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La storia del videogioco

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helad17
view post Posted on 7/7/2009, 11:03




La nascita del videogioco
I videogiochi ripercorrono oltre mezzo secolo di storia, dai tempi in cui l’arte nel realizzare i videogame era frutto della passione di giovani universitari, a quelli attuali, in cui vere e proprie opere di grande spessore nascono spesso supportati da campagne promozionali e dopo anni d’intenso lavoro. Un settore che nasce soltanto dopo la nascita del videogioco stesso, nel momento in cui le prime società si affacciarono su questo promettente settore dopo averne valutato le sue enormi potenzialità.
Una delle grandi realtà presenti sul mercato e protagonista indiscusso degli ultimi anni della storia dei videogame è senza dubbio Sony. Una società nata nel lontano 1947 a Tokyo con il nome Tokyo Telecomunication Engineering Company. Di lì a poco, precisamente nel 1951, un’altra importante società che opera nel settore delle carte da gioco cambia il proprio nome e diventa Nintendo. Il settore dei videogiochi esprime le sue prime vere potenzialità con l’introduzione dei primi flipper in Giappone, prodotti di origine occidentale e distribuiti in Sol Levante dalla società Service Games, oggi denominata SEGA. Era soltanto il 1954.
Nel 1961 nasce quello che può definirsi il primo videogioco della storia: Space War, creato e sviluppato da Steve Russel. La macchina ospitante il lavoro di Russel era il PDP-1 (Programmed Data Processor-1), primo computer della serie PDP della società Digital Equipment che fu messo in commercio solo successivamente nel 1960. Questa promettente macchina arrivò al Massachussets Institute Technology (MIT), nella speranza che la facoltà d’ingegneria elettronica del MIT potesse adoperarla per la creazione di qualcosa d’interessante, come i viaggi nello spazio, creare robot dall’elevata intelligenza artificiale o, quanto meno, rendere più efficienti i sistemi d’informazione: cavallo di battaglia delle numerose multinazionali che popolavano il suolo americano in quegli anni. Nessuno di questi obiettivi fu raggiunto ma, in compenso, un giovane programmatore di nome Steve Russel creò il primo videogioco della storia, di nome appunto Space War

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La prima console della storia
Pochi anni dopo arriva nelle sale giochi il primo simulatore assoluto, per la precisione di un sottomarino. Il cabinato, di nome Periscope e prodotto da Sega, riscosse un enorme successo e fu solo l’inizio di un lungo cammino che vide molte società affacciarsi nel settore dei videogiochi. Successivamente, considerate e appurate le potenzialità di questi prodotti, molti progetti nati con un determinato fine finirono per diventare videogiochi. E’ il caso di Odyssey, nato come un progetto che permettesse un uso alternativo delle apparecchiature televisive. Dopo le numerose difficoltà di portare a termine il lavoro e i numerosi slittamenti conseguenti, nel 1971 nasce Odyssey, ad opera di Ralph Baer (recentemente premiato al Game Developers Conference con il Pioneer Award) e commercializzato da Magnavox, la quale lancia la prima console in assoluto nella storia: Magnavox Odyssey. Sono gli stessi giorni in cui un giovane laureato di nome Nolan Bushnell, che in seguito fonderà Atari, creò il primo coin-op (i videogiochi attivabili a monete) di successo nella storia: Pong. Considerato il successo di quella che allora era considerata una simulazione di tennis, il gioco fu oggetto di numerosi progetti al fine di ridurne i costi di produzione per poter realizzare vendite di massa. La versione casalinga del titolo poteva essere giocata collegando la console Atari al televisore, poi successivamente, nel 1978, la General Instruments produsse una serie di circuiti integrati VLSI in grado di ridurre i costi da sostenere per ogni pezzo venduto sul mercato: il più importante di questi circuiti è stato il modello AY3-8500.
Nolan andò incontro a non pochi problemi dopo il successo riscontrato da Pong. La console Magnavox Odyssey includeva l’installazione del gioco Pong ma Nolan, sviluppatore del gioco, decise di creare l’Atari e portare il proprio videogioco sulle console della stessa società: il risultato si tradusse in una controversia che trascinò Nolan in tribunale, in quanto la Magnavox rivendicò la paternità del gioco, ma non ottenne alcun risultato (allora il copyright non beneficiava di una sufficiente tutela giuridica).

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La nascita di Apple e Microsoft
Nel 1973 un’altra società nasce e arriva nel mercato videoludico: Nakamura Manufacturing Company, oggi conosciuta come Namco. Due anni dopo un giovane hacker di nome Steve Wozniak cominciò a progettare alcuni processori sulla carta partecipando a numerose conferenze all’Homebrew Computer Club (che vedeva la partecipazione di molti appassionati d’elettronica) in cui esponeva le sue idee. All’epoca gli unici processori disponibili su cui lavorare erano l’Intel 8080 e il Motorola 6800 dal costo di 170 dollari. L’idea di Wozniak era di utilizzare quest’ultimo, ma il costo sforava di gran lunga il suo budget e dovette rinunciare. In attesa del momento in cui avrebbe potuto permettersi una CPU (Central Processing Unit), egli continuò i suoi studi con l’intento di realizzare un proprio computer. L’opportunità non tardò ad arrivare: erano gli anni in cui numerosi processori venivano lanciati sul mercato a costi sempre più ridotti, forte di un’innovazione tecnologica che cresceva a grandi passi. La MOS Technologies, infatti, mise in commercio nel 1976 il suo chip 6502, alla modica cifra di 25 dollari. Wozniak ne approfittò e cominciò a creare un nuovo linguaggio di programmazione BASIC utilizzando il 6502. Creata finalmente la sua macchina, cominciò a presentarla all’Homebrew Computer Club descrivendo le funzionalità del suo sistema. Fu proprio in quel momento che Steve Jobs (informatico statunitense, divenuto poi un importante imprenditore e fondatore di Apple e Pixar) cominciò ad interessarsi alle piccole macchine nate dal frutto della semplice passione. Jobs convinse Wozniak a vendere ad assemblare la macchina che aveva creato, con il fine di commercializzarla insieme. Una delle caratteristiche più importanti era quella di poter collegare il sistema a un televisore ( si chiamava Apple I ed includeva delle ROM “Read Only Memory” che caricavano il codice all’accensione).
Dopo essersi associati con Ronald Wayne, i tre cominciarono ad assemblare numerose macchine, mentre Wozniak stava già pensando al prossimo progetto: l’Apple II, in grado di visualizzare anche grafica e riprodurre i colori. Jobs insistette affinchè la macchina possedesse un case e una tastiera migliori dell’Apple I, e per permetterne l’uso diretto senza il fastidioso montaggio. I costi di produzione, però, cominciavano a crescere e, oltre alla necessità di scrivere il BASIC per consentire ai programmatori di utilizzarlo, il budget a disposizione dei tre informatici non bastava più. Fu così che Jobs contattò Mike Markkula, il quale, fiducioso del progetto presentatogli, decise di investire 250000 dollari facendo nascere la Apple Computer il 1 Aprile del 1976. La società fu protagonista di quella che venne considerata la nuova era del Personal Computer, riuscendo a commercializzare negli anni ’80 milioni di computer. Il grande passo della Apple non tardò ad arrivare: la quotazione in borsa, strategia fondamentale per finanziare i rilevanti investimenti necessari.
In quegli anni un giovane informatico statunitense di nome Bill Gates, con la collaborazione di Paul Allen (i due erano studenti alla scuola privata Lakeside), realizzarono il primo kit per i microcomputer Altair 8800 (il linguaggio utilizzato su queste macchine era il BASIC). Successivamente fondarono la Microsoft.

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Un nuovo fenomeno: Space Invaders
La Nintendo, che fino a quei tempi operava nel settore dei videogiochi come distributore della console Magnavox Odyssey, s’inserì come produttore di console solo nel 1977. Il suo primo lavoro fu il Color TV Game 6 che vantava una caratteristica importante a quei tempi: la possibilità di collegare la console alla televisione e la capacità di riprodurre su schermo ben sei versioni di tennis elettronico a colori, traendo spunto dal gameplay che aveva fatto la fortuna di Pong.
Dopo un breve periodo di silenzio, Atari ritorna alla ribalta e produce i primi computer, precisamente l’Atari 400 e l’Atari 800. I due prodotti nacquero come risposta a due domande di mercato differenti per fasce di prezzo. Poco dopo nasce una società che ben presto divenne una dei più importanti protagonisti del panorama videoludico: Activision. Fondata il 1 Ottobre del 1979, la società statunitense nasce dalla collaborazione di quattro dipendenti di Atari, operante nel settore dei videogiochi con la realizzazione di software per l’Atari 2600, poi successivamente come software house indipendente (è oggi la più importante società di videogiochi al mondo, seconda solo ad Electronic Arts).
Arriviamo alla fine degli anni ’70 e la Mattel Electronics, con il suo Intellivision (una console a 16 Bit) tentò di contrastare il dominio assoluto di Atari, riuscendoci soltanto in parte. Intanto un nuovo fenomeno videoludico invade le sale giochi di tutto il mondo; parliamo di Space Invaders, sviluppato da Toshihiro Nishikado e prodotto dalla Taito, successivamente poi concesso in licenza alla divisione Midway Games della Belly. Il titolo fu distribuito dalla Sidam in Italia solo un anno dopo la sua nascita, con il nome di Invasion, mentre in America lo stesso arriva grazie alle politiche commerciali di Atari e Nintendo. Per avere una vaga idea della sua portata, il gioco riuscì in pochi anni dal suo lancio a produrre un fatturato di oltre 500 milioni di dollari e, in Giappone, si assistì all’incredibile carenza di monete (necessarie per provare il nuovo titolo di casa Taito) che costrinse il Governo ad aumentarne l’emissione.

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Il successo dei Game & Watch e l'arrivo di Pac Man
Arrivano gli anni ’80 e la Nintendo produce i primi videogiochi portatili, di nome Game & Watch (conosciuti anche come G&W). Questa è un’importante fase dell’intera storia dei videogiochi, in quanto per la prima volta venivano comercializzati dei prodotti in grado di soddisfare una domanda di mercato dalle caratteristiche di gran lunga differenti. Questi consistevano in una serie di giochi elettronici portatili, prodotti da Nintendo e inventati da Gunpei Yokoi, commercializzati nel 1981 e realizzati con materiale in plastica unito alla presenza di un piccolo schermo a cristalli liquidi. Donkey Kong e The Legend of Zelda sono solo alcuni dei videogiochi che potevano essere provati con questi piccoli apparecchi elettronici dal design accattivante, tant’è che fu oggetto di numerose imitazioni, tra cui si possono citare quelle ad opera di Tiger Electronics e quelle di Vtech con la serie Game & Time, distribuiti in italia dalla Polistil con il nome di schiacciapensieri.
Un altro grande fenomeno del panorama videoludico stava per nascere, un titolo che ancora oggi rimane un’icona destinata a rappresentare i videogiochi classici di quegli anni; il suo nome è Pac-Man, e le prime versioni del titolo arrivarono in tutte le sale giochi del Giappone, riscontrando un successo senza precedenti. Pac-Man, conosciuto in Sol Levante con il nome di Puckman, fu il frutto della fantasia di un programmatore della Namco di nome Tohru Iwatani e venne prodotto dalla Midway Games nel 1980 in formato arcade da sala. Considerato il grande successo, la Namco decise di commercializzare il prodotto nelle versioni per computer e console.

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Il successo della Commodore e la nascita di Donkey Kong
Nel 1981 una società statunitense fondata nel 1955, con il nome Commodore Buisiness Machines, lanciò sul mercato un prodotto che aprì definitivamente la strada al successo degli home computer. Il modello è il VIC20, dotato di un processore MOS 6502 e dall’aspetto di una tastiera, destinato ad utilizzo prevalentemente della famiglia e dal costo contenuto. La Commodore riuscì a vendere più di un milione di VIC20 e, per sostenere la notevole domanda di mercato, era necessario una produzione in grado di fabbricare circa 9000 pezzi al giorno. In totale, e fino al 1985, vennero prodotti 2,5 milioni di unità, prima che il prodotto uscisse dal mercato per lasciare definitivamente il posto al Commodore 16, il quale, invece, non riscontrò il successo sperato negli Stati Uniti, ma con risultati migliori nell’Europa del Nord e in Italia.
Erano gli anni in cui un uomo di nome Shigeru Miyamoto realizzò Donkey Kong, un videogioco sviluppato da Nintendo e prodotto con la collaborazione di Atari, consistente in un platform che riscosse un grande successo nelle sale giochi e giocabile anche in versione Game & Watch. La produzione del gioco causò non pochi problemi alla Nintendo, trascinata in tribunale con l’accusa di plagio da parte della Universal, casa di produzione cinematografica e autore di King Kong.
La Commodore, intanto, lancia un nuovo modello di home computer, dal nome VIC30, successivamente denominato Commodore 64. Il successo di questa macchina ebbe dell’incredibile: più di 10 milioni di esemplari in tutto il mondo, guadagnandosi la fama di computer più venduto al mondo e conquistandosi anche un posto nei guiness dei primati. In totale, e fino al 1993, la Commodore riuscì a piazzare sul mercato la bellezza di 17 milioni di esemplari, sbaragliando la concorrenza in un mercato agguerritissimo, forte di un prezzo di vendita molto competitivo e dalle caratteristiche tecniche avanzate. Persino un nome importante come Atari, che aveva dettato legge nel mercato fino a quegli anni, dovette riconoscere la strategia vincente della Commodore e tentare la riduzione dei costi di produzione attuando un decentramento produttivo che vide la nascita di stabilimenti Atari in Asia orientale. La competitività della Commodore costrinse molte società al ribasso dei prezzi di vendita, pena l’inevitabile uscita dal mercato. La vittoria schiacciante della Commodore fu raggiunta anche grazie ad un’esemplare campagna pubblicitaria, che vedeva uno slogan semplice ma che riuscì a cogliere in pieno i soggetti a cui era destinato: i genitori. La frase riportata era questa: “Perché comprare una console a tuo figlio distraendolo dalla scuola quando potresti comprare un computer che lo preparerà al college?” Una pubblicità che riuscì ad ottenere la risposta adeguata dal mercato, che si tradusse in risultati di vendita senza precedenti.

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Sega e Nintendo alla conquista del mercato. Arriva Ghosts'n Goblins
L’anno 1983 vide la nascita di tre importanti console: SG1000 di Sega (la prima console dotata di joystick), il Nintendo Entertainment System di casa Nintendo e l’MSX, prodotto dalla Philips ma concepito da Kazuhiko Nishi della divisione Microsoft.
Nel 1985 nacque un altro piccolo capolavoro che portava il nome di Ghosts’n Goblins; un platform che vedeva protagonista un cavaliere medioevale in armatura. Il titolo venne rilasciato dalla Capcom nelle sale giochi e, successivamente, fu riportato su molte piattaforme come il Commodore 64. Un’altra icona del panorama videoludico di quegli anni fu Tetris, un videogioco di logica e ragionamento ideato dal russo Alexey Pajitnov. Il titolo è stato dichiarato da Henry Lowood della Stanford University come uno dei videogiochi più importanti di sempre, affiancato da nomi del calibro di Spacewar, SimCity, Super Mario Bros 3, Doom e Sensible World of Soccer.
Il 1985 vide anche la nascita di una nuova console Sega a 8 bit dal nome Sega Master System, commercializzata prima in Giappone e un anno dopo negli Stati Uniti. Dotato di un supporto di memorizzazione a cartuccia e di un joystick, la console riuscì a raggiungere quota 13 milioni di unità vendute, riuscendo a dar filo da torcere persino alla Nintendo con il suo Nintendo Entertainment System, più comunemente riconosciuto con il nome di NES, che sbaragliò la concorrenza con 60 milioni di console vendute, forte di un videogioco (Super Mario Bros) che trascinò la Nintendo, da allora e fino ad oggi, in incredibili risultati di vendita.
La lotta commerciale tra la console e il computer continua senza sosta: questa volta protagonista è ancora Commodore che, nel 1985, lanciò l’Amiga. Tale computer introdusse per la prima volta il concetto di multimedialità, grazie all’utilizzo di speciali chip custom che permettevano all’utenza di elaborare grafica, video e suoni a costi irrisori.

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Sega tenta la fortuna con il Mega Drive e Nintendo risponde con il Game Boy
Nel 1988 Sega lancia in Giappone la prima console della storia a 16 bit: il Sega Mega Drive. La console arrivò in Europa soltanto un anno dopo, e per aumentare le già elevate capacità del prodotto, Sega decise successivamente di commercializzare un lettore CD, da utilizzare con la console, in grado di migliorare le capacità di memorizzazione della macchina. Nei primi anni del lancio sul mercato il Mega Drive riuscì ad imporsi alla concorrenza, forte di una grafica dalle maggiori prestazioni e di un parco titoli degno di nota.
La Nintendo cercò di contrastare il successo di Sega con una console portatile di nome Game Boy. Le sue caratteristiche tecniche includevano un processore Z80 della Sharp ed era alimentato da batterie a stilo. Questa console, dotata di un piccolo schermo a cristalli liquidi a sfondo verde, riuscì a raggiungere i 69 milioni di unità vendute (l’ennesimo colpaccio della Nintendo). La particolarità della console, motivo del suo successo, consisteva nella possibilità di provare titoli differenti attraverso l’uso delle cartucce (il gioco era scritto su delle ROM contenute in piccoli contenitori di plastica), oltre alla piacevole novità di videogiocare in qualsiasi luogo portando con sé la piccola console.

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La Nintendo lancia il Super Nintendo e Sega risponde con la sua prima console portatile: il Game Gear
La lotta tra Sega e Nintendo continuava senza esclusione di colpi, e se Nintendo lanciò nel 1990 il Super Nintendo Entertainment System per contrastare il successo del Mega Drive nel campo delle console a 16 bit, Sega rispose con il Game Gear per introdursi nel promettente settore delle console portatili, sfidando il Game Boy lanciato l’anno precedente.
La console portatile di casa Sega, originariamente conosciuta come Project Mercury, fu commercializzata in Giappone il 1 ottobre del 1990 e un anno dopo in Nord America e in Europa. Per il dispiacere di Sega la console non ebbe un grande successo (solo 6 milioni di unità vendute), almeno non quello riscontrato dal Game Boy, a causa di alcuni fattori quali il gap temporale nel lancio rispetto alla portatile Nintendo, i più elevati costi di produzione, un parco giochi poco entusiasmante e la scarsa autonomia a causa di uno schermo a cristalli liquidi a colori e dalla elevata luminosità. La console beneficiava di un supporto di memorizzazione a cartucce e poteva essere utilizzata con il Tuner Tv, che la trasformava in una televisione portatile dallo schermo di 3 pollici con ingressi audio e video, uniti ad un sintonizzatore analogico.
Al successo del Game Boy, che nonostante uno schermo non a colori raggiunse risultati migliori del Game Gear, si aggiunse anche quello del Super Nintendo Entertainment System, una console a 16 bit nata per contrastare Sega con il suo Mega Drive che, in quegli anni, registrava un ottimo fatturato. Il passo verso la nuova generazione, quella dei 16 bit, arrivò così anche per Nintendo, con questa console che prese il posto del precedente Nintendo Entertainment System. Il Super Nintendo, conosciuto in Giappone con il nome di Super Famicon, beneficiava di un supporto di memorizzazione a cartucce ed ospitò videogiochi di spessore, come Super Mario World e alcuni dei capitoli della fantastica serie Final Fantasy di Square Company, che trascinarono la console fino al risultato di 49 milioni di unità vendute, ben superiori ai 35 milioni del Sega Mega Drive che subì un vertiginoso calo delle vendite dal momento dell’introduzione della console Nintendo sul mercato. Ancora una volta, come nel campo delle console portatili, la Nintendo ne usciva vincitrice. Proprio come per il Sega Mega Drive, anche il Super Nintendo uscì in una successiva versione sette anni dopo, mentre per il mercato americano si pensò ad una versione modificata nel design, dall’aspetto più serioso e dalle linee meno arrotondate. A contrastare il successo del Super Nintendo e di Super Mario Bros non bastò nemmeno Sonic di Sega, un porcospino di colore blu che non riuscì a spodestare l’idraulico Mario della Nintendo.

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I flop commerciali di 3DO Interactive Multiplayer e di Atari Jaguar
Nel 1993 la Intel fu protagonista di un importante passo nel settore dei computer grazie alla produzione del primo processore Pentium (nome che deriva dalla parola greca “cinque”, come a manifestare l’arrivo della quinta generazione); un marchio che non è stato mai più abbandonato dalla multinazionale californiana.
Proprio durante gli anni dominati da Nintendo e Sega, una nuova console nasce in sordina, prodotta e lanciata sul mercato nel 1993 da Panasonic, Sanyo e Goldstar. La console fu chiamata 3DO Interactive Multiplayer, a 32 bit e dotata di un lettore CD-ROM. La produzione della console era affidata a diverse società licenziatarie della The 3DO Company, società che progettò la macchina ideata da Trip Hawkins, il quale si associò con gli altri dopo aver abbandonato la EA Games.
Intanto Atari tenta, con il lancio di una nuova console, di superare le vendite di Nintendo e Sega lanciando sul mercato quella che la stessa società definiva la prima console a 64 bit, attuando una strategia di marketing che, attraverso uno slogan pubblicitario, evidenziava la superiorità tecnica della propria console rispetto a quelle della concorrenza (a 16 bit). La frase riportata era la seguente: “Do the Math”, ossia fate i conti (una console a 64 bit è quattro volte superiore di una a 16 bit). Nonostante un prezzo di vendita interessante (249 dollari), le prospettive di vendita non furono raggiunte, a causa di una carente presenza di giochi importanti e delle grandi difficoltà riscontrate dagli sviluppatori nel lavorare su una macchina difficile da programmare che, come se non bastasse, presentava anche numerosi difetti di fabbricazione nell’hardware, incluso quello che gestiva la memoria e che fermava molti dei processori mentre eseguivano codice dalla RAM. Dopo soli tre anni di vita, Atari ritirò la macchina dal mercato.


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Arriva la PlayStation
Anno 1994, la Sony decide di entrare nel settore dei videogiochi con il lancio di una console, e di un marchio, che ha dominato gli ultimi anni di storia videoludica fino ad oggi: parliamo di PlayStation e della prima console Sony, ossia la Sony PlayStation. Il prodotto fu lanciato sul mercato giapponese il 3 Dicembre del 1994, e di seguito in America e in Europa. La PlayStation vantava una potenza di calcolo a 32 bit, superiore a quelle che erano in grado di esprimere le console Sega e Nintendo, ed un lettore CD-ROM che veniva utilizzato sia per videogiocare (arriva la fine dei videogiochi memorizzati su cartucce per lasciare il posto a quello ottico, con la conseguente ed inevitabile nascita della pirateria dei videogiochi), sia per l’ascolto della musica. La console, in soli tre anni dal lanciò, raggiunse i 40 milioni di unità vendute, fino ad arrivare, nel suo intero ciclo di vita caratterizzato da ben dodici anni di presenza sul mercato, all’incredibile quota di 102 milioni di unità vendute; un risultato mai raggiunto prima. Il parco titoli della console era vasto e caratterizzato da videogiochi di grande spessore, come Gran Turismo: una simulazione di corse automobilistiche che da solo arrivò a 10 milioni di copie vendute. Il successo della Sony sembrava non avere più fine. Sega si rese conto che il suo Mega Drive non poteva competere con un prodotto così tecnologicamente avanzato, e lancia la sua console a 32 bit: il Sega Saturn. Nasce così definitivamente una nuova generazione, quella dei 32 bit, in cui la Sony con la PlayStation e Sega con il Saturn si davano battaglia.
La nuova console Sega fu presentata in Giappone 22 Ottobre 1994, raggiungendo, nel solo primo giorno di presenza sul mercato, la quota di 170000 unità vendute. Nonostante la nuova macchina Sega vantava un maggior numero di poligoni gestibili e una risoluzione maggiore rispetto alla PlayStation, cotanta potenza tecnologica non era facilmente gestibile dagli sviluppatori, i quali andarono incontro a numerose difficoltà nella realizzazione dei videogiochi; unica eccezione furono i giochi sviluppati direttamente dai team interni a Sega, i quali conoscevamo meglio le caratteristiche computazionali e il modo di gestirne la sua potenza nel migliore dei modi. Questa situazione si tradusse in un risultato di vendita globale non proprio entusiasmante (10 milioni di unità vendute), soprattutto considerati quelli raggiunti da Sony e Nintendo.
L’industria dei videogiochi offriva grandi opportunità di guadagni, ma per l’elevato rischio intrinseco, anche ingenti perdite nel caso in cui le società, pur offrendo macchine potenti e ricche di funzionalità, non accompagnavano il lancio della console con videogiochi in grado di fare la differenza. Questo fattore fondamentale, nel corso del tempo, divenne una realtà di mercato, tant’è che la Sony strappò letteralmente l’esclusiva della serie Final Fantasy alla Nintendo, attraverso un contratto che, da quel giorno, obbligava il team di sviluppo Square Company a realizzare titoli per le macchine di casa Sony: uno di questi fu Final Fantasy VII, che riuscì ad arrivare all’esorbitante cifra di 18 milioni di copie vendute, tant’è che un giornalista, ad evidenziare l’importanza del software nelle vendite dell’hardware, lo definì come il gioco che vendette la PlayStation.

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Nintendo Virtual Boy e Nintendo 64
Dopo il primo passo falso della Nintendo con il Virtual Boy, ossia una console che veniva utilizzata con speciali occhiali per far si che le immagini si materializzassero davanti agli occhi dei videogiocatori in tre dimensioni (il mercato non era ancora pronto per questo), venne lanciata la prima console della grande N a 64 bit, di nome, appunto, Nintendo 64. Nonostante la Sony introdusse i primi videogiochi su supporto magnetico, la Nintendo rimase fedele ancora una volta alle cartucce (paura della pirateria?). La console nacque come successore del Super Nintendo e prevedeva la possibilità di introdurre nelle cartucce dei chip aggiuntivi che, di volta in volta, venivano utilizzati dagli sviluppatori per aumentare le prestazioni tecniche dei videogiochi che realizzavano. La console, in ogni caso, non riuscì nemmeno ad avvicinarsi al successo che riscontarono i prodotti precedenti marchiati Nintendo: il risultato fu di 32 milioni di unità vendute nei suoi sette anni di presenza sul mercato.

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Game Boy Color e Sega Dreamcast
I videogiochi, come qualsiasi altra opera d’ingegno destinata ad uso pubblico, sono stati in questi lunghi anni oggetto di molti casi di censura, in quanto molti sviluppatori cominciarono a realizzare trame a sfondo horror e dagli elevati contenuti di violenza. Uno di questi è Grand Theft Auto, prodotto da ASC Games e sviluppato dal team DMA Design (ora Rockstar North). Il titolo, nato su PC e successivamente convertito per PlayStation e Game Boy Color, vedeva protagonista un criminale libero di girovagare per la città di New York per completare missioni a sfondo malavitose: fu solo l’inizio dei problemi di Rockstar che la vide oggetto, anche successivamente, di numerosi casi di censura.
La Nintendo, che nel settore delle console portatili dominava con il Game Boy, decise di apportare al prodotto una importante novità: il colore. Fu così che nel 1998 nasce il Game Boy Color; leggermente rivisitato nel design e con supporto di memorizzazione ancora a cartucce. I risultati per le tasche Nintendo furono più che accettabili: 49 milioni di unità vendute.
Sega, intanto, sapeva di dover introdurre sul mercato una console dalle elevate capacità tecniche, in grado di aprire la strada verso un nuovo salto generazionale. Fu così che lanciò il Sega Dreamcast. La console, a 128 bit, nacque nel 1998 e beneficiò di un numero impressionante di videogiochi sviluppati direttamente in casa Sega, considerati i numerosi casi di difficoltà dei team di sviluppo esterni di operare sulle precedenti macchine quali il Sega Saturn. Questo spiega il motivo principale che le società, nel lancio di una macchina tanto potente quanto difficile da programmare, devono necessariamente dedicarsi in prima persona nella realizzazione dei videogiochi che intendono far girare sulle loro potenti console (soprattutto nei primi anni di vita del prodotto), per non andare incontro a titoli poco curati nell’aspetto tecnico e che, di conseguenza, trascinano la stessa macchina nel baratro del totale fallimento. Una delle funzionalità più interessanti di questa console era quella di poter offrire all’utenza un servizio di navigazione in Internet (Dream Arena), con la conseguente possibilità di installare gli eventuali aggiornamenti che apportavano, di volta in volta, tutte le necessarie modifiche ai videogiochi. Nonostante l’evidente superiorità della macchina rispetto alla PlayStation di Sony, i risultati di vendita della console Sega non furono entusiasmanti, a causa di una pessima gestione amministrativa e delle infelici operazioni di marketing che non supportarono a dovere una console che, seppur potente, non veniva presentata al mercato nel migliore dei modi. Per avere un’idea dello scarso successo commerciale del prodotto basta analizzare il breve ciclo di vita della console, che fu ritirata dal mercato dopo soli tre anni dal lancio, con l’infelice risultato di 10,6 milioni di unità vendute. Da allora Sega abbandonò definitivamente il mercato dell’hardware, per concentrarsi nella sola produzione del software.

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La nuova console Sony: PlayStation 2
Il nuovo millennio ha inizio e Sony inserisce sul mercato la sua nuova console: la PlayStation 2. La macchina, a 128 bit, arrivò in Giappone nel Marzo del 2000, e alcuni mesi dopo in America del Nord e in Europa. Il successo della console derivò in gran parte da quello riscontrato dal suo predecessore, l’unica console in grado di superare i 100 milioni di unità vendute. Il mercato, fedele a un marchio (PlayStation) che riuscì in poco tempo ad affermarsi in un settore popolato da mostri sacri dell’industria videoludica, rispose positivamente anche al lancio della nuova console che, nel corso dei suoi sette anni di vita, arrivò all’incredibile cifra di 120 milioni di unità vendute, superando persino il risultato della prima PlayStation. Una console in grado di spazzare via prodotti come il Dreamcast, il Game Cube e la Xbox di Microsoft, due delle quali fecero il loro ingresso sul mercato addirittura dopo il lancio della console di casa Sony. La macchina ospitava un processore di nome Emotion Engine da oltre 10 milioni di transistor ed era in grado di riprodurre contenuti su CD-ROM e DVD-ROM, motivo per cui, a differenza delle altre console, la PlayStation 2 soddisfava appieno anche le esigenze di coloro che cercavano un lettore DVD per la riproduzione dei film, allargando in tal modo la domanda di mercato proprio per le sue molteplici funzionalità. Nonostante lo straordinario successo della console, manifestato dalle vendite nei negozi, la Sony andò incontro ad un breve periodo di flessione nelle vendite a causa di una produzione che procedeva troppo lentamente e dei problemi di distribuzione in alcuni Paesi; tant’è che nel primo periodo di commercializzazione della macchina, solo alcune migliaia di persone riuscirono ad acquistare una console che cominciava a risultare introvabile presso i rivenditori. Non mancarono nemmeno le numerose lamentele da parte di molti sviluppatori, a causa della difficoltà di realizzare videogiochi su una macchina più complessa delle altre presenti sul mercato, motivo per cui la Sony mise a disposizione delle software house dei kit di sviluppo che andasse incontro maggiormente alle loro richieste. Nel momento in cui, nel 2004, la console registrò la fase di saturazione del suo ciclo di vita, venne lanciata la PlayStation 2 Slim: rivisitata nel design, meno ingombrante, meno pesante e con l’adattatore per la connessione online integrato. Nei successivi tre anni la console venne prodotta anche in colori differenti, prima di tramontare definitivamente nel 2007, anno in cui la Sony decide di terminarne la produzione. E’ a oggi la console più venduta di sempre.

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Nintendo insiste con le console portatili
La Nintendo realizza un'altra console portatile e lancia nel 2001 il Game Boy Advance, con supporto di memorizzazione a cartucce e compatibile con i titoli del Game Boy e Game Boy Color. La console, dal design completamente rinnovato, raggiunse i 76 milioni di unità vendute, confermando il predominio Nintendo nel settore delle console portatili. Ma le novità in casa Nintendo non finirono qui: il 2001 è anche il lancio del Game Cube, una console a 128 bit che avrebbe dovuto, ma senza riuscirci, sottrarre una fetta di mercato alla Sony e della sua PlayStation 2. Una delle maggiori novità della nuova console, a forma di cubo e disponibile in differenti colori, consisteva nel differente supporto di memorizzazione: finalmente la Nintendo si rese conto di dover abbandonare le cartucce e adottò una soluzione che si avvicinava solamente a quella del DVD, ossia un supporto ottico dal diamentro di 8 centimetri e dalla capienza di 1,5 Giga Byte prodotti dalla Panasonic. Oltre a beneficiare del servizio online con il MMORPG Phantasy Star Online, la console poteva interfacciarsi con facilità al Game Boy Advance, con la possibilità, in alcuni casi, di utilizzare quest’ultimo come controller alternativo e per visualizzare sul suo piccolo schermo l’interfaccia dei videogiochi. La macchina, a causa del predominio della Sony, non riuscì a superare i 22 milioni di unità vendute.

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Arriva la Xbox
Correva l’anno 2004 e il settore dei videogiochi ospitava un nuova società pronta a tuffarsi nella nuova generazione che, di lì a poco, sarebbe dovuta arrivare. La fine della Sega nella produzione dell’hardware lasciò il posto alla nascita delle console Microsoft, la blasonata società di Bill Gates. La prima console fu la Xbox, lanciata in Nord America il 15 Novembre del 2001 e un anno dopo in Europa e Giappone. Questa non ruscì a contrastare lo strapotere della Sony, vera leadership di mercato: il numero di unità vendute sfiorarono i 24 milioni. La console, a 128 bit, presentava un’architettatura simile a quella dei PC standard di quegli anni, compresa la presenza di un hard disk di 8 Giga Byte e una RAM di 64 Mega Byte. Tali caratteristiche rendevano la console di gran lunga più potente rispetto a quelle della concorrenza, anche se l’hardware non veniva sfruttato a dovere dagli sviluppatori. La console non riuscì a conquistare il favore del mercato giapponese, motivo per cui la Microsoft fu costretta a continui ribassi del prezzo (le stime della società statunitense vedevano il raggiungimento del punto di pareggio non prima dei tre anni dal lancio) e a realizzare un nuovo controller considerato da molti troppo grande. Oltre a beneficiare del servizio online denominato Xbox Live, la console ospitò un videogioco che rimane ancora oggi il simbolo che sta alla base di molte operazioni di marketing in casa Microsoft: Halo, pensato per mettere in mostra tutta la capacità computazionale della macchina.

La rivoluzione: Nintendo DS.
Gli ultimi anni di storia videoludica vedono protagonisti tre società: Nintendo, Sony e Microsoft. La prima, nel 2004, lancia il Nintendo DS. Una console portatile a due schermi a cristalli liquidi di cui uno touchscreen, il quale rende l’esperienza di gioco del tutto nuova e con titoli realizzati per sfruttare appieno questa importante innovazione nel settore delle console portatili: un’intrattenimento videoludico del tutto rivoluzionato, in grado di replicare, ancora una volta, il predominio Nintendo, forte dei sui 65 milioni di unità vendute fino ad oggi, elevando la console alla portatile più venduta di sempre, considerando che il prodotto è ben lontano dal vedere la fine del suo ciclo di vita. Due anni dopo, nel 2006, la Nintendo decise di apportare delle modifiche estetiche alla sua portatile e lancia il DS Lite. La console permette di personalizzare il livello di luminosità dello schermo, è più leggera, più piccola e vanta una maggiore autonomia grazie ad una maggiore durata della batteria. Il supporto di memorizzazione è a cartucce e può essere collegata alla rete usufruendo del servizio Nintendo Wi-Fi Connection. Titoli come Nintendo Dogs e Pokemon Diamante e Perla hanno fatto la fortuna di questa portatile di casa Nintendo.

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La Sony risponde con la PlayStation Portable
La Sony entra nel settore delle portatili con la PlayStation Portable, una console che offre molteplici funzionalità, come quella di riprodurre video e la navigazione sul web. Nonostante uno schermo grande e un design accattivante, la PlayStation Portable ha subito il netto predominio del DS, riuscendo a raggiungere a malapena i 25 milioni di unità vendute; circa un terzo della portatile Nintendo.
La Sony, con la PlayStation Portable, introduce un nuovo supporto fisico, ossia l’UMD (Universal Media Disc), un supporto ottico di produzione Sony in grado di riprodurre video e musica, oltre ai videogiochi, ma, sfortunatamente per la Sony, di scarso successo commerciale. Un’altra novità di rilievo della console è il supporto di memorizzazione a memory stick, utilizzato sia per il salvataggio dei dati dei videogiochi, sia per quelli relativi a musica, foto e video. Considerato lo scarso successo del prodotto, la Sony apporta una modifica estetica alla sua portatile e ne introduce nuove funzionalità. Allo schermo più luminoso e leggermente più grande, si aggiunge un peso minore e la possibilità di poter collegare la console a uno schermo usufruendo delle uscite audio e video. Nonostante un leggero miglioramento nei risultati di vendita grazie a questo restyling, la console è destinata ad uscire sconfitta dalla lotta nel settore delle portatili: il Nintendo DS si piazza costantemente al primo posto tra le console più vendute, sia sul mercato giapponese, sia in Europa che in America.

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Microsoft lancia la sua seconda console: Xbox 360

La Microsoft è la società che fa il primo passo verso la nuova generazione di console, esattamente nel 2005, introducendo la Xbox 360, prodotta con la collaborazione di importanti società del calibro di IBM, ATI Technologies e Samsung. Venduta in due differenti versioni (con la presenza o meno di un hard disk esterno), la console è la prima ad offrire contenuti multimediali ad alta risoluzione, surclassando dal punto di vista computazionale la concorrenza. Il netto cambiamento nel design è stato apportato per spingere le vendite in mercati in cui la prima console Microsoft non seppe imporsi: le linee arrotondate della console e il colore bianco dovrebbero rispondere meglio alle esigenze e ai gusti del popolo del Sol Levante. Il supporto fisico utilizzato, sia per i videogiochi, sia per i film e la musica, è il DVD, utilizzato con un lettore di produzione Samsung e Hitachi. La console vende bene in America ma non incontra il favore di un mercato importante come quello nipponico, motivo per cui, in Giappone, le vendite non rispondono appieno alle stime pronunciate al giorno dell’introduzione della console sul mercato, anche a causa di numerosi problemi di surriscaldamento dei processori che provocavano il cosidetto anello della morte (le vendite, attualmente, si aggirano sui 18 milioni di unità vendute). Questa situazione spinge la Microsoft al lancio di una nuova versione, a soli due anni dalla precedente. Con un hard disk più capiente, una connessione audio e video in HDMI (Hight Definition Multimedia Interface) e un processore più efficiente, la Microsoft cerca di imporsi anche sul mercato giapponese concentrandosi soprattutto nella realizzazione di videogiochi che meglio rispondono ai gusti del popolo nipponico e con la sottrazione di importanti esclusive alla concorrente Sony, investendo fior di quattrini per risollevare le sorti di un prodotto che, nonostante sia molto promettente, subisce numerosi problemi di malfunzionamento.

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Arriva la nuova ammiraglia Nintendo: Wii



Esattamente un anno dopo, la Nintendo lancia la sua nuova console, relativamente di nuova generazione. Le strategie Nintendo aprono la strada ai nuovi modi di approcciarsi ai videogiochi, rivoluzionando il sistema di controllo grazie ad un controller dotato di sensori di movimento (non è un caso che in fase di sviluppo la console portava il nome Revolution, ad indicare la presenza di un’innovazione nel modo d’interfacciarsi con il software), ma la capacità computazionale della macchina è ben lontana da quella di casa Microsoft. Una scelta, quella di Nintendo, rischiosa ma al tempo stesso saggia, che la vede piazzarsi sul mercato distante dalla concorrenza, beneficiando di una maggiore fetta di mercato forte dei sui 20 milioni di unità vendute: un risultato superiore a quello della Xbox 360 e raggiunto in meno tempo.


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Il lancio prematuro della PlayStation 3.
La Sony, con una PlayStation 2 sul gradino più alto delle console più vendute di sempre, decide che è tempo di lanciare la sua nuova console per non perdere quote di mercato: la domanda manifestava un rilevante interessamento alla potenza tecnologica della console Microsoft e alla rivoluzione introdotta da quella di casa Nintendo. Una scelta discutibile, un lancio che considero prematuro, soprattutto alla luce di una PlayStation 2 che da sola avrebbe, senza difficoltà, mantenuto alla Sony la leadership di mercato per almeno un altro anno. La Sony, timorosa, lancia la PlayStation 3 in una fase di elevati costi di produzione (soprattutto a causa del Cell, il nuovo processore impelementato, e il lettore Blu-ray disc), motivo per cui il prezzo di vendita è risultato inaccettabile per il mercato, inabissando la console in scarsi risultati comerciali, senza considerare l’errore di aver promesso un lancio che è stato successivamente posticipato. Tecnologie quali il Blu-ray disc, attualmente, non giustificano la spesa per il consumatore e soprattutto degli sviluppatori, in gravi difficoltà nel realizzare videogiochi su una macchina che richiede molto tempo per essere sfruttata appieno, senza considerare il grave errore di aver perso esclusive importanti del calibro di Grand Theft Auto e Devil May Cry, unito alla presenza di un parco titoli poco attraente, non in grado di risollevare le sorti di una console che è arrivata sul mercato troppo presto. La nuova versione della console, lanciata ad un prezzo ridotto grazie all’eliminazione di alcune funzionalità, è considerata la classica pezza che ha evitato alla Sony la catastrofe totale. Soltando oggi, ad un anno dal lancio, la Sony comincia a vedere i primi frutti e il 2008 si prospetta, per il colosso nipponico, l’anno in cui dominare o essere definitivamente schiacciati dalla concorrenza, perdendo irreversibilmente, dai tempi della prima PlayStation, la leadership di mercato.

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Fonte. recensioni-videogiochi.dvd.it
 
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