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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 30/8/2009, 10:34 by: Lucky (Due di Picche)




Il direttore si difende: un documento-montatura
Boffo (Avvenire) rivela di aver ricevuto una telefonata dal ministro Maroni. La vicenda di Terni

TERNI — Il giorno dopo Dino Boffo si difende a tutto campo. E, in un lungo articolo pubblicato oggi sull’ Avvenire , parte dal cuore del problema, dai documenti che sono stati pubblicati dal Giornale . Prende lo spunto da un passaggio preciso, quello in cui si dice che «era soggetto già attenzionato dalla polizia di Stato per le sue frequentazioni». Parole che, secondo quanto lascia intendere il quotidiano che fa capo alla famiglia Berlusconi, sarebbero contenute in un’informativa scritta dalla polizia quando ancora si era nella fase delle indagini preliminari. Frasi che hanno provocato anche le proteste della comunità gay e di diversi politici che hanno parlato di «pericolo schedatura per gli omosessuali». Secondo Boffo— tra i più critici nella ultime settimane sulla condotta morale del presidente del consiglio — si tratterebbe di un errore, di un falso, di una trappola congegnata ad arte per attaccarlo.

Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha telefonato al direttore dell’ Avvenire per esprimergli la sua solidarietà. Ed ha escluso che quella frase fosse contenuta in un’informativa di polizia e che le forze dell’ordine lo abbiano mai «attenzionato» per le sue frequentazioni. Anzi gli ha assicurato che, dopo una rapida verifica, su di lui non sarebbe emerso nulla. Cosa potrebbe essere successo?

Se non in un’informativa di polizia la frase, e forse non solo quella, potrebbe essere contenuta invece in una lettera arrivata alla Fondazione Toniolo, ente culturale di grande importanza per la Chiesa e per la Cei, la Conferenza episcopale italiana, e che ha tanta influenza anche nella scelta del direttore dell’ Avvenire . Una lettera anonima nella quale si diceva che Boffo aveva frequentazioni omosessuali e che, come tutte le lettere anonime, la fondazione ha deciso di cestinare ed ignorare. È possibile che proprio a questo si riferisse monsignor Giuseppe Betori, ex segretario della Cei ed oggi arcivescovo di Firenze, quando a proposito degli attacchi del Giornale ha parlato di «spazzatura». Su questo insiste Boffo, sostenendo che l’intera vicenda sarebbe in realtà una montatura, che tante sarebbero le incongruenze tecniche e di sostanza. E che il tutto potrebbe essere partito da chi con lui aveva qualche vecchio conto da saldare, magari per dissapori nati sul piano professionale.

Anche la condanna per molestie, secondo quanto Boffo ha ripetuto anche in passato e sostiene ancora adesso, potrebbe essere diversa da come è stata presentata. Verso la fine del 2000 il direttore dell’ Avvenire avrebbe scelto come suo collaboratore un ragazzo che era ospite della Comunità incontro, il centro di recupero per ex tossicodipendenti fondato da don Pierino Gelmini vicino ad Amelia, in Umbria. Era un modo per aiutare una persona in difficoltà a ricostruirsi una nuova vita. Ma sarebbe stato proprio quel ragazzo a fare quelle telefonate insistenti alla signora di Terni che poi ha querelato per molestie il direttore dell’ Avvenire . Boffo avrebbe deciso di proteggere il ragazzo preferendo chiudere la vicenda nel più breve tempo possibile. E sarebbe stato questo a spingerlo a patteggiare davanti al giudice per l’udienza preliminare di Terni e pagare l’ammenda di 516 euro. «La condanna — si legge nei documenti pubblicati dal Giornale — è stata originata da più comportamenti posti in essere in Terni dall’ottobre 2001 al gennaio 2002, mese quest’ultimo nel quale, a seguito di intercettazioni telefoniche disposte dall’autorità giudiziaria, si è costatato il reato ». Le telefonate insistenti, quindi, sarebbero partite dal cellulare di Boffo ma non sarebbe stato lui l’autore delle minacce, bensì il suo collaboratore, poi morto per overdose. Almeno secondo la versione dei fatti che lo stesso direttore dell’ Avvenire aveva dato già in passato, quando le prime voci cominciarono a circolare. Sempre nella comunità di don Gelmini, come ex tossicodipendente da recuperare, sarebbe passato anche il marito della signora oggetto della telefonate moleste, cioè l’uomo con il quale — secondo il Giornale — Boffo «aveva una relazione omosessuale». Ma su queste voci nella Comunità Incontro non si trovano conferme.



30 agosto 2009


scrutinati il 35 per cento dei voti
Afghanistan, si allarga vantaggio di Karzai
Elezioni, lo sfidante Abdullah Abdullah avrebbe il 31,4% delle preferenze contro il 42,3 del presidente uscente

KABUL_ Si allarga il vantaggio di Hamid Karzai sullo sfidante Abdullah Abdullah, a 9 giorni dalle elezioni presidenziali. La Commissione Elettorale afgana ha annunciato ieri che con circa il 35 per cento dei voti scrutinati l’attuale presidente guiderebbe la gara con il 46,3 per cento delle preferenze contro il 31,4 per cento dell’avversario. Il dato precedente, su 17 per cento degli scrutini, dava Karzai in testa con il 42,3 per cento.

I DATI- Il nuovo risultato conferma dunque il trend. Ma resta inferiore al 50 per cento più uno dei voti, risultato richiesto dalla costituzione per non tornare ad un secondo ballottaggio. «Siamo ancora comunque lontani dai dati finali. Che dovrebbero giungere entro il 17 settembre», ha dichiarato in serata all’emittente Tolo TV il presidente della Commissione, Daud Najafi. Il protrarsi delle incertezze politiche, le accuse reciproche di broglio da parte dei candidati, anche molti di quelli minori, oltre la violenza diffusa, lancia una grave ipoteca sull’intero processo. Ieri Abdullah Abdullah è tornato a lanciare accuse di fuoco contro Karzai. «Il voto è stato derubato, deturpato, sviato. Il futuro democratico del Paese è in pericolo a causa di brogli e minacce», ci ha dichiarato in un’intervista durata una ventina di minuti dopo un lungo incontro con circa 350 leader degli anziani e capi tribù venuti appositamente a portargli il loro pieno sostegno dalle provincie per lo più pashtun di Patika, Paktia, Lowegar, Khost e Gardez.

LA GUERRA- Tra la folla anche un buon numero di leader tribali tagiki della valle del Pansheer, la zona un centinaio di chilometri a nord della capitale che nel passato fu serbatoio di sostegno all’Alleanza del Nord di cui faceva parte Abdullah Abdullah nella guerra contro i talebani. «Contro le ingiustizie di Karzai siamo pronti a tornare sulle montagne con le nostre armi», hanno gridato alcuni tra gli applausi. Ma Abdullah Abdullah tende tutt’ora a gettare acqua sul fuoco: «Sin a questo momento il Paese si è dimostrato maturo. Nessuno è passato dalle minacce agli atti. Riconteremo i voti e faremo verifiche nella legalità», sostiene. Il suo progetto è comunque quello di evitare alcuna coalizione con Karzai. «Non intendo affatto entrare nel suo governo. So che ne stanno parlando con gli americani. Ma io non ci sto», dichiara.

NUOVE ELEZIONI- Si rende conto che il processo verso un secondo ballottaggio resta carico di incognite. «Ma sono convinto che grazie all’aiuto della comunità internazionale dispiegata militarmente sul territorio potremo avere un secondo turno più tranquillo e corretto». Eppure chiede anche alle forze Usa-Isaf, agli osservatori dell’Onu (Unema) e alle delegazioni occidentali di «essere molto più onesti nelle operazioni di scrutinio». Il suo ufficio elettorale sta rendendo noto una lunga serie di video, presi dalle provincie sud-orientali, in cui appare chiaramente il broglio. Si vedono diversi poliziotti e scrutatori che falsificano le schede. E non mancano le critiche anche agli italiani nella regione occidentale con comando ad Herat. «So che nella zona italiana il Prt, Unema e i militari italiani si sono detti soddisfatti subito dopo il voto del 20. Ebbene io dico loro che facciano molta più attenzione. Siamo a conoscenza di brogli tra le urne nella zona italiana, specie a Farah e nel Badghis. Io non avrei gridato vittoria tanto in fretta».


30 agosto 2009


I MEDICI «CONDIZIONI GRAVI MA STABILI, PERò HA BUONE POSSIBILITà DI GUARIRE»
Ricoverato giovane con influenza A: grave
Il ragazzo si trova in «coma indotto» al San Gerardo dei Tintori di Monza, dove è stato trasferito da Parma


MILANO - Mentre si discute l'evoluzione del virus, ecco che in Italia spunta il primo caso «grave». Si tratta di F. F. un ragazzo di 24 anni, ricoverato all'Ospedale San Gerardo dei Tintori di Monza, nel reparto di terapia intensiva che si trova in «coma indotto». Lo riferisce il ministero della Sanità. Il giovane ha contratto un'infezione da virus AH1N1, che ha passato a un suo familiare.

IN OSPEDALE- Il paziente è stato ricoverato il 22 agosto all'ospedale di Parma, con diagnosi polmonite. La situazione però non è migliorata. Anzi. Così il 25 è stato deciso il trasferimento a Monza, in terapia intensiva, specializzato nel trattamento della sindrome da distress respiratorio. F.F, è in condizioni "gravissime, ma stabili". Lo dicono i medici della struttura sanitaria nella quale è ricoverato in terapia intensiva. Il giovane, secondo loro, ha comunque "buone possibilità di guarire". «E’ sedato, intubato e collegato a una macchina cuore-polmone in dialisi continua (ultrafiltrazione)», ha detto Giuseppe Foti, responsabile del reparto di Terapia intensiva generale. Il paziente è affetto da una Sindrome da distress respiratorio dell’adulto (Ards), una insufficienza respiratoria associata anche a una renale. Inizialmente soffriva anche di insufficienza cardiocircolatoria, ma ne è uscito. Un dato che ha stabilizzato le sue condizioni. La ventilazione artificiale è necessaria per aumentare la quantità di ossigeno e la pressione nei polmoni e contrastare l’epatizzazione.

IL CONTAGIO - Il ragazzo malato avrebbe contratto il virus AH1N1 durante le vacanze sulla Riviera romagnola. Il ventiquattrenne, residente a Parma, si sarebbe presentato il 18 agosto prima alla Guardia Medica poi al Pronto Soccorso della città emiliana con una grave sindrome influenzale ma, a parere dei medici del Maggiore di Parma, senza i sintomi dell' influenza A. Per questo il test non era stato eseguito. «Non c'era alcuna indicazione perchè venisse eseguito il test sul ragazzo - ha spiegato Sergio Venturi, direttore generale dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Parma - In quelle condizioni qualsiasi malato che si presenta in Pronto Soccorso, valutato dal punto di vista clinico e strumentale, non si sottopone al test. Questo era previsto nella fase iniziale della pandemia, in maggio, in cui ci si prefiggeva di evitare l' espandersi dell'epidemia. Da due mesi l'indicazione è invece quella della mitigazione». «Il giovane aveva la febbre da due giorni ma non aveva sintomatologie specifiche - ha aggiunto Carlo Ferrari, direttore della struttura di Malattie Infettive ed Epatologia dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma - In più l'esame radiografico era negativo. In questi casi non c'è nessuna indicazione di eseguire il test, a meno che il medico che lo vede ritenga che ci sia un quadro già compromesso con delle complicazioni». Il test sul giovane è stato realizzato al suo arrivo all' ospedale di Monza il 25, ed il responso finale della positività è stato reso noto ieri sera dai laboratori dell'ospedale Sacco di Milano. Colpito dal virus AH1N1 anche il padre del giovane; in questo caso l'esito del test è arrivato dai laboratori dell'Università di Parma giovedì scorso.

COMPLICAZIONI - L'evoluzione in Sindrome da Distress respiratorio dell'adulto è una delle rare complicazioni di numerose infezioni virali, compresa l'infezione da virus AH1N1. I casi confermati di influenza AH1N1 in Italia sono attualmente circa 1900, di cui circa il 10% secondari. La letalità della nuova influenza AH1N1, sulla base dei dati del Centro Europeo Controllo Malattie ( ECDC) di Stoccolma, nei paesi dell'Unione Europea e dell'area EFTA è attualmente dello 0,21%. A livello globale, secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, la letalità è attualmente dello 0,98%.



Elezioni - Il Paese alla vigilia di una rivoluzione politica
Il Giappone alle urne: il partito democratico assapora il suo trionfo
Finisce mezzo secolo di dominio liberale

YOKOSUKA (Giappone) — Oggi si vota. E per vederci chiaro, sul banchetto all’ingresso del comitato elettorale di Shinjiro Koizumi, sono a disposizione dei simpatizzanti alcune paia di occhiali. Da presbite. Perché il Partito liberaldemocratico, Ldp, è un partito ormai per vecchi. Lo sanno anche i giovani, qual è Shinjiro — figlio dell’ex premier Junichiro Koizumi — che va alla conquista del seggio di famiglia, a Yokosuka, sud di Tokyo. Venerdì all’ora di pranzo ha tenuto uno degli ultimi comizi, in un centro per pensionati nella vicina Kurihama. Al maestro di tè Tokuichiro Hashimoto il ragazzo, classe 1981, piace: «Ce la farà», peccato che ad ascoltarlo fossero solo anziani. È anche per la conclamata involuzione geriatrica dell’Ldp che il Partito democratico (Dpj) è quasi certo di festeggiare stasera la vittoria e domani governare. «Solo in Cina, Nord Corea e da noi ha sempre comandato lo stesso partito», sorride Tetsundo Iwakuni, deputato uscente del Dpj: e dopo 54 anni di potere liberaldemocratico quasi ininterrotto «si cambia», obamianamente.

Non che Iwakuni sia un giovanotto. Almeno non si ripresenta. Circa il 40% dei candidati liberaldemocratici è figlio, nipote e/o pronipote di deputati. Tra i democratici la percentuale è la metà. Il nepotismo dell’Ldp ha contribuito a esasperare un elettorato già provato dalla crisi, ora che la disoccupazione ha raggiunto il massimo dalla guerra, 5,7% in luglio. E poi c’è la burocrazia, che il Dpj (ottimista) promette di sfoltire: «I giapponesi danno la patente ai politici — scherza col Corriere Iwakuni — ma poi si fanno governare dai burocrati, che guidano senza patente. Basta».

No al nepotismo, no alla burocrazia, no al solito partito. Gli slogan dei democratici sono semplici, anche se diluiti in un «Manifesto» in 55 paragrafi che si prefigge di «far sì che la politica lavori per la vita della gente». Il leader del Dpj, Yukio Hatoyama, sembra aver convinto. Piacciono le proposte di abbassare le tasse, di assicurare un sussidio mensile di 270 dollari per ogni bambino e aiuti ai contadini, azzerare i pedaggi autostradali, il tutto tagliando gli sprechi. L’Ldp del premier uscente Taro Aso grida invano che è un piano insostenibile, 179 miliardi di dollari a pieno regime. Grande visione o astuta demagogia che sia, il messaggio di Hatoyama funziona: stando ai sondaggi, dovrebbe consegnare al Dpj la maggioranza assoluta, forse la maggioranza qualificata, cioè i due terzi dei 480 seggi della Camera Bassa che darebbero al governo il controllo su ogni provvedimento.

L’agenda di Hatoyama sembra abbastanza generica da non scontentare nessuno. In politica estera mette al primo punto la «costruzione di una stretta e paritaria alleanza Giappone-Usa» ma prevede «la revisione dell’accordo» sulle forze militari americane nell’arcipelago, 47 mila uomini. Qualche iniziativa è un pegno da pagare: come la rinuncia alla missione navale d’appoggio alle operazioni Usa in Afghanistan, promessa ai socialdemocratici, alleati piccoli ma preziosi al Senato. «Con gli Usa — dice ancora Iwakuni — siamo d’accordo sul 70% delle questioni. Il vocabolario dell’Ldp non prevedeva il 'no', riguardo a Washington. Ma conosco gli americani e so che qualche 'no' fa bene all’amicizia. Con Obama ci intenderemo».

Una delle basi statunitensi è proprio a Yokosuka, lunedì comitati di cittadini hanno protestato contro la portaerei nucleare Nimitz . Tuttavia non è su quello che si decide la partita. Tutt’altro: «Pesa la crisi. Ce ne danno la colpa, ma noi non c’entriamo», si lamenta con il Corriere un boss dell’Ldp, Takashi Sasagawa, all’ottava elezione a Gunma. I democratici, invece, hanno altre paure: che la folla di deputati nuovi e giovani non sia abbastanza coesa, che non sappia resistere ai ricatti e alle lusinghe dei burocrati e dei potentati economici, che affiorino le anime del Dpj, ibrido costituito da fuoriusciti liberaldemocratici, ex socialisti, cani sciolti.

Lo stesso Hatoyama, che pure ha co-fondato il Dpj, è un ex dell’Ldp. Il Partito democratico non è immunizzato contro le scissioni. Ma, nella domenica della vittoria annunciata, sono timori veniali. Scaramanzia. Le paure vere verranno governando.


Marco Del Corona
30 agosto 2009
 
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