato, e il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat indirizzò un assai discusso messaggio di congratulazioni al questore di Milano Guida avvalorando implicitamente la pista da lui seguita.

Le dichiarazioni del tassista determinano, però, uno scenario della vicenda che è poco plausibile. Il tassista dichiara che Valpreda avrebbe preso il taxi in Piazza Cesare Beccaria, la quale dista 130 metri a piedi da piazza Fontana. Viene addotta per questa ragione la motivazione che Valpreda fosse claudicante. Il taxi, però non si fermerà a piazza Fontana, ma proseguirà sino alla fine di via Santa Tecla. In questo modo Valpreda dovrà percorrere 110 metri a piedi, al posto dei 130 metri originari. Il taxi gli avrà fatto risparmiare 20 metri, ponendolo però di fronte al rischio di farsi riconoscere. Inoltre Valpreda avrebbe chiesto al tassista di attenderlo e in questo modo, avrebbe dovuto ripercorrere all'inverso i 110 metri (anche se questa volta non avrebbe portato più con se la pesante valigia).

Indagini successive vedranno prendere corpo l'ipotesi di un sosia, che prenderà il taxi al posto di Valpreda. Viene quindi avanzata dalla pubblicistica sulla strada un'ipotesi, secondo la quale il sosia sarebbe stato tale Antonino Sottosanti, ex legionario catanese, infiltrato nei circoli anarchici nei quali era conosciuto - per via dei suoi trascorsi - come "Nino il fascista" .

Le dichiarazioni della stampa e dei partiti

Il quotidiano socialista Avanti! decide di condannare Valpreda immediatamente e scriverà in quei giorni di lui "Non aveva alcuna ideologia, non leggeva, ce l'aveva con tutto e con tutti, odiava i partiti politici come tali ed era strettamente legato ad un movimento, quello denominato 22 Marzo di ispirazione nazista e fascista" e finisce con il definirlo "qualunquista, violento, detestava le istituzioni democratiche". Lo stesso PCI pare fosse convinto che l'attentato fosse stato opera degli anarchici; lo ricorderà Bettino Craxi nel 1993, sostenendo che il principale teste d'accusa contro Valpreda, il tassista Rolandi, era iscritto al partito e questo avvalorò la sua deposizione tra molti esponenti del PCI. Sul punto, in realtà, c'è scarsa chiarezza. In data 19 dicembre 1969, Sergio Camillo Segre ad una riunione del Pci, presente Berlinguer riferisce che Guido Calvi - allora avvocato d'ufficio di Valpreda ed iscritto allo Psiup, oggi senatore PD - aveva svolto una sua indagine tra gli anarchici; Segre riporta quanto dettogli da Calvi: "L'impressione è che Valpreda può averlo fatto benissimo. Gli amici hanno detto: dal nostro gruppo sono stati fatti attentati precedenti. Ci sono contatti internazionali. Valpreda ha fatto viaggi in Francia, Inghilterra, Germania occidentale. Altri hanno fatto viaggi in Grecia. Alle spalle cosa c'è? L'esplosivo costa 800 mila lire e c'è uno che fornisce i quattrini. I nomi vengono fatti circolare." Eppure agli atti processuali risulta che Guido Calvi - chiamato a svolgere funzioni di avvocato d'ufficio di Valpreda a Roma nel confronto tra Valpreda ed il tassista Rolandi richiese se Rolandi avesse mai visto prima un'immagine dell'imputato, ed ebbe la risposta che una sua fotografia gli era stata mostrata alla Questura di Milano nel corso della sua deposizione del giorno prima. La prassi prevede che nei casi di pluralità di persone possibili, attori del fatto indagato, eventuali testimoni, sfoglino le foto segnaletiche a disposizione delle forze dell'ordine; il codice di procedura penale attuale, (anno 2007), però, prevede che quando il sospetto assuma la veste di indagato - e Valpreda già lo era - egli abbia il diritto di presenziare alla maturazione delle prove a suo carico, mediante il contraddittorio (cioè un confronto con l'accusatore), mentre procedere ad influenzare il testimone con una disamina "mirata" vìola il principio del contraddittorio. Nel caso specifico l'eccezione difensiva era tuttavia infondata, poiché foto di Valpreda erano comparse sin dai primissimi giorni su tutti i quotidiani, e dunque appariva ininfluente che Rolandi le avesse viste anche nel corso dell'interrogatorio. La circostanza dell'accoglimento della tesi dell'avvocato Calvi fu dunque interpretata come manifestazione di un atteggiamento innocentista verso Valpreda, che andava peraltro diffondendosi nella pubblica opinione grazie al battage della stampa nazionale.

Successive indagini e processi
Le indagini e i processi (sette) si susseguiranno nel corso degli anni, con imputazioni a carico di vari esponenti anarchici e di destra; tuttavia alla fine tutti gli accusati saranno sempre assolti in sede giudiziaria (peraltro alcuni verranno condannati per altre stragi, e altri si gioveranno della prescrizione).

Alcuni esponenti dei servizi segreti verranno condannati per depistaggi; l'inchiesta del giudice Salvini affacciò anche un'ipotesi di connessione col fallito golpe Borghese.

In 38 anni, non è mai stata emessa una condanna definitiva per la strage, anche se Carlo Digilio, neofascista di Ordine Nuovo, ha confessato il proprio ruolo nella preparazione dell’attentato e ottenuto nel 2000 la prescrizione del reato per il prevalere delle attenuanti riconosciutegli, appunto, per il suo contributo.

Il 3 maggio 2005 la Corte di Cassazione ha assolto definitivamente gli ultimi indagati (Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, militanti di Ordine Nuovo condannati in primo grado all'ergastolo) scrivendo però nella sentenza che con le nuove prove - emerse nelle inchieste successive al processo milanese nel 1972 e alla definitiva assoluzione nel 1987 - gli ordinovisti veneti Franco Freda e Giovanni Ventura sarebbero stati entrambi condannati ]. Attualmente non vi è alcun procedimento giudiziario aperto in quanto la condanna arriva tardiva, oltre al terzo grado di giudizio.

Dopo 38 anni, la morte di Pinelli è ancora oggetto di discussione, sebbene la Magistratura si sia pronunciata in modo univoco, nel senso della morte accidentale dell'anarchico.

A metà degli anni '90 Carlo Digilio sostenne di aver ricevuto una confidenza in cui Delfo Zorzi gli raccontava[12] di aver piazzato personalmente la bomba nella banca. Zorzi, trasferitosi in Giappone nel 1974, divenne un imprenditore di successo. Ottenne la cittadinanza giapponese che gli garantì poi l'immunità da ogni vicenda giudiziaria. Il Giappone infatti rifiutò le richieste di estradizione dall'Italia.

La contro-inchiesta delle Brigate Rosse
Sulla strage anche le Brigate Rosse svolgeranno una loro inchiesta, che venne rinvenuta il 15 ottobre 1974 in un loro covo a Robbiano, fraz. di Mediglia, insieme ad altri materiali riguardanti gli avvenimenti politici e terroristici relativi agli anni '60 e '70.

Solo una minima parte del materiale sequestrato che riguardava Piazza Fontana fu messo a disposizione dei magistrati che indagavano sulla strage, indebolendo così le loro indagini. Successivamente questo materiale scomparve e venne forse parzialmente distrutto nel 1992.

L'indagine delle BR è stata ricostruita grazie alle relazioni stilate dai carabinieri, a vario materiale ritrovato e e alle testimonianze di un brigatista pentito. Originariamente l'indagine comprendeva anche un'intervista a Liliano Paolucci (colui che aveva raccolto la testimonianza di Cornelio Rolandi e l'aveva convinto a parlare ai carabinieri) e delle interviste di alcuni dirigenti del circolo anarchico Ponte della Ghisolfa.

Le conclusioni di questa indagine sono in parte differenti dalle ricostruzioni che si faranno nella lunga storia dei processi: secondo l'indagine, l'attentato era stato organizzato materialmente dagli anarchici. Costoro avrebbero avuto in mente un atto dimostrativo, che solo per un errore nella valutazione dell'orario di chiusura della banca si trasformò in una strage. Esplosivo, timer e inneschi sarebbero stati forniti loro da un gruppo di estrema destra.

Pinelli, sempre secondo questa ricostruzione, si sarebbe realmente suicidato perché sarebbe rimasto coinvolto involontariamente nel traffico di esplosivo poi utilizzato per la strage.

Le Brigate Rosse mantennero segreti i risultati della loro inchiesta, per motivi di opportunità politica.

L'inchiesta delle BR ebbe una rinnovata notorietà durante i lavori della Commissione Stragi. La maggior parte dei documenti dell'inchiesta condotta dalle Brigate Rosse su Piazza Fontana era divenuta intanto irreperibile, apparentemente persa nel 1980 nei trasferimenti tra le varie procure e tribunali e forse distrutta erroneamente nel 1992, in quanto ritenuta non significativa.

Eventi e persone legate alla strage
Il caso Pinelli
Per chiarire le circostanze nelle quali si svolse la morte di Giuseppe Pinelli venne avviata un'inchiesta.

La Questura di Milano affermò in un primo tempo che Pinelli si suicidò perché era stato dimostrato il coinvolgimento nella strage, ma questa versione fu smentita nei giorni successivi.

Il fermo di Pinelli era illegale perché egli era stato trattenuto troppo a lungo in questura: il 15 dicembre 1969 (la data della sua morte) egli avrebbe dovuto essere libero, oppure in prigione, ma non in questura, infatti il fermo di polizia poteva durare al massimo due giorni.

In un primo momento lo stesso questore Marcello Guida dichiarò alla stampa che il "suicidio" di Pinelli era la dimostrazione della sua colpevolezza, ma questa versione fu poi ritrattata quando l'alibi di Pinelli si rivelò credibile.

La versione ufficiale della caduta venne fortemente criticata dagli ambienti anarchici e da parte della stampa, per via di alcune incongruenze nella descrizione dei fatti e perché gli stessi agenti presenti diedero via via versioni contrastanti dell'accaduto.

Il provvedimento di archiviazione dell'inchiesta sulla morte di Giuseppe Pinelli fu depositato il 25 ottobre 1975.

Il PM Gerardo D'Ambrosio scrisse : "L'istruttoria lascia tranquillamente ritenere che il commissario Calabresi non era nel suo ufficio al momento della morte di Pinelli".

Il caso Calabresi
A seguito della tragica morte di Pinelli, il commissario Luigi Calabresi, incaricato delle indagini, pur non essendo presente nella stanza dove era interrogato Pinelli al momento della sua caduta dalla finestra, in circostanze non ancora chiarite, sarà oggetto di una dura campagna di stampa, petizioni e minacce da parte di gruppi di estrema sinistra e di fiancheggiatori, che ebbero il risultato di isolarlo e renderlo vulnerabile.

Oltre settecento tra intellettuali, scrittori, uomini di cinema e artisti (alcuni dissociatisi negli anni seguenti) firmarono una celebre petizione pubblicata dall'Espresso il 27 giugno 1971, che iniziava così: "Il processo che doveva far luce sulla morte di Giuseppe Pinelli si è arrestato davanti alla bara del ferroviere ucciso senza colpa. Chi porta la responsabilità della sua fine, Luigi Calabresi, ha trovato nella legge la possibilità di ricusare il suo giudice."

La petizione contribuì ad isolare e colpevolizzare il commissario, già bersagliato da una campagna di stampa, con minacce esplicite di morte, da parte del giornale "Lotta Continua".

Eppure il commissario Calabresi riteneva che la strage fosse frutto di "menti di destra, manovali di sinistra" con il coinvolgimento dunque in sede di ideazione della strage di movimenti ed apparati di destra.

Il 17 maggio 1972 Luigi Calabresi fu assassinato da militanti di estrema sinistra membri di Lotta Continua.

Gli autori della campagna di stampa non saranno mai condannati (Camilla Cederna arrivò a scrivere su "Lotta Continua" che un'eventuale inquisizione e condanna di Luigi Calabresi non sarebbe bastata: "noi per questi nemici del popolo esigiamo la morte").

Per l'omicidio Calabresi sono stati condannati in via definitiva Ovidio Bompressi e il pentito Leonardo Marino quali autori materiali, Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri quali mandanti.

L'assassinio del commissario creò una certa indecisione sulla direzione da dare alle indagini.

L'agente Zeta
Nel Natale del 1971 vengono rinvenuti dei carteggi in una cassetta di sicurezza della Banca Popolare di Montebelluna. Cointestatari delle cassetta di sicurezza sono la madre e la zia di Giovanni Ventura e i contenuti dei documenti, analizzati in quella occasione dal giudice Gerardo D'Ambrosio, lasciano pensare a delle veline dei servizi segreti italiani, ovvero il SID (i documenti contengono informazioni riservate che non possono essere nella disponibilità di persone al di fuori degli ambienti dei servizi segreti). Il giudice solleciterà quindi il SID, per avere informazioni direttamente da loro, ma in un primo tempo non riceverà alcuna risposta.

Tale documento reca la sigla KSD/VI M ed il numero progressivo 0281.

Giovanni Ventura confiderà in seguito al giudice D'Ambrosio di essere entrato in contatto con tale Guido Giannettini (alias Agente Zeta, alias Adriano Corso), autore delle veline che lui conservava nella cassetta di sicurezza. Il contatto avviene in occasione di un incontro a tre, del 1967, tra lui, il Giannettini e un'agente del controspionaggio rumeno.

Successivamente, la magistratura milanese ordinerà la perquisizione dell'abitazione di Guido Giannettini e in quell'occasione la polizia troverà documenti identici a quelli rinvenuti nella cassetta di sicurezza della banca. Si tratta infatti di documenti che possono essere definiti gli archetipi dei documenti in possesso di Ventura.

Il documento rinvenuto nella casa di Giannettini reca la stessa sigla del documento di cui sopra (KSD/VI M) ed il numero progressivo immediatamente successivo 0288.

Il 15 maggio 1973 nell'ambito dei processi sulla strage vengono incriminati Guido Giannettini, che fugge a Parigi e, anche a seguito di alcune dichiarazioni di Ventura sul legame di un "giornalista di destra" con la strage, il giornalista de La Nazione Guido Paglia, appartenente ad Avanguardia nazionale (successivamente prosciolto in istruttoria dal giudice D'Ambrosio). Si scoprirà successivamente che la fuga di Giannettini era stata coperta dal SID, di cui era collaboratore, e che in Francia continuerà ad essere stipendiato per diverso tempo dai servizi.

Il SID, interpellato nuovamente e incalzato dagli eventi, il 12 luglio 1973, dichiarerà per voce del generale Vito Miceli "notizie da considerarsi segreto militare" e "non possono essere rese note".

Circa un anno dopo, il 20 giugno 1974, Giulio Andreotti (allora ministro della Difesa del governo Rumor V), indicherà in un'intervista a Il Mondo Giannettini come collaboratore del SID, sostenendo che era stato uno sbaglio non rivelare durante le indagini dei mesi precedenti l'appartenenza dello stesso ai servizi. Nel successivo agosto Giannettini si consegna all'ambasciata italiana di Buenos Aires.

Nel febbraio 1979 il processo di primo grado si conclude il processo a Catanzaro e Giannettini viene condannato all'ergastolo. Due anni dopo, nel 20 marzo 1981, sempre a Catanzaro, si conclude il processo di d'appello, che assolve Giannettini per insufficienza di prove e ne ordina la scarcerazione e la Corte di Cassazione, nel giugno 1982, confermerà la parte di sentenza d'appello che ne prevede l'assoluzione.

Affermazioni riferite ad Aldo Moro durante la prigionia da parte delle
Brigate Rosse

Nel Memoriale Moro compilato dalle Brigate Rosse deducendolo dall'interrogatorio cui lo sottoposero durante la prigionia, Aldo Moro avrebbe indicato come probabili responsabili della strage, così come in generale della strategia della tensione, rami deviati del SID (il servizio segreto), in cui si erano insediati negli anni diversi esponenti legati alla destra, con possibili influenze dall'estero, mentre gli esecutori materiali erano da ricercarsi nella pista nera.

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Le vittime
Lapide commemorativa delle vittime dell'attentato, apposta nel decimo anniversario della strage.

I nomi degli assassinati dalla bomba di piazza Fontana sono: Giovanni Arnoldi, Giulio China, Eugenio Corsini, Pietro Dendena, Carlo Gaiani, Calogero Galatioto, Carlo Garavaglia, Paolo Gerli, Vittorio Mocchi, Luigi Meloni, Mario Pasi, Carlo Perego, Oreste Sangalli, Angelo Scaglia, Carlo Silvia, Attilio Valè, Gerolamo Papetti.

Le manifestazioni
Negli anni numerose manifestazioni si sono svolte e si svolgeranno in ricordo della strage di piazza Fontana e di Giuseppe Pinelli. Diverse di tali iniziative sono degenerate in scontri tra polizia e manifestanti. Ancora oggi è attiva la contestazione, motivo ricorrente negli ambienti di sinistra milanesi e non solo, ma anche la riflessione, della quale si è fatto interprete anche il Capo dello Stato incontrando i familiari delle vittime il 7 dicembre 2009: in questa circostanza Giorgio Napolitano ha elogiato "la passione civile, l'impegno che mostrate per alimentare la memoria collettiva e la riflessione, due cose alle quali l'Italia e la coscienza nazionale non possono abdicare (...) quello che avete vissuto voi mi auguro diventi parte della coscienza nazionale (...) comprendo il peso che la verità negata rappresenta per ciascuno di voi, un peso che lo Stato italiano porta su di sé (...) La riflessione è necessaria perché ciò che è avvenuto nella nostra società non è del tutto chiaro e limpido e non è del tutto stato maturato. Continuate a operare per recuperare ogni elemento di verità".

Le manifestazioni che si svolgono ogni 12 dicembre per ricordare la strage e il 15 dicembre per commemorare Pinelli, sono diventate un appuntamento ricorrente per la città di Milano.


La strage nella musica
Molti artisti hanno dimostrato sensibilità rispetto all'attentato e l'hanno ricordato nelle proprie canzoni:
- Francesco De Gregori si riferisce alla strage ("Viva l'Italia del 12 dicembre") nella canzone Viva l'Italia inserita nell'omonimo album del 1979.
- Giorgio Gaber fa riferimento alla strage di piazza Fontana nella canzone "Qualcuno era comunista" ("Qualcuno era comunista perché Piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna, l’Italicus, Ustica eccetera, eccetera, eccetera...")
- Il gruppo milanese Yu kung ha composto in memoria di questo evento la canzone Piazza Fontana. Nel 1995 la ska band italiana Banda Bassotti ha reinciso la canzone intitolandola "Luna Rossa" nel loro album "Avanzo De Cantiere".
- I Litfiba in una versione live della canzone "Il Vento", contenuta nella raccolta "Lacio drom", citano l'evento: "Con il cuore in quella piazza/tiene a mente Piazza Fontana"
- I 99 Posse nella canzone "odio/rappresaglia" dell'album "NA 99 10" si riferisce all'evento con le parole: "penso al 12 dicembre '69, allo stato delle stragi, allo stato delle trame" e in "Rafaniello" con le parole "...cumpagne aret' 'e sbarre dint' 'e galere imperialiste, pe' mezz' 'e gli interessi d' 'o Partito Comunista, e se sparteno 'e denar' c' 'a Democrazia Cristiana, 'o partit' ca mettett' 'e bombe a Piazza Fontana" (...compagni dietro le sbarre dentro le galere imperialiste, a causa degli interessi del Partito Comunista, e si dividono i denari con la Democrazia Cristiana, il partito che mise le bombe a Piazza Fontana)
- I Modena City Ramblers citano la strage e la morte di Pinelli nella canzone "Quarant'anni", contenuta nell'album "Riportando tutto a casa" (1994): "Ho visto bombe di Stato scoppiare nelle piazze / e anarchici distratti cadere giù dalle finestre".
- Valerio Sanzotta ha partecipato al Festival di Sanremo 2008 con una canzone intitolata "Novecento" che cita la strage dicendo: "E non fu solo un sogno e non ci credemmo poco / mettere il mondo a ferro e fuoco, / mentre un’altra stagione già suonava la campana / il primo rintocco fu a Piazza Fontana".
- Il cantautore Fausto Amodei nella canzone "Se non li conoscete", una satira sul Movimento Sociale Italiano e più in generale sui fascisti, cita così la strage: "Se non li conoscete pensate alla lontana, / ai fatti di Milano e di Piazza Fontana..."

YU KUNG - LUNA ROSSA
 
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