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Strage di Ustica

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view post Posted on 14/4/2010, 20:50
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Con strage di Ustica si indica il disastro aereo in cui persero la vita 81 persone nel cielo tra le isole di Ustica e Ponza, venerdì 27 giugno 1980, quando l'aereo di linea I-TIGI Douglas DC-9 appartenente alla compagnia aerea Itavia si squarciò in volo senza preavviso e scomparve in mare.

Dopo quasi trent'anni di inchieste, molti aspetti di questo disastro appaiono ancora poco chiari.

Per chi non volesse leggersi tutto,che è onestamente molto lungo, consiglio lo spettacolo di Marco Paolini e che vi propongo QUI

Ricostruzione dell'accaduto
* Alle 20:08 il volo IH870 diretto da Bologna a Palermo, inizia con due ore di ritardo, e si svolge regolarmente nei tempi e sulla rotta previsti fino all'ultimo contatto radio tra velivolo e controllore procedurale di "Roma Controllo", che avviene alle 20:58.
* Alle 21:04, chiamato per l'autorizzazione di inizio discesa su Palermo, il volo IH870 non risponde. L'operatore di Roma reitera invano le chiamate; lo fa chiamare, sempre senza ottenere risposta, anche da due voli dell'Air Malta KM153, che segue sulla stessa rotta, e KM758[2]; dal radar militare di Marsala e dalla torre di controllo di Palermo. Passa senza notizie anche l'orario di arrivo a destinazione, previsto per le 21:13.
* Alle 21:25 il comando del Soccorso Aereo di Martina Franca assume la direzione delle operazioni di ricerca, allerta il 15º Stormo a Ciampino, sede degli elicotteri HH-3F del Soccorso Aereo.
* Alle 21:55 decolla il primo HH-3F e inizia a perlustrare l'area presunta dell'eventuale incidente. L'aereo è ormai disperso.
* Nella notte numerosi elicotteri, aerei e navi partecipano alle ricerche nella zona. Solo alle prime luci dell'alba viene individuata da un elicottero HH-3F del Soccorso Aereo alcune decine di miglia a nord di Ustica, una chiazza oleosa. Poco dopo raggiunge la zona un Breguet Atlantique dell'Aeronautica e vengono avvistati i primi relitti e i primi cadaveri. È la conferma che il velivolo è precipitato in quella zona del Tirreno dove la profondità supera i tremila metri.

Il recupero delle vittime

Le vittime del disastro sono ottantuno, di cui tredici bambini, ma si ritrovano e recuperano i corpi di sole trentotto persone.

Sulle salme disposte per l'autopsia furono riscontrati sia "grandi traumatismi" da caduta a livello scheletrico e viscerale sia lesioni enfisematose polmonari da decompressione (l'aereo si era dunque aperto in volo). Nelle perizie gli esperti affermarono che l'instaurarsi degli enfisemi da depressurizzazione precedette cronologicamente tutte le altre lesioni riscontrate, ma non causò direttamente il decesso dei passeggeri facendo loro perdere solo conoscenza. La morte sopravvenne soltanto in seguito a causa di fatali traumi, riconducibili, assieme alla presenza di schegge e piccole parti metalliche in alcuni dei corpi, a reiterati urti con la struttura dell'aereo in caduta.

Scatola nera e comunicazioni radio

CITAZIONE
Comunicazioni radio del DC-9 con Roma Ciampino

18:26:06Z. (GMT, per ottenere l'ora locale aggiungere 2 ore.)

* Roma - "870 identifichi."
* IH870 - "Arriva."
* Roma - "Ok, è sotto radar, vediamo che sta andando verso Grosseto, che prua ha?"
* IH870 - "La 870 è perfettamente allineata sulla radiale di Firenze, abbiamo 153 in prua. Ci dobbiamo ricredere sulla funzionalità del VOR di Firenze."
* Roma - "Sì, in effetti non è che vada molto bene."
* IH870 - "Allora ha ragione il collega."
* Roma - "Sì, sì pienamente."
* IH870 - "Ci dica cosa dobbiamo fare."
* Roma - "Adesso vedo che sta rientrando, quindi, praticamente, diciamo che è allineato, mantenga questa prua."
* IH870 - "Noi non ci siamo mossi, eh?!."

18:44:08Z

* IH870 - "Roma, la 870."
* Roma - "IH870 per Ponza, 127,35."
* IH870 - "127,35. Grazie, buonasera."

18:44:44Z

* IH870 - "È la 870, buonasera Roma."
* Roma - "Buonasera 870. Mantenga 290 e richiamerà 13 Alfa."
* IH870 - "Sì, senta: neanche Ponza funziona?"
* Roma - "Prego?"
* IH870 - "Abbiamo trovato un cimitero stasera venendo... da Firenze in poi praticamente non ne abbiamo trovata una funzionante."
* Roma - "Eh sì, in effetti è un po' tutto fuori, compreso Ponza. Lei quanto ha in prua ora?"
* IH870 - "Manteniamo 195."
* Roma - "195. Si, va bene. Mantenga 195, andrà un po' più giù di Ponza di qualche miglio.
* IH870 - "Bene, grazie."
* Roma - "E comunque 195 potrà mantenerlo, io penso, ancora un 20 miglia, non di più perché c'è molto vento da ovest. Al suo livello dovrebbe essere di circa 100-120 nodi l'intensità."
* IH870 - "Eh sì, in effetti sì, abbiamo fatto qualche calcolo, dovrebbe essere qualcosa del genere."
* Roma - "Ecco, non lo so, se vuole continuare con questa prua altrimenti accosti a destra anche un 15-20 gradi."
* IH870 - "Ok. Mettiamo per 210."

18:46:31Z

* IH870 - "È la 870, è possibile avere un 250 di livello?"
* Roma - "Sì, affermativo. Può scendere anche adesso."
* IH870 - "Grazie, lasciamo 290."

18:50:45Z

* Roma - "L'Itavia 870 diciamo ha lasciato Ponza 3 miglia sulla destra, quindi, quasi quasi, va bene per Palermo così."
* IH870 - "Molto gentile, grazie. Siamo prossimi a 250."
* Roma - "Perfetto. In ogni caso ci avverta appena riceve Palermo."
* IH870 - "Sì, Papa-Alfa-Lima lo abbiamo già inserito, va bene e abbiamo il DME di Ponza."
* Roma - "Perfetto. Allora normale navigazione per Palermo, mantenga 250, richiamerà sull'Alfa."
* IH870 - "Benissimo, grazie."

18:56:00Z

* IH870 - "È sull'Alfa la 870."
* Roma - "Eh sì, affermativo. Leggermente spostato sulla destra, diciamo 4 miglia e comunque il radar termina. 28,8 per ulteriori."
* IH870 - "Grazie di tutto, buonasera."
* Roma - "Buonasera a lei."

18:56:54Z

* IH870 - "Roma, buonasera. È l'IH870."
* Roma - "Buonasera IH870, avanti."
* IH870 - "115 miglia per Papa-Alfa... per Papa-Romeo-Sierra, scusate. Mantiene 250."
* Roma - "Ricevuto IH870. E può darci uno stimato per Raisi?"
* IH870 - "Sì: Raisi lo stimiamo per gli uno-tre."
* Roma - "870 ricevuto. Autorizzati a Raisi VOR. Nessun ritardo è previsto, ci richiami per la discesa."
* IH870 - "A Raisi nessun ritardo, chiameremo per la discesa, 870."
* Roma - "È corretto."

18:59:45Z - ultimo segnale del transponder

Il Flight Data Recorder dell'aereo registra dati di volo assolutamente regolari: prima della sciagura la velocità era di circa 323 nodi, la quota circa 7630 m con prua a 178°, l'accelerazione verticale oscillava senza oltrepassare 1,15 g. Il tranquillo dialogo tra il comandante Domenico Gatti e il copilota che si raccontano barzellette, che ci restituisce il Cockpit Voice Recorder (CVR), è interrotto improvvisamente e senza alcun segnale allarmante che preceda la troncatura della registrazione.

Gli ultimi secondi dal CVR:
"Allora siamo a discorsi da fare... [...] Va bene i capelli sono bianchi... È logico... Eh, lunedì intendevamo trovarci ben poche volte, se no... Sporca eh! Allora sentite questa... Gua..."

La registrazione si ferma tagliando l'ultima parola. Questi particolari indicherebbero - è stato ipotizzato - un'improvvisa interruzione dell'alimentazione elettrica, per cui l'evento causa della caduta del DC-9 sarebbe stato quindi, repentino e inavvertito.

Le ipotesi
Le principali ipotesi sulle quali gli inquirenti indagano sono:

* il DC-9 sarebbe stato abbattuto da un missile;
* vi sarebbe stata una collisione (o una quasi-collisione) con un altro velivolo;
* sarebbe avvenuto cedimento strutturale;
* sarebbe esplosa una bomba a bordo.

Le indagini
Al caso Ustica la Magistratura ha dedicato una massa tale di risorse, che esso non trova riscontro in nessun altro caso della storia giudiziaria italiana: venti anni di indagini, migliaia di cartelle di atti per oltre due milioni di pagine, e quasi trecento udienze processuali.

Restano incerte le cause del disastro, come le eventuali responsabilità.

Le indagini vengono iniziate subito sia dalla Magistratura che dal Ministero dei Trasporti. Aprono un procedimento le procure di Palermo, Roma e Bologna, ed il ministro dei trasporti, Rino Formica, nomina una commissione parlamentare d'inchiesta tecnico-formale che però non concluderà mai i suoi compiti, visto che dopo aver presentato due relazioni preliminari si autoscioglie nel 1982, a causa di insanabili contrasti di attribuzioni con la magistratura.

Dal 1982 l'indagine diviene di fatto di esclusiva competenza della magistratura nella persona del giudice Bucarelli. La ricerca delle cause dell'incidente, nei primi anni e senza disporre del relitto, non permette di raggiungere ragionevoli certezze.

Si rinvengono, sui pochi resti disponibili, tracce di esplosivi TNT e T4 in proporzioni compatibili anche con ordigni militari: secondo alcuni analisti i ritrovamenti sembrerebbero a prima vista compatibili sia con l'ipotesi del missile aria-aria, sia con quella della bomba a bordo.

Il recupero del relitto
Nel 1987 il ministro Giuliano Amato dispone i fondi per il recupero del relitto del DC-9 che giace in fondo al mare.

La profondità di 3700 metri alla quale si trova il relitto rende complesse e costose le operazioni di localizzazione e recupero. Sono pochissime le imprese specializzate che dispongono delle attrezzature e dell'esperienza necessarie: la scelta ricadrà sulla ditta francese Ifremer, che si ritiene collegata ai servizi segreti francesi; dalla operazione di recupero, effettuata dai DSRV della Ifremer, scaturiranno oltre ai pezzi recuperati (la maggior parte della cellula), molti dubbi sui filmati consegnati in copia e sul fatto che la prima ispezione al relitto sia stata proprio quella ufficiale e documentata appunto dalla ditta francese.

Le difficoltà tecniche, i problemi di finanziamento e le resistenze esercitate da varie delle parti interessate contribuiscono a rimandare il recupero per molti anni.

Buona parte del relitto viene riportato in superficie, mediante due distinte campagne di recupero nel 1987 e nel 1991, e il DC-9 viene recuperato per circa il 96%.

In un hangar dell'aeroporto di Pratica di Mare viene ricomposto il relitto, dove resta a disposizione della Magistratura per le indagini fino al 5 giugno 2006, quando è trasferito e sistemato nel Museo della Memoria, approntato appositamente a Bologna.

Frammenti di un aereo da caccia statunitense
Durante la seconda campagna di recupero, nel 1991, al limite orientale della zona di ricerca, oltre ai resti dell'aereo è stato ritrovato un serbatoio esterno di un caccia americano, schiacciato e frammentato, ma completo di tutti i pezzi. Il serbatoio, prodotto dalla Pastushin Aviation, Inc.[senza fonte], è lungo 3 metri, ha una capienza di 300 galloni (1135 litri) di combustibile e potrebbe appartenere a un McDonnell Douglas F-4 Phantom II, ma ha la possibilità di essere montato anche sui Northrop F-5 e sui Vought A-7 Corsair II. Il ritrovamento è collegabile sia con l'ipotesi della collisione in volo che con quella del combattimento aereo, in quanto i serbatoi esterni vengono sganciati solo in caso di pericolo o di estrema necessità per aumentare la manovrabilità. I numeri di matricola (identificativi 225.48008, 2662835) hanno permesso di stabilirne con certezza l'appartenenza alle forze aeree statunitensi (USAF o US Navy), ma non il periodo o l'occasione di impiego.

La Commissione Stragi
Nel 1989 la Commissione Stragi, istituita l'anno precedente e presieduta dal senatore Libero Gualtieri, delibera di inserire tra le proprie competenze anche le indagini relative all'incidente di Ustica, che diviene pertanto, a tutti gli effetti, la "Strage di Ustica".

L'attività istruttoria della Commissione, determina la contestazione di reati a numerosi militari in servizio presso i centri radar di Marsala e Licola.

Le indagini successive
Anche gli inquirenti ipotizzano che il sostanziale fallimento delle indagini sia dovuto a estesi depistaggi ed inquinamenti delle prove, operati da personale dell'Aeronautica Militare.

Per questa ipotesi investigativa, assieme alle indagini per la ricerca delle cause si sovrappongono allora delle indagini per provare quegli inquinamenti, e depistaggi.

Il registro del radar di Marsala
Durante le indagini si appura che il registro del sito radar di Marsala ha "una pagina strappata" nel giorno della perdita del DC-9. Il pubblico ministero giunge quindi alla conclusione che si sia sottratta la pagina originale del 27 giugno e se ne sia riscritta poi, nel foglio successivo, una diversa versione.

Durante il processo la difesa contesta che la pagina mancante non sarebbe riferita al giorno della tragedia, ma alla notte tra il 25 e il 26 giugno. L'analisi diretta della Corte conclude che la pagina tra il 25 e il 26 sia stata tagliata, come osservato dalla difesa, ma quella che riguarda la sera del 27 giugno è recisa in modo estremamente accurato, così che fosse difficile accorgersene . La numerazione delle pagine non ha invece interruzioni ed è quindi posteriore al taglio.

Interrogato a questo proposito, il sergente in servizio quella sera a Marsala non ha fornito alcuna spiegazione: "Non so cosa dirle".

La difesa ha in seguito riconosciuto che la pagina del 27 giugno era stata effettivamente rimossa dal registro.

Telefonata anonima a Telefono Giallo

Nel 1988, durante la trasmissione Telefono giallo di Corrado Augias, con una telefonata anonima qualcuno dichiara di essere stato «un aviere in servizio a Marsala la sera dell'evento della sciagura del DC9». L'anonimo riferisce che i presenti come lui, avrebbero esaminato le tracce, i dieci minuti di trasmissione di cui parlavano nella puntata, dichiarando: «noi li abbiamo visti perfettamente. Soltanto che il giorno dopo, il maresciallo responsabile del servizio ci disse praticamente di farci gli affari nostri e di non avere più seguito in quella vicenda. [...] la verità è questa: ci fu ordinato di starci zitti»

Scontro aereo tra caccia
In un articolo dal titolo Battaglia aerea poi la tragedia[10], pubblicato dal quotidiano L'Ora il 12 febbraio 1992, il giornalista Nino Tilotta afferma che il sottufficiale autore della telefonata sarebbe stato in effetti in servizio allo SHAPE di Mons, in Belgio, e che avrebbe detto in trasmissione di essere a Marsala per non farsi riconoscere. Rivelò la sua identità rilasciando l'intervista anni dopo essere andato in pensione in quanto, come affermò, non più vincolato dall'obbligo di mantenere il segreto militare. L'articolo parla di uno scontro aereo avvenuto tra due caccia F-14 Tomcat della US Navy ed un MiG-23 libico.

Il traffico aereo
Diversi elementi portano gli inquirenti ad indagare sull'eventuale presenza di altri aerei coinvolti nel disastro.
Si determinano con certezza alcuni punti:

* In generale la zona sud del Tirreno era utilizzata per esercitazioni NATO.

* Sono state inoltre accertate in quel periodo penetrazioni dello spazio aereo italiano da parte di aerei militari libici. Tali azioni erano dovute alla necessità da parte dell'aeronautica libica di trasferire i vari aerei da combattimento da e per la Jugoslavia, nelle cui basi veniva assicurata la manutenzione ai diversi MiG e Sukhoi di fabbricazione sovietica presenti in gran quantità nell'aviazione del Colonnello Gheddafi.

* Il governo italiano, fortemente debitore verso il governo libico dal punto di vista economico (non si dimentichi che dal 1 dicembre 1976 addirittura la FIAT era parzialmente in mani libiche, con una quota azionaria del 13% detenuta dalla finanziaria libica LAFICO[14]) tollerava tali attraversamenti e li mascherava con piani di volo autorizzati per non impensierire gli USA: spesso gli aerei libici si mimetizzavano nella rete radar disponendosi in coda al traffico aereo civile italiano, riuscendo così a non allertare le difese NATO.

* Diverse testimonianze, inoltre, descrivono l'area soggetta a improvvisa comparsa di traffico militare USA . Più specificamente, durante la giornata del 27 giugno 1980 è segnata nei registri, dalle 10.30 alle 15.00, l'esercitazione aerea USA "Patricia", ed era poi in corso un'esercitazione italiana h. 24 (cioè della durata di ventiquattro ore) a Capo Teulada, segnalata nei NOTAM.

* Durante quella sera, tra le ore 20:00 e le 24:00 locali, sono testimoniati diversi voli nell'area, da parte di aerei militari non appartenenti all'Aeronautica Italiana: un quadrireattore E-3A Sentry (più noto come AWACS o aereo radar) che orbitava da oltre due ore a 50 km da Grosseto in direzione nord ovest, un CT-39G Sabreliner, un jet Executive militare e vari P3 Orion (pattugliatori marini) partiti dalla base di Sigonella, un Lockheed C-141 Starlifter (quadrireattore da trasporto strategico) in transito lungo la costa tirrenica, diretto a sud.

* Inoltre, sembra che in quei giorni (ed anche quella sera) alcuni cacciabombardieri F-111 dell'USAF basati a Lakenheath (Suffolk, Gran Bretagna), si stessero trasferendo verso l'Egitto all'aeroporto di Cairo West, lungo una rotta che attraversava la penisola italiana in prossimità della costa tirrenica, con l'appoggio di aerei da trasporto strategico C-141 Starlifter. Gli aerei facevano parte di un ponte aereo in atto da diversi giorni, che aveva lo scopo di stringere una cooperazione con l'Egitto e ridurre la Libia, con la quale vigeva uno stato di crisi aperta sin dal 1973, a più miti consigli.

* Intensa e insolita attività di volo fino a tarda sera è testimoniata anche dal generale dei Carabinieri Nicolò Bozzo[20] presso la base aerea di Solenzara, in Corsica, che ospitava vari stormi dell'Armée de l'air francesi.

Intensa attività militare

Successivamente, all'inizio dell'agosto 1980, oltre a vari relitti vengono ritrovati in mare anche due salvagenti e un casco di volo della marina americana; a settembre, presso Messina, si rinvengono frammenti di aerei bersaglio italiani, che sembrano però risalenti a esercitazioni terminate nel gennaio dello stesso anno.

Questi dati evidenziano che nell'area tirrenica, in quel periodo del 1980, si svolgeva un'intensa attività militare. Inoltre, benché nessuno di questi fatti, se presi singolarmente, appaia in relazione diretta con la caduta del DC-9, si è notata da alcuni la coincidenza temporale dell'allarme degli F-104 italiani su Firenze, al momento del passaggio del DC-9, dell'esistenza di tracce radar non programmate che transitano ad oltre 600 nodi in prossimità dell'Aereo civile, della pluritestimonianza dell'inseguimento tra aerei da caccia sulla costa calabra ed, infine, delle attività di ricerca, in una zona a 20 miglia ad est del punto di caduta, effettuate da velivoli non appartenenti al Soccorso aereo Italiano.

Due aerei militari italiani danno l'allarme

Due F-104 del 4º Stormo dell'Aeronautica Militare di ritorno da una missione di addestramento sull'aeroporto di Verona-Villafranca, mentre effettuavano l'avvicinamento alla base aerea di Grosseto si trovarono in prossimità del DC-9 Itavia. Uno era un F-104 monoposto, con un allievo ai comandi; l'altro, un TF-104G biposto, ospitava gli istruttori: i comandanti Mario Naldini e Ivo Nutarelli.

Alle ore 20:24, all'altezza di Firenze-Peretola, il biposto con a bordo Naldini e Nutarelli mentre era ancora in prossimità dell'aereo civile, emise un segnale di allarme generale alla Difesa Aerea (codice 73, che significa emergenza generale e non emergenza velivolo) e nella registrazione radar di Poggio Ballone «il SOS-SIF è [...] settato a 2, ovvero emergenza confermata, ed il blink è settato ad 1, ovvero accensione della spia di Alert sulle consoles degli operatori», cioè risulta Naldini e Nutarelli segnalarono un problema di sicurezza aerea e i controllori ottennero conferma della situazione di pericolo.

I significati di tali codici, smentiti o sminuiti di importanza da esperti dell'Aeronautica Militare sentiti in qualità di testi, sono stati invece confermati in sede della Commissione ad hoc della NATO, da esperti dell'NPC (NATO Programming Center)

Scrivono difatti costoro nel loro rapporto del 10 marzo 1997:

"Varie volte è stato dichiarato lo stato di emergenza confermata relativa alla traccia LL464/LG403 sulla base del codice SIF1 73, che all'epoca del disastro veniva usato come indicazione di emergenza. La traccia ha attraversato la traiettoria del volo del DC9 alle 18:26, ed è stata registrata per l'ultima volta nei pressi della base aerea di Grosseto alle 18:39".

L'aereo ripeté per ben tre volte la procedura di allerta, a conferma inequivocabile dell'emergenza.

Né l'Aeronautica Militare né la NATO hanno mai chiarito le ragioni di quell'allarme.

Il MiG-23 ritrovato 20 giorni dopo
Una conferma che in quel periodo, si verificavano sull'Italia voli di aerei militari stranieri si ebbe dal ritrovamento di un aereo MiG-23MS con la livrea della Al-Quwwat al-Jawwiyya al-Libiyya, l'aeronautica militare libica, precipitato a Castelsilano, nella Sila crotonese.

L'Aeronautica Militare italiana, dopo aver lavorato in una commissione relativa al caso insieme ai libici, dichiarò che questo aereo sarebbe decollato dalla Libia e che, in seguito ad un malore del pilota, avrebbe proseguito il volo con il pilota automatico - quindi a quota livellata ed elevata - sino a precipitare sul territorio italiano per esaurimento carburante, venerdì 18 luglio, ossia venti giorni dopo il DC9.

Nella sentenza ordinanza del giudice Priore tale versione, tuttavia, appare contrastata da alcune testimonianze e circostanze, che avrebbero potuto retrodatare la caduta del velivolo libico, ponendola a ridosso immediato della tragedia del DC9: tra queste, le dichiarazioni sullo stato di decomposizione della salma del pilota che i periti, professori Zurlo e Rondanelli, definirono "avanzatissimo" [24], oltre a diverse altre testimonianze raccolte sul luogo e nelle aree limitrofe[25], che riportavano l'evento ad una data prossima o coincidente con la scomparsa del volo Itavia.

Un'ulteriore indagine tecnica relativa al meteo del 18 luglio ed alle caratteristiche di funzionamento del pilota automatico del MiG-23, concluse inoltre che il velivolo sarebbe dovuto cadere più ad ovest e ben prima di raggiungere le coste calabresi.

Sulla copia della pellicola dell'FDR a disposizione dell'autorità giudiziaria non erano registrati né l'angolo di prua, né la data di volo[26]; l'originale era stata consegnata al SIOS, e al momento delle indagini non era più disponibile agli atti per un confronto.

Tra l'altro, in piena contraddizione con le dichiarazioni dell'Aeronautica Militare italiana, esiste una missiva[senza fonte] datata il 9 dicembre 1988 in cui lo Stato Maggiore della Difesa, dopo aver interessato le tre forze armate ed ottenuto le risposte ai quesiti richiesti, riferiva che:

"il 18 luglio 1980 l'area di competenza del 3º ROC di Martina Franca si era interessata ad una esercitazione NATO "Natinad - Demon Jam V" svoltasi dalle ore 8 alle ore 11 (l'esercitazione si tenne dal 15 al 18 luglio). Essa prevedeva l'impiego di velivoli che simulavano operazioni di penetrazione verso il territorio nazionale in presenza di disturbo elettronico e contro i quali intervenivano i velivoli intercettori. Nessun inconveniente si verificò nel corso dell'esercitazione."

La conferma dell'esercitazione in corso il 18 luglio 1980 ed il conseguente stato di allerta che ne derivava, sia della rete radar che degli intercettori in volo, rende ancora più incompatibile la "penetrazione non identificata di un velivolo estraneo" nell'area in quella data, per lo meno nelle modalità descritte (pilota svenuto, quindi volo rettilineo, alta quota quindi altamente visibile da tutti i radar)

Le contraddizioni

Il giorno dopo il disastro, alle 12:10, una telefonata al "Corriere della Sera" annunciò a nome dei Nuclei Armati Rivoluzionari, un gruppo armato di estrema destra, i terroristi neofascisti, che l'aereo era stato fatto esplodere con una bomba da loro posta nella toilette[29], da uno dei passeggeri: tal Marco Affatigato (imbarcato sotto falso nome), membro dei NAR che - invece - era in quei mesi al servizio dell'intelligence francese e che, nel settembre dello stesso anno, rientrato in Italia, venne rinchiuso nel carcere di Ferrara. Affatigato, però, sconfessò rapidamente la telefonata: per rassicurare la madre chiese alle Digos di Palermo e di Lucca di smentire la notizia della sua presenza a bordo dell'aereo precipitato.

Circa un mese dopo, avvenne la strage di Bologna ed anche in questo caso ci fu la rivendicazione dei NAR. In entrambi i casi, Bologna era la città in cui avevano colpito i NAR ed in ambo i casi Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, ai vertici del gruppo terrorista, smentirono un coinvolgimento dell'organizzazione negli eventi, come la smentì il colonnello Amos Spiazzi dopo aver conosciuto in carcere Marco Affatigato. C'è quindi, chi ipotizza un depistaggio nel depistaggio, ovvero che la strage di Bologna sia servita ad avvalorare la tesi della bomba dei NAR collocata all'interno dell'aereo. La tesi della bomba dividerà anche i periti incaricati dal giudice Vittorio Bucarelli di analizzare i resti ripescati dal fondale marino: un primo momento li vede concordi all'unisono circa il missile; successivamente, due dei cinque tecnici cambieranno versione a favore della bomba.

I dialoghi registrati
Alle 20.58 di quella sera, un dialogo registrato tra due operatori radar a Marsala si svolge dicendo:

"... Sta' a vedere che quello mette la freccia e sorpassa !",

ed anche:

"Quello ha fatto un salto da canguro!".

Alle 22.04 a Grosseto gli operatori radar non s'accorgono che il contatto radio con Ciampino è rimasto aperto e che le loro voci vengono registrate:

"... Qui, poi... il Governo, quando sono americani....";

quindi:

"Tu, poi... che cascasse...";
"È esploso in volo!".

Alle 22.05, al centro radar di Ciampino, parlando dell'omologo di Siracusa:

"...Stavano razzolando degli aerei americani... Io stavo pure ipotizzando una collisione in volo".

Ed anche:

"Sì, o... di un'esplosione in volo!".

I nastri telefonici e le testimonianze in aula [modifica]
« Allora io chiamo l'ambasciata, chiedo dell'attaché... eh, senti, guarda: una delle cose più probabili è la collisione in volo con uno dei loro aerei, secondo me, quindi... »

(27 giugno 1980, ore 22:39 locali. Dalla telefonata all'ambasciata USA)

Nel 1991 gli inquirenti entrano in possesso di una piccola parte dei nastri delle comunicazioni telefoniche fatte quella notte e la mattina seguente. La maggior parte è andata perduta: riutilizzata sovraincidendo le registrazioni.

Dall'analisi dei dialoghi si rileva che la prima ipotesi fatta dagli ufficiali dell'Aeronautica Militare fu la collisione e che in tal senso intrapresero azioni di ricerca di informazioni presso vari siti dell'Aeronautica e presso l'ambasciata USA a Roma.[31] Più volte si parla di aerei americani che "razzolano", di esercitazioni, di collisione ed esplosione, di come ottenere notizie certe al riguardo.

Tutto il personale che partecipa alle telefonate viene identificato tramite riconoscimenti e incrocio di informazioni. Si ammette per la prima volta di aver contattato l'ambasciata USA o di aver parlato di "traffico americano" solo dopo il rinvenimento dei nastri, prima era sempre stato negato. Le spiegazioni fornite dagli interessati durante deposizioni e interrogatori contrastano comunque con il contenuto delle registrazioni o con precedenti deposizioni.

* Udienza del 21 febbraio 2001: PM- "Furono fatte delle ipotesi sulla perdita del DC-9 in relazione alle quali era necessario contattare l'ambasciata americana?"
Chiarotti - "Assolutamente no, per quello che mi riguardi [...] La telefonata fu fatta per chiedere se avessero qualche notizia di qualsiasi genere che interessasse il volo dell'Itavia, [...]"

* Udienza del 7 febbraio 2001: capitano Grasselli- "Normalmente chiamavamo l'ambasciata americana per conoscere che fine avevano fatto dei loro aerei di cui perdevamo il contatto. Non penso però che quella sera la telefonata all'ambasciata americana fu fatta per sapere se si erano persi un aereo. Ho ritenuto la telefonata un'iniziativa goliardica in quanto tra i compiti del supervisore non c'è quello di chiamare l'ambasciata [...]".

* Deposizione del 31 gennaio 1992 del colonnello Guidi:- "Ho un ricordo labilissimo anzi inesistente di quella serata. Nessuno in sala operativa parlava di traffico americano, che io ricordi. [...]" "[...] pensando che l'aeromobile avesse tentato un ammaraggio di fortuna, cercavamo l'aiuto degli americani per ricercare e salvare i superstiti."

Una volta fatta ascoltare in aula la telefonata all'ambasciata, Guidi afferma di non riconoscere la propria voce nella registrazione e ribadisce che non ha ricordo della telefonata.

Nel 1991 affermava: -"Quella sera non si fece l'ipotesi della collisione." E ancora "Non mi risulta che qualcuno mi abbia parlato d'intenso traffico militare [...]. Se fossi stato informato di una circostanza come quella dell'intenso traffico militare, avrei dovuto informare nella linea operativa l'Itav, nella persona del capo del II Reparto, ovvero: Fiorito De Falco."

Nel nastro di una telefonata delle 22.23 Guidi informa espressamente il suo diretto superiore, colonnello Fiorito De Falco, sia del traffico americano, sia di un'ipotesi di collisione, sia del contatto che si cerca di stabilire con le forze USA.

Ma nella deposizione dell'ottobre 1991, anche il generale Fiorito De Falco afferma- "[...] Guidi non mi riferì di un intenso traffico militare."
Le morti sospette [modifica]


« La maggior parte dei decessi che molti hanno definito sospetti, di sospetto non hanno alcunché. Nei casi che restano si dovrà approfondire [...] giacché appare sufficientemente certo che coloro che sono morti erano a conoscenza di qualcosa che non è stato mai ufficialmente rivelato e da questo peso sono rimasti schiacciati. »

(sentenza ordinanza, capo 4, p. 4674)

Per due dei 12 casi di decessi sospetti permangono indizi di relazione al "caso Ustica":

* Maresciallo Mario Alberto Dettori: trovato impiccato il 31 marzo 1987 in un modo definito dalla Polizia Scientifica "innaturale"[33] , presso Grosseto. Mesi prima, preoccupato, aveva rovistato tutta la casa alla ricerca di presunte microspie[34]. Vi sono indizi fosse in servizio la sera del disastro e che avesse in seguito sofferto di «manie di persecuzione» relativamente a tali eventi. Confidò alla moglie: «Sono molto scosso... Qui è successo un casino... Qui vanno tutti in galera!». Il giudice Priore conclude: «Sui singoli fatti come sulla loro concatenazione non si raggiunge però il grado della prova».
* Maresciallo Franco Parisi: trovato impiccato il 21 dicembre 1995, era di turno la mattina del 18 luglio 1980, data ufficiale dell'incidente del MiG libico sulla Sila. Proprio riguardo alla vicenda del MiG erano emerse durante il suo primo esame testimoniale palesi contraddizioni; citato a ricomparire in tribunale, muore pochi giorni dopo aver ricevuto la convocazione. Non si riesce a stabilire se si tratti di omicidio.

Gli altri casi presi in esame dall'inchiesta, sono:

* Colonnello Pierangelo Tedoldi: incidente stradale il 3 agosto 1980; aveva il comando dell'aeroporto di Grosseto, durante i fatti di Ustica.
* Capitano Maurizio Gari: infarto, 9 maggio 1981; capo controllore di sala operativa della Difesa Aerea presso il 21º CRAM di Poggio Ballone, era in servizio la sera della strage. Dalle registrazioni telefoniche si evince un particolare interessamento del capitano per la questione del DC-9 e la sua testimonianza sarebbe stata certo "di grande utilità all'inchiesta" visto il ruolo ricoperto dalla sala sotto il suo comando, nella quale, peraltro, era molto probabilmente in servizio il maresciallo Dettori. La morte, appare naturale, nonostante la giovane età.
* Giovanni Battista Finetti, Sindaco di Grosseto: incidente stradale; 23 gennaio 1983. Era opinione corrente che avesse informazioni su fatti avvenuti la sera dell'incidente del DC-9 all'aeroporto di Grosseto. L'incidente in cui perde la vita, peraltro, appare casuale.
* Maresciallo Ugo Zammarelli: incidente stradale; 12 agosto 1988. Era stato in servizio presso il SIOS di Cagliari, tuttavia non si sa se fosse a conoscenza d'informazioni riguardanti la strage di Ustica, o la caduta del MiG libico.
* Colonnelli Mario Naldini e Ivo Nutarelli: Incidente di Ramstein, 28 agosto 1988. In servizio presso l'aeroporto di Grosseto all'epoca dei fatti, la sera del 27 giugno, come già accennato, erano in volo su uno degli F-104 e lanciarono l'allarme di emergenza generale. Erano certamente a conoscenza di fatti inerenti il volo Itavia. La loro testimonianza sarebbe stata utile anche in relazione agli interrogatori del loro allievo, in volo quella sera sull'altro F-104, durante i quali è "apparso sempre terrorizzato"[35]. Appare sproporzionato organizzare un simile incidente, con esito incerto, per eliminare quei due importanti testimoni.
* Maresciallo Antonio Muzio: omicidio, 1º febbraio 1991; in servizio alla torre di controllo dell'aeroporto di Lamezia Terme nel 1980, poteva forse essere venuto a conoscenza di notizie riguardanti il MiG libico, ma non ci sono certezze.
* Tenente colonnello Sandro Marcucci: incidente aereo; 2 febbraio 1992. Non sono emerse connessioni con la tragedia di Ustica, a parte le dichiarazioni di un testimone.
* Maresciallo Antonio Pagliara: incidente stradale; 2 febbraio 1992. In servizio come controllore della Difesa Aerea presso il 32º CRAM di Otranto, dove avrebbe potuto avere informazioni sulla faccenda del MiG. Le indagini propendono per la casualità dell'incidente.
* Generale Roberto Boemio: omicidio; 12 gennaio 1993 a Bruxelles. Da sue precedenti dichiarazioni durante l'inchiesta, appare chiaro che la sua testimonianza sarebbe stata di grande utilità, sia per determinare gli eventi inerenti il DC-9, sia per quelli del MiG libico. La magistratura belga non ha risolto il caso.
* Maggiore medico Gian Paolo Totaro: trovato impiccato ad un'altezza di poco superiore al metro, il 2 novembre 1994. Le indagini partono a causa dalla strana modalità d'impiccagione, tuttavia concludono che si sia trattato di un'azione suicida. Gian Paolo Totaro era in contatto con molti militari collegati agli eventi di Ustica, tra i quali lo stesso Maresciallo Dettori.[senza fonte]

La sentenza-ordinanza Priore
Sull'analisi del complesso scenario si muove il procedimento penale Nr 527 84 a G. I., meglio conosciuto come Inchiesta Priore.

Nonostante le lunghe indagini, il recupero di parte consistente del relitto, le centinaia di perizie tecniche e le ingenti risorse finanziarie ed umane dedicate alle indagini, si rinvengono sì numerosi e gravi indizi, ma non prove definitive e conclusive per individuare gli autori del disastro.

Le indagini si concludono il 31 agosto 1999 con il deposito della sentenza-ordinanza Priore, secondo la quale il DC-9 Itavia è precipitato perché coinvolto, direttamente o indirettamente, in uno scenario di battaglia aerea avvenuto nei cieli italiani. L'inchiesta - vi si legge - è stata ostacolata da reticenze e false testimonianze, sia nell'ambito dell'Aeronautica Italiana che della NATO, le quali hanno avuto l'effetto di inquinare o nascondere informazioni su quanto accaduto.

La sentenza-ordinanza conclude:
« L'incidente al DC9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento, il DC9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un'azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti. »


Nella ricostruzione degli eventi, secondo le conclusioni del giudice Priore, le cause più probabili del disastro sarebbero da ricercarsi tra l'impatto di un missile, una collisione con un altro velivolo o al limite in una "quasi collisione" - un evento consistente in un passaggio di un velivolo ad alta velocità vicinissimo al DC-9, che ne avrebbe scomposto l'assetto di volo, provocando un sovraccarico tale da causarne la destrutturazione e la caduta. Questa teoria è in origine formulata dai professori Dalle Mese e Casarosa[, due dei periti di ufficio. L'ipotesi di quasi collisione, evento inedito mai accaduto nella casistica mondiale degli incidenti aerei, viene aspramente criticata da vasta parte del mondo scientifico aeronautico, che lo ritiene nella pratica "sommamente improbabile pur se non impossibile" su un piano esclusivamente teorico. Tuttavia la perizia metallografica dei professori Donato Firrao (Politecnico di Torino), Sergio Reale (Università di Firenze) e Roberto Roberti (Università di Brescia), avrebbe escluso che sia avvenuta un'esplosione sia internamente (bomba), che esternamente (mancherebbero anche i segni di schegge dell'eventuale missile).

Le tracce di esplosivi rinvenute sui reperti possono quindi essere spiegate o dall'esplosione di un missile a prevalente "effetto blast" e trascurabile produzione di schegge, o dalla temporanea custodia degli oggetti recuperati in mare in locali di navi militari in cui erano stati precedentemente collocati materiali esplosivi (la camera siluri). Le tracce rinvenute in seguito in tali locali non erano però di tale entità da giustificare una contaminazione, che rimane dunque una possibilità non provata.

Nella sentenza-ordinanza viene dedicato anche un ampio spazio al MiG-23MS libico ritrovato a Castelsilano, ufficialmente, il 18 luglio 1980. Secondo l'ipotesi inquirente alcuni fatti, testimonianze e documenti, mettono in dubbio la sua data di caduta del 18 luglio e fanno invece ipotizzare un collegamento con la caduta del DC-9 Itavia.

I responsabili materiali della strage non possono, al momento, essere individuati e il procedimento penale n. 527 84 a G. I. dichiara «il non doversi procedere in ordine al delitto di strage perché ignoti gli autori del reato».

L'inchiesta non è priva di ulteriori strascichi giudiziari. Diversi i militari italiani che vengono considerati penalmente responsabili non per la caduta del DC-9, per le quali non sono attribuite responsabilità all'Aeronautica italiana, ma per il comportamento successivo al disastro. Molti i reati contestati; tra cui: falso ideologico, abuso d'ufficio, falsa testimonianza, favoreggiamento, falso, dispersione di documenti. Per il vertice dell'Aeronautica del tempo furono rinviati a giudizio i generali: Bartolucci e Ferri[38] e i generali Melillo e Tascio[39]; si aggiunge un'ulteriore ipotesi di reato: alto tradimento, per aver impedito, tramite la comunicazione di informazioni errate, l'esercizio delle funzioni del governo.
Il processo in Corte di Assise sui presunti depistaggi [modifica]

Il 28 settembre 2000, nell'aula-bunker di Rebibbia appositamente attrezzata, inizia il processo sui presunti depistaggi, davanti alla terza sezione della Corte di Assise di Roma.

Dopo 272 udienze e dopo aver ascoltato migliaia tra testimoni, consulenti e periti, il 30 aprile 2004, la corte assolve dall'imputazione di alto tradimento - per aver gli imputati turbato (e non impedito) le funzioni di governo - i generali Corrado Melillo e Zeno Tascio "per non aver commesso il fatto". I generali Lamberto Bartolucci e Franco Ferri vengono invece ritenuti colpevoli ma, essendo ormai passati più di 15 anni, il reato è caduto in prescrizione.

Anche per molte imputazioni relative ad altri militari dell'Aeronautica (falsa testimonianza, favoreggiamento, ecc.) viene dichiarata la prescrizione. Il reato di abuso d'ufficio, invece, non sussiste più per modifiche successive alla legge.

La sentenza non soddisfa né gli imputati Bartolucci e Ferri, né la Procura, né le parti civili. Tutti, infatti, presentano ricorso in appello.
Il processo in Corte di Assise d'Appello, sui depistaggi [modifica]

Anche il processo davanti alla Corte di Assise d'Appello di Roma, aperto il 3 novembre 2005, si chiude il successivo 15 dicembre con l'assoluzione dei generali Bartolucci e Ferri dalla imputazione loro ascritta perché "il fatto non sussiste".

La Corte rileva infatti che non vi sono prove a sostegno dell'accusa di "alto tradimento".

Le analisi condotte nella perizia radaristica Dalle Mese, sono state eseguite con «sistemi del tutto nuovi e sconosciuti nel periodo giugno-dicembre 1980» e pertanto non possono essere prese in considerazione per giudicare di quali informazioni disponessero, all'epoca dei fatti, gli imputati. In ogni caso la presenza di altri aerei deducibile dai tracciati radar non raggiunge in alcuna analisi il valore di certezza e quindi di prova. Non vi è poi prova che gli imputati abbiano ricevuto notizia della presenza di aerei sconosciuti o USA collegabili alla caduta del DC-9.

La Corte rileva inoltre che l'informativa trasmessa dagli imputati al governo non risulta errata: i radar militari di Licola, Marsala e Siracusa non rilevano alcun traffico sconosciuto[40], come invece si può dedurre dai tracciati radar di Ciampino, che non è citato nell'informativa. Quindi viene ritenuta corretta l'affermazione che i radar militari «non confermano» (che non equivale ad esclude) traffico sconosciuto.

L'unica informazione errata è relativa all'interruzione dei nastri di Marsala "effettuata da un operatore per dimostrare la procedura di cambio del nastro", quando invece secondo la sentenza, i motivi sarebbero da individuare nell'inizio di un'esercitazione simulata[41] circa 4 minuti proprio dopo il disastro aereo; errore che sarebbe privo di rilevanza ai fini processuali.

Le reazioni alla sentenza
La sentenza provoca subito accese critiche da parte delle Parti Civili. La senatrice Daria Bonfietti, sorella di una delle vittime e presidente della "Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica", in una conferenza stampa definisce la sentenza "una vergogna".

Nelle motivazioni della sentenza, pubblicate il 6 aprile 2006, alla pagina 48, la Corte (fatto inusuale) raccoglie la provocazione e replica a questa accusa:
« A differenza delle altre parti processuali che hanno accettato comunque la decisione di questa corte, qualche familiare delle vittime ha definito una vergogna l'assoluzione[42] oppure ha accusato la magistratura di non aver voluto accertare fino in fondo la responsabilità dell'accaduto. La Corte era ben conscia dell'impatto negativo di una ulteriore sentenza assolutoria anche nei confronti dei due generali, ma a fronte di commettere una ingiustizia, perché tale sarebbe stata la conferma della sentenza o una condanna, andare contro l'opinione pubblica non costituisce un ostacolo. In quel caso, allora, si sarebbe trattato di una vergogna perché si sarebbero condannati o ritenuti responsabili di un reato persone nei cui confronti vi era un difetto assoluto di prova. »

Il ricorso in Cassazione
La Procura Generale di Roma propone ricorso per cassazione chiedendo l'annullamento della sentenza della Corte d'Appello del 15 dicembre 2005, e come effetto dichiarare che «il fatto contestato non è più previsto dalla legge come reato» anziché «perché il fatto non sussiste». La legge inerente all'alto tradimento è stata infatti modificata con decreto riguardante i reati d'opinione

La differenza tra le due formule è rilevante. Immediatamente è stato evidenziato che l'assoluzione con la formula perché il fatto non sussiste indica che nel caso esaminato non c'è alcuna prova che gli imputati abbiano compiuto azioni tendenti a ostacolare, turbare o impedire le azioni del governo, e che quindi non hanno commesso i fatti per cui hanno dovuto rispondere in giudizio. L'annullamento della sentenza di appello perché «il fatto contestato non è più previsto dalla legge come reato» significa invece non escludere che gli imputati abbiano commesso i fatti per cui sono giudicati: solo la prima delle due formule, insomma, vale a dichiarare l'insussistenza originaria di ogni fatto-reato.

Il 10 gennaio 2007 la prima sezione penale della Corte di Cassazione, presieduta da Torquato Gemelli, conferma la sentenza pronunciata nel dicembre del 2005 dalla corte d'Assise d'appello di Roma, dichiarando inammissibile il ricorso presentato dalla Procura Generale di Roma e rigettando quello dell'Avvocatura dello Stato, che rappresentava la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il ministero della Difesa, costituitisi parte civile.

Nelle motivazioni della sentenza viene ribadita l'interpretazione che occorre dare all'assoluzione ai sensi dell'articolo 530 comma 2 c.p.p. con la formula «perché il fatto non sussiste» pronunciata dalla corte di Assise. L'opinione delle parti civili tende ad interpretare l'assoluzione degli imputati come non completa.

In pratica, è convinzione comune che la battaglia aerea vi sia stata davvero e che gli imputati - per la posizione ricoperta all'epoca - non potessero non sapere; che abbiano effettivamente commesso i fatti loro contestati e che siano stati assolti, semplicemente perché non sono state raccolte prove sufficienti per condannarli.

Elenco delle vittime
* Cinzia Andres
* Luigi Andres
* Francesco Baiamonte
* Paola Bonati
* Alberto Bonfietti
* Alberto Bosco
* Maria Vincenza Calderone
* Giuseppe Cammarota
* Arnaldo Campanini
* Antonio Candia
* Antonella Cappellini
* Giovanni Cerami
* Maria Grazia Croce
* Francesca D'Alfonso
* Salvatore D'Alfonso
* Sebastiano D'Alfonso
* Michele Davì
* Giuseppe Calogero De Ciccio
* Secondo assistente di volo Rosa De Dominicis
* Elvira De Lisi
* Francesco Di Natale
* Antonella Diodato
* Giuseppe Diodato
* Vincenzo Diodato
* Giacomo Filippi
* Primo ufficiale Enzo Fontana
* Vito Fontana
* Carmela Fullone
* Rosario Fullone
* Vito Gallo
* Com.te Domenico Gatti
* Guelfo Gherardi
* Antonino Greco
* Berta Gruber
* Andrea Guarano
* Vincenzo Guardi
* Giacomo Guerino
* Graziella Guerra
* Rita Guzzo
* Giuseppe Lachina
* Gaetano La Rocca
* Paolo Licata
* Maria Rosaria Liotta
* Francesca Lupo
* Giovanna Lupo
* Giuseppe Manitta
* Claudio Marchese
* Daniela Marfisi
* Tiziana Marfisi
* Erica Mazzel
* Rita Mazzel
* Maria Assunta Mignani
* Annino Molteni
* Primo assistente di volo Paolo Morici
* Guglielmo Norritto
* Lorenzo Ongari
* Paola Papi
* Alessandra Parisi
* Carlo Parrinello
* Francesca Parrinello
* Anna Paola Pellicciani
* Antonella Pinocchio
* Giovanni Pinocchio
* Gaetano Prestileo
* Andrea Reina
* Giulia Reina
* Costanzo Ronchini
* Marianna Siracusa
* Maria Elena Speciale
* Giuliana Superchi
* Antonio Torres
* Giulia Maria Concetta Tripiciano
* Pierpaolo Ugolini
* Daniela Valentini
* Giuseppe Valenza
* Massimo Venturi
* Marco Volanti
* Maria Volpe
* Alessandro Zanetti
* Emanuele Zanetti
* Nicola Zanetti

Museo per la memoria di Ustica

Il 27 giugno 2007 viene aperto a Bologna il Museo per la memoria di Ustica.

Il museo, che si trova in via di Saliceto 5 presso gli ex magazzini dell'ATC, contiene l'aereo così come era stato ricostruito durante le indagini. Christian Boltanski ha prodotto una installazione su misura composta da:

* 81 lampade flebilmente pulsanti sospese sui resti dell'aereo
* 81 specchi neri

Dietro ciascuno specchio vi è un altoparlante che diffonde un semplice pensiero/preoccupazione. Sono presenti alcune casse di legno rivestite di plastica nera contenenti tutti gli oggetti ritrovati nei pressi dell'aereo. Un piccolo libro con le foto degli oggetti viene consegnato ai visitatori.
 
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