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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 20/9/2009, 12:21




Il ministro aveva accusato la sinistra di golpismo e aveva detto "muoia ammazzata"
"Se mi attaccano per una battuta facciano pure, nel merito non ho avuto obiezioni"
Brunetta insiste: "Non mi scuso
è in gioco la democrazia"




ROMA - "Non sono un ipocrita, non mi scuso per i toni che ho usato: se i giornalini o i giornaloni si attaccano a una battuta ironica fatta in romanesco facciano pure, nel merito di quello che ho detto non ho ricevuto nessuna obiezione". Torna sulle polemiche scatenate dalle sue dichiarazioni il ministro Renato Brunetta che ieri aveva detto: "Sinistra golpista, vada a morire ammazzata".

"I benpensanti dicono che ho usato toni forti, ma qui è in gioco la democrazia", aggiunge. E spiega: "Io ho fatto un identikit delle èlites parassitarie che si appoggiano alla sinistra e che vogliono far cadere un governo democraticamente eletto. Non chiedetemi i nomi: la domanda la giro a voi, pubblica opinione e giornalisti, basta cercare sulle pagine dei giornali negli ultimi cinque mesi".

E a Dario Franceschini, che aveva commentato le dichiarazioni sulla "sinistra per male" con una battuta ("l'unica brunetta che rispetto è quella dei 'Ricchi e Poveri'"), il ministro della Pubblica amministrazione risponde: "Mi turba il commento di Franceschini, invece di interrogarsi sulla sinistra e le èlites parassitarie risponde con un commento da vero intellettuale, dobbiamo farcene una ragione".

(20 settembre 2009)


La Commissione nazionale ha diffuso i risultati di 587 congressi periferici
L'ex ministro per ora è al 55,7%, Franceschini al 35,6% e Marino 1.675 all'8,7%
Pd, i circoli hanno iniziato a votare
Bersani in testa seguito da Franceschini
Affluenza al 38,5%. L'ex ministro: "Buon risultato. La nostra proposta viene compresa"
Il segretario: "Gli iscritti discutono e votano". Il chirurgo: "Questo è solo l'inizio"

ROMA - Pierluigi Bersani in testa in vista del congresso del Pd. Come promesso dai vertici del partito, i primi dati sono stati diffusi quando hanno votato il 10% dei circoli, pari a 19.459 votanti. L'ex ministro, rende noto il Pd, ottiene 10.774 voti pari al 55,7%, Dario Franceschini 6.883 pari al 35,6% e Ignazio Marino 1.675 (8,7%).

La Commissione nazionale per le elezioni del 25 ottobre ha reso noti i risultati relativi a 587 congressi che si sono svolti fino a venerdì 18 settembre. Bassa l'affluenza alle urne: i 19.459 votanti, corrispondono al 38,5% degli iscritti aventi diritto.

Maurizio Migliavacca, coordinatore della Commissione nazionale, sottolinea che si tratta di risultati riferiti a un numero ancora limitato di congressi di circolo (13% circa del totale) che hanno interessato 50.485 iscritti rispetto al totale nazionale di 824.125 iscritti al Pd (6,13% ). Congressi che, per la loro suddivisione territoriale, non costituiscono un campione statistico, rappresentativo della distribuzione degli iscritti su scala nazionale. La prossima comunicazione, rende noto il Pd, dei risultati, ancora parziali, dei congressi di circolo sarà data mercoledì 23 settembre.

I commenti. "Bene i primi dati: gli iscritti discutono e votano. E moltissimi elettori voteranno il 25 ottobre alle primarie: obiettivo almeno 2 milioni", ha commentato su Twitter il segretario del Pd Dario Franceschini.

"Un risultato straordinario che ci consente di immaginare un altro risultato straordinario: le primarie, con la segreteria del Pd. Questo è solo l'inizio", ha detto Ignazio Marino, candidato alla segreteria del Pd.

"E' davvero un buon risultato che ci dice che nei circoli la nostra proposta viene compresa", è stato il commento di Pierluigi Bersani. "Ovviamente - osserva l'ex ministro - è un risultato che incoraggia a continuare quello che abbiamo fatto fin qui, cioè nessuna polemica ma una proposta chiara per come rafforzare il nostro partito e renderlo più utile al paese".

(19 settembre 2009)


Lettera anonima accusa la Guardia costiera: sbagliò manovra
La vicenda, giugno 2008, segnalata alle Iene e alla procura di Messina
Lampedusa, giallo su un'altra strage
"Quindici morti durante un soccorso"



LAMPEDUSA - Nel mare tra l'Africa e l'Italia ci sarebbero altri 15 morti di cui non si era mai saputo nulla. L'ultima strage, mai conosciuta e anzi nascosta, è stata denunciata da una lettera anonima spedita probabilmente dal marinaio di una motovedetta della Guardia costiera alla procura di Messina ed alle "Iene" di Italia 1. Nella lettera si raccontano tutti i particolari di un terribile giorno, il 28 giugno del 2008, quando secondo l'estensore 15 extracomunitari, somali ed eritrei, annegarono mentre un equipaggio della Guardia tentava di soccorrerli. Un errore nell'abbordaggio avrebbe causato la strage.

La denuncia del marinaio-pentito è stata confermata dai superstiti del naufragio, che si trovano ancora chiusi nei centri dell'isola di Malta, dove furono trasferiti subito dopo la tragedia. "I sopravvissuti - afferma Daniel Pace, portavoce del ministero dell'interno maltese - hanno raccontato soltanto adesso quel che accadde. Quando arrivarono con la motovedetta italiana che li aveva soccorsi, ci dissero che c'erano stati dei morti, annegati, ma non il come né il perché". All'inviato delle Iene Luigi Pelazza i naufraghi hanno detto che quel 28 giugno, dopo alcuni giorni che vagavano in mare, furono soccorsi dalla motovedetta. Durante le operazioni di soccorso il comandante fece calare in mare la "scaletta di banda" lungo la murata. La scala però sarebbe finita addosso agli extracomunitari. Alcuni caddero in mare e la barca si ribaltò. Parecchi morirono. Il marinaio pentito che ha scritto la lettera ha allegato le fotografie: secondo le sue accuse la responsabilità della manovra fu del comandante della motovedetta, che poi, colto dal panico, si chiuse in cabina.. Alcuni extracomunitari sarebbero stati risucchiati dalle eliche del motore. I superstiti sostengono che seppero della morte dei connazionali solo dopo l'arrivo a Malta: "Ci avevano detto che si trovavano sottocoperta per essere curati".

L'inviato delle Iene ha raggiunto a Taranto il comandante - lì traferito - della motovedetta italiana. Intercettato dal giornalista e dall'operatore, si è rifiutato di rispondere alle domande. L'inchiesta sulla denuncia anonima è alla Procura di Messina. I magistrati dovranno stabilire la competenza territoriale, ricostruendo dalle carte di bordo il punto esatto dove sarebbe avvenuta la tragedia e decidere chi dovrà continuare l'indagine.

(19 settembre 2009)


Lecco, cacciatore ucciso da collega
dopo un lite per una preda


LECCO - Una battuta di caccia sui monti che sovrastano Lecco, questa mattina, si è conclusa con un omicidio: secondo le primissime informazioni due cacciatori si sono affrontati nel bosco dopo l'uccisione di una lepre. Entrambi rivendicavano il possesso della preda. A un certo punto uno dei due cacciatori è stato colpito da una fucilata sparata dall'altro che a sua volta è rimasto ferito, in modo non grave, da un colpo esploso dalla vittima. Ancora da chiarire l'esatta dinamica dell'episodio sul quale sono ora in corso indagini da parte della Questura di Lecco.

(20 settembre 2009)


Da Praga il virologo Pregliasco: "Stime peggiori fino a 92mila morti
ma scenario molto improbabile, possibile solo se il virus mutasse".
Nuova influenza, previsioni degli esperti
12 milioni di contagi e 12mila decessi



PRAGA - Stessa sintomatologia, simile terapia. E proiezioni di mortalità dell'influenza da virus H1N1 che, finora, non sono allarmanti. "E' assolutamente indistinguibile da quella stagionale. E secondo le previsioni, molto probabilmente, la A/H1N1 sarà un mix tra l'una e l'altra. Ma attenzione all'effetto bufala: in passato, mi riferisco all'aviaria, a causa di un eccessivo allarmismo del momento, avemmo come risultato negli anni successivi un preoccupante calo delle vaccinazioni in Italia". Da Praga, Fabrizio Pregliasco, il virologo dell'università di Milano che ha partecipato a un vertice sulla Nuova influenza insieme al presidente della Società italiana di Medicina generale Claudio Cricelli, sottolinea i rischi di un'informazione che talvolta fa "scattare l'allarme di casa anche se in giardino passa il gatto e non un ladro. Sarebbe davvero un "disastro comunicazionale"", mentre il sistema di sorveglianza messo su in Italia offre adeguate garanzie di sicurezza.

Ma cosa ci si deve aspettare in termini di incidenza di contagiati e di vittime dell'H1N1? Le proiezioni epidemiologiche ipotizzano tre scenari possibili. Per quanto riguarda la "morbosità attesa" (quella che ci si aspetta) i casi di pazienti affetti da influenza potrebbero essere 12,6 milioni (21,2 per cento della popolazione generale) oppure 18 milioni (30,8 per cento) o, addirittura ma altamente improbabile, 23 milioni (38,7 per cento). In merito alla mortalità correlata a 12 milioni di ammalati, il numero delle vittime potrebbe oscillare tra le 12 mila e le 48 mila unità. "Se invece il virus dovesse essere particolarmente aggressivo come quello della Spagnola del 1918", aggiunge Cricelli, "e si registrassero 23 milioni ammalati, si potrebbe arrivare a 92 mila decessi". Ma entrambi ripetono che questo è uno "scenario altamente improbabile".

D'altronde, ribadisce Pregliasco, questi numeri si riferiscono a entrambe le forme di influenza, quella stagionale e quella da virus H1N1. E, poiché la diagnosi sarà soprattutto clinica, non sarà possibile determinare quale sarà stato il virus infettante. "La diagnostica di laboratorio è del tutto inutile:", aggiunge il virologo, "sarebbe impossibile farli a tutti. I test continueranno a essere effettuati, ma a campione e per i casi più complessi".

Ogni anno in Italia si registrano migliaia di vittime dell'influenza: l'anno scorso furono cinquemila, un numero sottostimato perché "non sempre si ricostruisce il legame con il virus. E l'analisi del comportamento dell'H1N1 nel mondo ci permette di dire che il virus non sta diventando più cattivo. E' una normale influenza, solo molto contagiosa".
Tra le iniziative da adottare per limitare i contagi e come misure di prevenzione, Cricelli annuncia quella di un cofanetto da distribuire ai 48 mila medici di famiglia italiani: "Una sorte di vademecum con suggerimenti e consigli da dare ai pazienti. Ma anche indicazioni comportamentali da adottare negli ambulatori dei medici di famiglia per ridurre il rischio-contagio tra i pazienti in attesa. E si dovrebbe, eventualmente allestire un semplice paravento per separare gli ambienti: da una parte gli "influenzati sospetti" con tosse e febbre, dall'altra i pazienti affetti da altre patologie. E per i primi dovrebbero essere disponibili fazzoletti di carta e sapone". E per ultimo, conclude Cricelli, il triage telefonico: "I pazienti prima di venire in studio dovrebbero chiamarci al telefono e darci la possibilità attraverso alcune domande di renderci conto della situazione".

(19 settembre 2009)


E' deceduta all'ospedale di Messina. Aveva 46 anni
Era sofferente di polmonite, e il virus aveva aggravato la situazione
Nuova influenza, muore una donna
Uccisa da una polmonite bilaterale

Sono cinque in questo momento i malati in condizioni particolarmente gravi
Sono ricoverati a Monza, Firenze, Mantova, Roma e Cesena


MESSINA - E' morta oggi pomeriggio nell'ospedale Papardo di Messina la donna di 46 anni, G.R., ricoverata dal 30 agosto per aver contratto il virus dell'influenza A-H1N1 ma sofferente da tempo di broncopolmonite. La paziente si trovava nel reparto rianimazione in coma farmacologico e nei giorni scorsi le sue condizioni sembravano lentamente migliorare nonostante il virus le aveva provocato una polmonite virale con problemi respiratori.

IL DOSSIER SULLA NUOVA INFLUENZA

La paziente aveva già sviluppato una "broncopolmonite massiva" sulla quale si è poi innestato il virus influenzale A, aggravando il quadro clinico con gravissime difficoltà di ossigenazione. La donna era stata contagiata da familiari rientrati da una vacanza in Inghilterra. Cinque giorni fa l'equipe guidata del professor Sutera le aveva somministrato un particolare farmaco utilizzato in via sperimentale e che contiene un'alta percentuale di proteina C attivata. Tra l'altro, la sorella di G.R. è medico e ha partecipato al tentativo di salvarle la vita. I medici speravano in un miglioramento delle condizioni in modo da superare il coma farmacologico e proseguire le terapie per la guarigione. Ma oggi il quadro clinico è peggiorato e la paziente è deceduta.

La Procura della Repubblica di Messina ha deciso di aprire un fascicolo su questa morte. Verrà disposta l'autopsia. Intanto potrebbero essere a Messina già lunedì gli ispettori inviati dall'assessore regionale alla Sanità, Massimo Russo per valutare il caso.

E' il secondo decesso in Italia dopo quello dell'uomo ricoverato a Secondigliano. L'assessore regionale alla Sanità, Massimo Russo, d'intesa con il sottosegretario alla Salute Ferruccio Fazio, ha disposto l'avvio immediato di un'ispezione all'ospedale Papardo di Messina, in relazione alla morte della donna. L'ispezione tenderà ad accertare le cause della morte e la congruità e correttezza delle modalità terapeutiche seguite.

In questo momento i casi calcolati in Italia di pazienti colpiti dal virus sono più di 8.000, mentre quelli accertati in base a test scientifici sono poco meno di 2.400. Di questi, allo stato attuale, sono 5 quelli maggiormente critici sui quali c'è ancora preoccupazione. Questi cinque malati, le cui condizioni sono al momento stabili, sono ricoverati negli ospedali di Monza, Mantova, Firenze, Roma e Cesena.

Il caso che in passato aveva destato più preoccupazioni è quello di Fabio F., un giovane di Parma ricoverato da più di una settimana per una grave complicanza polmonare. Lo scorso 10 settembre al ragazzo è stata staccata l'Ecmo, la macchina che mette a riposo sia il cuore che i polmoni e che sosteneva l'ossigenazione del sangue. Le sue condizioni sono considerate stabili. Restano "stabili nella gravità" anche le condizioni della disabile cinquantenne affetta da una patologia del sistema immunitario e risultata positiva al virus dell'influenza A ricoverata nel reparto rianimazione dell'ospedale Bufalini di Cesena. La donna, incubata e ventilata artificialmente, soffre di ipotirodismo congenito.

Stabili, ma in una fase di miglioramento, le condizioni del paziente di 39 anni ricoverato in rianimazione all'ospedale fiorentino di Careggi per una grave insufficienza respiratoria, conseguente alla nuova influenza. "Cauto ottimismo" è stato espresso dalla Regione Lombardia riguardo le condizioni del paziente bengalese di 35 anni che si trova in rianimazione all'ospedale di Mantova, dal 6 settembre. Mentre infine il quadro clinico dell'uomo di 41 anni ricoverato all'ospedale San Camillo nel reparto rianimazione dal 5 settembre "resta grave ma con segnali di miglioramento". Il paziente, colpito da polmonite da virus dell'influenza A, è affetto anche da una grave forma di leucemia.

(19 settembre 2009)


L'arnese da cucina è stato al centro dell'udienza di oggi. Il tecnico, in aula, parla
di lama "non incompatibile". Poi aggiunge: "Come milioni di altre al mondo"
Bomba del perito sul processo Meredith
"Il coltello non è quello dell'omicidio"

Il dottor Cingolani spiega: "Al giudice l'ho fatto capire. Non ho le prove
tecniche per affermarlo, ma sono convinto che non lo sia"





In aula si discute sul coltello
PERUGIA - Lo proteggono come se fosse una santa reliquia. Custodito in una busta di plastica e poi chiuso in una scatola di cartone con tanto di scritta "evidence", ("prova"), è sorvegliato da due poliziotte. Durante l'inchiesta, quando era analizzato nei laboratori della Polizia Scientifica, era impossibile osservarlo da vicino, non solo per i consulenti di parte ma anche per i periti del gip. E anche oggi, nell'aula della Corte d'Assise testimoni e avvocati devono sottostare al rigido protocollo previsto per l'esame delle prove di più delicate per poterlo guardare: mascherina e guanti in lattice ed estrema attenzione a non contaminarlo.

LE IMMAGINI DEL COLTELLO

Precauzioni che appaiono ridicole, dato che ormai è certo che quel coltello sequestrato a casa di Raffaele Sollecito e su cui la polizia scientifica ha rilevato tracce biologiche di Meredith Kercher e di Amanda Knox non è l'arma usata per uccidere la studentessa inglese ammazzata la sera del 1 novembre 2007 in via della Pergola 7 a Perugia. Per rendersene contro basta ascoltare le deposizioni dei tre periti sentiti nell'udienza di oggi dai giudici della Corte d'Assise perugina. In aula sono infatti comparsi i professori Giancarlo Umani Ronchi, Mariano Cingolani e Anna Aprile, gli unici a ricoprire il ruolo di "periti" nell'inchiesta di Perugia. I tre erano stati infatti nominati a suo tempo dal gip Claudia Matteini (autrice dell'ordinanza con cui indicava Patrick Lumumba, ora parte lesa, come autore materiale del delitto) e avevano esposto le conclusioni delle loro analisi in un incidente probatorio. La loro deposizione che è stata richiesta dall'avvocato Giulia Bongiorno, il legale di Raffaele Sollecito rilancia i dubbi sulla fondatezza delle accuse contro lo studente di Giovinazzo e la sua ex fidanzata americana, Amanda Knox, in carcere dal novembre 2007.

Mariano Cingolani, parlando del coltello, ripete quello che ha già detto durante l'incidente probatorio. Ovvero che quel coltello è "non incompatibile" con le ferite. Una doppia negazione inesistente non solo nella letteratura di medicina legale ma anche nella lingua italiana che sinora ha permesso di poter ancora indicare quel coltello da cucina come l'arma usata per uccidere Meredith. Però ora aggiunge: "Come non sono incompatibili tutti gli altri coltelli monofilari". Come a dire tutti i coltelli del mondo che abbiamo una lama ad un solo filo. In più, fuori dall'aula, lo stesso Cingolani, dice: "Vuol sapere se è l'arma del delitto? No, e l'ho detto anche ai giudici in qualche modo. Non avendo però i dati tecnici per poterlo affermare in aula abbiamo dovuto ricorrere a questa formula della "non incompatibilità". Ecco tutto".

Il professor Giancarlo Umani Ronchi è ancora più critico su come è stata condotta l'inchiesta. "Ci hanno chiesto di stabilire l'ora della morte - spiega - ma sono stati commessi inizialmente errori clamorosi. A partire dalla mancata analisi thanatologica del cadavere da parte del primo medico legale intervenuto sulla scena del delitto. Il dottor Luca Lalli è arrivato in via della Pergola 7 alle 14 ma ha dovuto aspettare che fossero effettuati i rilievi della Polizia Scientifica prima di poter esaminare il cadavere. Cosa che ha fatto il giorno dopo, alle 13. Dodici ore dopo quindi con un ritardo le cui conseguenze sono facili da intuire. Ora si cerca di datare la morte di quella povera studentessa attraverso l'analisi dello svuotamento dello stomaco. Un dato che in medicina legale è l'ultimo da esaminare perché soggetto a troppe variabili. E, ritornando al coltello, è impossibile stabilire se quello indicato sia o meno l'arma del delitto dato che non si conosce la dinamica dell'aggressione".

L'unica ad avallare in parte la tesi dell'accusa è la dottoressa Anna Aprile che pur non riuscendo ad affermare senza ombra di dubbio che Meredith sia stata oggetto di violenza carnale spiega: "Ci sono tracce di un rapporto sessuale consumato poco prima della morte. Se consenziente o meno non è possibile dirlo attraverso i dati tecnici". La dottoressa però specifica che comunque una violenza carnale non lascerebbe segni evidenti negli organi genitali di una vittima. Dando di fatto ragione al pm Manuela Comodi (bravissima nel mettere in difficoltà i consulenti delle difese) che sotto una diretta minaccia qualsiasi volontà viene annullata.

Ciò che però è evidente è che il processo di Perugia si sta avvitando sulle indagini scientifiche. Come già successo per il caso di Cogne, si spera in questo modo di dribblare le lacune dell'inchiesta tradizionale. Venerdì però il consulente della difesa di Sollecito, il professor Francesco Vinci, ha dimostrato che le orme di scarpe rilevate sulla scena del crimine e attribuite dalla Scientifica allo studente di Giovinazzo appartengono in realtà a Rudy Guede, già condannato a 30 anni con il rito abbreviato.

Nonostante i dubbi e l'assenza di prove certe (non c'è traccia di rapporti tra Rudy, Amanda e Raffaele, movente e dinamica sono tutt'ora avvolti nel mistero) l'esito del processo appare scontato e la condanna all'ergastolo di Amanda e Raffaele sembra essere inevitabile. E' probabile che per dissipare i dubbi il presidente della Corte d'Assise Giancarlo Massei sia costretto a commissionare una perizia (almeno sul coltello e sul dna trovato sul gancetto del reggiseno di Meredith repetertato con quaranta giorni di ritardi rispetto alla scoperta del cadavere) come d'altronde aveva suggerito il gup Paolo Micheli quando aveva rinviato a giudizio Amanda e Raffaele. Perizia che comunque sarà chiesta dalle difese degli imputati.

(19 settembre 2009)
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 21/9/2009, 10:41




Una delle dodici persone che erano nello studio medico di Berlino
ha telefonato ai servizi medici per chiedere aiuto. Un terzo uomo è grave

Germania, lo psicologo droga i pazienti
due morti durante la terapia di gruppo




BERLINO - Ha drogato i suoi pazienti, durante una terapia di gruppo: a Berlino due persone sono morte e una terza è in coma. Il medico che conduceva la seduta è stato arrestato: è accusato di aver somministrato sostanze che hanno provocato la crisi letale ai suoi pazienti.

Durante la seduta una delle dodici persone che partecipavano alla terapia ha telefonato ai servizi medici di emergenza mentre parte del gruppo stava perdendo conoscenza nello studio del medico, alla periferia della capitale tedesca.

Un uomo di 59 anni è morto sul posto, mentre un altro paziente di 28 anni è deceduto in ospedale, dove era arrivato in coma. Un terzo uomo è ancora in coma e le sue condizioni sono ritenute critiche, mentre gli altri nove sono stati dimessi, ha reso noto la polizia. A quanto riferisce la procura, il medico, 50 anni, è stato interrogato e ha ammesso di aver somministrato ai pazienti "varie sostanze e psicodroghe" per "ampliare la loro coscienza". Al momento non ci sono indicazioni che il medico volesse deliberatamente uccidere i pazienti e la polizia non è ancora in grado di chiarire quale droghe siano state usate.

Il professionista, si legge sulla targa all'ingresso del suo studio-abitazione, offre terapie 'psicolitiche'. Secondo indiscrezioni non confermate, riportate oggi dai giornali, ai pazienti era stato offerto un cocktail di eroina, anfetamina ed ecstasy. Alcuni pazienti erano ancora coscienti, ma in stato confusionale, quando sono intervenuti i servizi medici e si sono opposti con tutte le forze al ricovero: è dovuta intervenire la polizia.
(20 settembre 2009)


Atterrato stamane l'aereo con i feretri. Nella notte rientrati anche i militari feriti
Il figlio di due anni di Roberto Valente ha commosso tutti indossando il basco del padre
In Italia le salme dei paracadutisti caduti
Migliaia a Roma per l'ultimo saluto

La camera ardente allestita al Celio. Lacrime, dolore e tanta dignità
Il generale Camporini: "Appurato scambio di colpi di arma da fuoco"



ROMA - Rispetto, commozione e tanta dignità. Le bare con i resti dei sei parà uccisi nell'attentato di Kabul sono state accolte questa mattina all'aeroporto di Ciampino. L'aereo che le ha riportate in Italia è atterrato alle 9.30. Ad attenderlo le famiglie delle vittime, il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, numerose autorità, tra le quali i presidenti di Camera e Senato Fini e Schifani, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, il sottosegretario alla Presidenza Gianni Letta, una rappresentanza di tutte le forze armate.

Il momento più toccante della cerimonia è stato quando Simone, il figlio di due anni del sergente maggiore capo Roberto Valente, in braccio alla mamma con in testa il basco rosso dei parà, ha indicato con la manina la bara del padre. Il presidente Napolitano ha poggiato su ognuna delle sei bare la mano destra, inchinandosi.

GUARDA LE FOTO E IL VIDEO

La camera ardente. Successivamente le salme sono state trasferite nella camera ardente dell'ospedale del Celio. Moltissima gente è venuta a rendere omaggio. Un migliaio di persone erano già in fila prima che la camera ardente venisse aperta. A loro il Comune di Roma ha distribuito la bandiera tricolore. Presente anche l'allenatore della Fiorentina Cesare Prandelli.

Dentro si accumulano centinaia di mazzi di fiori e biglietti con su scritto "grazie, siete i nostri eroi", e "ci rendete orgogliosi di essere italiani". Nella camera ardente, attorno ad ogni bara, sono seduti i familiari e gli amici delle vittime che piangono in maniera composta e si abbracciano. In piedi davanti ai feretri decine di militari in divisa tra cui serpeggia una grande commozione trattenuta a stento.

Tricolori alle finestre. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha chiesto che domani, in coincidenza con i funerali dei sei parà, le bandiere tricolori sventolino da tutti i balconi della Capitale. Al rito funebre, che si terrà domani alle 11.30 nella Basilica di San Paolo, parteciperanno con molta probabilità anche i quattro militari feriti nel corso dello stesso attentato del 17 settembre, che sono rientrati in Italia nella notte, alcune ore prima dei loro compagni morti.

I feriti. "Le condizioni dei feriti sono stazionarie e la normale reazione di stress si sta sciogliendo. Sono circondati dall'affetto dei loro familiari e sereni in questa fase di ricovero", ha detto il colonnello medico dell'ospedale militare del Celio, Roberto Bramati. Bramati ha aggiunto che "in base alle condizioni di salute è possibile che i militari partecipino ai funerali di domani".

Il cordoglio di Karzai. Il presidente afgano Hamid Karzai ha rinnovato oggi le condoglianze alle vittime dell'attentato, nello stesso tempo ha rivolto un invito ai talebani a deporre le armi e a "tornare nelle loro case". In un discorso formulato alla vigilia del Eid, festa della fine del Ramadan, il capo dello Stato afgano ha offerto le sue condoglianze "per tutte le persone decedute e la sua solidarietà ai feriti".

Le indagini a Kabul. Intanto a Kabul proseguono le indagini sulla dinamica dell'attentato. Tuttavia al momento il Capo di Stato maggiore della Difesa Vincenzo Camporini si rifiuta di avvalorare qualunque ipotesi: "Noi abbiamo un team del Ros che sta collaborando a queste indagini in loco - ha detto stamane all'aeroporto militare di Ciampino - preferirei non fare illazioni e attendere i risultati delle indagini". Ha però successivamente aggiunto, nel corso di un'intervista televisiva, che "Sembra ormai appurato lo scambio di colpi d'arma da fuoco. Resta da chiarire se il mezzo esploso che ha causato questa tragedia sia stato fatto esplodere a distanza oppure si sia mosso".

La Russa. Camporini ha comunque ribadito che "la missione degli italiani in Afghanistan non cambia". La stessa affermazione è venuta dal ministro della Difesa Ignazio La Russa, che tagliano corto sulle polemiche di questi giorni, ha ricordato: "Tutto il Parlamento ha votato all'unanimità il rifinanziamento della missione in Afghanistan". La Russa si è detto sicuro che la Lega non s'impunterà in occasione del rifinanziamento della missione "perché tutto si può immaginare tranne il fatto che noi non dotiamo i nostri soldati delle migliori condizioni per poter compiere il loro lavoro".

Sempre oggi il Papa è tornato ad esprimere il proprio "profondo dolore" per i soldati morti in Afghanistan, sottolineando come i militari italiani e degli altri contingenti internazionali "operano per promuovere la pace e lo sviluppo delle istituzioni, così necessarie alla coesistenza umana".

(20 settembre 2009)
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 21/9/2009, 12:36




Nel discorso per la fine del Ramadan la guida suprema della Repubblica islamica
si scaglia anche contro l'amministrazione Obama accusandola di "iranofobia"
Khamenei: "Israele cancro sionista"
duro attacco ai media occidentali


L'ayatollah Khamenei
TEHERAN - Nuovo duro attacco della guida suprema iraniana contro Israele, definito il "cancro sionista". Le pesanti parole dell'ayatollah Ali Khamenei arrivano nello stesso giorno in cui viene annunciato che martedì a New York si terrà un vertice tra il presidente Usa Barack Obama, il premier israeliano Benyamin Netanyahu e il presidente dell'Autorità palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) per un rilancio del processo di pace in Medio Oriente.

Forti proteste si sono levate in Occidente, ma anche in Russia, dopo che venerdì il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, che la prossima settimana sarà anch'egli a New York per intervenire all'assemblea annuale dell'Onu, era tornato a mettere in discussione l'Olocausto e aveva affermato che Israele è "alla fine" dei suoi giorni. Ma Khamenei, parlando davanti a migliaia di persone nella festa per la fine del mese di digiuno del Ramadan, ha detto che "la nazione iraniana è oggi orgogliosa di resistere alla potenza arrogante più insolente e barbara del mondo", cioè Israele, sebbene abbia negato ogni intenzione di Teheran di cercare di eliminare lo Stato ebraico.

La guida suprema ha detto che le manifestazioni a sostegno dei palestinesi e contro Israele svoltesi venerdì, come ogni anno, in occasione della Giornata di Qods (Gerusalemme), sono state "un chiaro grido dei musulmani contro il distruttivo cancro sionista", nonostante "i complotti delle potenze arroganti" per cercare di fare fallire queste iniziative.Complotti in cui, secondo la Guida, hanno avuto un ruolo centrale i mass media occidentali.

In occasione della Giornata di Qods decine di migliaia di oppositori sono tornati a manifestare per la prima volta dopo un mese e mezzo nelle strade di Teheran. Il comandante della polizia della capitale, Azizollah Rajabzadeh, ha reso noto oggi che 35 persone sono state arrestate negli scontri tra dimostranti e forze di sicurezza.

Nel suo discorso Khamenei ha attaccato anche gli Stati Uniti dicendo che l'amministrazione americana del presidente Obama, come quella del suo predecessore George W. Bush, segue una "politica iranofoba" e che a questo si devono le accuse rivolte dagli Usa a Teheran di volersi dotare di armi nucleari. "La Repubblica islamica - ha detto Khamenei - basandosi sull'ideologia islamica, vieta la produzione di armi nucleari e il loro uso ed è rimasta ferma in questa convinzione. Anche le autorità americane lo sanno, ma ripetono le loro accuse spinti dalla loro politica iranofoba".

(20 settembre 2009)


Proseguono le indagini. Ma non è più sicuro neppure l'elemento del kamikaze
E' anche possibile che l'auto fosse parcheggiata al lato della strada
Kabul, nessuna certezza sulla strage
Forse la bomba azionata a distanza

Il generale Camporini: "Sembra appurato lo scambio di arma da fuoco"



ROMA - Kamikaze o autobomba fatta esplodere a distanza? E ancora, il mezzo carico di esplosivo si è inserito tra i due "Lince" italiani o era parcheggiato al lato della strada? A quattro giorni dal tragico attentato di Kabul non ci sono certezze sulle modalità dell'attentato e anche le poche cose che, nelle prime ore, sembravano sicure, non lo sono più. "L'unico dato certo - sintetizza efficacemente il colonnello Aldo Zizzo, comandante del contingente italiano a Kabul - è che una macchina si è fatta esplodere al passaggio del nostro mezzo". E che i sei militari italiani, come ha stabilito l'autopsia fatta oggi, sono morti per "trauma da esplosione". Il resto è un mistero.

Che a farsi saltare in aria fosse stato un kamikaze sembrava uno dei pochi fatti acclarati: anche resti del corpo, si era appreso ieri da fonti afghane, sarebbero stati recuperati. Ma il generale Vincenzo Camporini, capo di Stato maggiore della Difesa, invita alla cautela su questo punto.

Intervenendo a "In 1/2 ora", su RaiTre, mostra una foto di quel che è restato dell'autobomba: solo un mucchio di ferraglia (e si può immaginare cosa sia rimasto dell'eventuale attentatore suicida). "Bisogna ancora accertare - dice - che tipo di mezzo fosse, quanto esplosivo portasse, le caratteristiche del meccanismo di esplosione. Sono tutte cose che occorre appurare e da questi resti non è cosa facile".

Basti pensare, aggiunge il generale, che le stime sulla quantità di esplosivo "variano in modo molto significativo, dai 140 ai 300 chili": verosimilmente "si è trattato di una bomba fatta in casa, utilizzando fertilizzanti, nitrato di ammonio". L'obiettivo è ora stabilire se ci fosse "qualche componente di tipo militare" perchè in questo caso si potrebbe risalire alla "catena logistica" e dunque alla provenienza.

Ma "quello che dobbiamo ancora capire - prosegue Camporini - è se il mezzo che ha causato questa tragedia è stato fatto esplodere a distanza, oppure se si è mosso, si è inserito tra i due Vtlm che stavano marciando, ha speronato il primo, esplodendo e scagliandolo a 35-40 metri di distanza". Su questo punto il colonnello Zizzo afferma: "non sembra che l'autobomba si sia frapposta tra i nostri due mezzi, ma si trovava sulla destra ed ha investito soltanto il primo Lince".

Dunque, un aspetto che sembrava chiarito (il kamikaze in azione) viene rimesso in discussione, mentre su una delle questioni più controverse (la sparatoria dopo l'esplosione), Camporini osserva: "abbiamo ancora delle ricostruzioni per certi versi non coincidenti", anche perchè in casi simili "i testimoni oculari hanno dei ricordi che non sempre coincidono con la realtà, ma "questo scambio di colpi d'arma da fuoco ormai sembra appurato".

E' quello, del resto, che si legge anche in una delle informative arrivate alla procura di Roma che indaga sulla strage. Nel rapporto, al vaglio dei pm Pietro Saviotti e Giancarlo Amato, si parla di un conflitto a fuoco, della durata di "circa un minuto", nel quale sono stati coinvolti i quattro militari a bordo del secondo mezzo subito dopo l'esplosione dell'autobomba. Versione riportata ieri anche dalla moglie di uno dei paracadutisti in questione: "ci hanno sparato, abbiamo risposto". Tutti e quattro i superstiti, dalla notte scorsa ricoverati al Celio, saranno interrogati nei prossimi giorni.

In contrasto con questa versione dei fatti il racconto di Mahmud, 34 anni, proprietario di un negozietto sulla strada della strage. Lui è un testimone oculare (quelli che secondo Camporini potrebbero anche sbagliare) e sostiene che i militari italiani hanno solo sparato in aria per allontanare la gente.

Racconta: "La vita scorreva come tutti i giorni poi d'un tratto lo scoppio, i vetri e i mattoni che venivano giù, la gente che gridava. Non ce l'ho fatta ad uscire subito, c'era tanto fumo, ma, nonostante l'attentato, tanta gente si era radunata attorno ai veicoli militari. E' stato allora che le forze dell'Isaf hanno sparato ma per costringere la gente ad andarsene".

Le indagini vengono condotte sul posto da una task force di carabinieri del Ros e il colonnello Zizzo, comandante di Italfor, non si sbilancia. La sua è una semplice constatazione: "Se ci fosse stato uno scontro a fuoco dopo l'esplosione dell'autobomba si tratterebbe di un 'attacco complesso' in pieno centro di Kabul e sarebbe la prima volta che succede".

Dall'autopsia, svolta oggi nell'istituto di medicina legale della Sapienza, non sarebbero arrivate novità di rilievo: l'esame esterno delle salme ha evidenziato una morte per "trauma da esplosione". I medici legali hanno anche prelevato alcuni frammenti metallici dai cadaveri che saranno sottoposti ad accertamenti.

(20 settembre 2009)


L'INTERVISTA. Il presidente americano: "L'obiettivo primario è smantellare e distruggere al Qaeda"
Ma aggiunge: ""Non credo all'occupazione a tempo indeterminato di altri Paesi"
Obama in tv: "Presto per mandare rinforzi
in Afghanistan non resteremo all'infinito"




Signor Presidente, lei ha fatto parecchi discorsi in proposito ma dai sondaggi emerge che gli americani nutrono ancora un grande scetticismo sui suoi piani di riforma sanitaria. Non avrà promesso qualcosa di troppo?
"No, non credo proprio di aver promesso troppo. Dobbiamo partire dal presupposto che tutti ormai riconoscono che questo è un problema. Abbiamo appena ricevuto un'analisi dalla quale risulta che i premi assicurativi per le famiglie negli ultimi dieci anni sono aumentati del 130 per cento. Ciò che ho detto agli americani è che possiamo far sì che la popolazione che non ha una copertura assicurativa possa procurarsi una insurance pool (una polizza formata da varie compagnie assicurative e concepita per condividere le potenziali perdite legate a polizze a rischio, ndt), così da avere un miglior potere contrattuale. Quello che sto cercando di fare è in particolare far capire che se non agiamo subito molti americani staranno presto molto peggio e col tempo il budget federale non potrà più sostenere le spese".

Mi permetta di chiederle una cosa: sembra che la più viva preoccupazione dell'opinione pubblica è che questo suo piano comporterà un aumento delle tasse per la classe media americana. Durante la sua campagna elettorale, invece, lei aveva promesso che questo non sarebbe successo, che non ci sarebbero stati aumenti per chi ha un reddito annuo inferiore ai 250.000 dollari. È ancora in grado, oggi, di promettere la stessa cosa?
"Sì, sono ancora in grado di mantenere la promessa, perché circa i due terzi di quello che ci servirebbe per la nostra proposta dovrebbero essere ricavati dai soldi che già sono allocati per il sistema dell'assistenza sanitaria: solo che sono spesi male. Dovremo sicuramente trovare altre fonti per coprire le spese del rimanente terzo, più o meno, del nostro piano per l'assistenza sanitaria. Io ho proposto un lungo elenco di approcci diversi, che non avranno alcun impatto sugli americani della classe media. Non saranno costretti a pagare di tasca loro. Le compagnie di assicurazione e le società farmaceutiche dovranno contribuire versando qualcosa, in parte perché oggi ricevono sussidi ingenti dai cittadini".

Signor Presidente, sette ex direttori della Cia le hanno inviato una lettera per chiederle di abrogare la decisione dell'Attorney General di riaprire le indagini penali sugli interrogatori condotti dalla Cia all'indomani degli attentati dell'11 settembre. Che cosa pensa di fare in proposito?
"Premetto di avere la massima considerazione della Cia. Ho detto e ripetuto che voglio guardare aventi e non indietro quando si parla ai problemi della precedente Amministrazione o degli interrogatori. L'Attorney General deve valutare che cosa è accaduto. Per come vedo la situazione, a questo punto non si tratta di un'indagine penale, ma semplicemente di condurre un'inchiesta per capire che cosa è successo".

Affrontiamo il tema dell'Afghanistan. Continuiamo a sentir ripetere che il generale McChrystal sta per chiederle di inviare ancora altre migliaia di soldati americani. Sta prendendo in considerazione una decisione del genere?
"Non ho preso in considerazione la cosa perché finora non mi è stato chiesto. Vorrei però ricordare agli americani come siamo arrivati a questo punto. Quando io sono stato eletto l'Afghanistan stava andando alla deriva, perché in tutta sincerità non ci eravamo affatto concentrati su quel Paese. Io ho disposto un'immediata revisione della situazione e un'analisi esaustiva. Ho inviato 21.000 soldati per garantire che le elezioni si svolgessero in modo sicuro. Il mio compito, tuttavia, è assicurarmi che la nostra strategia resti focalizzata sul nostro obiettivo primario, che è quello di smantellare, sconfiggere e distruggere al Qaeda e i suo alleati che hanno ucciso gli americani e stanno tuttora complottando di ucciderli".

E se il generale McChrystal le chiedesse tutti quei rinforzi, avrebbe difficoltà o no nell'accontentarlo?
"La mia priorità è una: che cosa dobbiamo fare per proteggere il popolo americano e il suolo americano? L'Afghanistan e il Pakistan sono elementi critici di questo processo, ma l'unico motivo per il quale invierei un giovane o una giovane in uniforme in una qualsiasi parte del mondo è perché lo reputo necessario e indispensabile ai fini della nostra sicurezza. Quello che non voglio che accada è ritrovarci a dover continuamente inviare altri soldati, investire altri soldi e altri risorse senza aver prima controllato e verificato come funziona il tutto. Non mi pongo scadenze per la presenza americana in Afghanistan ma non sono uno che crede nell'occupazione a tempo indeterminato di altri paesi".

Signor presidente, lei ha annunciato un cambiamento importantissimo nella strategia americana: ha dichiarato che non procederemo con la realizzazione dello scudo missilistico difensivo da posizionare vicino ai confini russi. Non avrebbe dovuto cercare di ottenere qualcosa di specifico in cambio di questa sua decisione?
"Tenga presente che quando George Bush annunciò il suo proposito di realizzare uno scudo antimissile nella Repubblica Ceca e in Polonia, io all'epoca dissi che un sistema missilistico difensivo ci occorreva, è vero, ma prima di tutto era necessario essere certi che fosse efficiente, che il rapporto costi-benefici fosse conveniente, che le tecnologie adottate fossero attuabili, che quella, insomma, fosse la migliore strategia possibile. Ebbene, niente di ciò è stato dimostrato. Quindi appena mi sono insediato alla carica di presidente ho chiesto alla stessa persona da me appena assunta - Bob Gates, mio segretario alla Difesa nonché Capo di Stato Maggiore - di dirmi se alla luce di quello che sapeva al momento, delle tecnologie di cui eravamo in possesso e di quello che sapevamo della minaccia iraniana che è sempre stata la nostra prima preoccupazione - non la Russia, quindi - se il sistema così come era stato progettato era il migliore possibile. Le persone alle quali l'ho chiesto mi hanno risposto: alla luce di quello che sappiamo adesso c'è un sistema migliore. Pertanto non eliminiamo una difesa missilista adesso, ma predisponiamo un sistema più accurato, più efficiente dal punto di vista dei costi, e che risponda adeguatamente alle minacce reali che avvertiamo provenire dall'Iran. Il mio compito non consisteva affatto nel negoziare con i russi. Non sono i russi a dover decidere quale deve essere il nostro atteggiamento nei confronti della nostra difesa. Noi abbiamo deciso per il meglio su come proteggere il popolo americano, i nostri soldati in Europa e i nostri alleati".
copyright Cbs
Traduzione di Anna Bissanti

(21 settembre 2009)


E' stato fermato un addetto alle pulizie, ma restano molti dubbi
Si scava negli affari della manager libanese nel mondo arabo

Misterioso delitto a Central Park
miliardaria uccisa nell'hotel dei vip



NEW YORK - Se sei una miliardaria e ti trovano nuda, in cucina, un coltellaccio infilato nella gola e intorno al collo una corda per saltare, al decimo piano di uno dei condomini più famosi di New York, l'Essex House - nessun segno di effrazione, l'appartamento praticamente in ordine - sarà difficile pensare a una rapina finita male. Se poi fermano il capo delle pulizie, che è un ragazzone nero del Bronx, così imbranato da usare la scheda magnetica del complesso e farsi riprendere dalle tv a circuito chiuso, beh, il misterioso delitto a Manhattan potrebbe anche chiudersi qui. E invece questa storia che sembra uscita da una New York d'altri tempi è ancora un giallo in piena regola: per la gioia del New York Post che ieri poteva titolare Million Dollar Murder a lettere cubitali come si usava una volta.

Se, il ragazzo, Derrick Praileau, 29 anni, sposato, due figli, s'è già impappinato con la polizia, avrebbe ammesso di essere nel "condo", come si chiamano gli appartamenti dei grandi edifici qui a New York, ma avrebbe negato il delitto. Un uccellino ha spifferato che il ragazzo sarebbe stato ripreso dalle telecamere in evidente stato di ubriachezza, e che avrebbe tentato di entrare in un altro appartamento prima di infilarsi con la chiave delle pulizie in quello della miliardaria, alle sei del mattino.

Ma è il nome della donna ad attirare l'attenzione degli investigatori: Andree Bejjani, che si faceva chiamare anche Sara, 44 anni, era una manager libanese presente in numerosi consigli d'amministrazione, da quello della Royal Investments di Dubai, una società di compravendite immobiliari che opererebbe solo in Medio Oriente, alla prestigiosa Carlton Advisory Service, specializzata in consulenza e intermediazione finanziaria.

Sara aveva preso in agosto quell'appartamento al decimo piano dell'Essex House, il verde sterminato di Central Park che si affaccia dal finestrone e sotto le carrozze a cavallo che accompagnano nel parco le coppiette giapponesi. La miliardaria libanese era spesso in città per affari: l'ultima volta che è stata vista viva erano le 8.45 di venerdì sera. Il ragazzone invece lavorava da dieci anni per l'Essex: un suo vicino di casa, Sean Johnson, assicura, ci mancherebbe, che era un buon padre di famiglia.

La donna è stata trovata in una pozza di sangue da una cameriera, alle 2 e mezzo del pomeriggio di sabato. La presenza della corda potrebbe lasciare pensare a un gioco erotico: non si sa ancora se la miliardaria sia stata violentata. Per la polizia parla Paul J. Browne ma serve a poco: "Non abbiamo ancora una tesi precisa".

Anche la proprietà dell'Essex, come tante qui a New York, riporta al Medio Oriente: dal 2005 lo storico albergo costruito nel 1931 nel grattacielo Art Deco è passato sotto le insegne di Jumeirah, una multinazionale con sede proprio a Dubai, che nella ristrutturazione dell'albergo ha investito 90 milioni di dollari. La struttura è divisa in due: da una parte i lussuosissimi appartamenti da 7mila dollari in su, dall'altra l'hotel con suites da 1500 dollari a notte. E' qui che sbarcano tutti i vip, da Angelina Jolie a Taylor Swift, la diva country pop riparata qui l'altra sera dopo l'assalto subito da Kanye West agli Mtv Awards. Una sicurezza, la privacy all'Essex. "Stanno facendo un lavoro eccezionale per non farci pesare nulla", dice un cliente all'ingresso.

La vita continua. Il bar è aperto, il ristorante è aperto. Ma stasera non c'è il dj che al South Gate dell'Hotel va avanti fino al mattino tra superdrink e disco "unz unz". Quello è solo al venerdì: come la notte del delitto.

(21 settembre 2009)


Casse comunali in rosso, 100mila posti di lavoro cancellati.
La città che si appresta ad accogliere i leader mondiali è stremata dalla crisi
Crisi, il crac di New York
Declina la Grande Mela

Il sindaco Bloomberg pronto ad essere rieletto per la terza volta



NEW YORK - E' la settimana in cui New York diventa a tutti gli effetti la capitale del mondo. Il vertice Onu raduna qui i potenti della terra. Vedremo i cieli solcati da elicotteri 24 ore su 24, colonne di limousine nere scortate dai servizi segreti, il tutto esaurito negli alberghi e ristoranti di lusso. L'hotel Pierre in questi giorni può permettersi di dire no ai petro-dollari del colonnello Gheddafi, pur di non scontentare la propria clientela esclusiva. Ma l'immagine che i Vip avranno di New York da domani, è del tutto fasulla. La città è stremata da due anni di crisi: quarantamila licenziamenti nelle banche, centomila in tutto il settore privato. Le vendite di case nei quartieri popolari sono giù perfino del 50%. Settantamila appartamenti aspettano l'ufficiale giudiziario per il pignoramento: i loro proprietari hanno smesso da mesi di rimborsare le rate dei mutui. E' questa la vera New York.

È la città angosciata che il 3 novembre si appresta a rieleggere per la terza volta il sindaco miliardario, Michael Bloomberg, sperando che dal suo fiuto per gli affari venga un miracolo. Il tutto esaurito negli hotel a cinque stelle durante l'assemblea Onu è una breve
parentesi, in un anno drammatico anche per il turismo, che dopo la finanza è la seconda fonte di reddito a Manhattan. Non basta l'euro a 1,47 dollari
per raddrizzare la situazione. Meno 35% è la caduta di fatturato che ha sconvolto negli ultimi dodici
mesi gli hotel della Grande Mela. Costringendo gli albergatori a sconti un tempo inauditi, per atti
rare i turisti.

Il disastro ha travolto luoghi che appartengono alla leg
genda di questa città. Chiude per bancarotta la Tavern on the Green, celebre ristorante immerso nel Central Park, che all'apice del successo arrivava a servire
650.000 clienti all'anno. In bancarotta il Café des Artistes vicino al Lincoln Center, famoso per gli affreschi murali del 1917, frequentato da grandi musicisti come Lorin Maazel. Fallita la Rainbow Room,
magnifico bar-ristorante con una delle viste più belle in cima al Rockefeller Center. Frequentata negli anni d'oro da Frank Sinatra e Bob Dylan, rilevata dalla famiglia Cipriani, la Rainbow Room con la sua scomparsa dà un segnale sinistro: era nata nel 1934, cioè nel bel mezzo della Grande Depressione, c'è voluta la recessione del 2008 per darle il colpo di grazia.

In ogni angolo della città affiorano i segni dello stress economico e sociale. Le finanze municipali dipendono in modo prevalente dalle tasse sugli immobili. Oltre al
crollo del mercato per le abitazioni, un'altra zona fatta a pezzi dalla crisi è l'edilizia commerciale: il 12% degli uffici sono desolatamente vuoti. A corto di entrate,
l'amministrazione comunale deve ricorrere a soluzioni estreme. Una di queste è visibile ogni mercoledì mattina alle 9, al numero 570 della Kent Avenue. E' l'asta settimanale in cui la città vende camion dei pompieri e ambulanze usate, per raccogliere un po' di
fondi. "Cash only", solo in contanti, avvisa il banditore d'asta. Per 300 dollari ci si porta a casa un fur
gone del pronto soccorso."Una nuova specie di club
esclusivi sta fiorendo in città - rivela il New York Times - ma è il tipo di club di cui nessuno vorrebbe
mai diventare membro. Si chiamano job-club. Il vero nome dovrebbe essere jobless-club, i circoli dei senza lavoro". Il più grosso ha un nome altisonante: New York City Job Seekers and Career Strategy. Ha 800 membri, per ritrovarsi una volta alla settimana devono
occupare un grande bar, il 65 Café nel cuore di Midtown Manhattan. Presidente di turno è un pilota
d'aereo 45enne, Hal Gassman: uno dei 1.400 licenziati nell'ultimo giro di "alleggerimenti" della United Airlines. Insieme a lui si ritrovano Valerie Lucas, 47 anni, che lavorava nella grande distribuzione. Pamela Pia, 53 anni, ex redattrice del Reader's Digest (fallito).
Norman Eagle, sessantenne venditore di software.

Come si vede, la realtà della crisi va ben oltre i confini di Wall Street e del sistema bancario. Certo, l'epicentro è proprio lì vicino a Ground Zero. Il trauma fatale per questa città è stato l'effetto-domino che ha travolto a turno Bear Stearns, Lehman Brothers, Aig, Merrill Lynch, Wachovia, Washington Mutual. Questi colossi finanziari avevano il loro quartiere generale oppure importanti uffici operativi qui a Manhattan. Che siano falliti come Lehman, o smembrati e venduti a prezzi di saldo ad altre istituzioni, questi big hanno lasciato per strada 40.000 dipendenti.

Il fatto che da marzo la Borsa abbia recuperato un po' delle sue perdite, e che i banchieri tornino a intascare ricchi bonus, non deve ingannare: l'emorragia di occupati nel settore creditizio è stata immane, ci vorranno anni per riassorbire il trauma, e forse Wall Street non tornerà mai ai livelli di impiego pre-crisi.
In questo senso la botta del 2007-2008 è stata perfino più dura dell'11 settembre, nel bilancio economico e occupazionale. E poi c'è tutto l'indotto. Per ogni bancario che ha perso il posto, "soffrono" il suo barista, il parrucchiere, la donna delle pulizie, il giornalaio, l'asilo-nido dei figli. E' così che sono spariti gli altri 60.000 posti nell'economia di New York. Tanti anche per una metropoli di 8,2 milioni di abitanti. Che con la sua area metropolitana ha un Pil di 1.000 miliardi di dollari. Se fosse una città-Stato, indipendente come Singapore, questa sarebbe la
12esima economia mondiale. Perciò la grande crisi che attraversa New York è un problema nazionale. Non può permettersi di godere delle disavventure della sto
rica rivale neppure Washington, la capitale della politica. E infatti l'Amministrazione Obama segue
con i nervi a fior di pelle le convulsioni della politica locale. Il governo federale ha aiutato il municipio
di New York a tamponare una falla di 11 miliardi di dollari ad aprile: un finanziamento-ponte, un soccorso d'emergenza per poter continuare a pagare gli stipendi agli insegnanti e ai poliziotti. Non basterà neppure ad arrivare a fine anno. Obama è esasperato dal governatore, il democratico David Paterson: palesemente inadeguato per far fronte a una sfida così ardua. Il presidente è arrivato al punto da scendere in campo personalmente per dissuadere Paterson dal ripresentarsi alle elezioni.

Un gesto inusuale, tanto più che Paterson è uno dei due soli governatori neri di tutti gli Stati Usa. Al
la fine per la loro salvezza i newyorchesi tornano a puntare sul sindaco, come hanno fatto al
tre volte nella loro storia. E così Michael Bloomberg, l'ottavo uomo più ricco d'America con un patrimonio personale di 16 miliardi, si appresta a vincere con ogni probabilità le elezioni del 3 novembre. E' un paradosso: la città ultra-democratica continua a eleggere un sindaco indipendente-repubblicano. Lo fa turandosi il naso, dopo lo strappo istituzionale di Bloomberg che ha stravolto le regole per potersi candidare a un terzo mandato. Ma è proprio il suo talento negli affari - il gruppo Bloomberg fornisce al mondo intero servizi d'informazione finanziaria - a fare la differenza. Per i newyorchesi Bloomberg è la reincarnazione dell'uomo della provvidenza, una figura ricorrente nelle vicissitudini di questa città. Lo ricorda chi ha vissuto la sua ultima grande crisi, quella degli anni Settanta. "Allora - racconta Kathryn Wylde che dirige l'ong Partnership for New York - fuggirono da
Manhattan la metà delle grandi corporation che figuravano nella classifica Fortune 500. Solo ad Harlem sparì il 40% della popolazione. C'erano 15.000 appartamenti abbandonati, in preda a incendi ricorrenti". Era l'epoca in cui comprare un seggio operativo alla Borsa (New York Stock Exchange)costava meno di una licenza di taxi.

In quel caso l'uomo del destino fu un banchiere di Lazard Frères, Felix Rohatyn, che risanò le finanze municipali. Poi seguito da un altro risanamento spettacolare, l'operazione-sicurezza che fece scendere ai minimi storici la criminalità, grazie alla "tolleranza zero" di Rudolph Giuliani. Cioè il sindaco che passò la staffetta a Bloomberg proprio mentre New York subìva la sua tragedia più grave, l'attacco alle Torri gemelle. "Oggi - dice lo storico della città John Steel Gordon - tutti sono convinti che New York avrà bisogno di molti anni per riprendersi, ammesso che sia possibile risollevarsi da questa caduta. Solo il tempo dirà se New York può rinascere dopo questo disastro economico. Ma guardando alla sua storia io dico: non scommettete mai contro questa città".

(21 settembre 2009)


Morti Kabul, la folla a Berlusconi
"Ritirateli, quanti morti ancora?"


ROMA - Hanno aspettato e applaudito compostamente le bare che uscivano dalla basilica di San Paolo poi, quando è uscito il premier Silvio Berlusconi dalla folla che ha atteso il termine della funzione fuori dalla basilica qualcun ha urlato: "adesso ritirateli!". Alla frase sono seguiti numerosi applausi. Un'altra voce si è levata per dire: "quanti morti ancora?". Al passaggio delle bare in molti hanno chiesto di applaudire più forte "per far sentire la propria vicinanza e solidarietà ai familiari dei sei caduti".

Umberto Bossi, entrando alla cerimonia, aveva detto molto commosso: "Li abbiamo mandati noi in Afghanistan e sono tornati morti"

(21 settembre 2009)


La testimonianza della sorella medico di Giovanna R.: "Non aveva altre patologie"
L'epidemiologo: "Serve un approfondimento di indagine"
Nuova influenza, la donna di Messina
morta esclusivamente a causa del virus

La procura aprirà un'inchiesta. Disposta anche l'autopsia

ROMA - Giovanna R. potrebbe essere la prima persona morta in Italia esclusivamente a causa della nuova influenza, dal momento che non soffriva di altre patologie. "Dai primi dati non possiamo escludere che la donna deceduta ieri a Messina sia morta a causa del virus dell'influenza A", ma per avere una risposta definitiva "serve un approfondimento di indagine", ha dichiarato infatti oggi l'epidemiologo dell'Istituto superiore di Sanità Giovanni Rezza.

Secondo Rezza, infatti, "ci sono casi, per fortuna pochi, in cui il virus si trasforma in una polmonite virale acuta" molto insidiosa. "Il caso di Messina - conclude - potrebbe essere uno di questi ma è ancora presto per trarre conclusioni definitive".

"Mia sorella - ha detto la sorella di Giovanna R., che è un medico - non era fumatrice, non aveva broncopolmoniti pregresse, non aveva nessuna patologia sistemica che potesse giustificare una sua non risposta ai farmaci e a tutto quello che i medici con grande professionalità hanno fatto".

"Precedentemente a mia sorella - ha aggiunto la donna- avevano avuto banali sintomi influenzali, trattati con paracetamolo e tachipirina, i suoi figli e i miei figli, che stavano con me in vacanza. L'ultima a contrarre l'influenza è stata Giovanna, e purtroppo è stata la più sfortunata".

La Procura aprirà un fascicolo sulla morte di Giovanna R. Sarà disposta anche l'autopsia.




(20 settembre 2009)


corpi della madre, 66 anni, e del giovane, 26, trovati in una strada di campagna a Pietrasanta
All'origine forse motivi di salute: lei era depressa, lui affetto da una forma di epilessia
Omicidio-suicidio in Versilia
donna spara al figlio e si uccide




PIETRASANTA (Lucca) - Omicidio-suicidio in Versilia. Una donna di 66 anni ha ucciso il figlio di 26 sparandogli con una pistola, poi, con la stessa arma, si è tolta la vita. I cadaveri sono stati trovati da un passante in una strada di campagna a Pietrasanta, in provincia di Lucca.

I carabinieri stanno cercando di ricostruire cosa abbia spinto la madre, Albina Lombardi, a uccidere il figlio, Emanuele Cinacchi. L'ipotesi più plausibile è che dietro la tragedia ci siano le condizioni di salute della donna, che soffriva di depressione, e del giovane, affetto da una forma di epilessia. La signora Lombardi era ex impiegata ora in pensione, come il marito. Il figlio era disoccupato. La salute di madre e figlio, si limitano a dire i carabinieri, potrebbe essere una "concausa" di quanto avvenuto.

Il corpo del giovane è stato trovato nell'auto, una Fiat Panda, con cui i due avevano raggiunto la strada di campagna; il cadavere della madre era fuori dalla vettura, a pochi metri di distanza. In base alla prima ricostruzione dei carabinieri, che trova conferma dai primi rilievi del medico legale, la donna ha ucciso il figlio con due colpi di pistola, uno alla testa e l'altro al cuore, poi ha rivolto l'arma contro se stessa, sparandosi al petto.

La loro scomparsa da casa era stata denunciata ai carabinieri dal marito della donna, Giovanni Cinacchi, 63 anni, poche ore prima del ritrovamento dei cadaveri. La famiglia, originaria di Marina di Massa (Massa Carrara), da poco più di un anno viveva a Pietrasanta. Al loro arrivo, i carabinieri hanno subito intuito che poteva trattarsi di un omicidio-suicidio: la pistola era a pochi metri dai cadaveri. Per tutto il pomeriggio, i militari hanno ascoltato il signor Cinacchi, per cercare di risalire ai motivi dell'omicidio-suicidio.

Da quanto emerso, la moglie da tempo aveva problemi legati alla depressione; già una volta avrebbe tentato il suicidio. Ancora da chiarire anche dove la donna abbia preso la pistola; i militari stanno cercando di appurare se l'arma fosse stata denunciata da qualche componente della famiglia.

Quello di oggi è il secondo omicidio-suicidio in pochi mesi a Pietrasanta. A luglio, il fondatore della Gig giocattoli, Gianfranco Aldo Horvat, 67 anni, sparò due colpi di pistola alla moglie, Anna Grazia Satta, 64 anni, e poi si uccise. La coppia viveva a Firenze ma passava i fine settimana in un appartamento nel centro della località versiliese.

(20 settembre 2009)


Il corpo trovato vicino all'incrocio dove di solito cercava di guadagnare qualche soldo
Era conosciuto nella zona. Ferito alla nuca, gli inquirenti seguono la pista dell'omicidio
Lavavetri senegalese ucciso a Roma
Viveva in una tenda nel parco della Caffarella




ROMA - E' caccia agli assassini di un lavavetri senegalese trovato morto stamani a Roma nel parco della Caffarella, all'incrocio tra via Appia Pignatelli e via dell'Almone, dove l'uomo di solito cercava di raggranellare qualche soldo. Il medico legale, che sta procedendo con l'autopsia, ha determinato l'ora della morte tra mezzanotte e le tre della notte scorsa e rilevato tumefazioni al volto e una ferita alla nuca provocata da un corpo contundente di cui però non è stata trovata traccia.

Delle indagini si stanno occupando i carabinieri del nucleo investigativo di via Inselci che stanno già raccogliendo le testimonianze dei frequentatori abituali del parco. L'uomo non ha ancora un'identità perché non aveva documenti. La vittima viveva in una tenda all'interno del parco da molto tempo. Nessuna segnalazione era mai giunta alle forze dell'ordine dai molti che lo conoscevano perché stazionava sempre allo stesso incrocio.

"E' un fatto orribile" commentano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, del Gruppo Everyone. "Ma ancora più inquietante - dicono gli attivisti per i diritti umani - è la censura attuata dai media italiani di fronte all'episodio, che è stato divulgato senza alcun rilievo, come se si trattasse di un evento senza importanza. Se al posto di un nero senegalese vi fossero stati una donna o un ragazzo italiani, i giornali ospiterebbero la notizia nelle prime pagine e da ogni parte si solleverebbe un allarme violenza nella Capitale".

Il parco della Caffarella è stato teatro di un clamoroso episodio di violenza e di una altrettanto clamorosa caccia ai responsabili. Nel febbraio scorso, nel giorno di san Valentino, venne stuprata una ragazzina di 14 anni e venne aggredito il suo fidanzato. Furono accusati due romeni, poi risultati estranei e scarcerati dopo l'arresto dei due veri aggressori, anche loro romeni.
(20 settembre 2009)


Colpito da infarto a Senigallia, aveva 56 anni. I suoi esperimenti
sull'"isolamento temprale" hanno dato risultati interessanti per la scienza
E' morto Montalbini, "esploratore del tempo"
Visse un anno isolato in una grotta
Nel 1987 trascorse 5 mesi sotto terra con altre 14 persone, nel 1992 il tentativo
che lo rese famoso: 365 giorni nelle viscere del monte Nerone senza contatti con l'esterno



ROMA - E' morto d'infarto, a 56 anni, in un bar di Senigallia, in provincia di Ancona. Maurizio Montalbini, speleologo ed "esploratore del tempo", come lo chiamavano i suoi collaboratori, era conosciuto in Italia e nel mondo per i suoi esperimenti di "cronobiologia in isolamento temporale". Nel 1987 aveva trascorso, insieme ad altri 14 volontari, oltre cinque mesi in una grotta di Frasassi, in provincia di Fabriano. Un esperimento propedeutico a quelli che avrebbero dovuto seguire negli anni successivi gli astronauti della NASA che dovevano essere impegnati in lunghe spedizioni planetarie.

Nel 1992, Montalbini scese in una grotta di Monte Nerone e, all'interno di una vera e propria "Arca", in isolamento totale con il mondo esterno (l'unica comunicazione avveniva attraverso una tastiera di un computer) trascorse oltre un anno in solitudine. L'esperimento produsse risultati scientifici e sociali di notevole entità. La prima "scoperta" fu che il corpo umano rispondeva a dei parametri "circadiani" per quanto riguarda il ritmo biologico. Le sue giornate si erano allungate fino a 36 ore e i numerosi esperimenti farmacologici effettuati durante questa esperienza dimostrarono che esisteva un meccanismo di assimilazione delle medicine necessarie diverso per ogni singolo essere umano. In pratica, le medicine fanno più effetto se somministrate in orari e in tempi commisurati al proprio ritmo biologico, non influenzato da fattori esterni come l'alternarsi reale del giorno e della notte, le consuetudini sociali, l'interazione con gli altri esseri umani.

Successivamente, anche la moglie di Maurizio Montalbini, Antonella, si sottopose ad un analogo esperimento, durato circa 7 mesi, che dimostrò le ulteriori differenze determinate dall'isolamento totale con il mondo esterno tra persone di sesso diverso.

Pochi anni fa, Montalbini stava per dare il via ad un maxi-esperimento sull'isolamento crono-temporale che l'avrebbe portato a trascorrere almeno tre anni in una condizione di totale assenza di relazioni sociali con gli esseri umani e in totale assenza di riferimenti biologici e temporali. L'esperimento non ebbe seguito per mancanza di fondi necessari a mantenere un'equipe per tutto questo tempo.

I suoi studi sono stati recepiti dall'Ente Spaziale Americano e sono oggi oggetto di studio anche per i progetti futuri di esplorazione di pianeti come Marte e per il ritorno sulla Luna degli esseri umani. Ma un forte contributo alla scienza, Maurizio Montalbini l'ha dato proprio nel campo della farmacologia applicata ai ritmi circadiani della biologia umana. Proprio grazie ai suoi "percorsi di isolamento temporale", è stato possibile individuare con maggior precisione quell'orologio biologico personale che ha permesso di adeguare la somministrazione di cure a persone con malattie estremamente gravi, ai momenti più favorevoli per l'assimilazione. Sulla base delle esperienze di Montalbini, ad esempio, fu comprovato che ad un gruppo di malati di cancro non recettivi all'intervento farmacologico "tradizionale", la somministrazione delle cure secondo i loro ritmi biologici aveva portato ad una sostanziale regressione del male.

(20 settembre 2009)


Il 25 giugno qualcuno sparò durante una partita tra amici
Gabriele Marrazzo, 35 anni, fu ucciso e altre otto persone ferite
Spari sul campo di calcetto a Crotone
è morto il bambino che rimase ferito




CATANZARO - E' rimasto in coma quasi tre mesi,
lottando tra la vita e la morte. Oggi il suo cuore si è fermato. E' morto Domenico, il ragazzo di undici anni ferito alla testa nell'agguato in un campo di calcetto di Crotone nel quale, il 25 giugno scorso, fu ucciso Gabriele Marrazzo, di 35 anni. Secondo gli investigatori, l'obiettivo dell'agguato era proprio Marrazzo, ma i killer spararono all'impazzata moltissimi colpi che oltre a uccidere il trentacinquenne ferirono altre otto persone, tra le quali Domenico.

Il ragazzo stava giocando a calcetto con il padre e alcuni amici quando numerose fucilate furono sparate attraverso la rete di recinzione del campo. I pallettoni raggiunsero nove persone. Marrazzo morì subito dopo l'agguato, raggiunto alla testa e allo zigomo. Domenico fu centrato da cinque proiettili alla testa. Solo per un caso gli altri rimasero feriti solo di striscio o colpiti in parti non vitali.

Il ragazzino, apparso subito il più grave, fu trasferito dall'ospedale di Crotone al Pugliese di Catanzaro, dove fu sottoposto a un delicato intervento chirurgico. In questi mesi è stato sempre in coma e le speranze di salvezza sin dall'inizio era apparse ridotte al lumicino, tanto che alcuni familiari, già dopo il ricovero a Crotone, si erano lasciati andare a un "non c'è niente da fare".

Grande commozione nell'ospedale di Catanzaro quando si è diffusa la notizia della morte del ragazzo. In serata sono arrivati i parenti, che si sono stretti nel loro dolore.

Sull'agguato gli investigatori proseguono senza sosta le indagini. Il 14 luglio scorso il perito balistico Paolo Romanini, nominato consulente dalla Dda di Catanzaro, lo stesso che ha lavorato per il caso dell'omicidio di Marta Russo, ha compiuto un sopralluogo sul campo di calcetto. Il perito ha preso in esame in particolare la traiettoria dei proiettili. L'ipotesi, che l'esame dovrà confermare o meno, è quella che il sicario abbia voluto colpire più persone, circostanza che potrebbe far scattare l'accusa di strage.

Fin dall'inizio, le indagini si sono concentrate sul passato di Marrazzo. In Italia era incensurato, anche se nel 1996, prima di emigrare in Germania, era stato arrestato a Crotone perché trovato in possesso di un caricatore per pistola e di alcuni proiettili. Era stato arrestato anche durante il suo soggiorno tedesco e aveva scontato una condanna per il furto di un'auto. La polizia ha cercato soprattutto di stabilire se avesse avuto contatti con esponenti della criminalità o contrasti con qualcuno che avesse deciso di vendicarsi.

(20 settembre 2009)


Allagamenti in Campania. Nella zona di Sarno evacuate alcune famiglie
Allarme della Protezione Civile in Sardegna. Preoccupazioni per la Gallura
Maltempo, nubifragio a Napoli
In Sardegna rischio idrogeologico





ROMA - Il maltempo continua a non dar tregua al Sud Italia. Disagi a Napoli e Salerno dove i temporali di questa notte hanno provocato allagamenti e difficoltà nei collegamenti. Intanto in Sardegna la Protezione Civile lancia l'allarme idrogeologico per l'area della Gallura.

Guarda le previsioni per oggi

Campania - Difficoltà sia a Napoli che a Salerno. Il nubifragio che ha investito questa notte Napoli e la sua provincia ha provocato diversi interventi dei vigili del fuoco per infiltrazioni d'acqua e scantinati allagati. In particolare, nella zona flegrea, nel territorio del comune di Bacoli sono stati sei gli interventi ad automobilisti rimasti bloccati dall'acqua che scorreva nelle strade, in via Fusaro, via Cuma e ad Arco Felice. A Salerno la pioggia torrenziale che è cominciata a cadere dalle 22 ha allagato i sottopassi della città capoluogo e venti automobilisti in panne sono stati tratti in salvo dai vigili del fuoco. Black out si sono registrati in molte zone di Salerno e in località Brignano dove si è formata una colata di acqua e fango.
Nell'agro nocerino sarnese, in località Cicalesi, per un probabile esondamento del Solofrana, sei famiglie sono state evacuate. Alberi caduti e cartelloni divelti hanno richiesto altri trenta interventi dei vigili del fuoco.

Sardegna - La Protezione Civile ha diffuso un allarme maltempo per oggi in Sardegna per oggi. Particolari preoccupazioni per Gallura e Logudoro, dove è stato lanciato l'allarme per rischio idrogeologico. Dalla protezione civile il consiglio ai cittadini di queste due zone di restare nelle proprie abitazioni, evitando di soggiornare nei piani interrati, e di limitare gli spostamenti in auto alle sole urgenze.

(21 settembre 2009)


Al momento della sparatoria i due si trovavano con un gruppo di amici
Secondo la Polizia i giovani non erano vicini ad ambienti criminali
Agguato a Reggio Calabria
Morto un giovane incensurato



REGGIO CALABRIA - Un giovane, Antonio Morano, di 20 anni, è stato ucciso e un altro, Salvatore Celini, di 19, è rimasto gravemente ferito in una sparatoria avvenuta nella tarda serata di ieri a Rosarno. I due erano incensurati. Sulla dinamica del fatto di sangue, sono in corso accertamenti da parte degli agenti del Commissariato di polizia di Gioia Tauro.

Morano, raggiunto da diversi colpi di pistola alla testa, è morto all'istante mentre Celini ha riportato una ferita alla regione mandibolare. Il giovane, nel corso della notte, è stato trasferito nel Policlinico universitario di Catanzaro. Morano era incensurato, così come Celini, e, secondo quanto ha riferito la polizia, non era considerato vicino ad ambienti criminali. Nel momento della sparatoria, i due stavano conversando con altri giovani in una via della periferia di Rosarno. Secondo quanto è emerso dalle prime indagini, per uccidere Morano e ferire Celini sarebbe stata usata una pistola automatica, ma sono in corso accertamenti sui bossoli trovati sul posto per verificare il tipo e la quanità delle armi usate.

(21 settembre 2009)


Balotelli, cori razzisti
partita da sospendere





CAGLIARI - L'ira di Josè Mourinho, alla terza espulsione in Italia. La vergogna degli ululati contro Eto'o e Balotelli. Quel Principe di Diego Milito, che continua a segnare e a mascherare i problemi dell'Inter. Neanche a Cagliari i campioni d'Italia passano in silenzio, o un punta di piedi. Lo fanno con gran fragore, com'è costume.

Giocano male, malissimo, vanno sotto, rischiano il naufragio, poi li salva Milito con due perline colorate. Ma Mourinho è nervoso, se la prende con l'arbitro (giustamente) per una mancata ammonizione ad Astori (sarebbe stata la seconda, quindi il difensore doveva essere espulso), ma sbaglia tempi e modi della protesta, che è plateale e non "da Inter". In fondo sei l'allenatore della squadra che vince lo scudetto da tre anni, sei l'elite dell'elite del campionato italiano, ed è piuttosto curioso, o non da grande squadra, infuriarsi in quel modo e protestare per un mancato cartellino giallo, quando in fondo stai vincendo 2-1 sul campo di una provinciale.

Eppure Mourinho è così, e ormai lo conoscono tutti. Eccessivo, dirompente, polemico, sempre a cercare fantasmi da combattere, e a trovarli con enorme facilità. Anche perché cercare nemici aiuta a non pensare ai propri problemi, o a nasconderli sotto il tappeto. A Cagliari il nemico individuato è stato l'arbitro Orsato, in verità molto distratto e per niente in controllo della situazione. Però il problema maggiore, per l'Inter del Sant'Elia, è stata l'Inter stessa.

Sotto ritmo e slabbrata, senza nerbo, protagonista di un primo tempo orrendo, si è salvata grazie a un paio di lampi nel giro di cinque minuti di Milito nella ripresa ma poi ha ancora rischiato il pareggio. Sarà per quello che Mourinho era nervoso, chissà. Di sicuro il tecnico non ha voluto rinunciare alla passerella uscendo dal campo, perché l'arbitro gli ha indicato la via degli spogliatoi (attraversando il terreno di gioco) ma lui ha preferito il giro largo, costeggiando di proposito la curva dei tifosi cagliaritani e quasi chiamando a sé gli insulti, oltre che le telecamere. Pienamente in linea col personaggio anche il dopo-partita, con nessuno dello staff tecnico che rilascia dichiarazioni in sala stampa (pare per polemica con la decisione dell'arbitro) e l'analisi della partita affidata a Marco Branca, che di calcio qualcosina ne sa perché è stato un grande attaccante ma ora è soprattutto il responsabile del mercato nerazzurro.

Ma a Cagliari si sono anche ascoltati, di nuovo, quegli schifosi ululati all'indirizzo di Eto'o e Balotelli. Ululati che sono il simbolo più evidente, almeno rimanendo negli stadi, di un degrado culturale che attanaglia l'Italia, degrado di idee, vuoto pneumatico. Alcuni liquidano ancora la questione con un'alzata di spalle, e parlano di ragazzate o di episodi cui "non bisognerebbe dare troppo peso" per non favorire l'emulazione. Tutto il contrario, invece, perché è solo condannando certi episodi, e con durezza, che si può contrastare l'inciviltà: tra l'altro ci sono anche precise direttive della Fifa e dell'Uefa in merito. Quando in una partita di calcio si ascoltano cori razzisti l'arbitro, dopo aver fatto richiamare il pubblico almeno una volta, dovrebbe sospendere la partita. A Cagliari gli annunci sono stati un paio, ma gli ululati sono andati avanti. Viva l'Italia, il paese degli impuniti.

21 settembre 2009

 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 22/9/2009, 12:05




Gli inattivi aumentano di 434.000 unità, concentrate nelle Regioni meridionali
Il calo determinato dalla riduzione dei contratti a termine e di collaborazione
Istat, disoccupazione al 7,4%
Occupati mai così giù da 15 anni


ROMA - In Italia il tasso di disoccupazione nel secondo trimestre è pari al 7,4%, in crescita rispetto al 6,7% dello stesso periodo del 2008. Si tratta del dato più alto dai primi tre mesi del 2006. Lo comunica l'Istat. Sul dato ha influito soprattutto l'incremento degli inattivi ( 434mila unità), concentrato nelle regioni meridionali e dovuto a fenomeni di scoraggiamento: mancata ricerca del lavoro di molte donne per motivi familiari, ritardato ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.

Calo tendenziale peggiore dal '94. In termini assoluti il numero degli occupati è calato di 378mila unità, in flessione dell'1,6% rispetto allo stesso periodo del 2008 (-0,3% rispetto al primo trimestre 2009). Il dato tendenziale, spiega l'Istat, è il peggiore dal secondo trimestre del 1994. Il risultato sintetizza il protrarsi della caduta dell'occupazione autonoma delle piccole imprese, l'accentuarsi del calo dei dipendenti a termine e la nuova riduzione del numero dei collaboratori.

Aumento dell'8,1% di chi cerca lavoro. Il tasso di occupazione, pari al 57,9%, è il più basso degli ultimi quattro anni. Il numero delle persone in cerca di occupazione sale invece a 1.841.000 unità (+137.000, pari all'8,1%, rispetto al secondo trimestre 2008).

Aumentano gli occupati stranieri. L'Istat segnala anche che la caduta dell'occupazione è dovuta in gran parte al calo della componente italiana (-399 mila occupati maschi e -163 mila occupate donne) mentre prosegue la crescita dell'occupazione degli stranieri (89 mila uomini e 95 mila donne).

Gli occupati per Regione. A livello territoriale, si registra un nuovo restringimento della base occupazionale nel Nord, con l'eccezione delle province autonome di Trento e Bolzano e dell'Emilia Romagna, dove il numero degli occupati aumenta per il contributo fornito dagli occupati italiani con almeno 50 anni di età e dagli stranieri.

Nel Mezzogiorno il calo dell'occupazione si manifesta in misura accentuata. Nel Centro si segnala un marginale aumento degli occupati (0,2%, pari a 10.000 unità) dovuto sia alla maggiore crescita tendenziale degli occupati stranieri in questa ripartizione in confronto alle restanti (17,7% rispetto al 7,9 e all'8,7% rispettivamente del Nord e del Mezzogiorno) sia alla relativa più lunga permanenza sul posto di lavoro degli occupati italiani con almeno 50 anni di età.

E per settore. L'agricoltura registra una modesta contrazione del numero di occupati (-0,7% pari a -6.000 unità), concentrata nelle regioni meridionali. La notevole riduzione tendenziale dell'occupazione nell'industria in senso stretto (-3,9% pari a -197.000 unità) riguarda sia i dipendenti sia gli autonomi nell'insieme del territorio nazionale.

Le costruzioni tornano a segnare un calo degli occupati (-2,1% pari a -41.000 unità), soprattutto dipendenti del Nord-est e del Mezzogiorno. Già in discesa nel precedente trimestre, il terziario segnala una nuova riduzione tendenziale dell'occupazione (-0,9% pari a -134.000 unità) a sintesi del protrarsi del calo degli autonomi e dell'interruzione del processo di crescita dei dipendenti; entrambi i fenomeni si verificano in misura significativa nel Mezzogiorno.

(22 settembre 2009)

I dati del nuovo Rapporto Censis per l'Ocse descrive un fenomeno ancora in crescita
In un anno quasi 500mila iscritti in più all'anagrafe e 65mila bambini nati da genitori stranieri
Immigrati, 3,5 milioni di residenti
ma la crisi fa crescere l'intolleranza

Il sistema del Welfare si regge sul lavoro delle donne migranti: il 72% delle colf e delle badanti


Roma - Gli immigrati residenti in Italia sono quasi 3,5 milioni, sono sempre più stabili e inseriti, ma nei loro confronti aumentano le discriminazioni. E' uno dei dati che emergono dall'ultimo Rapporto "International Migration Outlook" che il Censis realizza ogni anno per l'Ocse e che è stato presentato oggi al Cnel. Il rapporto conferma che gli immigrati fanno più figli degli italiani, che in Italia nascono sempre più bambini di origine straniera e che un terzo dei permessi di soggiorno è legato a ricongiungimenti familiari.

Il lavoro e la crisi - "Le imprese italiane - si legge nel rapporto - hanno ridimensionato le previsioni di assunzione di personale immigrato: 92.500 nuove assunzioni per il 2009, contro le 171.900 che erano state previste per il 2008". Il peso della crisi tra gli immigrati si coglie anche nell'aumento degli sfratti per morosità a causa del rincaro del canone o della perdita del lavoro (soprattutto al Nord, dove le famiglie immigrate rappresentano il 22% del totale delle famiglie sfrattate). Altro aspetto, il crollo degli acquisti di abitazione (-23% nel 2008) dopo quattro anni di crescita continua.

Calano le rimesse - La recessione colpisce anche le rimesse, i risparmi che gli immigrati mandano ogni mese in patria per sostenere familiari e parenti: diminuisce del 10% la cifra pro capite (155 euro nel 2008 a fronte dei 171 del 2007) e rallenta il ritmo di crescita dell'ammontare complessivo delle rimesse (6,4 miliardi di euro nel 2008).

Discriminazione in aumento - "Le difficoltà legate alla crisi avvertite dagli italiani - scrive il Censis - possono aver determinato anche un calo del livello di tolleranza nei confronti degli immigrati, come dimostra l'aumento degli episodi di discriminazione, il 22,1 per cento dei quali subiti in ambito lavorativo: il 32,1 per cento delle denunce riguarda la fase di accesso al mercato del lavoro, il 23,2 per cento le condizioni lavorative, il 19,6 per cento di azioni di mobbing".

Nuovi italiani crescono - Il Rapporto conferma l'aumento degli immigrati regolarmente residenti in Italia: +16,8% nel 2008, ovvero 493.729 individui in più rispetto all'anno precedente, per un totale di 3.432.651 presenze. "Si consolida anche il processo di stabilizzazione degli immigrati. A gennaio 2008 erano 1.684.906 le famiglie con almeno un componente straniero, pari al 6,9% del totale. Un terzo dei permessi di soggiorno rilasciati nel 2008 (pari a 680.225) è stato motivato da ricongiungimenti familiari. Inoltre ci sono stati 28.932 matrimoni con almeno un coniuge straniero (l'11,6% del totale), numero più che raddoppiato negli ultimi dieci anni (nel 1997 erano stati 13.490).

Il boom nelle scuole - Il livello di fecondità delle donne straniere (2,5 figli per donna) è doppio rispetto a quello delle italiane (1,3 figli per donna). Gli stranieri residenti nati in Italia sono 457.345 (il 13,3% del totale). I nati da genitori stranieri sono 64.049 (l'11,4% del totale dei nati in Italia) e 760.733 sono i minori stranieri residenti nel nostro Paese (pari a più del 20% del totale degli immigrati e ad oltre il 7% dei minori residenti). Negli ultimi 5 anni gli alunni stranieri presenti nelle scuole italiane sono cresciuti del 139,4% (per un totale, nell'anno scolastico 2007-2008, di 574.133 alunni stranieri, il 6,4% del totale).

Il ruolo di colf e badanti - Nel 2008 il numero dei rapporti di lavoro di stranieri registrati presso l'Inail è arrivato a 3.266.395 (+41,9% in quattro anni). Nel 42% dei casi si tratta di donne, divenute ormai indispensabili al nostro sistema di welfare dove il 71,6% delle colf e delle badanti (in tutto circa un milione e mezzo) sono di origine immigrata.

(22 settembre 2009)


In corso sopralluogo delle forze dell'ordine. Rogo provocato da un lumino
Sul posto 5 ambulanze del 118 per soccorrere le persone intossicate
Casa di cura in fiamme a Roma
morta una donna, sette feriti

Il racconto del vigile del fuoco: "Quando l'ho trovata, era ancora viva"
La struttura era convenzionata. Il sindaco: "La Regione avvii un'inchiesta"

ROMA - Una donna di 88 anni, Loreta Ticco, è morta in un incendio divampato al terzo piano della casa di cura "San Francesco Caracciolo", nel quartiere romano di Montesacro. I feriti sarebbero in tutto 7, tutti intossicati a causa del fumo.

La dinamica. Stando alle prime ricostruzioni, il rogo ha avuto origine in una stanza al terzo piano della palazzina. L'anziana che ha perso la vita era immobilizzata al letto perché malata terminale. Un'altra donna ha riportato ustioni su varie parti del corpo ed è stata portata d'urgenza all'ospedale. Le forze dell'ordine stanno ancora effettuando i sopralluoghi per capire la dinamica dell'incidente. Secondo il dirigente della polizia scientifica Giovanna Petrocca, "il lumino lasciato dai parenti della persona morta sul comodino potrebbe essere stata la causa dell'incendio".

I soccorsi. I soccorritori hanno provato a salvare la donna. "Sono entrato nella stanza ed era tutta immersa nel fumo. Ho trovato un materasso infiammato ed ho preso l'estintore e l'ho spento. Poi mi sono girato ed ho visto la signora nel letto. L'ho presa e portata fuori fino al vano scale. Era ancora viva. Sul tutto il corpo riportava forti ustioni e non ce l'ha fatta", racconta Fabio Buttiglieri, uno dei vigili del fuoco.

Le fiamme sono state estinte nel giro di mezz'ora. Sul posto sono intervenute cinque ambulanze e un'automedica. Livio De Angelis, direttore del
118 a Roma, spiega: "Stiamo monitorando e trattando gli intossicati con ossigeno. Si tratta di anziani affetti da gravi patologie, ma al momento le loro condizioni non sembra necessitino il ricorso al ricovero in ospedale". I soccorsi sono stati chiamati dai vicini di casa.

Le reazioni. L'istituto, convezionato con la Regione, era stato convertito in hospice per malati terminali dopo la decisione del proprietario di non trasformare la clinica in residenza sanitaria per anziani. Il sindaco Gianni Alemanno ha lanciato un appello: "Per il rispetto dovuto alle vittime dell'incendio, a latere dell'inchiesta della magistratura, chiedo che la Regione Lazio apra immediatamente un'indagine approfondita per verificare tutte le dotazioni e lo stato amministrativo della struttura sanitaria".

Sul caso è intervenuto anche Samuele Piccolo, vicepresidente del Consiglio comunale: "La tragedia che si è consumata questa mattina ripropone il tema della sicurezza e della prevenzione nelle strutture di accoglienza. Mi auguro che vengano individuate eventuali responsabilità o negligenze".

(22 settembre 2009) Tutti gli articoli di cronaca


Appello all'Italia dell'Alto commissario per i rifugiati (Unchr) e dell'Ue
"Non esistono condizioni necessarie per garantire la protezione dei richiedenti asilo"
Onu e Ue: stop respingimenti in Libia
"Trattati in condizioni terrificanti"




BRUXELLES - "Nelle carceri libiche i detenuti sono costretti a sopravvivere in condizioni terrificanti". C'è un nuovo appello delle Nazioni Unite all'Italia per fermare i respingimenti di immigrati verso la Libia, nei confronti dei quali l'Alto commissario Onu per i rifugiati ha ribadito "forte riserve". Sulla stessa linea il messaggio inviato dall'Ue: "Dobbiamo dimostrare ai libici che la situazione attuale è inaccettabile e non può perdurare" ha detto il vicepresidente della Commissione europea e commissario all'immigrazione, Jacques Barrot.

Dopo la denuncia delle politiche nei confronti degli immigrati che violano il diritto internazionale, l'Alto commissario Onu per i rifugiati (Unchr), Antonio Guterres, ha lanciato un allarme per il trattamento dei migranti che finiscono in Libia dopo essere stati respinti dall'Italia: per i clandestini non è garantita la protezione dei richiedenti asilo e le condizioni di detenzione sono definite "terrificanti".

"La nostra posizione - ha detto Guterres rispondendo ai cronisti a margine del Consiglio dei ministri degli Interni Ue a Bruxelles - è molto chiara. Non pensiamo che in Libia esistano le condizioni necessarie per garantire la protezione dei richiedenti asilo". "La situazione attuale non lo consente", ha affermato ancora Guterres sottolineando che in Libia "ci sono condizioni di detenzione terrificanti".

Rispondendo a chi gli chiedeva di commentare la proposta del premier italiano Silvio Berlusconi di creare un'agenzia europea che esamini le richieste di asilo, Guterres ha quindi ribadito: "L'Alto commissariato Onu lavora in Libia, seppur senza riconoscimento ufficiale e in condizioni molto difficili. E per questo - ha spiegato - possiamo permetterci di dire che la Libia, allo stato attuale, non può garantire una protezione adeguata ai rifugiati e ai richiedenti asilo".

Alla domanda su cosa dovrebbe fare l'Italia, Guterres ha quindi ricordato quella che ha definito "la straordinaria, importante e positiva esperienza di Lampedusa. Speriamo - ha aggiunto - che questa esperienza venga rimessa pienamente in funzione".

Nel corso della conferenza stampa congiunta, Jacques Barrot, che ha presentato al consiglio Ue dei ministri degli Interni il suo programma di ripartizione degli immigrati che hanno diritto d'asilo, ha quindi auspicato "l'aiuto dell'Alto commissariato" per far sì che la situazione dei richiedenti asilo in Libia cambi al più presto.

Il vicepresidente della Commissione Ue ha quindi ribadito la necessità e l'urgenza di una missione Ue in Libia: "Una cosa cui stiamo lavorando e per la quale stiamo preparando il terreno", ha spiegato. Il commissario Ue ha quindi sottolineato come in Europa "serva una maggiore solidarietà tra tutti gli Stati membri" sul fronte dell'accoglienza dei rifugiati degli aventi diritto d'asilo.

Durante il consiglio odierno dei Ministri dell'interno dei ventisette, l'UE ha chiesto al governo italiano di "fornire assistenza" per facilitare il dialogo con la libia, per ora molto difficile, in modo da migliorare le condizioni dei richiedenti asilo nel paese nordafricano, con l'obiettivo di rendere possibile l'esame in loco delle domande dei richiedenti asilo.

Coloro che meritano la protezione internazionale potrebbero essere così separati dal flusso dei migranti clandestini per motivi economici, e accolti nei paesi dell'ue sulla base di programmi volontari di reinsediamento.

"Ho chiesto al governo italiano - ha spiegato Barrot alla fine del consiglio UE, questa sera a bruxelles - di aiutarci ad aprire un dialogo con la Libia, spiegando che sarebbe una fortuna per l'Italia e per l'Europa se ottenessimo dalla Libia che domande di asilo fossero esaminate sul loro territorio, ciò che eviterebbe discussioni e critiche" sui respingimenti.

Dal canto suio, il sottosegretario agli Interni, Francesco Nitto Palma - rispondendo alle accuse dell'Alto Commissario Onu per i rifugiati, Antonio Guterres - ha affermato che l'italia non ha mai rinviato in Libia nessuno, ma ha solo "riconsegnato". Nelle otto operazioni di respingimento in Mediterraneo (dal 6 maggio scorso in poi) nessuno dei 757 clandestini fermati ha mai chiesto asilo o protezione internazionale.

Ma la domanda che alcune forze politiche e numerose organizzazioni umanitarie pongono è questa: come fa il rappresentante del Governo a sostenere che nessun richiedente asilo politico è stato mai respinto se, come è evidentemente avvenuto in più occasioni, nessuna persona trovata in mare è stata mai messa in condizione di farlo?

Intanto sono sempre di più le storie raccolte da Human Right Watch di cittadini africani, in fuga dall'Eritrea, dalla Somalia, dall'Etiopia o dal Sudan e richiedenti asilo alla UE, che parlano di orrori vissuti nei campi di Misratah, Kufra o nel campo di Garaboulli, molto vicino a Tripoli, la capitale. Orrori perpetrati dalla polizia di Gheddafi, in conbutta con i trafficanti che controllano i trasporti dei migranti fino alla costa libica.

(21 settembre 2009)


La vittima, Antonio Morano, aveva 20 anni. Ferito un diciannovenne
Scomparsi i proprietari della villetta di campagna in cui è avvenuto l'omicidio
Agguato nel Reggino, morto un giovane
un'intera famiglia sparita dalla casa del delitto

Non si esclude un regolamento di conti maturato negli ambienti degli spacciatori

REGGIO CALABRIA - Un giovane, Antonio Morano, di 20 anni, è stato ucciso e un altro, Salvatore Celini, di 19, è rimasto gravemente ferito in un agguato a Rosarno. Dalla villetta in cui ieri sera è avvenuta la sparatoria sono spariti tutti i componenti della famiglia di Giuseppe Vecchio, proprietario della casa.

Non si trovano né Giuseppe, né sua moglie ed i suoi due figli, uno dei quali minorenne. La polizia li cerca per ricostruire la dinamica di quanto accaduto nella villetta in aperta campagna.

In particolare gli investigatori stanno cercando, anche se l'autorità giudiziaria non ha emesso alcun provvedimento restrittivo a suo carico, il figlio maggiore di Giuseppe Vecchio, Biagio, 20 anni, già arrestato nel febbraio scorso mentre cercava di disfarsi di una bustina contenente 22 grammi di cocaina. Non è escluso che l'omicidio sia maturato negli ambienti degli spacciatori di droga.

Morano, raggiunto da diversi colpi di pistola alla testa, è morto all'istante mentre Celini ha riportato una ferita alla regione mandibolare ed è stato trasferito nel Policlinico universitario di Catanzaro. Entrambi erano incensurati. A quanto pare, per l'agguato è stata usata una pistola automatica.

(21 settembre 2009)
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 23/9/2009, 13:34




Approvato l'emendamento Freres che estende il provvedimento
Dure critiche del Pd che non partecipa alle operazioni di voto
Scudo fiscale, sì del Senato
Napolitano: "Valuterò il testo"

Anna Finocchiaro (Pd): "Il cartello di Medellin era più onesto"
Felice Belisario (Idv) "Un Paese dove violare la legge è la regola"


ROMA - "Nessun commento. Quando mi sarà trasmesso il testo da promulgare, approvato dal Parlamento, valuterò le eventuali novità". Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in merito all'approvazione della norma sullo scudo fiscale contenuta nel decreto correttivo alle misure anti-crisi. Il provvedimento è passato al Senato questa mattina. Ora dovrà essere approvato dalla Camera.

Numerose le polemiche sull'estensione della copertura dello scudo anche per i capitali i cui titolari sono accusati di falso in bilancio. Il Pd, dopo aver richiesto la presenza in aula dei ministri Alfano e Tremonti, non ha partecipato alle operazioni di voto. A favore si sono espressi Pdl e Lega. Contro hanno votato Udc ed Idv con l'eccezione di Luigi Li Gotti che in dissenso dal gruppo dipietrista non ha partecipato alla votazione.

Il Pd lascia l'aula. Dopo aver richiesto la presenza dei ministri Alfano e Tremonti per rispondere alle critiche dell'opposizione, il gruppo parlamentare del Pd ha lasciato l'aula. Per il senatore D'Ambrosio le nuove misure che ampliano lo scudo fiscale sono "un'amnistia e violano la nostra Costituzione". In particolare, D'Ambrosio ha puntato il dito contro le norme che ampliano alle imprese estere controllate o collegate la sanatoria, avallando "trucchi vecchi come il mondo". Inoltre, il senatore del Pd ha evidenziato come trattandosi di un'amnistia la norma dovrebbe essere approvata "dai due terzi del Parlamento e non con una legge ordinaria".

Anna Finocchiaro, capogruppo dei democratici a Palazzo Madama, ha commentato: "Era più onesto il cartello di Medellin. In violazione di tutte le norme, si fanno rientrare capitali sulla cui costituzione nessuno indagherà mai e a si garantisce l'anonimato, in spregio a qualsiasi norma di civiltà giuridica".

Protesta Idv. 'Mafiosi e evasori ringraziano', 'Governo anti-italiano'. L'Italia dei Valori ha protestato in aula esponendo cartelli con slogan contro la norma. Per il presidente dei senatori dell'Italia dei Valori, Felice Belisario, "il governo consegna il nostro Paese ai poteri forti, alle bande malavitose e anche ai terroristi oltraggiando lo stato di diritto. L'Italia è diventata un paese dove violare la legge è la regola".

Non accolte le richieste dell'opposizione. Nessuna delle questioni poste dalle opposizioni sul decreto correttivo, dalla richiesta di trasferirlo in Commissione Giustizia, o la presenza dei ministri dell'Economia e della Giustizia in Aula, è stata considerata accoglibile dal presidente di turno dell'Assemblea del Senato, Vannino Chiti. "C'è una distinzione fra questioni di merito politico e questioni relative a regolamento e procedure. Da quest'ultimo punto di vista - ha spiegato Chiti - il parere della Commissione Giustizia non è consentito dal Regolamento. Il voto dei due terzi del Senato rispetto a una presunta norma di indulto non è consentito poichè questo emendamento non si qualifica come indulto. E i precedenti condoni - ha ricordato Chiti - non hanno visto procedersi con maggioranze come quelle richiamate".

Quanto alla presenza in Aula di Tremonti e Alfano, per Chiti si tratta di questioni politiche. "Il governo - ha però spiegato Chiti - è qui rappresentato dal ministro Vita e ha fatto conoscere il suo parere. I governi - ha puntualizzato - quando si esprimono lo fanno nella loro collegialità. La presidenza - ha concluso Chiti - non può accedere per questi motivi alle richieste delle opposizioni"

(23 settembre 2009)


In vista dell'imminente dibattito parlamentare sul contrastato tema del fine-vita
I Radicali consegnano al presidente della Camera oltre 3.300 testamenti biologici
L'impegno di Fini sul biotestamento
"Doveroso rispetto coscienza deputati"

Manconi: "C'è l'impegno alla massima serietà e pacatezza in un clima scevro da pregiudizi"



ROMA - Un auspicio affinché il dibattito sul testamento biologico "si svolga nel doveroso rispetto del diritto di ogni deputato di esprimersi secondo coscienza". A esprimerlo è stato il presidente della Camera, Gianfranco Fini, nel corso di un incontro con i radicali Marco Cappato, Luigi Manconi e Mina Welby, avvenuto nello studio del presidente della Camera a Montecitorio stamane. Il colloquio è stato chiesto dai Radicali per consegnare a Fini un dischetto contenente oltre 3.300 testamenti biologici raccolti online in questi mesi.

Gianfranco Fini si è impegnato a far sì che l'imminente dibattito parlamentare sulla legge sul fine-vita si svolga nel doveroso rispetto del diritto di ogni deputato di esprimersi secondo coscienza. Fini ha anche espresso l'auspicio che il dibattito si svolga "in un clima pacato e scevro da ogni pregiudizio".

Al termine dell'incontro gli esponenti radicali hanno spiegato il senso dell'iniziativa. Illustrate al presidente della Camera anche le prime valutazioni e indicazioni che emergono dallo studio dei dati raccolti. "Il presidente Fini - ha sottolineato Luigi Manconi - ha affermato con determinazione l'impegno a garantire che l'imminente dibattito si svolga con la massima serenità e pacatezza, in un clima scevro da pregiudizi e in un clima in cui la libertà e la piena coscienza del singolo parlamentare siano pienamente rispettate".

Cappato ha ricordato che questi 3300 testamenti biologici raccolti sono "già validi e vincolanti. Perché se la giurisprudenza ha riconosciuto la manifestazione della volontà, espressa in modo orale e ricostruita attraverso testimonianze, di Eluana Englaro, a maggior ragione una disposizione scritta ha valore e deve essere rispettata. Semmai - ha avvertito l'europarlamentare radicale - c'è chi vuole fare la corsa contro ciò che è possibile fare, cioè contro il testamento biologico".

Poi Cappato ha lanciato l'affondo contro la Rai: "Avremmo voluto spiegare queste cose in Tv, ma dal febbraio 2008 gli spazi per l'accesso sono sospesi" per una vicenda di "poltrone e sottopoltrone". "E' una violazione di legge, e su questa violazione presenteremo al presidente Fini un dossier documentato già nelle prossime ore". La vedova di Piergiorgio Welby ha consegnato a Fini il libro del marito Lasciatemi morire e ha ricordato come nel X municipio di Roma è aperto un registro per il testamento biologico e ogni settimana 20 persone si presentano su prenotazione per depositare le proprie volontà.

Con una lettera indirizzata a Silvio Berlusconi, venti deputati del Pdl chiedono al governo di invertire la rotta e approfondire la discussione prima di legiferare sul fine vita. Con l'iniziativa, promossa da Adolfo Urso, viceministro allo Sviluppo economico e segretario della fondazione Fare Futuro, insieme a Benedetto Della Vedova, i parlamentari chiedono che la legge sul biotestamento sia una "soft law", che non pretenda di regolare in modo tassativo il "fine vita" e che lasci invece spazio alla volontà dei singoli.

(23 settembre 2009)


Nello scontro a fuoco un soldato è stato colpito a un braccio, non è grave
E' stato soccorso ed è ricoverato presso l'ospedale militare di Herat
Afghanistan, attacco a italiani
un militare ferito a Shindand


ROMA - Nuovo attacco contro militari italiani in Afghanistan. Una pattuglia è stata presa di mira questa mattina a Shindand, nella provincia occidentale di Herat. Nello scontro a fuoco che ne è seguito un paracadutista è stato ferito in maniera non grave a un braccio: ha riportato la frattura del gomito destro e le sue condizioni non destano preoccupazioni.

L'episodio segue di sei giorni l'attentato a Kabul in cui hanno perso la vita sei parà e altri quattro sono rimasti feriti.

Il comando militare italiano a Herat ha confermato con una nota che "questa mattina, le forze di sicurezza afgane e i militari italiani sono stati attaccati da insorti nella località di Shindand", nell'ovest dell'Afghanistan, "mentre stavano effettuando un'operazione congiunta mirata al controllo del territorio". "Nel corso dello scontro" a fuoco "è rimasto lievemente ferito a un braccio uno dei militari italiani". Il soldato, "che non versa in pericolo di vita, è stato immediatamente soccorso ed è attualmente ricoverato presso l'ospedale militare di Herat", precisa il comunicato.

L'area di Shindand, nella provincia di Herat, è una di quelle segnate in rosso sulle mappe del contingente italiano, oggetto di allarmi quotidiani. Secondo una delle ultime segnalazioni di intelligence, i pericoli sarebbero concentrati nell'area a cavallo tra i distretti di Shindand e di Khaki Safed, dove sarebbero attivi due soggetti coinvolti in traffici illeciti e che rifornirebbero di armi un comandante talebano, Abdul Rahim Khan, a sua volta in contatto con elementi vicini a presunti ambienti deviati dei servizi segreti iraniani. Inoltre, un gruppo di insorti composto da dieci estremisti sarebbe impegnato in sequestri di persona, traffico di armi e contrabbando di droga.

Attacchi a militari italiani e di altre nazionalità nell'area di Shindand sono frequenti: tra gli episodi, due attentati con autobomba, uno il 3 luglio scorso, con due feriti lievi, e un altro il 27 marzo, senza feriti; il 9 novembre dell'anno scorso, in un attentato suicida nella stessa zona, morirono due militari spagnoli. La minaccia maggiore, nell'ovest, continua però ad essere segnalata nella provincia di Farah (a sud di quella di Herat e a ridosso del distretto di Shindand), dove "due formazioni ostili" di circa 120 elementi ciascuna intenderebbero realizzare, "a breve", imboscate nei confronti dei convogli dei militari Nato (e dunque soprattutto italiani) nei distretti di Bakwa e di Bala Baluk.

(23 settembre 2009)


Slitta il faccia a faccia tra il dg Rai e il numero uno dell'Agcom. ma la presenza
del giornalista, con contratto o come ospite, è praticamente sicura
Annozero salta incontro Masi-Calabrò
La redazione: "Travaglio da noi ci sarà"




ROMA - Il caso Santoro-Annozero ancora sotto i riflettori: oggi infatti è slittato l'atteso incontro tra il direttore generale della Rai, Mauro Masi, e il presidente dell'Autorità delle comunicazioni, Corrado Calabrò. Il faccia a faccia avrebbe dovuto tenersi oggi, ed era stato richiesto dallo stesso Masi per approfondimenti sulla questione del contratto di Marco Travaglio. Giornalista la cui presenza è indispensabile, per Santoro ("senza di lui non c'è Annozero", ha dichiarato ieri); ma su cui l'azienda ha sollevato perplessità.

I contatti tra Rai a Agcom, comunque, sono in corso. Viale Viale Mazzini ha inviato la documentazione all'organismo di garanzia. Dalla redazione di Annozero, però, fanno sapere di essere ormai certi della presenza di Travaglio: o con contratto, o come ospite, sicuramente lui ci sarà.

Intanto oggi Santoro, dai microfoni di radio Città Futura, continua a parlare della mancanza di libertà d'informazione nel nostro paese. ''La situazione in Italia è molto dura e difficile e i colleghi che si ribellano vengono puntualmente puniti ed emarginati. Tutto questo perché il sistema informativo italiano non e' libero''. E ancora: "Fanno molta fatica persino i giornalisti di un quotidiano importante come il Corriere della Sera, perche' attraverso Mediobanca Silvio Berlusconi può avere una interferenza diretta dentro la testata''.

(23 settembre 2009) Tutti gli articoli di politica


In Lombardia due operai cadono da 15 metri: uno morto e l'altro in fin di vita
Ad Arco un marocchino decapitato dalla ruspa nel primo giorno di impiego
Ancora incidenti sul lavoro
due morti a Brescia e in Trentino


ROMA - Due morti e un uomo in fin di vita è il tragico bilancio di due incidenti sul lavoro. Un operaio è morto e un altro è rimasto gravemente ferito precipitando da un'altezza di 15 metri a Brescia mentre un operaio marocchino è morto decapitato dalla lama di un escavatore con cui stava lavorando in un cantiere ad Arco, in Trentino.

Il primo incidente sul lavoro è avvenuto nello stabilimento siderurgico della "Ori Martin" di Brescia. I due, titolare e dipendente della "Sm Lattoneria Brescia", una ditta specializzata nella sistemazione dei tetti, sono precipitati dal cestello di una piattaforma che si è sganciato all'improvviso. Per il primo, Alberto Simoncelli, 43 anni, titolare della ditta, i medici non hanno potuto far altro che constatare il decesso. Il secondo, Gabriele M., 47 anni, è ricoverato in gravissime condizioni presso gli ospedali civili della città lombarda, dove è stato sottoposto a un intervento d'urgenza per salvargli la vita. Del caso si occupa la polizia.

Secondo una prima ricostruzione le due vittime stavano eseguendo dei lavori di manutenzione al tetto di un capannone dello stabilimento siderurgico, quando intorno alle 9, il cestello sul quale si trovavano si è prima inclinato facendo volare nel vuoto gli operai, per poi staccarsi definitivamente dalla piattaforma.

I sanitari del 118 intervenuti non hanno potuto fare altro che constatare il decesso del primo, presumibilmente morto sul colpo, mentre il suo collega è stato trasportato in codice rosso all'ospedale bresciano. Appena appresa la notizia del terribile incidente, la Rsu e i sindacati metalmeccanici della storica acciaieria bresciana hanno indetto uno sciopero immediato fino alle 10 di domani mattina.

Il secondo incidente è avvenuto ad Arco, nel parco Braille, vicino all'ospedale, poco prima delle 10. Secondo una prima ricostruzione, Said Karroui, 37 anni, residente ad Albenga (Savona), al suo primo giorno di lavoro, alla guida di una piccola ruspa stava effettuando lavori di pulizia su una stradina in forte pendenza quando, all'improvviso, ha perso il controllo del mezzo che è rotolato in una scarpata per alcune decine di metri. Dopo essere stato sbalzato dal sellino, è stato decapitato dalle lame montate sull'escavatore. Accertamenti sono stati avviati dai carabinieri per chiarire l'esatta dinamica dell'infortunio. Pare che l'operaio non fosse assicurato al mezzo con le cinture.
(23 settembre 2009)


Il retroscena Le grandi manovre sotterranee sul futuro della rete e del Tg
non si fermano con la partenza di Anno Zero, Report e Che tempo che fa

Il Pdl pronto al blitz su RaiTre
Masi spinge per Minoli e Berlinguer



Michele Santoro e Massimo Liofredi

di CARMELO LOPAPA
ROMA - La tentazione del blitz. Del doppio blitz. Cambio al vertice di Raitre e Tg3 già nel consiglio di amministrazione di domani o, al più tardi, della prossima settimana, e di una riforma lampo della legge sulla par condicio, entro fine anno. Silvio Berlusconi prima di partire per gli Stati Uniti ha chiesto che il suo input non cada nel vuoto. Dai vertici filo governativi in Rai al Pdl in Parlamento, l'esercito è mobilitato.

Sotto osservazione le trasmissioni finite nella lista nera di Palazzo Chigi - "Annozero" e "Report", "Che tempo che fa" e "Parla con me" - che a questro punto partiranno comunque anche se i bastoni piazzati tra le ruote in corsa, ultimo il contratto di Travaglio, ne hanno rallentato i tempi. Ma la partita per la normalizzazione della riserva indiana della terza rete e della rottura delle catene della par condicio per poter dilagare in tv, ecco, questa partita il presidente del consiglio non intende perderla.

Così, il Pdl blinda e porta avanti ormai apertamente la nomina di Giovanni Minoli per Raitre: se l'operazione andasse in porto, il conduttore di "La storia siamo noi" prenderebbe il posto di Paolo Ruffini. Le motivazioni con le quali il direttore generale Mauro Masi supporterebbe la proposta in cda si baserebbero anche sull'imminente pensionamento del giornalista, giusto sei mesi. Poi, assestati gli equilibri all'interno del Pd dopo il congresso di ottobre - questa la tesi - si procederebbe alla nomina definitiva.

Ma in sei mesi, ribattono consiglieri di amministrazioni e parlamentari di centrosinistra, ci sarebbe tutto il tempo di "normalizzare" la riserva indiana. Il binomio delle nomine porterebbe poi la giornalista Bianca Berlinguer al posto di Antonio Di Bella alla direzione del tg. Rainews 24 e Rai-international sono le altre pedine in movimento, ma la caccia grossa è su Raitre.
Il secondo fronte, nella strategia d'autunno del Cavaliere in vista delle Regionali di marzo, investe la par condicio in tv.

L'obiettivo, come spiega il viceministro alle Comunicazioni Paolo Romani, è riformare la legge con criteri "proporzionali". In soldoni, per assegnare il 38-40 per cento della tribuna al Pdl, il 25-30 al Pd, il resto agli altri. Il concetto è lo stesso esternato anche di recente dal presidente del Consiglio e ripetuto ieri dal suo viceministro: "Inaudito che un partito di ciambellani stanchi con lo 0,01 abbia lo stesso peso di altri partiti". Da Casini a Di Pietro fino ai democratici sono già pronte le barricate.

Intanto, a Viale Mazzini il caso Travaglio assume sempre più i contorni del pasticcio. Il presidente dell'Agcom Corrado Calabrò non ha gradito affatto il coinvolgimento in una vicenda sulla quale la responsabilità #se firmare o meno# ricadrebbe sul solo dg Rai Mauro Masi. Non fosse altro perché l'organismo di garanzia, come ribadirà oggi pomeriggio Calabrò al direttore nel faccia a faccia richiesto da quest'ultimo, non ha alcun potere di intervento preventivo su "Annozero".

Masi non demorde, "non posso assumermi da solo quella responsabilità, non intendo rischiare di tasca mia e per quelle cifre", va ripetendo ai suoi facendo leva sul tetto massimo delle sanzioni pecuniarie alle quali in teoria potrebbe incorrere la Rai in caso di violazione degli obblighi di servizio pubblico: il 3% del fatturato, circa 90 milioni di euro. Ecco perché del contratto di Travaglio il dg Rai, dopo il confronto di oggi con Calabrò e l'audizione in Vigilanza, tornerà a investire domani il cda.

"L'obiettivo è quello di responsabilizzare il giornalista - spiega Giorgio Lainati, Pdl, vicepresidente in Vigilanza - dato che poi a risponderne è l'editore, cioè la Rai. Qualcuno dovrebbe ricordare che a un certo punto Canale 5 decise di chiudere "Sgarbi quotidiani" quando le perdite economiche derivanti dalle querele hanno coperto gli introiti pubblicitari". Quel che appare ormai improbabile è che Marco Travaglio firmi il suo contratto prima della puntata di domani sera. Parteciperà da ospite, come promette Michele Santoro: "E ha già preparato una bella botta su Tarantini".

(23 settembre 2009)
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 24/9/2009, 10:08




Il magistrato è stato stroncato da un infarto nella sua abitazione
Aveva coordinato il gruppo che si occupa dei reati di eversione
Asti, muore il procuratore Maurizio Laudi
giudice antiterrorismo col pallino per il calcio


TORINO - E' morto a Torino, colpito da infarto nella sua abitazione, Maurizio Laudi. Era segretario di Magistratura Indipendente, ed era stato nominato procuratore di Asti nel gennaio dello scorso anno.

In magistratura dal '74, Laudi aveva lasciato Torino dopo moltissimi anni di servizio alla procura, prima come sostituto e poi come aggiunto. Una scelta per lui obbligata, visto che una norma della riforma dell'ordinamento giudiziario non consentiva di ricoprire per più di otto anni gli incarichi di vertice degli uffici giudiziari.

Nel capoluogo piemontese - da cui si era allontanato solo quando era stato eletto componente del Csm - aveva tra l'altro diretto la Direzione distrettuale antimafia e aveva coordinato il gruppo che si occupa dei reati di terrorismo ed eversione.

Davanti al Csm, Laudi è stato il "difensore" del gip di Milano Clementina Forleo nella procedura di trasferimento d'ufficio che le era stata aperta dalla Prima Commissione.

Grande amante del calcio, Laudi era stato anche giudice sportivo.

(24 settembre 2009)


Bocciata la caccia no limits

La caccia no limits non è passata. Anche stavolta, con i riflettori dell’opinione pubblica puntati addosso, i parlamentari della maggioranza non se la sono sentita di approvare un codicillo - inserito all’ultimo momento nella legge comunitaria - che cassava la definizione precisa dei confini della stagione venatoria (primo settembre - 31 gennaio) sostituendola con una formula generica che avrebbe aperto le porte ad altre deroghe. Altre perché già con la legislazione vigente l’Italia si è trovata sul banco degli imputati a Bruxelles per l’applicazione disinvolta delle deroghe, uno strumento che dovrebbe essere usato per ragioni eccezionali e che invece in alcune regioni è utilizzato in modo sistematico per scavalcare di fatto le norme di tutela.
Con il ritiro dell’emendamento leghista non si è comunque esaurita la pressione per scardinare la legge quadro che ha portato a una tregua tra il partito delle doppiette (con salde radici in entrambi gli schieramenti) e gli italiani che preferiscono guardare gli animali invece che sparargli. Per prevedere come finirà questo braccio di ferro sarebbe utile capire cosa pensa la maggioranza della maggioranza. Il centro destra ritiene che mettere un fucile in mano a un sedicenne, liberalizzare l’uso degli zimbelli (civette terrorizzate appese a testa in giù), sparare sui migratori che vanno a riprodursi sia giusto? Bene, approvi la nuova legge senza tirarsi indietro ogni volta che il contenuto della controriforma sulla caccia viene reso pubblico. Se invece considera queste pratiche più adatte a una stagione in cui erano liberalizzate anche la tortura, l’impiccagione e lo ius primae noctis, allora forse è più conveniente rispettare la normativa europea: ci risparmieremmo qualche problema a Bruxelles, dove abbiamo già abbastanza guai con le politiche energetiche.



La presenza del giornalista, con contratto o come ospite, è praticamente sicura
Il dg Rai in Vigilanza: "In nessun servizio pubblico ci sono trasmissioni 'contro'"
Annozero: "Travaglio ci sarà"
E Masi attacca la trasmissione




ROMA - Marco Travaglio sarà domani ad Annozero e, come sempre, farà il suo editoriale in trasmissione: è quanto si legge nel comunicato di presentazione della prima puntata, domani in prima serata su Raidue. Tema la libertà d'informazione, titolo "Farabutti" (dalla famosa frase pronunciata da Silvio Berlusconi). Ospiti di Michele Santoro, il segretario del Pd Dario Franceschini, il deputato del Pdl Italo Bocchino, il direttore di Libero Maurizio Belpietro, il direttore dell'Unità Concita De Gregorio e il giornalista Enrico Mentana.

Travaglio ci sarà. Dunque la sua presenza non è in discussione, come confermano dalla redazione del programma: l'impasse che resta da sciogliere è se avrà un contratto, o se sarà in studio in veste di ospite. Lo spazio a lui concesso da Santoro, in entrambi i casi, sarà lo stesso. E intanto, del caso, oggi parla anche il direttore generale della Rai, Mauro Masi: "Annozero andrà regolarmente in onda - dice, parlando davanti alla commissione di Vigilanza - stiamo solo facendo un approfondimento er un collaboratore esterno (Travaglio, ndr) nei confronti di una trasmissione che ha avuto tutto quello che ha chiesto".

Masi attacca il programma. Poi dal direttore generale arriva una pesante critica al modo di fare tv d di Annozero, pur senza mai nominarla: "Occorre una riflessione sul servizio pubblico, che deve essere plurale. Ma nella mia carriera che mi ha portato a girare molti paesi del mondo non ho mai visto programmi anti-politici. Non ho mai visto all'estero reti di servizio pubblico che facciano programmi apoditticamente contro''.

Il "giallo" dell'Agcom. Sempre oggi, è saltata l'ipotesi di un incontro tra il dg e il presidente dell'Autorità delle comunicazioni, Corrado Calabrò. Il faccia a faccia sarebbe stato richiesto dallo stesso Masi per approfondimenti proprio sulla questione del contratto di Travaglio ("senza di lui non c'è il programma", ha dichiarato ieri Santoro). Ma l'Authority smentisce: a proposito di Annozero, non c'è "nessuna interlocuzione" con viale Mazzini. Intanto, Masi risponderà domani, alle 14, alle domande dei commissari della vigilanza Rai. La decisione, spiega il presidente Sergio Zavoli, presa per dare la possibilità al dg di dare risposte esaustive a tutte le domande poste oggi durante l'audizione.

Parla Santoro. Dai microfoni di radio Città Futura, il conduttore usa parole forti: "La situazione in Italia è molto dura e difficile e i colleghi che si ribellano vengono puntualmente puniti ed emarginati. Tutto questo perché il sistema informativo italiano non e' libero''. E ancora: "Fanno molta fatica persino i giornalisti di un quotidiano importante come il Corriere della Sera, perche' attraverso Mediobanca Silvio Berlusconi può avere una interferenza diretta dentro la testata''.

(23 settembre 2009


Dura presa di posizione dell'associazione nazionale dei magistrati
"Reati già difficili da perseguire, no a sanatorie per i reati economici"
L'Anm contro lo scudo fiscale
"Basta amnistie, pena certa"

Il ministro Alfano: "Resistenze corporative, la legge la fa il Parlamento"

ROMA - "Il diritto penale richiede certezza ed effettività della pena, e non può tollerare un così frequente ricorso ad amnistie o sanatorie, in particolare nel settore delicatissimo dei reati economici e fiscali". L'Associazione nazionale magistrati si schiera contro l'estensione dello scudo fiscale, esprimendo "preoccupazione" per gli effetti del provvedimento. Una presa di posizione, quella dei magistrati, che non nasconde la contrarietà di chi, ogni giorno, si trova alle prese con reati "difficili da perseguire".

Immediata la replica del governo. "Chi vuole che sia riconosciuta la sua autonomia, deve accettare che è il Parlamento sovrano che fa le leggi" dice il ministro della Giustizia Angelino Alfano che ricorda "il numero infinito di pronunciamenti dell'Anm" su provvedimenti legislativi "mentre è in corso il dibattito politico" e sottolinea: "La nostra Costituzione dice che i magistrati sono soggetti solo alla legge. E la legge la fa il Parlamento".

L'emendamento che provoca polemiche esclude la punibilita' per tutti i reati fiscali e societari commessi al fine di evadere il fisco e trasferire il denaro all'estero ed anche i delitti di frode fiscale, emissione e utilizzazione di false fatture, falso in bilancio e persino le cosiddette ''frodi carosello'' che potranno dunque essere ''sanati'' con il pagamento di una somma pari al 5% dell'imposta evasa.

''Si tratta di reati oggettivamente gravi, - sottolinea l'Anm - puniti con una pena massima di sei anni di reclusione, per i quali lo Stato rinuncia alla punizione, in tutti i casi e indipendentemente dall'importo non dichiarato''.

Per i magistrati quello che serve è una pena certa e non "amnistie o sanatorie", in particolare nel settore dei reati economici e fiscali "nel quale già si sconta una situazione di illegalita' diffusa e di difficolta' di accertamento". La nuova legge, conclude l'Anm, avrà come risultato "l'impunita' a chi ha realizzato profitti violando la legge", minando "la fiducia di chi ha agito nel rispetto delle regole''.

Parole dure a cui Alfano replica con altrettanta durezza. "Fanno resistenza al cambiamento dello status quo, ogni volta che proponiamo una riforma ci viene detto che in realtà vogliamo riformare i giudici. Ci sono resistenze corporative ma questo governo e questa maggioranza ce la possono fare".

(23 settembre 2009)


Auto passa a 150 all'ora col rosso
travolti e uccisi due podisti


I due facevano footing in via Fanelli. Antonio Paccione, di 46 anni, si è spento nella notte al Policlinico. Sabino Falco, di 63 anni, è morto sul colpo. Alla guida dell'auto che li ha travolti un diciannovenne risultato negativo ai test per alcol e droga
Ha investito due podisti passando a tutta velocità con il semaforo rosso. La prima vittima, Sabino Falco, di 63 anni, è morto sul colpo. Qualche ora dopo, si è spento anche Antonio Paccione, di 46 anni, ricoverato d'urgenza in condizioni gravissime al De Venere. L'incidente è avvenuto ieri sera a Bari, in via Fanelli. Un'Alfa 147 si è abbattuta a 150 chilometri all'ora sui due che stavano facendo jogging, insieme ad altre due persone, proprio nel momento in cui attraversavano la strada (leggi l'articolo).

Alla guida dell'auto che li ha travolti un ragazzo di 19 anni, Nicola Dentamaro di Valenzano che a bordo della sua Alfa 147 percorreva via Fanelli, in direzione Bari. Anche lui, subito dopo il terribile impatto, è stato ricoverato in stato di choc al Policlinico di Bari.

Secondo la ricostruzione dei vigili urbani, il gruppo di podisti che arrivava da Carbonara, stava attraversando via Fanelli con il semaforo verde quando sarebbe arrivata ad elevata velocità l´auto, oltrepassando l´incrocio con semaforo rosso.

Stando ai primi rilievi e alla lunghezza della frenata, circa 40 metri, il ragazzo avrebbe tenuto il tachimetro sui 150 chilometri orari e avrebbe letteralmente travolto i primi due della formazione, uccidendo sul colpo Falco, mentre Ilde veniva tirata indietro da suo marito. Subito dopo l´incidente, il giovane è risultato negativo ai test alcolemici e tossicologici per verificare se fosse sotto l´effetto di alcol e sostanze stupefacenti. E' indagato per omicidio colposo. Sul posto sono arrivati poco dopo i parenti di Sabino Falco, maratoneta da 20 anni, che domenica avrebbe partecipato all´ennesima corsa.

I quattro, che non rinunciavano al periodico appuntamento con lo jogging, solitamente correvano nei pressi dello stadio San Nicola, ma ieri a causa della partita Bari-Cagliari hanno cambiato il loro percorso. «Sabino era una persona serissima, un gran lavoratore - lo ricordano al Di Venere - Dava sempre un valore aggiunto al suo impegno». (24 settembre 2009)


La donna avrebbe soppresso i due piccoli durante la notte
accoltellandoli e poi affogandoli. Infine si è suicidata
Donna uccide i suoi bambini
poi si lancia dalla terrazza


CASTENASO (Bologna) - Tragedia familiare alle porte di Bologna. Una donna di 36 anni, italiana, ha ucciso i suoi due figli, un bimbo di sei e una bimba di cinque anni, all'interno della loro abitazione di Castenaso, grosso comune del Bolognese. Poi si è uccisa gettandosi dalla terrazza al secondo piano di una palazzina di via Mazzini, nel centro del paese.

Stando alle prime notizie, sembra che i piccoli siano stati rinvenuti senza vita distesi sul letto matrimoniale con addosso ancora i pigiami. La madre, di cui non sono state diffuse le generalità, avrebbe soppresso i due bambini accoltellandoli, anche se la dinamica è ancora da chiarire. La donna, che è separata dal marito, dopo aver tentato di tagliarsi le vene, ha messo fine alla sua vita con il salto nel vuoto. Il tonfo è stato sentito da alcuni vicini, che hanno dato l'allarme.

Sono intervenuti i carabinieri della compagnia di Medicina e del Reparto operativo di Bologna. L'inchiesta sulla tragedia familiare è coordinata dal sostituto procuratore di turno, Marco Imparato. Sempre secondo le prime informazioni, a scatenare i gesti di follia sarebbe stata la depressione che aveva colpito la donna, che avrebbe anche lasciato una lettera nella quale manifestava le sue intenzioni.

(24 settembre 2009)


Bari, dopo che il Gip non ha confermato il suo fermo,
il procuratore capo: sulla droga è stato smentito

Il pm Laudati: "Tarantini dice
molto meno di quello che sa"



BARI - "Tarantini ha detto molto meno di quello che sa". E' la convinzione del procuratore capo Antonio Laudati, il presupposto dal quale, ora, ripartiranno le indagini sul giro di escort e droga organizzato dall'imprenditore. Dopo la decisione del gip che non ha convalidato il provvedimento di fermo per l'ambizioso imprenditore, disponendo i domiciliari e non la detenzione in carcere, il calendario delle indagini è cambiato. La procura, che aveva ipotizzato il pericolo di inquinamento delle prove, ora vuole blindare gli elementi raccolti sino a questo momento, cristallizzare le dichiarazioni di possibili nuovi testimoni.

"Tarantini - ha spiegato Laudati - ha svolto un'attività, per quello che riguarda l'indagine sulla droga, che è stata smentita sui quantitativi, i viaggi e le modalità di impiego. Noi vogliamo trovare la verità". Il riferimento è alle dichiarazioni che l'imprenditore ha reso alla fine di luglio, rispondendo alle domande del pubblico ministero Giuseppe Scelsi. La ricostruzione, offerta dall'imprenditore, sul quantitativo di sostanza stupefacente acquistata per l'estate del 2008 in Sardegna, ad esempio, secondo la procura, è stata contraddetta dalle dichiarazioni offerte spontaneamente dal pusher Nico. Un particolare non di poco conto che è stato richiamato nel provvedimento di fermo e che costituisce un punto di partenza in questa seconda fase dell'inchiesta.

Perché Tarantini è coinvolto non soltanto nell'indagine sul giro di cocaina, ma anche in due altri fascicoli. Uno è quello sulle escort e sulle giovane donne, reclutate anche per le feste nelle residenze del premier, l'altro, invece, riguarda le tangenti, versate dall'imprenditore per ottenere le forniture di protesi. La procura sta cercando di capire se il racconto reso da Tarantini nell'ambito del filone sulle escort sia attendibile. "La credibilità di una fonte deve essere valutata complessivamente", ha sottolineato il procuratore. Per le 18 feste con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, Tarantini ha reclutato 30 giovani donne che, in momenti diversi, sono state ascoltate dagli uomini della Guardia di Finanza. Non tutte, però, hanno confermato il racconto di Tarantini. E questo fa pensare agli uomini della Guardia di Finanza che l'imprenditore barese non abbia raccontato tutta la verità.
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Aids, vaccino sperimentato in Thailandia
Si dimostra efficace in un terzo dei casi

Il farmaco è stato messo a punto da ricercatori statunitensi e thailandesi, e testato su 16.000 volontari. L'annuncio in una conferenza stampa a Bangkok

BANGKOK - Un vaccino contro l'Aids messo a punto da ricercatori statunitensi e thailandesi sta dando, per la prima volta, risultati significativi durante la sperimentazione, dimostrando efficacia in almeno un terzo dei casi. Lo hanno annunciato i ricercatori presentando i risultati ad una conferenza stampa a Bangkok.

''E' un progresso importante - afferma il colonello Jerome Kim del programma di ricerca sul vaccino per l'Aids dell'esercito americano - e alimenta le speranze che a breve potremo arrivare a un vaccino per l'Hiv''.

Il farmaco è stato realizzato unendo due precedenti vaccini che singolarmente non avevano ridotto il rischio di infezione. E' stato testato per sette anni su 16 mila volontari di età compresa tra i 18 e i 30 anni ad alto rischio di contagio in due province nei pressi di Bangkok.

Il vaccino è stato inoculato alla metà dei volontari, all'altra metà è stato data una sostanza placebo. Tutti hanno ricevuto gli stessi consigli di prevenzione. Dai risultati, scrive la Bbc, è emerso che tra coloro che erano stati trattati col vaccino le chance di contrarre il virus Hiv erano inferiori del 31,2% rispetto all'altro gruppo.

Benché la percentuale non sia altissima, e in parte dovuta probabilmente al caso, gli esperti sostengono che si tratta di un risultato incoraggiante. "E' la prima buona notizia nell'ambito dei vaccini anti-Aids nell'ultimo decennio. - afferma Richard Horton, direttore della rivista medica Lancet - "Dobbiamo essere cauti ma speranzosi. La scoperta necessita di immediata moltiplicazione e ulteriore ricerca", aggiunge.
(24 settembre 2009)


Un miliardo e 300 milioni di euro spariti negli ultimi 8 mesi
dalle buste paga dei lavoratori in cassa integrazione
Vivere con un lavoro in bilico





Un miliardo e trecento milioni di euro. È la cifra sparita nei primi sette mesi dell'anno dalle buste paga dei lavoratori italiani in cassa integrazione. Il numero, per quanto spaventoso, non è sufficiente a dare il senso reale della crisi economica in corso, perché non considera tutte quelle situazioni, diffusissime in un paese come l'Italia, in cui le dimensioni ridotte dell'azienda o la sua natura di impresa (magari familiare) esclude nei fatti il ricorso agli ammortizzatori sociali.

VAI AL MODULO INTERATTIVO

Le cifre ufficiali sulla cassa integrazione forniscono comunque il ritratto di un paese in difficoltà e di scenari preoccupanti sul prossimo futuro: un paese che però non arriva sui telegiornali, dove il dramma ordinario e quotidiano del lavoro che manca o scompare approda solo in presenza di tragedie o manifestazioni televisivamente spendibili. Invece, le ore di cassa integrazione ordinaria autorizzate negli ultimi 12 mesi sono state 626.586.214; la cassa straordinaria nei primi 8 mesi del 2009 è aumentata del 59,84% rispetto allo stesso periodo del 2008; ha riguardato 1.779 aziende e 2.552 siti produttivi e nel 60,15% delle richieste di Cigs ha interessato aziende in crisi.

Il fenomeno riguarda tutta l'Italia, dal Nord al Sud; coinvolge aziende metalmeccaniche come agenzie di viaggio, l'industria termale come imprese di pulizia autostradale, i dipendenti di grandi alberghi come i lavoratori socialmente utili di un parco naturale. I nomi di questa "sofferenza" spuntano ogni giorno dai dispacci di agenzia: i licenziamenti richiesti alla Frattini di Bergamo, la Cigs a rotazione nel gruppo Italtractor da Modena a Potenza, la chiusura graduale della Bentel di Corropoli, l'ipotesi di riduzione di addetti all'Hilton di Milano, la mobilità proposta alla Lasme di Melfi, il futuro incerto di decine di realtà che vanno dall'Abruzzo Engineering alle Doglione di Collegno, dalla Esab di Mesero alla Equipolymers di Ottana.

Per raccontare questo paese, per far emergere situazioni di crisi altrimenti relegate nel loro piccolo ambito, per dare voce a chi la crisi la sta vivendo sulla propria pelle, Repubblica.it avvia un'iniziativa che ha tra gli ulteriori obiettivi quello di creare una mappa della recessione attraverso le segnalazioni dal territorio. Per questo chiediamo ai lavoratori interessati da piccole e grandi vertenze - si parli di chiusure, riduzioni di personale, di delocalizzazioni, di cassa integrazione o contratti di solidarietà - ed alle organizzazioni sindacali sparse sul territorio di partecipare per rendere più completa e continuamente aggiornata questa iniziale mappa della crisi elaborata con l'aiuto della Cgil nazionale ed aperta a ogni tipo di fonte attendibile; ma anche di raccontare le rinunce, le prospettive, i timori e le speranze di chi oggi si trova alle prese con gli effetti della crisi.

(23 settembre 2009)



Storico discorso del presidente degli Stati Uniti all'Assemblea generale
dell'Onu. I cardini dell'intervento: la pace, l'ambiente e un'economia meno rapace

"La democrazia non può essere esportata"
Obama cancella gli otto anni dell'era Bush


New York - Sono quattro i cardini sui quali Barack Obama ha costruito il suo discorso - da molti definito "storico" - davanti all'Assemblea generale dell'Onu: la non proliferazione delle armi nucleari; la promozione della pace e della sicurezza; la salvaguardia dell'ambiente; e l'affermazione di un'economia capace di dare a tutti le stesse opportunità.

"Viviamo una nuova era d'impegno in tutto il mondo - ha detto il presidente degli Stati Uniti - che ci impone di dare risposte globali a sfide globali. Ognuno deve assumersi dirette responsabilità, perché noi non possono fare tutto da soli, anche se siamo stati criticati di aver agito da soli sulla scena mondiale".

Poi è arrivato un punto decisivo del suo intervento: "La democrazia non può essere imposta a una nazione dall'esterno". Il discorso di Barak Obama, dunque, sia nei toni, ma soprattutto nei contenuti ha sancito così una netta svolta rispetto agli otto anni dell'era Bush, caratterizzata dalle pressioni dei neoconservatori e dall'idea della necessità di "esportare i sistemi democratici".

Il presidente Usa, Barack Obama, parlando di rispetto dei diritti umani, ha aggiunto che "la gente non è più disposta a tollerare chi è dalla parte sbagliata della storia. La vera leadership non sarà misurata dalla abilità nel mettere la museruola al dissenso, o nell' intimidire e molestare gli oppositori politici. Il mondo vuole cambiare pagina".

"Ogni società" - ha detto ancora Obama - "deve cercare la propria strada, ma gli Stati Uniti non rinunceranno mai ad essere al fianco di chi lotta per la libertà del proprio popolo. Abbiamo la speranza di reali
cambiamenti e vogliamo che gli Stati Uniti ne siano leader". Poi, suscitando un lungo applauso dell'Assemblea, ha elencato tutti i passi fatti dalla sua Amministrazione durante i primi otto mesi di mandato, a cominciare dalla rinuncia alla tortura.

Obama si è poi soffermato sul prossimo vertice del G20 di Pittsbourg, durante il quale "vorremmo mettere a punto nuove regole per rafforzare la regolamentazione di tutti i centri finanziari.
A Pittsburgh - ha detto Obama - lavoreremo con le principali economie mondiali per tracciare il corso di una crescita equilibrata e sostenuta. Questo significa - ha aggiunto - che vigileremo e non molleremo finchè la nostra gente non sia tornata al lavoro e significa che prenderemo provvedimenti per riaccendere la domanda, in modo che la ripresa globale sia sostenuta".
"Questo significa - dice Obama - predisporre nuove regole sulla strada di un rafforzamento della regolamentazione di tutti i centri finanziari, per mettere fine all'avidità, agli eccessi e agli abusi che ci hanno portato al disastro, e per evitare che una crisi come questa accada di nuovo".

Una parte del discorso è stato poi dedicato ai delicati rapporti con l'Iran e la Corea del Nord. I programmi nucleari dei due paesi "rischiano di portare il mondo su una china pericolosa. Di fronte alle delegazioni, Obama ha rinnovato il suo impegno per un mondo libero dalle armi nucleari e ha avvertito che il rifiuto di alcuni Paesi di permettere l'accesso degli ispettori rende la comunità internazionale meno sicura.

"Finora con le azioni dei governi di Pyongyang e Teheran hanno minacciato di portarci su una china pericolosa", ha detto Obama, che tuttavia si è detto pronto a sostenere comunque l'approccio diplomatico "per spianare la strada ad una pace più sicura per entrambe le nazioni, a condizione che rispettino i loro obblighi".

"Per adesso Iran e Corea del Nord hanno invece scelto di ignorare gli standard internazionali e preferire la proliferazione nucleare alla stabilità regionale e alla sicurezza dei loro popoli. Devono essere chiamati a rispondere delle loro responsabilità nella corsa alle armi nucleari, sia in Estremo Oriente che in Medio Oriente. Il mondo deve restare unito per dimostrare che il diritto internazionale non è una promessa priva di significato."

"Dobbiamo insistere perchè il futuro non appartenga alla paura e le armi nucleari non finiscano
nelle mani dei terroristi. Spero dunque - ha detto ancora - che le divergenze possano essere risolte in modo pacifico, magari anche rafforzando i trattati di non proliferazione''.

Un altro punto è stato quello della promozione della pace e della sicurezza. Soprattutto tra Palestina, ''che deve porre fine all'incitamento dell'odio razziale'' e Israele, ''che pero' deve fermare gli insediamenti''. A questo proposito Obama ricorda che ieri ha avuto un incontro con il presidente israeliano Benjamin Netanyau e quello palestinese Mahmud Abbas, nel quale ''sono stati fatti passi avanti''.

Ma su quest'ultima affermazione, il presidente Usa è stato immediatamente smentito dallo Stato ebraico, che invece ha autorizzato la costruzione di 37 nuovi alloggi in una colonia a Karnei Shomron. Una decisione arrivata a meno di 24 ore dal vertice a New York tra Obama, Netanyahu e il presidente palestinese, Abu Mazen.

L'autorizzazione all'ampliamento della colonia in Cisgiordania è stata firmata dal ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, proprio mentre il blocco totale degli insediamenti è considerato dai palestinesi come la condizione fondamentale per riavviare un negoziato con Israele e arrivare così a un accordo di pace.

"Se la questione di Gerusalemme, quella degli insediamenti e delle frontiere non sarà considerata, non ci saranno negoziati", ha ribadito il consigliere del presidente palestinese, Yaser Abed Rabo.

(23 settembre 2009)


Il leader iraniano parla di politiche inumane dello stato ebraico
e di una minoranza che domina la politica e l'economia mondiali
Ahmadinejad all'Onu attacca Israele
Proteste in aula, via le delegazioni

I rappresentanti di molti paesi, tra cui Usa e Italia, si alzano e se ne vanno

NEW YORK - Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha attaccato duramente Israele all'Onu provocando una clamorosa protesta di numerose delegazioni occidentali: diplomatici di numerosi paesi - tra questi gli Stati Uniti, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, l'Italia e il Canada - hanno lasciato l'aula quando ha accusato lo Stato ebraico di "politiche inumane contro i palestinesi" e ha paralto di una minoranza che domina la politica e l'economia mondiali.

La delegazione israeliana aveva deciso di boicottare in partenza il discorso del leader iraniano, ma altri diplomatici hanno voluto manifestare in modo ancora più tangibile il loro dissenso contro quelal che hanno definito la "odiosa e offensiva retorica antisemita" del leader di Teheran.

Ahmadinejad ha parlato così in un'aula semivuota che via via diventava sempre più vuota. E' stato prodigo di critiche a tutto campo all'Occidente, affermando che non è possibile che "una piccola minoranza" domini la politica, l'economia e la cultura mondiale, e ha difeso il controverso voto dello scorso giugno che lo ha riportato al potere: le elezioni in Iran sono state "gloriose e pienamente democratiche" e hanno aperto "un nuovo capitolo" per il suo Paese.

Giacca scura, senza cravatta, Ahmadinejad aveva cominciato a parlare dopo le 19 ora di New York (l'1 di oggi in Italia), in grave ritardo rispetto al programma della prima giornata di lavoro dell'Assemblea Generale per via della lunga filippica del leader libico Muammar Gheddafi, che in inizio di mattinata aveva monopolizzato il podio dell'Onu per un'ora e mezzo al posto dei 15 minuti canonici.

Anche il presidente iraniano ha parlato a ruota libera. Ha detto che forze straniere spargono "guerra, sangue, aggressione, terrore e intimidazione in Iraq e Afghanistan". Ma nel discorso all'Assemblea Generale, mentre era da poco terminata una riunione ministeriale del gruppo Cinque più Uno per le trattative sulle ambizioni atomiche del suo paese, non ha fatto menzione del dossier nucleare per cui Teheran è a rischio imminente di nuove sanzioni.

(24 settembre 2009)


Garlasco Due attori simulano la lite in salotto. Poi lui la colpisce alla testa e la trascina in cantina
L'aggressione, l'omicidio, la fuga

Ecco il video choc contro Alberto
I periti dei Poggi: nove minuti per il delitto. La difesa: è tutto sbagliato


MILANO — Questa Chiara ha i capelli corti e neri, è più magra. Quest'Alberto è meno giovane, ha qualche chilo in più, chioma castano-scuro. Una voce fuori campo suggerisce i movimenti. E i due si muovono come fossero quelli veri, come fosse ancora quel lunedì 13 agosto 2007 quando Chiara, la vera Chiara Poggi, stava vivendo i suoi ultimi minuti di vita. Eccoli i nove minuti e quattro secondi del video-choc depositato agli atti del processo contro Alberto Stasi, il biondino di Garlasco che era il suo fidanzato e che è accusato di averla uccisa. L'hanno realizzato periti e avvocato della famiglia Poggi all'inizio di settembre, con una sola pretesa: «Dimostrare che per l'azione e la fuga bastano pochi minuti» come spiega lo stesso legale, Gianluigi Tizzoni. «Con questo documento ci interessava focalizzare l'attenzione del giudice sulla tempistica, non ricostruire l'omicidio». Non a caso un cronometro rosso ben in vista scandisce i 544 secondi del video, girato nel vero luogo del delitto: casa Poggi, a Garlasco. La madre e il padre di Chiara, Rita e Giuseppe, hanno aspettato fuori, in giardino. E sotto il portico arrivava appena l'eco dei suggerimenti del «regista»: «Ecco, adesso lui suona alla porta...». E la telecamera parte. Quest'Alberto, sui quarant'anni, maglietta scura, jeans, zainetto in spalla, arriva che mancano pochi secondi alle 9.10, l'orario in cui risulta che Chiara disattivò l'allarme. Lui suona e lei, in scarpe da tennis, pantaloni e maglietta nera (nella realtà era in pigiama) interrompe la colazione davanti alla tivù, nella saletta in fondo al corridoio. Sente Alberto al citofono e disattiva la centralina. E qui parte il conteggio del tempo. La ragazza spalanca la porta e un fascio di luce illumina il salotto. È l'ultimo raggio di sole che gli occhi di Chiara vedranno. I due si spostano in cucina, si siedono l'uno di fronte all'altra, discutono animatamente. Poi lei si alza e si allontana, stizzita; lui la segue, l'afferra per un braccio, la strattona e fa cadere il portavaso che poi i carabinieri ritrovarono rovesciato. La scena si sposta in salotto. La lite degenera. Alberto, un Alberto a mani nude perché l'arma del delitto non è mai stata trovata, la colpisce alla testa. Lei cade a faccia in giù, esanime. A questo punto il filmato riprende il biondino di Garlasco seduto, con la testa fra le mani, sul divano del salotto (davanti a quel divano saranno trovate tracce del sangue di Chiara). L'Alberto finto prova a simulare come può il panico che sale, l'angoscia di non sapere come uscire da quella situazione. Rimane seduto per più di un minuto, poi si alza di scatto, passa davanti al corpo, va in fondo al corridoio, come smarrito. Torna indietro e decide: la trascina fino alla porta che va in cantina con l'intenzione di buttarla giù dalle scale ma Chiara è ancora viva, si muove. E lui la colpisce di nuovo. La spinge giù per quelle scale e corre in bagno. Via la maglietta. Si lava, ripulisce il lavandino, insiste nel lavare il portasapone che ha imbrattato di sangue, rimette la maglietta, e va verso la cucina a riprendere lo zainetto nel quale infila l'asciugamano ch gli è servito per asciugarsi. Esterno giorno: Alberto inforca la bicicletta (nel filmato è da uomo, scura) e pedala di fretta verso casa. Ci arriva dopo cinque minuti e quel punto ne sono passati poco più di nove da quando è partito il cronometro. La difesa e i periti di Stasi contestano ogni secondo del video: la durata dell'ipotetico litigio, le singole azioni commesse dall'assassino nella casa, la corsa «forsennata» in bicicletta («manco fosse un ciclista in volata»). Per ora l'effetto prodotto dal filmato è che il giudice ne ha preso spunto per ordinare ai suoi periti di esprimersi, appunto, sui tempi. Perché è su questo che sarà giocata la prossima partita del caso-Garlasco. La domanda è: Alberto potrebbe aver ucciso fra le 9.10 (quando Chiara apre la porta) e le 9.36 (quando lui accende il pc)? La difesa dice di no («a quell'ora dormiva»). La parte civile dice di sì con il video di Alberto. Il finto Alberto.


24 settembre 2009
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 25/9/2009, 13:36




Abrogate le disposizioni annunciate dal ministro come la rivoluzione della P.A.
I confederali: "Erano anticostituzionali. Mentre i veri problemi non sono mai stati affrontati"
'Sparite' le norme antifannulloni
Brunetta nega, sindacato conferma





ROMA - Doveva essere la 'rivoluzione' del Pubblico Impiego. Ma, come sempre, alla rivoluzione è seguita la restaurazione. E così è stata silenziosamente abrogata con un decreto legge pubblicato l'1 luglio (poi diventato la legge n.102/2009) la normativa 'antifannulloni' varata l'anno scorso dal ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta, che prevedeva disposizioni penalizzanti per gli impiegati pubblici, tra le quali indennità di malattia ridotta, e fascia di reperibilità per i dipendenti in malattia estesa praticamente a tutta la giornata (con un'unica 'ora d'aria' dalle 13 alle 14). Di questi punti, il ministero in un comunicato di replica riconosce solo il ripristino di fasce ridotte di reperibilità, ma il sindacato conferma tutto.

Le fasce orarie di reperibilità sono tornate due di due ore ciascuna, la certificazione medica è stata nuovamente affidata al medico convenzionato, e sono state abrogate alcune delle norme che prevedevano penalizzazioni economiche. Ai dipendenti pubblici e ai loro sindacati non è rimasto che chiedersi, come fa per esempio la Flp, "perché quando sono state introdotte certe norme, come la reperibilità di 11 ore al giorno in caso di malattia, lo si è fatto con le "fanfare", tuonando contro i dipendenti pubblici assenteisti e fannulloni e ora che fa marcia indietro il ministro Brunetta non rilascia nemmeno una misera dichiarazioncina alla stampa?".

Forse perché il provvedimento era ampiamente incostituzionale, obiettano i segretari di Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl. "Noi abbiamo chiesto fin dal nostro congresso di maggio al ministro Brunetta di tornare indietro e di rendere omologate al privato tutte le regole del pubblico - dice Giovanni Faverin, segretario Cisl-Funzione Pubblica - Le norme ora abrogate erano frutto di un eccessivo accanimento con il controllo, stavano in una logica di pressione dell'opinione pubblica".

"Le norme precedenti sono state ripristinate a seguito alle pressioni di noi sindacati - conferma Giovanni Torluccio, segretario della Uil Funzione Pubblica - che abbiamo subito denunciato la nuova normativa come punitiva e illogica". "Si conferma il fatto che avevamo ragione quando parlavamo di 'Tanto rumore per nulla'", dice ironicamente Carlo Podda, segretario della Cgil Fp.

E adesso? Adesso è tutto come prima, peggio di prima, denunciano i sindacati. "Dopo oltre un anno di annunci mediatici - rileva amareggiato Podda - i cittadini e le imprese possono purtroppo vedere che laddove i servizi funzionavano più o meno bene continuano a farlo, e così là dove funzionavano male. Semmai c'è il rischio che, con tutti i tagli fatti dal governo, anche là dove le cose funzionavano non troppo male adesso vadano peggio. E invece c'è bisogno di una Pubblica Amministrazione che funzioni, e noi sindacati, a differenza di quello che dice il ministro, abbiamo tutto l'interesse perché funzioni davvero".

"Prima di mettere mano a questa materia in modo così ideologico - aggiunge Torluccio - scatenando la campagna mediatica contro i fannulloni, avrebbe dovuto verificare cosa davvero non funziona nella PA e in particolare nei dirigenti, nella politica che mette le mani dappertutto. Interessi profondi e molto concreti, altro che i dipendenti fannulloni. Adesso la sua campagna pubblicitaria gli si sta rivoltando contro. E infatti gli ultimi dati che sono usciti sull'incidenza delle malattie fanno vedere che ad agosto c'è stato un aumento".

"Da parte nostra - conclude Torluccio - dopo questa vicenda rimane la sgradevolissima sensazione di un ministro che non incide in alcun modo sui problemi veri della P.A., che non ha alcuna intenzione, per esempio, di intervenire sugli sprechi e sulle consulenze (i cui costi si aggirano intorno ai due miliardi annui)".

La replica. Il ministero della P.A. sostiene però che la "rivoluzione" non si è fermata e, in un comunicato stampa, nega il colpo di spugna sulle norme. Ammettendo però che una modifica sostanziale c'è stata: "L'unica modifica intervenuta nel decreto-legge 1° luglio 2009 n. 78 riguarda le fasce di reperibilità, che sono state uniformate nella durata a quelle vigenti nel settore privato". Intervento, dice il ministero, "deciso anche a seguito dei confortanti risultati del monitoraggio sulle assenze per malattia nella P.A.".

"Al contrario - prosegue il comunicato del ministero - non si è intervenuto in alcun modo sulle disposizioni vigenti in materia di trattenute economiche e di certificazioni mediche dei dipendenti pubblici. Va però precisato che queste ultime saranno presto gestite online dall'Inps e si renderà quindi necessario uniformare la loro disciplina con quelle nel settore privato". Ma il sindacato conferma tutte le modifiche (vedi tabella): la penalizzazione economica per i dipendenti in malattia è rimasta solo nella norma del cosiddetto "salario accessorio", e la possibilità di certificazione è di nuovo estesa ai medici convenzionati.

Modifiche, precisa la Cisl, che sono "frutto del dialogo e del senso di responsabilità di governo e sindacato". "Siamo riusciti ad eliminare gli eccessi del provvedimento - dice Faverin - e gli elementi punitivi verso i lavoratori, ma nel quadro di obiettivi condivisi e dello sforzo per aumentare l%­u2019efficienza delle amministrazioni pubbliche".

"I problemi della P.A. sono rimasti irrisolti da quando si è insediato il ministro Brunetta - ribadisce Poddo per la Cgil - Sarebbe ora che ci mettessimo intorno a un tavolo per cercare una soluzione davvero produttiva".

(25 settembre 2009)

Davanti alla seconda sezione penale della Corte d'Appello di Palermo
requisitoria del Procuratore generale nel processo a carico del senatore di Forza Italia

Dell'Utri e lo stalliere di Berlusconi
Il Pg: "Mangano ad Arcore per i boss"
"Di cavalli e coltivazioni non sapeva nulla: ma se guardiamo i suoi precedenti penali
gli interessi che coltivava erano di tutt'altra natura rispetto a quelli agricoli"




PALERMO - "Vittorio Mangano fu assunto nella tenuta di Arcore di Silvio Berlusconi per coltivare interessi diversi da quelli per i quali fu ufficialmente chiamato da Palermo fino in Brianza". Così il Procuratore generale Antonino Gatto entra subito nel vivo della requisitoria del processo di secondo grado in cui il senatore Marcello dell'Utri (Pdl) è imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il parlamentare è stato condannato in primo grado a nove anni di carcere.

Stamani davanti alla seconda sezione della Corte di appello di Palermo, Gatto parla prima di tutto di Vittorio Mangano, morto alcuni anni fa, condannato nell'ambito di un processo di mafia. L'uomo per alcuni anni aveva svolto il ruolo di stalliere ad Arcore, la tenuta del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Era stato lo stesso Dell'Utri a farlo assumere. Una scelta, secondo il magistrato, non legata a interessi agricoli, ma alla necessità, che all'epoca avevano tanti imprenditori, tra i quali lo stesso Berlusconi, di "proteggersi" dal pericolo di sequestri.

"Ma davvero - si chiede il Pg - non fu possibile trovare in Brianza persone capaci di sovrintendere alla tenuta di Arcore? Davvero dall'estremo nord ci si dovette spostare a Palermo per trovare una persona che non conosceva la zona e le coltivazioni brianzole?". "In realtà - prosegue Gatto - non solo Mangano di cavalli e di coltivazioni non sapeva nulla: ma se guardiamo i suoi numerosissimi precedenti penali, gli interessi che coltivava erano di tutt'altra natura rispetto a quelli agricoli".

"Nelle dichiarazioni spontanee rese il 29 novembre del 2004 - dice il Pg - fu Dell'Utri a dire che in realtà Mangano si interessava di cani e non di cavalli. Non si vede quale sarebbe stato dunque il suo contributo alla cura di animali che Berlusconi voleva allevare nella tenuta appena acquistata".

Il senatore non è presente in aula. Ad ascoltare l'atto d'accusa del Pg ci sono i suoi difensori, gli avvocati Nino Mormino, Giuseppe Di Peri e Pietro Federico.

(25 settembre 2009)


Ottima partenza per la prima puntata del programma su RaiDue
Sfiora il 23% di share, battuto solo dalla fiction di RaiUno "Don Matteo"
Cinque milioni e mezzo per Annozero
Garimberti: "Nessun piano contro RaiTre"

Santoro: "Siamo davvero contenti. Contratto Travaglio risolto entro lunedì"



ROMA - Va ancora a una fiction il primo posto per gli ascolti di ieri, seguito molto da vicino da Annozero che, dopo le polemiche della vigilia, ha sfiorato il 23% di share. Soddisfatto Michele Santoro che riferisce anche dell'imminente soluzione della questione del contratto di Marco Travaglio, ieri intervenuto in qualità di "ospite". Intanto, in attesa delle nomine rimaste in sospeso, è intervenuto il presidente Rai, Paolo Garimberti: "Non ci sono urgenze per RaiTre e Tg3" ha detto, auspicando una soluzione concordata. Garimberti ha poi criticato "l'eccessivo allarmismo" su alcuni programmi della terza rete Rai: "Nessun disegno per cancellare le trasmissioni di RaiTre altrimenti sarei pronto a lasciare".

Gli ascolti della serata. Don Matteo su RaiUno è stato seguito nella prima parte da 6 milioni 603 mila spettatori (23,56% di share) e nella seconda da 5 milioni 734 spettatori (24,02 per cento di share). Ottimo l'esordio per la trasmissione di Michele Santoro: la prima puntata della nuova stagione - dedicata alla libertà d'informazione - segna il 22,88 per cento di share, pari a 5 milioni 502 mila spettatori. Sempre in prima serata, su Canale 5, Ale&Franz Show è stato seguito da 3 milioni 268 milioni di ascoltatori, pari al 13,24 per cento di share. Infine Porta a porta è stato il programma più visto in seconda serata con 1 milione 752 mila spettatori e uno share del 24.06 %.

Santoro: "Siamo davvero contenti". "Abbiamo lavorato in condizioni di assoluta emergenza e siamo andati in onda a regola d'arte da un altro studio con una squadra nuova. Oggi siamo davvero contenti" è il commento di Michele Santoro. "Questo risultato premia un prodotto interamente Rai e non è soltanto frutto delle polemiche". Questo non vuol dire che il pubblico ha espresso una sfiducia nei confronti del governo, prosegue il conduttore, "ma sicuramente vuol dire che il pubblico chiede una informazione più libera da qualunque tipo di condizionamento politico e soprattutto chiede di avere più informazione. Adesso mi auguro che prevalgano gli interessi della Rai e il senso di responsabilità". Parlando poi della presenza di Marco Travaglio, Santoro conclude dichiarando che "il direttore generale mi ha garantito la soluzione della questione entro lunedì. Se ciò avverrà il clima sarà di sicuro più sereno e potremo lavorare alla prossima puntata senza le tensioni che si sono manifestate su quella di ieri".

Garimberti: "Programma in stile Santoro". "L'attesa era grande. Il buon risultato di ascolti è frutto anche di questo" è il commento del presidente della Rai, Paolo Garimberti. "E' stata una trasmissione alla Santoro, nel suo stile classico", ha detto Garimberti a margine del Prix Italia a Torino. "E comunque - ha aggiunto - non esprimo giudizi, non sono un critico televisivo". Quanto all'intervento di Marco Travaglio, per il presidente della Rai è stato "un Travaglio doc, sempre il solito: è il suo stile, il suo modo di fare giornalismo. Si può amare o no, ma è opportuno che ci siano vari generi e che ognuno possa scegliere cosa guardare". Alla domanda se il direttore generale della Rai, Mauro Masi, condivida tale valutazione, Garimberti ha risposto: "Non dipingetelo diverso da com'è, non è che non capisca che ci devono essere vari generi. Quello che ha sempre caratterizzato la Rai è la presenza di più voci: c'è il Tg1, il Tg2, il Tg3 e alla fine il pubblico può scegliere. C'è il telecomando - ha concluso - che è uno strumento di democrazia".

"Nessun disegno per cancellare RaiTre". Il presidente Rai ha poi approfondito la questione RaiTre: "Non bisogna pensare che ci sia un disegno per cancellare le trasmissioni di RaiTre. Ma se ci fosse un simile disegno, e sono certo che non c'è, dovrei cancellare anche me stesso per una questione di dignità" ha detto Garimberti. "I giornali a volte creano allarmismi, anche quando non ci sono. Capisco che ognuno fa il suo mestiere ma, a volte, c'è un eccesso di allarmismo su RaiTre e i suoi programmi. Ho letto che era a rischio la partenza del programma di Fazio e il giorno dopo il contratto è stato firmato. Lo stesso è successo per il programma della Dandini. Si dimentica che c'è una burocrazia da rispettare, che c'è una procedura complessa". E il presidente della Rai ha osservato ancora: "Farei volentieri una tiratina d'orecchie ai miei colleghi: quanti titoli ho letto sul via libera al contratto di Fazio? Nessuno. Non ci casco a questo tipo di polemiche dopo 46 anni di mestiere".

"Nessuna emergenza nomine Rai3 e Tg3". Sempre parlando della terza rete Rai, Garimberti ha poi assicurato che "non c'è un'emergenza per quanto riguarda le nomine di RaiTre e Tg3", auspicando comunque una soluzione concordata. "Finora abbiamo varato le nomine solo dove c'erano delle urgenze, come nel caso del Tg1 dopo l'uscita di Riotta o del Tg2 con il passaggio di Mazza a RaiUno. Ma in questo caso - ha sottolineato il presidente - urgenze non ce ne sono". La questione nomine, ha sottolineato Garimberti, "spesso si confonde con l'esigenza di riflettere con calma se chi c'è va bene o meno. Si spera di trovare soluzioni concordate in un senso o nell'altro". Al prossimo cda, comunque, "certamente ci sono nomine. Abbiamo bisogno di farne, abbiamo tantissimi interim", ha concluso Garimberti.

(25 settembre 2009)
 
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hulkhogan
view post Posted on 25/9/2009, 19:08




Immigrazione: Carfagna, "Musulmani spesso non rispettano Costituzione"

25 Settembre 2009 18:45 POLITICA

MILANO - ''Le famiglie musulmane spesso non rispettano i principi della nostra Costituzione. Ma la nostra tolleranza non deve diventare una minaccia per la nostra civilta'''. Cosi' il ministro per le Pari Opportunita' Mara Carfagna intervenuta alla Festa del Pdl a Milano. ''Ognuno professi la sua religione - ha detto il ministro - ma senza mettere a rischio le conquiste di liberta' e civilta' che il nostro Paese ha raggiunto a costo di grandi sacrifici". (RCD)
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 26/9/2009, 12:55




Dopo l'ultimatum dal G20, nuovo monito del presidente Usa nel discorso settimanale
Khamenei annuncia l'entrata in funzione della centrale "segreta" di arricchimento dell'uranio
Iran: "Impianto operativo presto"
Obama: "Provate i vostri intenti di pace"

Israele: "Dalla comunità internazionale risposta senza equivoci alle minacce"
La replica di Teheran: "Il coro di condanne è un complotto preordinato"



NEW YORK - Non si placa lo scontro tra la comunità internazionale e l'Iran sull'energia atomica. Il presidente americano Barack Obama, nel suo consueto intervento settimanale, torna a parlare del programma nucleare iraniano un giorno dopo l'annuncio del secondo sito per l'arricchimento dell'uranio nascosto a lungo da Teheran. Per l'inquilino della Casa Bianca, infatti, l'Iran deve provare le intenzioni pacifiche del proprio piano per non subire ulteriori pressioni e un più duro isolamento da parte della comunita' internazionale. ''La mia offerta di un dialogo serio e significativo per risolvere la questione resta aperta. Ma Teheran deve cooperare completamente con l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica e dimostrare, con i fatti, i propri scopi pacifici'', ha detto il presidente degli Stati Uniti. Ma la risposta di Teheran non si fa attendere. l capo dell'Organizzazione iraniana per l'energia atomica, Ali Akbar Salehi, ha denunciato oggi come "un complotto preordinato" il coro di condanne arrivato ieri da vari Paesi occidentali, primi fra tutti gli Usa, per un nuovo sito per l'arricchimento dell'uranio in costruzione vicino a Qom.

Le richieste di Israele - Cresce però l'allarme nella comunità internazionale dopo la rivelazione fatta ieri sull'esistenza di un secondo sito per l'arricchimento dell'uranio in Iran. Per il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, la questione necessita di "una risposta senza equivoci" da parte delle grandi potenze mondiali durante la riunione del primo ottobre con il gruppo del 5+1. Il ministro degli Esteri israeliano ha aggiunto che "le rivelazioni su un secondo sito nucleare in Iran provano al di là di ogni dubbio che quel Paese vuole dotarsi di armi nucleari".

Iran, "impianto presto operativo" - Sarà "presto operativo" il secondo impianto iraniano per l'arricchimento dell'uranio, attualmente in costruzione presso Qom: lo ha affermato Mohammad Mohammadi-Golpayegani, portavoce e capo dell'ufficio personale dell'ayatollah Ali Khamenei, Suprema Guida Spirituale della Rivoluzione Islamica e massima figura anche istituzionale del regime di Teheran. "Questo nuovo impianto diverrà operativo presto", ha fatto sapere Khamenei, citato dall'agenzia di stampa semi-ufficiale Fars.

Le preoccupazioni di Ban Ki-moon - "Grave preoccupazione" è stata espressa dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, dopo l'annuncio dell'esistenza in Iran di un secondo impianto in costruzione per l'arricchimento dell'uranio, nei pressi di Qom, oltre a quello già noto di Natanz. Ieri da Pittsburgh, dove erano riuniti per il vertice G20, il presidente Usa Barack Obama insieme a quello francese Nicolas Sarkozy e al premier britannico Gordon Brown hanno chiesto una "immediata ispezione" nel complesso da parte dei tecnici dell'Aiea, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica. Lo stesso Obama non ha poi escluso l'opzione militare contro Teheran. Intanto nel suo ufficio al Palazzo di Vetro, il segretario generale dell'Onu manifesta la propria "grave preoccupazione per le attività iraniane legate all'ininterrotto arricchimento dell'uranio, come comprovato dalla costruzione di una nuova struttura a ciò adibita". Nella nota Ban Ki-moon "sottolinea come sia a carico dell'Iran l'onere della prova", vale a dire la responsabilità di dimostrare che l'iniziativa sia effettivamente destinata a meri scopi civili, dunque pacifici e non militari, come sempre sostenuto dal regime degli ayatollah.

(26 settembre 2009)


Sette donne hanno contestato il ministro dell'Interno alla Cattolica di Milano
Le urla contro le iniziative del governo sull'immigrazione clandestina
Grida interrompono Maroni
"Buffone, no ai respingimenti"




MILANO - "Buffone, no all'identificazione e no ai respingimenti". Così un gruppo di donne, vestite con grembiuli sporchi di vernice rossa, hanno contestato Roberto Maroni all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Mentre il ministro dell'Interno stava tenendo l'intervento conclusivo della due giorni della seconda Conferenza nazionale dell'Immigrazione, un piccolo gruppo di contestatrici ha interrotto l'intervento del titolare del Viminale non appena ha iniziato a trattare il tema delle politiche adottate dal governo sui minori non accompagnati che giungono in Italia, intonando slogan contro la politica dei respingimenti adottata dal governo.

"Buffone, no all'identificazione e no ai respingimenti", hanno urlato gli studenti, subito fatti allontanare e identificati dalle forze dell'ordine. Tra di loro anche la consigliera comunale del Prc Patrizia Quartieri. "Avete fatto il vostro show, grazie per il contributo" è ciò che ha risposto Maroni prima di riprendere il suo intervento.

(26 settembre 2009)


Il presidente del Senato: "Mi appello al buongusto. C'è imbarbarimento"
Cesa: "Dal ministro un eccesso di zelo". Rotondi: "Abbassare i toni"
Annozero, Schifani: "Stop al gossip"
D'Alema attacca Scajola: "Intollerante"




ROMA - Non si placano le polemiche dopo la prima puntata di Annozero. Nonostante l'ottimo share ottenuto, la trasmissione di Michele Santoro torna ad essere il bersaglio degli attacchi del centrodestra. Ieri il ministro Scajola l'aveva definita "spazzatura" annunciando la convocazione dei vertici Rai. Oggi il presidente del Senato Renato Schifani si appella "al buon gusto". Chiedendo uno stop al "gossip" e usando la stessa espressione che da mesi il centrodestra usa per minimizzare la vicenda delle escort nelle residenze del premier.

Tema della trasmissione la vicenda delle escort a palazzo Grazioli e gli attacchi alla libertà di stampa. Argomenti che il centrodestra vede come il fumo negli occhi. "Quello che mi preoccupa è che l'imbarbarimento della politica, che si era trasferito anche alla comunicazione della carta stampata, si sta spostando anche sul mezzo televisivo" dice Schifani.

Chi invece attacca Scajola è Massimo D'Alema. Che definisce "è del tutto inopportuno" l'intervento del ministro che conferma "l'atteggiamento di intolleranza da parte del governo o almeno di alcune sue personalità verso la libertà di informazione". Critica anche l'Udc: "Quello di Scajola è un evidente infortunio istituzionale dovuto all'eccesso di zelo verso il presidente del Consiglio" afferma il segretario Lorenzo Cesa. Per il portavoce di Articolo 21, Giuseppe Giulietti Scajola non è "sereno" per il rulo che ricopre.

Il governo, però, fa fronte compatto. "Insultare il premier equivale a insultare tutti gli italiani" tuona il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini. Unica voce dissonante quella del collega di esecutivo, il democristiano Gianfranco Rotondi: "Sarebbe opportuno, per i giornalisti e per la politica, abbassare i toni di uno scontro duro che danneggia innanzitutto la Rai". Ma il clima non pare proprio essere quello adatto.

(26 settembre 2009) Tutti gli articoli di politica


Trionfo azzurro ai mondiali
Oro alla Guderzo, Cantele di bronzo
Grande giornata per l'Italia a Mendrisio. La vicentina stacca l'olandese Vos, che allo sprint ha la meglio sull'altra italiana, già argento nella crono. La neo iridata: ''Ho coronato un sogno''



MENDRISIO - E' grande Italia ai mondiali di ciclismo di Mendrisio, in Svizzera. Dopo l'argento di Noemi Cantele nella prova a cronometro e in attesa della prova maschile su strada di domani (l'Italia ha vinto le ultime tre edizioni dei mondiali ed è tra le favorite), sono le ragazze azzurre a rubare la scena e a salire sul podio. Sul primo gradino con Tathiana Guderzo, oro nella prova su strada femminile (124,2 chilometri), sul terzo con la Cantele, che perde la volata per l'argento con l'olandese Marianne Vos e dopo il secondo posto nella crono porta a casa un meritato bronzo.

CORONATO UN SOGNO - Felicissima la Guderzo, bronzo alle Olimpiadi di Pechino. "Dopo le Olimpiadi il mio grande sogno era la maglia iridata e oggi l'ho coronato grazie alla squadra che mi ha aiutato tantissimo" dice subito dopo la prova. "Da subito abbiamo dimostrato che eravamo la squadra più forte, poi gli ultimi giri le nostre compagne li hanno giustamente lasciati a noi e io e Noemi abbiamo coronato il sogno di tutta l'Italia - continua la vicentina -. Il finale? Ero d'accordo con Noemi che avrei provato a scremare il gruppo nella prima salita, poi in cima abbiamo scollinato in quattro ed è andata bene a me. Ci ho creduto e sono riuscito a realizzare questo grandissimo sogno".

26 settembre 2009

La voce attribuita allo sceicco del terrore si scaglia contro i politici americani
"Non dilapidate il vostro denaro e le vite dei vostri figli per una gang di criminali a Washington"
Messaggio audio di Osama agli europei
"Ritirate le vostre truppe dall'Afganistan"




DUBAI - Lo sceicco del terrore torna alla ribalta con un messaggio diretto ai popoli europei. In un audio di circa cinque minuti Osama bin Laden chiede la fine dell'occupazione dell'Afganistan e invita i popoli europei a rompere l'alleanza con gli Stati Uniti, definiti "una gang di criminali". La notizia è stata diffusa da Site intelligence, servizio statunitense specializzato nel monitoraggio dei siti estremisti islamici.

"Un uomo intelligente non dilapida il suo denaro e le vite dei suoi figli per una gang di criminali a Washington. E' vergognoso trovarsi in una coalizione il cui supremo comandante non ha rispetto per la vita. E' solo per voi che chiediamo di mettere fine all'ingiustizia e ritirare i vostri soldati dall'Afganistan", recita la voce attribuita al capo di Al Qaeda.

Il messaggio, di cui non è ancora stata verificata l'autenticità, è accompagnato da un'immagine fissa dello sceicco saudita, dura quattro minuti e 46 secondi ed è sottotitolato in inglese e in tedesco (in Germania domenica prossima si tengono le elezioni legislative).

L'ultimo messaggio di bin Laden, diretto ai cittadini statunitensi, era stato messo in Rete il 13 settembre, pochi giorni dopo l'anniversario degli attacchi del 2001 a New York e Washington. Le affermazioni dello sceicco saudita arrivano anche sulla scia dei tre messaggi indirizzati in una settimana da Al Qaida alla Germania. Il protagonista è sempre "Abu Talha", tedesco-marocchino noto ai servizi di sicurezza tedeschi e identificato come Bekkay Herrach, 32enne originario di Bonn. In uno di questi, ha in particolare invitato Berlino a ritirare i suoi 4.200 soldati dall'Afganistan, assicurando che in caso contrario Al Qaida se la prenderà con la Germania.

Di seguito la traduzione dell'intero messaggio di bin Laden:

"Voi sapete che l'oppressione più grande è quella di uccidere le persone ed è ciò che fate voi attraverso la missione Nato in Afganistan. Uccidete donne, anziani e bambini, e la loro unica colpa è stata quella di aver fatto arrabbiare Bush anche se voi sapete che loro non hanno mai attaccato l'Europa e non hanno alcun legame con quanto accaduto negli Stati Uniti. Violate quelli che voi chiamate vostri principi come giustizia e diritti umani. Ma la guerra sarà lunga e le forze atlantiche se ne andranno e non rimarremo che noi e voi. Non avete visto cosa è successo alla Georgia, che ha chiesto aiuto agli Stati Uniti per ripristinare la sua sovranità e che ha ricevuto in cambio solo parole vuote? Sono arrivate le navi da guerra americane, ma non per restituire l'Ossezia e l'Abkhazia ma per dare loro cose di cui non avevano bisogno come cibo e detersivi per lavare i vestiti. Le persone intelligenti non perdono i loro soldi e i loro figli a causa di una banda di criminali che sta a Washington. Quello che è evidente è che il capo di questa coalizione non si fa scrupoli di bombardare i villaggi della gente con i suoi aerei ed io ne sono testimone. Poi arrivano i loro blindati via terra che verificano i morti uccisi nei loro raid e la generosità americana fa sì che vengano donati 100 dollari alle famiglie per ogni figlio ucciso. Questa è la cosa più dolorosa perché questi 100 dollari sono il valore dei nostri figli innocenti per Washington e i suoi alleati. E allora quale reazione vi aspettate da noi? Gli americani nel nord dell'Afganistan hanno impacchettato migliaia di taliban e li hanno stipati come sardine in camion fino a farli morire, gettandoli in un fiume. Avete capito i motivi degli attentati di Madrid e Londra? Per riassumere noi non chiediamo null'altro che il ritiro delle vostre truppe e la fine della vostra oppressione".

(25 settembre 2009)
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 27/9/2009, 12:52




Dopo il caso Annozero il segretario del Pd attacca il premier
"L'apertura di un'istruttoria è un atto anomalo, c'è la commissione di vigilanza"
Rai, l'affondo di Franceschini
"Berlusconi vuole intimidire"

Giornale e Libero contro il canone: "Non hanno idea di cosa sia il servizio pubblico"

ROMA - "E' una strategia dell'intimidazione". E' duro l'attacco del segretario del Pd Dario Franceschini a Silvio Berlusconi dopo le polemiche su Annozero: " "L'apertura di un'istruttoria è un atto anomalo perchè esiste già una commissione di vigilanza. Travaglio non è stato mai tenero, ma nessuno ha pensato di mettergli un bavaglio".

Per il segretario del Pd, intervistato da SkyTg24, la decisione è stata presa direttamente dal premier ("perchè quelli che gli stanno incontro non hanno margini di manovra"). "L'idea del presidente del Consiglio è: siccome ho vinto elezioni non è che devo governare per 5 anni, ma sono padrone dello Stato. E siccome sono il padrone, mi dà fastidio la stampa libera, i magistrati, il Parlamento e gli organi di garanzia" dice Franceschini. Che torna a definire "un errore gravissimo" non aver fatto una legge sul conflitto di interessi" e auspica che "alla manifestazione per la libertà di stampa ci sia molta gente e di molti colori politici".

Quanto alla campagna contro il canone Rai, lanciata da 'Il Giornale' e 'Libero' (e che trova appoggi sia dalla destra di Storace sia da Di Pietro), il segretario del Pd replica: "Non hanno la minima idea di cosa sia il servizio pubblico, il prossimo passo è che diranno di non pagare le tasse se vince il centrosinistra. Direi che anche questo è un'altra parte della battaglia di intimidazione" contro la stampa libera.

"Invece di strillare, Franceschini e i suoi dovrebbero chiedersi cosa è il servizio pubblico, quali sono i suoi limiti e quali le regole. Tutto il resto sono chiacchiere vuote e futili" replica il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti.

Immigrazione. "Ho grande rispetto per le posizioni del presidente Fini, che fanno notizia perchè sta a destra. La posizione del Pd è espressa dalla proposta di legge avanzata nella scorsa legislatura: siamo per la cittadinanza in 5 anni". Franceschini commenta così le parole del presidente della Camera e ammette gli errori del centrosinistra: "Non abbiamo capito che per spiegare le buone ragioni dell'accoglienza bisogna essere fermi nel contrastare tutto ciò che c'è di illegale. Noi non siamo stati determinati su questo, gli italiani si aspettano sicurezza".

Congresso. L'ipotesi di un accordo per 'spartirsi' i ruoli con Pierluigi Bersani dopo il congresso del Pd è una "falsità totale". Il segretario nega accordi sottobanco in vista dell'assise democratica (a Bersani la guida del partito e a Franceschini la candidatura a premier) e ricorda che quelle di ottobre saranno le prime primarie "in cui il risultato non è scontato".

"Opposizione è alzare la voce". "Non so cosa sia l'antiberlusconismo, penso che non esista. In tutto il mondo fare l'opposizione significa opporsi, fare proposte e quando è il caso alzare la voce. Questo è fare opposizione non è antiberlusconismo". Franceschini, replica, senza citarlo, a Massimo D'Alema che aveva segnalato i rischi di una politica basata solo sull'antiberlusconismo. Se c'è qualcuno che pensa a una sorta di "grande tregua", un'ipotesi nella quale "io non ci starò". Solo una battuta sui tre minuti di incontro tra Berlusconi e Benedetto XVI: "Si è trattato di un incontro di pochi minuti e gli incontri importanti non sono mai quelli che avvengono davanti alle telecamere o ai microfoni, quando si può sentire qualche frase...".

(27 settembre 2009)


Iniziate le esercitazioni militari dei Pasdaran, i Guardiani della Rivoluzione
Domani il lancio dello Shahab 3, che può percorrere circa duemila chilometri
Iran, via ai test missilistici
lanciati due ordigni a corta gittata




TEHERAN - Due nuovi missili a corto raggio sono stati lanciati oggi dall'Iran nella prima giornata di un programma di esercitazioni militari dei Pasdaran, i Guardiani della Rivoluzione. Il canale televisivo iraniano in lingua inglese Press Tv ha detto che i test, oltre ai missili a corto raggio, riguardano anche un dispositivo di lancio multiplo.

Domani sarà la volta dello Shahab 3, un missile a lungo raggio che secondo analisti della difesa sarebbe in grado di raggiungere Israele e le basi Usa nella regione del Golfo. L'Iran sostiene che lo Shahab 3, già testato più volte in passato, può percorrere circa duemila chilometri.

"Oggi effettuiamo lanci di missili Zelzal, Tondar et Fateh 110 (a corto raggio). Stasera procederemo a dei lanci di Shahab 1 e 2 (medio raggio) e domani effettueremo lanci di Shahab a lunga gettata" ha dichiarato il generale Salami alla Press Tv. L'alto ufficiale ha aggiunto che le forze armate iraniane non procederanno in queste esercitazioni a lancio di nessun nuovo missile.

Secondo Teheran si tratta di test per "mantenere e migliorare" la capacità di deterrenza dell'esercito nell'eventualità di attacchi.

(27 settembre 2009)


Ferito perché difendeva ragazza italiana
Ma è clandestino, e viene denunciato


BERGAMO - Un ragazzo marocchino di 14 anni è stato ferito con una coltellata alla schiena, dopo una lite per i troppi complimenti rivolti da un giovane alla ragazzina italiana che passeggiava con lui. E' stato giudicato guaribile in pochi giorni, ma poi dovrà vedersela con la giustizia. I carabinieri lo hanno infatti denunciato in stato di libertà, perchè irregolare sul territorio italiano. L'aggressore, probabilmente un connazionale, è scappato.

E' successo a Bergamo la notte scorsa, intorno all'una e mezza, in via Foro Boario, nei pressi di un bar. Il ragazzo marocchino stava passeggiando mano nella mano con una coetanea italiana, quando si è avvicinato un altro giovane, probabilmente già maggiorenne ed extracomunitario, che ha cominciato a rivolgere complimenti sempre più pesanti alla ragazzina.

Il quattordicenne lo ha invitato ad andarsene, ma poi è scoppiata una lite. Il ragazzino e la sua compagna hanno cercato di andarsene, ma a quel punto il più grande ha tirato fuori un coltello e ha colpito il quattordicenne alla schiena.

(27 settembre 2009)

:argh: :argh: :argh:

Luigi Bartoli è stato ucciso mentre tentava una rapina con alcuni complici
Il titolare di un'impresa edile si è barricato in camera e ha reagito
Trova i ladri in casa e spara
un morto nel barese


BARI - Finisce in tragedia un tentativo di rapina nel barese. Un uomo colpito mortalmente con un'arma da fuoco è stato lasciato dinanzi all'ospedale San Paolo a Bari. Secondo i primi accertamenti dei carabinieri, Luigi Bartoli, 45 anni, sarebbe stato ucciso con un colpo di arma da fuoco da un uomo che, a Noicattaro, si era barricato in camera da letto durante un tentativo di rapina e aveva sparato attraverso la porta della stanza.

Vittima della tentata rapina è il titolare di un'impresa edile che abita con la convivente e i figli al piano superiore della sede della sua impresa. I malviventi sono entrati in casa da un balcone, ma l'imprenditore si è accorto della loro presenza e si è barricato in camera da letto con la convivente.

I ladri hanno tentato di sfondare la porta e l'imprenditore ha sparato due colpi d'arma da fuoco con una pistola detenuta legalmente. Un proiettile ha attraversato la porta ferendo gravemente Bartoli, che però è riuscito a fuggire a piedi insieme ad uno o più complici, percorrendo alcune decine di metri a piedi tra i campi fino a raggiungere un'auto lasciata nelle vicinanze dell'abitazione dell'imprenditore. Poi la corsa all'ospedale dove Bartoli è arrivato senza vita.

(27 settembre 2009)

uno di meno!!!

Frate aggredito al grido di "Allah è grande"
Il religioso rischia di perdere un occhio

SANREMO - Un frate cappuccino di 76 anni, padre Riccardo, è stato aggredito ieri mattina a Genova da un extracomunitario, probabilmente nordafricano, che lo ha colpito a colpi di bottiglia, calci e pugni urlando "Allah è grande". Ora il frate rischia di perdere un occhio.

L'aggressione è avvenuta intorno alle 7 in vicolo dei Cappuccini, nei pressi della chiesa di padre Riccardo. Il cappuccino, trovandosi dinnanzi l'uomo si è fatto il segno della croce, ma l'extracomunitario dopo avere risposto con la frase "allah è grande" gli ha dato una bottigliata in testa. Poi, ha infierito con altri colpi, calci e pugni e se ne è andato. Il frate è stato soccorso da gente richiamata dalle sue grida d'aiuto ed è riuscito a dire solo che l'aggressore era un musulmano.

Il frate ora è ricoverato all'ospedale di Sanremo. Sul pestaggio indaga la polizia, che esaminerà i filmati delle telecamere di via Corradi, all'angolo con il vicolo dei Cappuccini, che potrebbero avere registrato l'immagine dell'aggressore.

(27 settembre 2009)


Piogge di eccezionale violenza si sono abbattute su Manila
Ore di black out, in tanti si sono rifugiati sui tetti delle case
Tempesta nelle Filippine
50 morti, migliaia in fuga





MANILA - E' di cinquanta morti il bilancio della tempesta tropicale "Kestana" che ha colpito le Filippine, in particolare Manila: piogge di eccezionale violenza si sono abbattute sulla capitale provocando danni incalcolabili a strade e abitazioni. Migliaia di persone sono in fuga. La tempesta è considerata una delle peggiori negli ultimi vent'anni.

Molte persone si sono rifugiate sui tetti delle loro case in attesa di soccorso mentre il governo ha dichiarato lo stato di calamità nazionale. In molte città e nella stessa Manila la pioggia ha interrotto la corrente provocando un black out durato per ore.

Dalla radio nazionale, la polizia ha lanciato un appello alla popolazione e alle persone che si sono rifugiate sui tetti, avvertendole di non tentare di scendere da soli e di attendere i soccorsi.

La tempesta, che ha raggiunto punte di 85 chilometri orari, si è poi spostata verso ovest dopo aver colpito molte città nella provincia di Rizal: in questa zona, una città è stata completamente sommersa dall'acqua.

(27 settembre 2009)


Il centrodestra pronto a cambiare il contratto con la Rai
Berlusconi: "Mai più ospiti da Santoro" Masi: "L'Agcom ci darà ragione"
Il governo prepara la mossa finale
"Mai più programmi come quello"






ROMA - È il contratto di servizio con la Rai il grimaldello che il governo vorrebbe utilizzare per scardinare la trasmissione di Michele Santoro. Un'arma di pressione politica, almeno per ora, ma che potrebbe anche trasformarsi in qualcosa di più concreto. Il contratto scade infatti a dicembre - guarda caso come Annozero - e proprio in queste settimane le delegazioni del ministero dello sviluppo e della Rai (guidata dal vice di Masi, Giancarlo Leone) stanno trattando la partita.

L'idea di Paolo Romani, il viceministro delle Comunicazioni, sarebbe quella di stringere le maglie del controllo governativo sull'azienda, non solo sulle questioni tecniche ma anche sulla linea editoriale, per assicurare il rispetto dei "principi di correttezza dell'informazione" che sarebbero stati violati da Annozero. "È una cosa su cui stiamo lavorando", si limita a confermare laconicamente Romani, "ma è chiaro che il nostro ministero è parte attiva nel controllo della Rai". Dal Pdl aggiungono che le norme attuali prevedono persino l'obbligo per viale Mazzini di fare entrare nelle sedi Rai i funzionari del governo per "garantire l'attuazione del contratto".

Sarà comunque domani il giorno della verità. Quando dal ministero dello Sviluppo arriverà la richiesta di convocazione dei vertici Rai per "informazioni". Questione controversa, visto che la verifica del pluralismo Rai spetta in prima battuta alla commissione di Vigilanza e all'Autorità delle Comunicazioni. E infatti il presidente Garimberti non ha ancora deciso se presentarsi o meno all'appuntamento con Scajola e Romani. "Prima - spiegano nel suo entourage - aspettiamo di capire cosa scrivono nella convocazione". Ma i consiglieri di opposizione avrebbero già valutato l'inopportunità di un incontro che "darebbe la sensazione di un'azienda sottoposta al governo e non alle autorità competenti di vigilanza".

E intanto, mentre Scajola e Romani agitano il rinnovo del contratto di servizio come spada di Damocle sulla testa di Santoro, non è sbollita l'arrabbiatura del Cavaliere per la puntata d'esordio. Tanto che il premier sarebbe arrivato a una conclusione drastica: "Basta, nessuno dovrebbe più partecipare a quella trasmissione, è congegnata come una trappola. Chiunque di noi ci vada sarà sempre massacrato".

Domani sarà anche il giorno dello show down del direttore generale contro Travaglio e Santoro. "Si chiarirà tutto - ha confidato Masi - e finalmente tutti capiranno che, sulla questione Agcom, avevo ragione io". Masi infatti fornirà ai consiglieri la copia del parere che gli ha consegnato venerdì il segretario generale dell'Agcom. Un carta che, negli uffici della direzione generale, leggono come un monito alla Rai a rispettare il codice etico e il contratto di servizio, questioni che sono state oggetto di precedenti "diffide" contro Travaglio e Annozero. Insomma la tesi di Masi sarebbe questa: visto che l'Agcom ci ha già diffidato per Travaglio e Santoro, non possiamo più permetterci di sgarrare se non vogliano incorrere in sanzioni.

E si rischia grosso: "Multe fino al 3% del fatturato - spiegano gli uomini di Masi -, vale a dire circa 90 milioni di euro". Per i consiglieri di opposizione tuttavia quella di Masi sarebbe una pistola scarica. Perché l'autorità di Corrado Calabrò, nel suo parere, chiarirebbe non solo che non può dare giudizi preventivi (come voleva Masi) su una singola trasmissione o un singolo giornalista, ma insiste sul fatto che, a essere stati colpiti da "diffide", non siano stati solo Annozero e Travaglio, ma molte altre trasmissioni della Rai. Altra questione è il contratto di Marco Travaglio. Giovedì Masi aveva telefonato a Santoro garantendo che la questione sarebbe stata risolta, ma ancora quella firma non c'è stata.

(27 settembre 2009)


Dopo la decisione dell'amministrazione leghista di rimuovere la targa della biblioteca
qualcuno ha anche divelto l'ulivo piantato nel 2008 per ricordare la vittima della mafia
Tagliato l'albero per Impastato
a Bergamo marcia di protesta

Circa settemila persone alla manifestazione a Ponteranica
Il fratello di Peppino, Giovanni: "Azioni fasciste e razziste"







BERGAMO - Prima la targa che gli intitola la biblioteca, poi l'ulivo piantato quel 3 giugno del 2008 quando Ponteranica, comune alle porte di Bergamo, decide di ricordare anche così Peppino Impastato, vittima della mafia. Dopo che l'amministrazione leghista neoeletta ha deciso di togliere il suo nome alzando un polverone di polemiche culminato ieri con una protesta pacifica con migliaia di persone, lo sfregio.

L'albero che aveva messo radici nel prato del BoPo, la bocciofila del paese dove accanto ai campi in sabbia si organizzano mostre e concerti, è stato tagliato. Il blitz è di venerdì notte, la mano è ignota ma ha lasciato un biglietto irridente appeso alla sagoma di un piccolo pino: "Mé ché öle ü paghér", "Io qui voglio un pino".

Ma c'è una parte del paese che non ci sta e che ieri ha partecipato in massa alla manifestazione promossa da Comitato Peppino Impastato, 7.000 persone secondo gli organizzatori, forse più di qualcuno in meno. Hanno ripiantato un altro ulivo, sempre lì, e sotto ora c'è una piccola targa.

È una tappa del lungo corteo che si snoda per il centro del paese. "Davanti la gente di Ponteranica, dietro le bandiere dei partiti per favore", ripetono gli organizzatori. Due ragazzi portano quella targa che stava sulla facciata della biblioteca riprodotta in dimensioni giganti: "Biblioteca comunale Peppino Impastato, vittima della mafia, ucciso per aver denunciato la collusione politico-mafiosa in Sicilia. 3 giugno 2008", si legge. Dietro altri giovani, ai polsi un palloncino bianco con l'immagine di Impastato, portano uno striscione: "Ancora 100 passi", c'è scritto. Seguono il Comitato, le Associazioni contro le mafie, il Tavolo della pace, Orizzonti Nuovi, poi la Cgil, le bandiere di Rifondazione comunista e dell'Italia dei valori.

Un bambino legge un cartello e chiede alla mamma: "Ma che cos'è la mafia?". "Sono quelle persone che vogliono avere il potere su tutto", risponde lei. Ci sono ragazzi che suonano, altri ballano, c'è un furgoncino con della musica. Sembra una giornata per famiglie, anche là sul prato dove finisce il corteo. C'è chi si siede nel prato, chi sta sotto il palco.

In molti attendono le parole di Giovanni Impastato, fratello di Peppino. È un fiume in piena. Non parla solo della targa tolta, ma anche di scudo fiscale e pacchetto sicurezza: "Non è solo ignoranza, è un progetto più ampio con la Lega come uno dei fautori". I riferimenti al Carroccio sono più d'uno, duri: "Queste sono azioni di fascismo o razzismo, non importa se dal nero siamo passati al verde, le camicie sembrano le stesse", continua Impastato.

Dal palco arriva anche la voce di Salvatore Borsellino, attraverso una telefonata: "Non posso essere lì a esprimere la mia rabbia perché i campi di battaglia sono tanti. Si vuole cancellare anche la memoria. Agitiamo la nostra agenda rossa e resistiamo". Che mantenere la memoria è "indispensabile per la lotta alla mafia" lo sottolinea anche Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista. Anche le sue sono parole dure contro la Lega, contro tutto il governo: "Non sta facendo nulla contro la mafia, qui toglie una targa, altrove non scioglie i comuni con infiltrazioni mafiose".

(27 settembre 2009)


Il viceministro alle Comunicazioni Romani : "Valuteremo sanzioni"
Il presidente del Senato: "Mi appello al buongusto. C'è imbarbarimento"
Il governo: "Istruttoria su Annozero"
L'opposizione insorge: "Abuso di potere"

Durissima la reazione del Pd: "Un'iniziativa senza precedenti, viola il contratto di servizio"
Travaglio: "Dichiarazione illegale ed eversiva, peggio dell'editto bulgaro"



ROMA - Non si placano le polemiche dopo la prima puntata di Annozero. Ieri il ministro Scajola l'aveva definita "spazzatura" annunciando la convocazione dei vertici Rai. E oggi Paolo Romani, viceministro alle Comunicazioni (dipartimento del ministero dello Sviluppo) annuncia l'apertura di un'istruttoria: "Sarà avviata ai sensi dell'articolo 39 del contratto di servizio, che prevede per il ministero l'obbligo di curare la corretta attuazione del contratto stesso". Al termine della procedura, spiega Romani, "si valuterà se richiedere l'intervento dell'Autorità garante nelle Comunicazioni per l'applicazione delle sanzioni". Ma l'opposizione insorge.

Sul tema interviene oggi il presidente del Senato Renato Schifani, che si appella "al buon gusto". Chiedendo uno stop al "gossip" e usando la stessa espressione che da mesi il centrodestra usa per minimizzare la vicenda delle escort nelle residenze del premier."Quello che mi preoccupa è che l'imbarbarimento della politica, che si era trasferito anche alla comunicazione della carta stampata, si sta spostando anche sul mezzo televisivo" dice Schifani.

Da Annozero, a commentare è Marco Travaglio. "Quello che è successo ieri (l'iniziativa di Scajola, ndr) è più grave dell'editto bulgaro - dice, collegandosi telefonicamente con piazza Navona, dove si svolge la manifestazione "Agenda rossa". Quella del ministro è per lui "una dichiarazione illegale ed eversiva che pretende di istituzionalizzare il controllo del governo sulla televisione".

Ad attaccare è anche il Pd. Dopo Massimo D'Alema che definisce "del tutto inopportuno" l'intervento di Scajola, arriva la nota ufficiale firmata dal responsabile comunicazione del partito, Paolo Gentiloni: "Il governo non ha alcun potere di istruttoria su singoli programmi della Rai. In quindici anni di vigenza dei contratti di servizio non si è mai visto un intervento del genere. Si tratta di un abuso di potere e di un'invasione delle competenze di Agcom e commissione di Vigilanza ribadite proprio dall'articolo 39 del contratto di servizio".

Durissimi pure Vincenzo Vita (Pd), componente della commissione di Vigilanza, e Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21; i quali, a proposito degli interventi di Scajola e Romani, dicono: "Si tratta di un vero e proprio atto improprio, di un eccesso di potere e di una campagna di intimidazione". La Fnsi in una nota sostiene che l'iniziativa del governo è "una manifestazione i arroganza nei confronti del presidente della Vigilanza Zavoli e una replica rabbiosa e scomposta ai cinque milioni e mezzo di cittadini che hanno liberamente scelto il programma".

Critiche, infine, dall'Udc: "Quello di Scajola è un evidente infortunio istituzionale dovuto all'eccesso di zelo verso il presidente del Consiglio" afferma il segretario Lorenzo Cesa.

Il governo, però, fa fronte compatto. "Insultare il premier equivale a insultare tutti gli italiani" tuona il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini. Unica voce dissonante quella del collega di esecutivo, il democristiano Gianfranco Rotondi: "Sarebbe opportuno, per i giornalisti e per la politica, abbassare i toni di uno scontro duro che danneggia innanzitutto la Rai". Ma il clima non pare proprio essere quello adatto.

(26 settembre 2009)


La stampa internazionale ironizza sull'accoglienza fredda degli Obama al premier italiano
"La first lady non voleva farsi riprendere in un abbraccio con lui"
"Michelle tiene lontano Berlusconi"
La foto del G20 fa il giro del mondo

Economist sul conflitto tra il Cavaliere e Fini: "Il Sultano ha poca pazienza verso il Vizir"


LONDRA - Si dice che un'immagine vale più di mille parole, e il detto trova conferma nell'attenzione che la stampa internazionale dedica oggi alla sequenza fotografica dell'incontro tra Silvio Berlusconi e Michelle Obama nell'ambito del summit del G20 a Pittsburgh. I giornali stranieri sottolineano che mentre la first-lady americana ha baciato sulle guance tutti i leader delle maggiori poteenze mondiali, con il premier italiano si è limitata a una "apparentemente riluttante" stretta di mano, vedendo in questo una scelta ben precisa, quella di non farsi riprendere abbracciata all'uomo invischiato in uno scandalo a base di escort, la cui moglie, chiedendo il divorzio, lo ha definito come una persona "che frequenta minorenni". Non solo: i media esteri notano anche lo sguardo particolarmente serio di Barack Obama, che si trovava a metà strada fra Berlusconi e Michelle e dava l'impressione di "voler accelerare" il momento del formale saluto e spingere oltre il leader italiano.

"Berlusconi è in fondo alla lista dei baci di Michelle", titola il Daily Telegraph di Londra, pubblicando l'intera sequenza fotografica e un ampio servizio a pagina 3. "Il premier italiano, noto per le sue gaffe e per essere un cacciatore di donne, si vede negare il bacio di benvenuto che la first-lady ha concesso agli altri leader del G20", recita il sottotitolo. "Mentre la signora Obama ha scambiato baci e abbracci con i Brown, i Sarkozy, i Medvedev e con Angela Merkel, ella è apparsa riluttante ad avvicinarsi troppo al signor Berlusconi", afferma l'articolo, ricordando che il premier italiano è giunto da solo al vertice perché la moglie ha chiesto il divorzio a causa degli scandali "con call-girls e modelle di biancheria intima" in cui lui è coinvolto. Il giornale rammenta anche che la propensione di Berlusconi per le gaffe ha colpito anche Barack Obama, "memorabilmente definito come giovane, bello e abbronzato" dal capo del governo italiano.

"Michelle deve avere deciso che se una donna doveva essere fotografata abbracciata a Berlusconi, non sarebbe stata lei", scrive il Telegraph. "Una stretta di mano, impartita con la cautela di chi mette in bocca un topo morto a un coccodrillo, è tutto quello che il premier italiano ha ricevuto da lei, nonostante i suoi migliori sforzi di mettere in moto il suo charme". Il giornale nota che, nonostante Berlusconi abbia allargato le braccia in segno di ammirazione verso la first-lady, "un Obama dallo sguardo severo voleva chiaramente farlo proseguire oltre, sospingendolo con una serie di pacche sulle spalle".

Anche altri organi di stampa stranieri commentano la scena della stretta di mano. "Michelle Obama è sembrata voler tenere Berlusconi a distanza", scrive l'agenzia di stampa Asian News International. "Berlusconi riceve solo una stretta di mano a distanza", scrive il quotidiano canadese National Post. "Berlusconi non è riuscito a mantenere la sua eccitazione quando è apparsa la first-lady, ma tutto quello che ha ricevuto è stata un'occhiata di disapprovazione da suo marito (Barack Obama)", scrive il britannico Daily Mirror. "Silvio Berlusconi innesca lo charme incontrando Michelle Obama, ma suo marito non sembra contento", scrive lo scozzese Daily Record. "Un gesto esagerato e inappropriato", è la definizione scelta dallo spagnolo Abc riguardo al comportamento del premier italiano. E così via.

Sugli ultimi sviluppi del caso Berlusconi interviene anche il settimanale Economist, con un articolo intitolato "Il sultano e il vizir": il primo sarebbe Berlusconi e il secondo Gianfranco Fini, protagonisti della recente tensione al vertice del Pdl e di una cena di tentata riappacificazione a casa di Gianni Letta. "Il primo ministro dirige quello che il politologo Giovanni Sartori ha definito un sultanato", scrive il settimanale, "e la pazienza dei sultani verso i vizir è limitata".

(26 settembre 2009)


Schiaffo alla verità e al Parlamento


Il clima è livido, l'azione del governo è torva; dopo l'attacco ad Annozero del ministro Claudio Scajola per conto del premier, ieri c'è stata la minacciosa invasione di campo del viceministro alle Comunicazioni Paolo Romani, che ha prospettato un'istruttoria sul programma di Michele Santoro, perché si esamini se sono stati rispettati i termini del contratto di servizio.

In sintesi: il governo interviene sui contenuti di una trasmissione; nei fatti mostra di pretendere la testa di un conduttore, prospetta la soppressione di un programma, e in generale assesta un colpo formidabile al principio della libertà di espressione.

In primo luogo: la Rai non è proprietà del governo, anche se il regime di occupazione manu militari delle reti e dei tg pubblici è già una realtà. Ha il Tesoro per azionista ma risponde alla commissione di vigilanza, cioè al Parlamento. Quindi il cosiddetto servizio pubblico è il frutto di un equilibrio molto delicato, su cui il governo sta intervenendo scorrettamente a piedi uniti, con l'intenzione evidente di mettere definitivamente la mordacchia all'informazione pubblica.

È superfluo chiedersi il perché di questa azione: il programma di Santoro ha squarciato il velo, rendendo comprensibile a cinque milioni e mezzo di spettatori ciò che il muro mediatico alzato dalla destra aveva oscurato per mesi. E cioè lo scandalo della prostituzione di regime. Quello che Berlusconi chiama un insieme di "infamie, falsità e calunnie", e che nel lessico minimizzatore della maggioranza parlamentare viene definito "gossip". Il caso delle escort di casa nelle residenze del premier, procurate dall'imprenditore barese Tarantini, che i tg omologati hanno accuratamente nascosto durante l'estate all'opinione pubblica, mentre tutta la stampa estera ne parlava e ne parla.

Soffocare le ultime voci non condizionate appare quindi la volontà esplicita del governo Berlusconi. Il governo fondato sul conflitto d'interessi, e circondato da un'impressionante potenza mediatica, mostra il suo volto autentico. Perché è vero ciò che ha detto il presidente del cda della Rai, Paolo Garimberti, e cioè che "il telecomando è libertà", nel senso che è la pluralità dell'offerta ad assicurare all'informazione un mercato libero; ma proprio per questo l'offensiva dell'esecutivo delinea con chiarezza una strategia tesa a spegnere ogni voce dissonante.

L'obiettivo è di una semplicità disarmante, e consiste nel completare il programma di omologazione già realizzato con i tg (a proposito di adeguatezza del servizio pubblico, non converrebbe allora aprire un'istruttoria sul silenzio e le omissioni praticati scientificamente dal Tg1 e dal Tg2?). Poi toccherà alla normalizzazione di Raitre, e ai programmi come quello di Milena Gabanelli, o di altri eccentrici. Una pressione costante, esercitata con contratti non firmati, mancata copertura legale, in sostanza una vischiosità quotidiana, faticosa e scoraggiante, al cui termine c'è probabilmente la resa per stanchezza.

In tutto questo ci sono almeno due fenomeni da considerare: l'assuefazione dell'opinione pubblica, ipnotizzata dall'informazione di regime; e in secondo luogo la soggezione minoritaria dei partiti d'opposizione, in particolare il Pd. È singolare infatti che, di fronte alla violenza dell'attacco della destra berlusconiana, non ci sia una risposta minimamente efficace, e che anzi le uniche iniziative vengano da alcuni organi di informazione (come la raccolta di firme di Repubblica per la libertà di stampa) e più generalmente dalla mobilitazione spontanea della società civile.

Il silenzio e l'evasività del Pd sono il frutto di un ripiegamento sulle beghe interne, ma non solo: c'è anche un giudizio scolasticamente errato sul regime berlusconiano ("basta con l'antiberlusconismo!"), che perciò non riesce a produrre un'espressione realistica ed efficace nel dibattito politico.

Mentre cadono le braccia per una democrazia sotto comando, viene naturale appellarsi all'opinione pubblica, per quanto narcotizzata. La manifestazione del 3 ottobre per la libertà di espressione sarà una piccola cosa, rispetto alla potenza di fuoco del governo e del sistema berlusconiano. Ma mentre l'offensiva organizzata dal potere prova a estinguere gli ultimi fuochi di libertà, e di anticonformismo, anche una sola fiaccola servirà a qualcosa.

(27 settembre 2009)


L'incidente è avvenuto a Tivoli, alle porte della Capitale
Nello schianto sei persone sono rimaste ferite. Coinvolta anche una moto
Roma, corsa folle nella notte
Ferrari travolge auto, due morti


ROMA - Una Ferrari lanciata a folle velocità ha travolto la scorsa notte un'utilitaria sulla quale viaggiavano cinque giovani, coinvolgendo anche una moto, nei pressi di Tivoli, alle porte di Roma. Hanno perso la vita il conducente della Ferrari, Giovanni Modesti, di 43 anni e Mario Di Fausto di 21 anni, al volante della Fiat Punto.

Un passeggero della Punto, un 22enne di Vicovaro, e il conducente della moto sono in pericolo di vita. Ferite anche tre ragazze, tra i 20 e 22 anni, di Vicovaro.

Per tutta la notte i carabinieri della compagnia di Tivoli sono stati impegnati per effettuare i rilievi e accertamenti. Le due salme sono a disposizione del sostituto di turno della Procura della Repubblica di Tivoli.

La Ferrari, secondo quanto già accertato, stava percorrendo la via Tiburtina in direzione di Tivoli e, subito dopo una curva, ha travolto violentemente una Fiat Punto, con al volante Mario Di Fausto, di Guidonia, che veniva dalla direzione opposta. Subito dopo la Ferrari è piombata anche contro una moto Kawasaki 750.

Al Policlinico Umberto I° di Roma sono ricoverati in prognosi riservata Mirko Solitari di 22 anni, di Vicovaro (in provincia di Roma) che si trovava nella Punto e il motociclista Antonio Gabriele, di Tivoli, 41 anni. I due sarebbero in pericolo di vita. A bordo della Punto viaggiavano anche tre ragazze, tutte di Vicovaro e con un'età compresa tra i 20 e i 22 anni, che sono ferite ma non in gravi condizioni.

All'ospedale di Tivoli è ricoverata la moglie del motociclista, Lucia Trischetta, di 48 anni, con una prognosi di 40 giorni e il passeggero della Ferrari F-131 Andrea Mosti, di 41 anni, con una prognosi di 25.

Sul posto, al chilometro 32.900 della via Tiburtina, nei pressi della stazione ferroviaria di Tivoli, sono intervenuti i carabinieri che per tutta la notte sono stati impegnati per chiarire la dinamica dell'incidente. Le due salme sono a disposizione del sostituto di turno della Procura della Repubblica di Tivoli.

(27 settembre 2009)
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 28/9/2009, 10:28




Secondo giorno di esercitazioni militari, sale la tensione con l'Occidente
Lanciato il Shahab 3, una testata in grado di raggiungere Israele
Iran, testati missili a lungo raggio
"Risposta distruttiva a minacce"

I pasdaran: "Reagiremo in modo fermo a chi mette a rischio la mostra indipendenza"



TEHERAN - Non si ferma la sfida dell'Iran all'Occidente: secondo la tv di Stato Press-tv, nell'ambito delle preannunciate esercitazioni militari l'Iran ha testato anche missili a medio raggio. L'annuncio arriva il giorno dopo quello in cui i Pasdaran hanno lanciato missili a corto raggio. Le esercitazioni delle Guardie Rivoluzionarie, che dovrebbero continuare per l'intera giornata, coincidono con il crescere della tensione con l'Occidente, dopo la scoperta che Teheran sta costruendo un secondo impianto per l'arricchimento dell'uranio, a circa 100 chilometri a sud della capitale

Il test. Teheran ha testato oggi con successo due missili a lungo raggio, Shahab 3 e Sejil, con una gittata di 2mila chilometri e in grado di raggiungere Israele. Secondo quanto riportato dai media iraniani, i missili Shahab3 sono equipaggiati per la prima volta con testate multiple. La televisione iraniana ha mostrato le immagini del lancio, avvenuto nel deserto: quando il missile si è alzato nel cielo i militari presenti hanno urlato "Allah Akbar" (Dio è grande).

Risposta distruttiva. Il comandante della forze aeree dei Guardiani della rivoluzione, Hossein Salami, ha confermato la buona riuscita dei lanci di questi giorni: "I missili hanno raggiunto il bersaglio con precisione", ha dichiarato, aggiungendo anche che "la risposta dell'Iran alle minacce al regime islamico sarà diretta, ferma e distruttiva". Ma il portavoce del ministero degli Esteri, Hassan Qashqavi, ha smorzato i toni: "Sono esercitazioni di routine, hanno solo un fine deterrente" ha dichiarato, "e non hanno nulla a che vedere con le tensioni sul programma nucleare iraniano".
(28 settembre 2009)


L'Akragas vince, presidente
dedica la vittoria al boss


La squadra di Agrigento milita nel campionato di eccellenza siciliana: dopo la vittoria in campionato Gioacchino Sferrazza ricorda l'amico Nicola Ribisi, rampollo di una famiglia mafiosa, arrestato dieci giorni fa
di FABIO RUSSELLO
AGRIGENTO - Il presidente dell'Akragas vuole dedicare la vittoria della sua squadra (gioca in Eccellenza siciliana) ad un boss mafioso appena arrestato e alle rimostranze dei giornalisti impone il silenzio stampa a tutta la squadra. Lui è Gioacchino Sferrazza, 45 anni, titolare di una catena di negozi che vende giocattoli e articoli natalizi, che è finito nell'occhio del ciclone dopo la sua dedica "all'amico fraterno Nicola Ribisi". Il problema è che Nicola Ribisi, 29 anni, è il rampollo di una famiglia di lunga tradizione mafiose (un suo zio è stato coinvolto nell'omicidio del giudice Livatino) e pochi giorni fa è stato arrestato per associazione mafiosa perché secondo la Direzione distrettuale antimafia di Palermo voleva ricostituire, con l'imprimatur di Bernardo Provenzano (vi sono diversi pizzini che spiegano le fasi) la famiglia mafiosa di Palma di Montechiaro.

Le reazioni in città sono naturalmente indignate. Il procuratore della Repubblica di Agrigento, Renato Di Natale, ha spiegato di attendere la relazione della Polizia per "valutare se aprire o meno un fascicolo". Il questore di Agrigento, Girolamo Di Fazio - è stata la Squadra mobile di Agrigento ad avere arrestato pochi giorni fa Nicola Ribisi - non ha invece nascosto la sua indignazione: "E' un caso gravissimo. Ci dispiace anche perché è un messaggio che giunge da un mondo come quello dello sport seguitissimo dai giovane e che tende a dare valore a chi invece valore non ha".

Il consigliere comunale ambientalista Giuseppe Arnone ha invece chiesto al Comune ed alla Provincia di annullare qualunque tipo di rapporto di sponsorizzazione con la società fino a quando a presiederla ci sarà Gioacchino Sferrazza.




28 settembre 2009



La donna aveva chiesto a due ragazzine di spegnere la sigaretta
loro hanno risposto: "Zitta brutta negra" e poi l'hanno schiaffeggiata
Roma, insulti razzisti a nigeriana
aveva chiesto di non fumare sul bus

L'amica della vittima: "La polizia non è intervenuta"

ROMA - Presa a schiaffi davanti alla sua bambina e insultata con epiteti razzisti da due ragazzine italiane a cui la donna, di origini nigeriane, aveva chiesto di spegnere la sigaretta che le due fumavano tranquillamente a bordo di autobus.

E' accaduto a Tor Bella Monaca sulla linea 059 intorno alle 7.40 e a raccontare la vicenda è un'amica della donna e testimone del fatto. "Stavamo sull'autobus per portare a scuola i nostri bambini che frequentano il nostro istituto - ha detto la testimone, Maria Edima Venancio Rocha, di origine brasiliana - la mia amica ha visto queste due quindicenni che avevano acceso una sigaretta all'interno della vettura e ha chiesto loro di spegnerla perché dava fastidio alla sua bambina. Per tutta risposta, le due hanno cominciato a insultarla con frasi come 'Brutta negra, stai zitta, tornatene al paese tuo'. Quando siamo scese alla fermata le due ci hanno seguito e hanno preso a schiaffi la mia amica".

In quel momento, continua il racconto, è passato un camper della polizia. Secondo quanto sostiene Venancio Rocha, "la roulotte si è fermata e quello che è accaduto è incredibile. Le due ragazze, che stavano ancora lì sul posto, sono state mandate via dagli agenti senza essere identificate. E' stata, invece, identificata la mia amica a cui hanno comminato pure una multa di 3mila euro, non abbiamo capito perché. Ora andremo a fare immediatamente la denuncia. E' assurdo, la mia amica è una persona per bene, che lavora e queste cose non devono succedere".

(28 settembre 2009)


L'omicidio avvenuto nella notte in una villa in provincia di Varese
Le vittime vivevano con il sospettato. Fermata anche la nuora
Uccide il nonno e ferisce la nonna
giovane arrestato a Busto Arsizio

Violenza inferta con un corpo contudente. Gravi le condizioni della sopravvissuta

BUSTO ARSIZIO (Varese) - Un giovane è stato arrestato dai carabinieri di Busto Arsizio (Varese) perché accusato di aver ucciso suo nonno e ferito gravemente la nonna. Il delitto è accaduto ieri a Borsano, una frazione di Busto Arsizio. L'indiziato è il ventenne Cristian Palatella. Con lui, all'alba di oggi, sono stati fermati la madre, nuora della vittima, e un'altra persona, sospettati di complicità.

La dinamica. L'omicidio è avvenuto verso le 23 di ieri, in una villa di via Novara. La vittima, Giuseppe Sporchia, è un uomo di 60 anni, dipendente della Protezione Civile. E' ancora da ricostruire la dinamica di quanto accaduto. Secondo le prime indiscrezioni, l'omicida ha agito con l'intenzione di uccidere entrambi i coniugi, forse in preda a un raptus. Non sarebbero state utilizzate armi da fuoco, ma un corpo contundente con il quale l'assassino ha infierito su marito e moglie picchiandoli ripetutamente alla testa. La moglie 59enne del padrone di casa è stata trovata ferita e ora è ricoverata nel reparto di rianimazione all'ospedale di Busto Arsizio. Ha riportato violente ferite al capo.

Le indagini. Per tutta la notte gli investigatori, coordinati dal sostituto procuratore Silvia Isidori, hanno sentito varie persone, mentre gli uomini della scientifica hanno compiuto i rilievi nella villa disposta su due piani dove vive anche una nuora con i figli. L'allarme è scattato attorno a mezzanotte. Da subito l'attenzione degli investigatori si è concentrata sul nipote della vittima, un ventenne con precedenti penali che vive con la mamma nella stessa villa dove è avvenuto il delitto. In mattinata sono scattate le manette. I tre sospettati sono in attesa di interrogatorio.

(28 settembre 2009)


Elezioni: exit poll e proiezioni indicano la svolta conservatrice-moderata
una nuova coalizione di centrodestra con i liberali e rottura della Grosse Koalition

Voto in Germania, vince la Merkel
Spd tracolla, mai così male dal '49


BERLINO - Angela Merkel vince, i suoi potenziali alleati liberali (Fdp) del giovane moderno intellettuale gay Guido Westerwelle trionfano, la Spd tracolla. Quasi vent'anni dopo la caduta del Muro di Berlino, la Germania sceglie di mantenere al potere la cancelliera, la "donna più potente del mondo", ma con un chiaro mandato: svolta conservatrice-moderata, nuova coalizione di centrodestra con i liberali, rottura della Grosse Koalition con la Socialdemocrazia che ha governato la prima potenza europea per i quattro anni dell'ultima legislatura. Ma il risultato è venuto con una partecipazione bassissima al voto, forse la più bassa in sessant'anni di democrazia.

"Abbiamo raggiunto il nostro obiettivo di ottenere una maggioranza stabile in grado di formare un governo con i liberali", ha commentato Merkel, che tuttavia ha precisato di voler essere "la cancelliera di tutti i tedeschi". "L'importanza è una maggioranza stabile" ha aggiunto, poi ha detto di aver parlato al telefono con Westerwelle. Ma "la felicità stasera prevale", ha concluso.

Secondo proiezioni ed exit poll diffusi con grande velocità dalle reti tv pubbliche Ard e Zdf pochi istanti dopo la chiusura dei seggi alle 18, la Cdu di Angela Merkel e il suo partito-fratello regionale bavarese Csu ottengono il 33,5%, perdendo appena l'1,7%. I liberali volano al 15% (più 5,2%). I due partiti del campo moderato quindi ottengono rispettivamente 229 e 95 seggi, cioè sommati 324 seggi sui 598 del Bundestag, il Parlamento federale. Hanno quindi una confortevole maggioranza anche senza mandati supplementari, quelli che si assegnano quando il candidato locale d'un partito ha voti in eccesso di riporto più dei voti allo stesso partito sul posto ma da assegnare alla lista nazionale.

Esultanza, giubilo, champagne e birra a fiumi, grida entusiaste di "Angie, Angie", hanno salutato i primi risultati alla Konrad-Adenauer-Haus, la sede della direzione cdu. Si attende un messaggio della Cancelliera. Musi lunghi e scoramento invece alla Spd, che perde ben l'11,7% e cala al 22,5% dei voti, appena 143 seggi. La Linke (sinistra radicale, cioè i postcomunisti dell'est e Lafontaine) cresce del 3,3%, quindi supera il livello del 10 e sale al 12,5%. Avrà 90 seggi, è la nuova terza forza del paese. Salgono anche i Verdi del 2,4% al 10,5% ma cedono appunto alla Linke il ruolo di terza forza e di motore nuovo della sinistra.

Angela Merkel quindi ha vinto la sua scommessa, ha avuto dagli elettori un voto chiaro per una stabile maggioranza, come aveva chiesto l'ultima volta al suo comizio finale ieri a Berlino. Per l'Europa, gli Usa, Russia, Cina e India è un segnale di continuità nella politica estera tedesca. Ma il grande trionfatore è il giovane Guido Westerwelle, che a questo punto ha in pugno tutti i titoli per chiedere l'incarico di vicecancelliere e ministro degli Esteri. E'convinto europeista, vuole una linea tollerante e multiculturale, l'integrazione degli immigrati, è favorevole all'ingresso della Turchia nella Ue.

Per la Spd, il più antico partito della sinistra europea, è il peggior risultato storico, una Stalingrado senza appello. Preannuncia un terremoto al vertice, la leadershi moderata e riformatrice del ministro degli Esteri uscente e candidato cancelliere Frank Walter Steinmeier e del finora ministro delle Finanze Peer Steinbrueck esce a pezzi. Si fa già avanti il borgomastro-governatore di Berlino Klaus Wowereit (che già governa la città-Stato insieme alla Linke) e chiede un rinnovamento, alludendo a una svolta a sinistra. In ogni caso, il tracollo della Spd è una sconfitta per tutte le sinistre europee. Dopo quella del Ps francese contro Sarkozy, dopo quella annunciata del Labour di Brown contro i Tories di Cameron nel Regno Unito, dopo mille altre batoste: tempi duri per i partiti progressisti nella Ue. Ma a Berlino diversamente che altrove il centrodestra è moderno, democratico ed europeista senza riserve, non vince facendosi forte con conflitti d'interesse né intimidendo i media. E la conservatrice Cdu-Csu ha da sempre un buon rapporto anche con i sindacati tedeschi, i più forti del mondo.

(27 settembre 2009)


Il regime di Micheletti vara misure straordinarie contro la libertà di riunione e circolazione
Minaccia all'ambasciata del Brasile, che ospita il presidente deposto Zelaya: perderà l'immunità
Honduras, sospesa la costituzione
giornali minacciati di chiusura



Un soldato davanti all'ambasciata del Brasile di Tegucigalpa
TEGUCIGALPA - Giro di vite sulle garanzie costituzionali e i media in Honduras: il governo de facto di Roberto Micheletti ha limitato i diritti sanciti dalla Costituzione per un periodo di 45 giorni, prevedendo anche la possibilità di chiudere i mezzi di comunicazione e dando più poteri alle forze armate per il rispetto "dell'ordine pubblico".

La decisione, che riguarda la libertà di riunione e di circolazione, giunge tre mesi dopo il golpe contro Manuel Zelaya che, dopo il suo rientro nel paese, lo scorso lunedì, si trova asserragliato nell'ambasciata brasiliana di Tegucigalpa. Nelle ultime settimane c'erano state, d'altra parte, diverse manifestazioni a favore del presidente deposto, che ieri aveva lanciato un appello agli honduregni a marciare sulla capitale, come "offensiva finale" contro il governo golpista. Lo stesso Zelaya aveva poi definito, in serata, "una barbarie" le imposizioni di Micheletti, invitando il Parlamento a sospendere il provvedimento.

Il decreto proibisce "ogni riunione pubblica non autorizzata" e le dichiarazioni dei media che vadano contro "le risoluzioni del governo" o possano alterare "il rispetto della pace e l'ordine pubblico". Nel precisare che le forze armate sono autorizzate a sostenere la polizia "per garantire l'ordine", il decreto prevede "l'arresto di chi viene trovato fuori dall'orario previsto (dal coprifuoco, ndr) per la circolazione, o di chi venga considerato in qualche modo sospettato di poter danneggiare le persone o i beni".

Alcune reti radio e tv, prosegue il decreto, "stanno diffondendo odio e violenza contro lo Stato, lanciando appelli all'insurrezione popolare. La Commissione per le telecomunicazioni è quindi autorizzata, tramite la polizia e le forze armate, a sospendere ogni radio, tv o via cavo che non rispetti i programmi dettati dalle presenti disposizioni".

Nel mirino di Micheletti sono già finite l'emittente Canal 36 e Radio Globo, più volte in queste ultime settimane oscurate con l'accusa di diffondere le notizie dei sostenitori a favore di Zelaya.

Ieri, il governo golpista aveva dato al Brasile dieci giorni di tempo per spiegare in base a quali criteri ha permesso a Zelaya di rifugiarsi nell'ambasciata, da giorni circondata dai militari. L'ultimatum è stato respinto qualche ora dopo dal presidente Lula, il quale ha precisato che "se i golpisti entreranno con la forza nell'ambasciata, considereremo violata ogni norma internazionale". (ansa)

(28 settembre 2009)


Eccovi l'ennesima sarabanda di cazzate del Premier

Il premier chiude la Festa Pdl a Milano. Battute sugli Obama: "Barack è bravo"
Sulla crisi: "Non dobbiamo avere paura". Poi attacca sui soldati morti a Kabul
Berlusconi: "Abbronzata anche Michelle"
"L'opposizione si vergogni sull'Afghanistan"

Bonaiuti corregge: "Si riferiva a extraparlamentari". Franceschini replica: "Stessi insulti da 15 anni"



MILANO - "Vi porto i saluti di un signore, di un signore abbronzato. Barack Obama. Non ci crederete ma è vero". Così Silvio Berlusconi, reduce dai vertici internazionali, chiude la festa nazionale del Popolo della Libertà di Milano. La ripetizione di una battuta che a suo tempo già destò molte polemiche, non sembra però sufficiente al presidente del consiglio italiano che così rincara: "E vi posso dire che hanno preso il sole in due, perché anche la moglie è abbronzata".

"Obama è affidabile". E così, con un uno-due su Michelle e Barack Obama, Berlusconi apre il suo intervento sulla politica estera. Lo fa con un condiscendente apprezzamento nei confronti del presidente degli Stati Uniti: "Un presidente affidabile. Ha fatto un bel discorso all'Onu cambiando l'atteggiamento dei paesi non allineati verso gli Stati Uniti, che prima erano ostili. E questo fa bene anche a noi".

"Vergogna, vergogna, vergogna". Il premier attacca sui soldati morti in Afghanistan: "Si vergogni l'opposizione che inneggia a -6", con allusione alle scritte comparse sui muri di Milano che ricordavano i sei parà rimasti uccisi nell'attentato di Kabul. "Un'opposizione che brucia in piazza le sagome dei nostri soldati, che inneggia a -6 è inaccettabile. Vergogna, vergogna, vergogna", urla. Un attacco pesante contro il quale Pd e Udc insorgono. Dario Franceschini osserva che il premier parlava "in playback" visto che "gli insulti sono gli stessi da quindici anni". "Vergognoso" viene definito l'intervento del Cavaliere anche da altri esponenti del Pd come Piero Fassino mentre il leader Udc, Pier Ferdinando Casini, arriva a chiedere l'intervento del Quirinale per "ristabilire la verità dei fatti". In serata la precisazione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti: "Berlusconi ha voluto semplicemente deprecare alcune scritte vergognose da attribuire non ai partiti della sinistra parlamentare ma a frange estreme della sinistra extraparlamentare".

"La sinistra non è cambiata". Ma dal palco della festa Pdl, Berlusconi non demorde e compie l'ultimo affondo ancora contro "questa sinistra che non è cambiata. Vorrebbe trasformare il paese in una piazza urlante che condanna, quando in passato sono stati adoratori di tiranni sanguinari come Stalin, Mao e Pol Pot". "In Afghanistan - spiega - ci siamo e ci staremo perché abbiamo il dovere di costruire la democrazia, altrimenti le conseguenze ricadrebbero su tutti noi".

Crisi: "Il peggio è alle nostre spalle". Sulla crisi, l'ottimismo di sempre: "Non dobbiamo avere paura, il peggio è alle nostre spalle". Poi una bordata contro l'opposizione: "Loro hanno fatto il tifo per la crisi, e molte categorie di lavoratori statali e pensionati, che non hanno subito alcun contraccolpo negativo, hanno ridotto i consumi perché attanagliati dalla paura. Ma è proprio la paura che dobbiamo sconfiggere, il governo è vicino alle imprese e al paese".

"Nessun litigio nel Pdl". Sulle alleanze politiche, Berlusconi cancella i dubbi su possibili screzi nella coalizione: "Non c'è stato alcun litigio" nel Pdl "come vogliono far credere le gazzette di sinistra", ma un "confronto di posizioni". Così il premier liquida i contrasti con Fini e i dubbi su possibili screzi con Bossi: "Con la Lega abbiamo un'amicizia, un affetto ed una maggioranza che nessuno riuscirà ad allentare".

"Libertà di voto su temi etici". In previsione del prossimo voto su norme etiche, il presidente del Consiglio assicura che "sarà garantita libertà di voto perché ciascuno ha il diritto di esprimere le proprie idee". E prima di chiudere l'intervento, richiama il presidente Usa ma per l'uso che ha fatto recentemente della tv: "E' andato in cinque televisioni per spiegare il proprio programma sulla sanità. Ha fatto bene perché un leader deve poter spiegare il proprio programma ai suoi elettori, ma se ci fossi andato io sarebbe stato uno scandalo".

(27 settembre 2009)


Berlusconi convinto che tutti gli italiani vorrebbero essere come lui
Una sorta di retrogrado manuale di galanteria, firmato dal maggior editore di gossip
Il seduttore e le donne-ornamento
il nuovo galateo secondo Silvio





Il governo italiano ha stabilito che parlare in televisione del rapporto tra Silvio Berlusconi e le donne, dopo l'avvio delle pratiche di divorzio da parte di sua moglie Veronica, sarebbe di per sé un atto eversivo. Si tratta di una scelta inusitata ma obbligatoria per chi vuole perpetuare la relazione carismatica fra il premier e i cittadini, fondata su un assunto potentissimo da lui più volte ribadito: "La maggioranza degli italiani vorrebbe essere come me" (Mattino Cinque, lunedì 7 settembre 2009). Ciascuno di noi viene chiamato a porsi una semplice domanda: ma se avessi i soldi e il potere di Berlusconi, per soddisfare i miei desideri non mi comporterei anch'io come lui? Tale interrogativo riguarda innanzitutto gli uomini, ma esercita un influsso suggestivo anche tra le donne di ogni età. Perché se Berlusconi è convinto che tutti gli uomini, potendolo, farebbero come lui, la sua esperienza di vita lo induce anche a pensare che alle donne piaccia essere considerate prede da conquistare.

All'indomani della conferenza stampa congiunta dello scorso 10 settembre alla Maddalena, Luis Zapatero sentì il bisogno di precisare: "Tutti conoscono la mia opinione sull'eguaglianza fra uomo e donna, ma fra governi abbiamo buone relazioni". Purtroppo in Italia è mancato un confronto pubblico sulla differenza d'opinioni fra Zapatero e Berlusconi riguardo all'"eguaglianza fra uomo e donna".

Peccato, perché il lungo monologo di Berlusconi alla Maddalena sul suo rapporto con le donne costituisce un documento memorabile: non è esagerato definirlo un nuovo galateo che modernizza il celebre trattato cinquecentesco di monsignor Giovanni Della Casa.
In apertura di quella conferenza stampa, il nostro presidente del Consiglio si accalorò rispondendo a una giornalista spagnola che gli chiedeva conto del suo giudizio sul governo Zapatero, composto per metà da donne, e perciò da lui definito "troppo rosa". Replicando, Berlusconi disse testualmente: "Ora io sono stranoto per essere un grande ammiratore dell'altra metà del cielo e quindi immaginate come da me potessero venire delle espressioni negative nei confronti di rappresentanti dell'altra metà del cielo sedute su poltrone ministeriali".

Il compiacimento con cui il nostro premier rivendica la sua fama di seduttore di fronte alla giornalista spagnola, subito dopo lo conduce a confidarle cosa siano per lui le donne: "Siete il regalo più bello che Dio ha dato a noi uomini". Le donne un regalo agli uomini? In che senso? Dissipa ogni possibile equivoco la frase successiva: "Quindi come potevate pensare che il presidente italiano, la patria dei grandi amatori, la patria dei Casanova, la patria dei play boy, diciamolo chiaro, potesse dire qualcosa di negativo nei confronti di donne che fanno i ministro?". In effetti lo dice chiaro, autodesignandosi leader della patria dei Casanova, e per di più chiedendo un applauso per questa sua sortita. Cosa accadrebbe se Zapatero definisse la Spagna "la patria dei Don Giovanni"? Dubito che potrebbe poi rivendicare l'eguaglianza fra uomo e donna.

Più tardi è Miguel Mora, giornalista di "El Pais" a introdurre il tema della prostituzione e delle veline. Prontissimo, Berlusconi lo interrompe: "E' invidioso, eh?". Non mi risulta che Bill Clinton reagisse così ai giornalisti che gli chiedevano conto della sua relazione impropria con Monica Lewinsky. Il nostro viceversa insiste, convinto di trovare unanime complicità maschile: "Abbiamo molte turiste straniere che hanno prenotato le vacanze del prossimo anno". Quando poi deve giustificare la presenza alle sue cene di numerose giovani donne convocate da Gianpaolo Tarantini, di nuovo ammicca agli uomini presenti: "Alzi la mano, tra i maschi miei colleghi, a dire che non è una cosa gradevole quello di sedersi a un tavolo e invece di trovarsi soltanto persone lontane dall'estetica se invece gli occhi si possono posare su delle presenze femminili gradevoli e simpatiche".

Fin qui la donna come ornamento e oggetto del desiderio, proprio come nella televisione che ha plasmato a sua immagine e somiglianza. Ma dopo avere minacciato di denunciare Patrizia D'Addario, Berlusconi viene al punto, la sua idea di conquista: "Io non ho versato un euro per avere una prestazione sessuale e allora confermo che nella mia vita io non ho mai neppure una volta dovuto dare dei soldi a qualcuno per una prestazione sessuale. Le dico anche perché. Perché a chi ama conquistare, la gioia e la soddisfazione più bella è la conquista, se tu paghi mi domando che gioia ci potrebbe essere".

Questo uomo prossimo a compiere 73 anni ha la necessità vitale di credere, e di far credere, che delle donne più giovani di mezzo secolo lo desidererebbero per amore e non per soldi, per ricerca di lavoro, per richieste di favori. E' la bugia più grande di tutte, quella che il Berlusconi seduttore sente il bisogno di propinare innanzitutto a se stesso. Ma è anche la bugia che ci riporta alla domanda iniziale: la maggioranza degli italiani vorrebbe essere come lui?

Sarebbe cioè desiderosa di fondare sistematicamente la relazione sessuale e sentimentale fra uomo e donna sul fascino dominatore del potere? Di certo la nostra cultura popolare è fondata su tale presupposto. Sapienti inventori della nuova lingua volgare hanno da tempo realizzato la trasposizione televisiva della cultura ereditata dall'Italia delle case chiuse degli anni Cinquanta, in cui signorine discinte, possibilmente ebeti e comunque sottomesse, si aggirano scodinzolando fra maschi attempati che si danno di gomito. Sarebbe interessante verificare i guasti prodotti da tale concezione dell'erotismo non solo nella civiltà del rapporto fra generi, ma perfino nelle patologie del desiderio sessuale. Mi accontento per ora di constatare l'evidente correlazione di questa cultura della diseguaglianza fra uomo e donna con le penalità inflitte all'universo femminile italiano in campo sociale, professionale, politico. Il governo ha deciso di impedire un confronto pubblico su questi temi, liquidandoli come gossip. E' paradossale che tale "divieto di gossip" venga promulgato dal principale editore del gossip italiano. Ma dovrebbe essere ben chiaro a tutti che il retrogrado galateo di Silvio Berlusconi non ha proprio nulla a che fare con il pettegolezzo.

(28 settembre 2009)


IL COMMENTO
Il movimento dei farabutti


STRANI giorni. Chi avrebbe mai immaginato che l'opposizione, per trovare senso, parole e significato dovesse ispirarsi a Berlusconi? Non ci riferiamo a ieri. Perché è noto che i partiti di centrosinistra hanno da tempo imitato il modello espresso dal premier. Hanno abbandonato il territorio e la partecipazione per tuffarsi nei media e soprattutto nella tivù. In nome della personalizzazione e del marketing. Con risultati, fino ad oggi, modesti.

Ci riferiamo, invece, a oggi: alla "nuova" opposizione dei nostri giorni. In larga parte "suggerita" - e ispirata - proprio dall'esperienza politica di Berlusconi. Assistiamo, da un lato, al rovesciamento del meccanismo che ha tradotto il privato in un fatto pubblico. Politico. Fino a ieri: usato dal leader del PdL (prima, di FI) per coltivare consenso e di fiducia. Oggi: dagli avversari politici contro di lui. Privato e pubblico, retroscena e ribalta. Tutt'uno. A flusso continuo. D'altro canto, il confronto politico si è spostato - totalmente - sui media. Che sono divenuti l'unico vero campo di battaglia politica. Tivù e stampa. Stampa e tivù. Giornali e tele-giornali. Opposti fra loro. Visto che le informazioni in tivù, in molte reti, sono filtrate. Con l'alibi di non sovrapporre pubblico e privato. Politica e gossip. Come se fossero cose diverse. Come se la ribalta e il retroscena fossero ambienti separati. (Come se le interviste "politiche" del premier non fossero ospitate da Chi e annunciate in copertina da foto di famiglia. Nonno Silvio insieme a figli, figlie e nipoti).

Da ciò l'ostilità di Berlusconi verso la stampa. E verso i giornalisti della carta stampata. In particolare (ma non solo) verso un giornale. La Repubblica (dei veleni). Che si trova, più che dalla parte dell'opposizione, a fare l'opposizione. Scavando nel privato-pubblico del premier. Il quale è bersaglio ma anche attore di ogni polemica. Che concorre a rilanciare e a moltiplicare. D'altronde, sarebbe difficile ricordare le precise, specifiche vicende che lo riguardano se non fosse per la sua determinata scelta di ribattere colpo su colpo. Anche perché in tivù quasi non se ne parla. Perché è Berlusconi a scrivere l'agenda politica. A determinarne i temi e il linguaggio. Senza, però, riuscire a controllarne sempre le conseguenze. Tanto che egli stesso contribuisce a promuovere l'opposizione. Non solo: ne suggerisce le esperienze e le novità. Dà loro nome e significato. È il caso dei "farabutti". Da cui il premier si sente circondato, "sulla stampa, in tivù e nella politica", come ha affermato a Porta a Porta. Farabutti.

L'insulto si è trasformato subito in un segno di riconoscimento, per un numero crescente di persone. Che hanno affollato uno spazio appositamente dedicato dall'edizione online di Repubblica. Dove, un giorno dopo l'altro, migliaia di persone hanno inviato e continuano a inviare la propria foto. Al posto del nome, la scritta: farabutto. Esibita orgogliosamente come un marchio. Una sorta di movimento di opposizione cresciuto dentro a quello che il leader considera il principale soggetto di opposizione. Se scorriamo le pagine dell'album fotografico, in continua evoluzione ed espansione, possiamo cogliere alcune informazioni utili a definire il profilo, non solo fisiognomico, ma sociale, culturale e politico di questa popolazione. Senza pretese, ovviamente, di rigore scientifico. Ci sarà tempo per analisi più raffinate.

Anzitutto, si tratta perlopiù di giovani. Spesso di giovanissimi. Accanto a molte persone adulte e di mezza età. Molto poche della mia generazione: "anziani" che si ostinano a definirsi giovani (non è il mio caso). Poi: vi sono molte donne. Anzi: più donne che uomini. I "farabutti" si presentano raramente da soli. Qualche volta in coppia, ma quasi sempre in gruppi più numerosi. A volte intere famiglie. Diverse generazioni riunite. Genitori, figli di età diverse. Qualche volta i nipoti. Questo fenomeno riflette diversi linguaggi e diversi tipi di azione. È all'incrocio fra il movimento e il social network. Fra i girotondi e Facebook. Tra la manifestazione di piazza e Twitter. Unito da un comune obiettivo: la libertà di informazione. Ma esprime, al tempo stesso, una domanda di opposizione. Aperta e condivisa. Orientata dal "mezzo" di cui si serve. La rete.

Permette di esserci, di esprimersi, con la propria faccia, con il proprio gruppo di riferimento. Senza censure. I "farabutti", d'altronde, sono competenti nelle tecnologie della comunicazione. Sono quelli che navigano in internet, si scrivono per e-mail, chattano attraverso Messenger e si parlano con Skype. Quelli che propongono il loro profilo su Facebook, dove coltivano relazioni vecchie e nuove. Quelli che guardano Fazio, la Gabanelli, Floris e la Dandini. Quelli di (centro) sinistra. Lettori di Repubblica (e non solo).

Una comunità specifica. Larga e stretta al tempo stesso. "Esuli". Del Pd, in cui faticano a riconoscersi. Di un paese nel quale stentano a sentirsi cittadini. Spaesati. Di incerta identità. Berlusconi ha contribuito a dar loro un nome. Farabutti. Un titolo - rivendicato con tono di sfida che alcuni perfezionano aggiungendo: "coglioni" (così, nel 2006, Berlusconi definì gli imprenditori intenzionati a votare per il centrosinistra). E altri ancora: "fannulloni" (gli statali, secondo Brunetta). È il meccanismo mimetico che produce nuove forme di opposizione. Inventate, in modo involontario, dalla maggioranza. Dal premier e dai suoi consiglieri. Che forniscono a molte persone, a molti giovani, parole d'ordine ma anche senso di appartenenza. L'identità che i partiti di sinistra non riescono più a offrire. Tanto meno a imporre.

Il che suona come avvertimento e ammonizione.
Senza identità, senza bandiere, senza parole da dire. Senza simboli da esibire e senza riti da celebrare. Senza faccia e senza nome. Senza identità. Un soggetto politico non può esistere. Così, ci pensa Berlusconi. E quelli che un tempo si chiamavano - o si dichiaravano - "compagni", oppure "amici", oggi si chiamano - e si dichiarano - "farabutti". Etimologicamente: pirati. Che sfidano l'onnipresenza del Pmm - Partito mediale di massa - e del suo leader. Trasformano gli insulti in segni di riconoscimento. Parole che rendono meno opprimente l'afasia dell'opposizione.

(28 settembre 2009)
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 29/9/2009, 10:26




Massacro Circeo, Guido resta libero
Il giudice: "Per lui nessuna misura"


ROMA - Nessuna misura di sicurezza per Gianni Guido, uno dei tre autori del massacro del Circeo del 30 settembre 1975, tornato in libertà il 25 agosto scorso dopo aver scontato la pena per l'omicidio di Rosaria Lopez e quello tentato di Donatella Colasanti.

Il giudice del tribunale di Sorveglianza Enrico Della Ratta Rinaldi, accogliendo la richiesta dell'avvocato Massimo Ciardullo, ha respinto la richiesta di applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata fatta dalla procura di Roma nell'aprile del 2008 quando il 54enne, amico di Angelo Izzo ed Andrea Ghira, fu affidato ai servizi sociali.

Il giudice doveva valutare se Guido, che per la vicenda del Circeo era stato condannato a 30 anni di carcere, fosse tra l'altro socialmente pericoloso.

Secondo quanto si è appreso, ora è stata dichiarata la non pericolosità sociale di Guido, sulla scorta del percorso giudiziario che l'ha visto ottenere nel tempo tutti i benefici premiali della Legge Gozzini.

(29 settembre 2009)


Ad agosto l'aumento è dello 0,3 per cento rispetto al luglio 2009
In calo le ore di sciopero: nei primi sei mesi dell'anno sono scese del 71,4%
Istat, retribuzioni in crescita
in un anno salgono del 2,4%


ROMA - Crescono le restribuzioni e diminuiscono le ore di sciopero. Secondo l'Istat le retribuzioni orarie ad agosto sono aumentate dello 0,3 per cento rispetto al luglio 2009 e del 2,4% rispetto all'agosto 2008. Sempre ad agosto gli occupati in attesa di rinnovo del contratto erano 1,7 milioni (il 13,3% del totale). "L'incremento congiunturale dello 0,3 per cento - spiega l'Istituto - è il risultato di miglioramenti economici previsti in sei contratti". Se invece si prende in esame il periodo gennaio-agosto 2009 e si confronta con l'anno precedente, l'aumento è del 3,1 per cento.

In calo, invece le ore di sciopero. Nei primi sei mesi dell'anno in Italia sono state 941 mila, con un calo del 71,4% rispetto allo stesso periodo del 2008.

Gli incrementi più elevati si osservano per: acqua e servizi di smaltimenti rifiuti (5,1 per cento), agricoltura (3,9 per cento) e ministeri e altri servizi privati (3,8 per cento per entrambi gli aggregati). Gli aumenti più contenuti riguardano: attività dei vigili del fuoco (0,6 per cento) alimentari bevande e tabacco (1,3 per cento), commercio e trasporti, servizi postali e attività connesse (per entrambi 1,5 per cento). La variazione dell'indice delle retribuzioni orarie è nulla per i contratti telecomunicazioni, militari-difesa e forze dell'ordine.

Alla fine di agosto sono in vigore 54 accordi che regolano il trattamento economico di circa 11,3 milioni di dipendenti; a essi corrisponde un'incidenza, in termini di monte retributivo, pari all'84,9 per cento. Devono essere rinnovati 24 contratti, che coinvolgono circa 1,7 milioni di dipendenti e corrispondono al 15,1 per cento del monte retributivo totale.

Sempre lo scorso mese la quota di dipendenti in attesa di rinnovo è pari al 13,3 per cento, in lieve crescita rispetto a luglio 2009 (13,1 per cento) e in forte calo in confronto ad agosto 2008 (27,8 per cento). I mesi di attesa per i lavoratori con il contratto scaduto sono, in media, 15,4, in aumento rispetto a luglio 2009 (14,6) ma soprattutto rispetto a un anno prima (10,5). L'attesa media distribuita sul totale dei dipendenti è di due mesi, maggiore rispetto al mese precedente (1,9) ma inferiore rispetto ad agosto 2008 (2,9 mesi).

Per quanto riguarda le motivazioni del scioperi, le altre cause (32,2 per cento), le rivendicazioni economiche, il licenziamento e la sospensione dei dipendenti (entrambe 23,2 per cento) presentano le maggiori incidenze delle ore totali non lavorate per conflitti.

(29 settembre 2009)


Al centro delle indagini la Casa dello studente: c'è un vuoto sotto l'edificio
la palazzina sarebbe stata edificata su un buco, forse su una cava di una ex fabbrica
Sisma, pronti 60 avvisi di garanzia
nell'inchiesta costruttori e tecnici







L'AQUILA - L'inchiesta sui duecento palazzi-killer del terremoto dell'Aquila, dopo sei mesi, è arrivata al capolinea: gli avvisi di garanzia sono pronti per essere firmati. E sono tanti. Tantissimi. Forse più di sessanta. A tremare sono tutti i protagonisti della filiera (da chi ha realizzato gli edifici a chi ha rilasciato le autorizzazioni o ha effettuato i controlli), in primis i costruttori, degli edifici dove ci sono state vittime.

Al centro delle indagini c'è - soprattutto - la Casa dello Studente. Con una novità, forse risolutiva per l'inchiesta: c'è un vuoto sotto l'edificio, proprio sul versante che è franato il 6 aprile scorso, sotto il colpo secco del sisma. La palazzina pubblica - divenuta simbolo della tragedia - sarebbe stata edificata su un buco, forse su una cava di un ex fabbrica di medicinali (dove venivano sepolti rifiuti speciali). E potrebbe essere questa la causa della morte degli otto ragazzi travolti dalla macerie.

Lo ha scoperto il procuratore della Repubblica, Alfredo Rossini - diversi giorni fa - durante un sopralluogo con alcuni periti. "È vero, c'è un vuoto... L'ho visto con i miei occhi, ma non posso dire altro..." conferma il procuratore. Ora, questa novità è contenuta nella relazione tecnica all'interno di uno dei fascicoli principali che compongono l'inchiesta. Ma non ci sarà un maxi-processo, assicura Rossini. "I filoni processuali, riguarderanno singolarmente ogni crollo e si riferiranno solo a quelli dove le perizie hanno fatto emergere responsabilità precise; gli altri verranno archiviati".

Intanto, oggi, nel giorno del suo compleanno, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi consegnerà ai terremotati 500 alloggi provvisori. Comincerà così - dopo la cerimonia per le prime 94 case in legno ad Onna dello scorso 15 settembre - l'operazione dell'assegnazione delle "casette del Governo" (come vengono definite da buona parte degli aquilani). Mentre il 19 settembre a era stata inaugurata la Cittadella scolastica, con la Smartschool realizzata dalla Mabo Group, antisismica ed energeticamente indipendente.

Oggi, oltre alla seconda cerimonia di consegna, è in programma anche una conviviale con i sedici imprenditori che si sono aggiudicati l'appalto del progetto. La Protezione Civile ha anche annunciato che fino alla fine dell'anno, saranno assegnati 300 alloggi a settimana. Gli appartamenti antisismici sono stati costruiti secondo tecniche innovative ed arredati con mobili e suppellettili di qualità. All'interno, tv con impianto satellitare, tende, ed anche i componenti di arredo, come lenzuola, ferro da stiro e asciugacapelli. Gli assegnatari ad attenderli troveranno anche una bottiglia di spumante e dolci tipici del luogo.

Ma per i terremotati c'è anche la beffa delle macerie. Infatti, molti residenti sono stati costretti a pagare personalmente lo smaltimento dei detriti trovati all'interno delle loro abitazioni, escludendo la possibilità di un eventuale rimborso. "La normativa al riguardo è lacunosa" spiega l'assessore all'Ambiente del Comune dell'Aquila, Alfredo Moroni "stiamo esortando la Protezione Civile a chiarire meglio questo aspetto, per evitare che siano i cittadini a pagare il conto delle macerie...".

(29 settembre 2009)


Il Garante: il contratto di Travaglio non ci compete
Emilio Fede: potrei offrirgli di lavorare con me
Rai, l'8 i vertici da Scajola
sul canone centrodestra diviso



ROMA - Annozero, l'intervento del governo, il centrodestra diviso sul canone. Non si allenta la tensione sulla Rai, anche alla luce di una lettera di Scajola giunta ieri a Paolo Garimberti e Mauro Masi. Il ministro "desidera incontrare l'8 ottobre presidente e direttore generale Rai per un colloquio" dopo le polemiche su Annozero, "anche in riferimento al prossimo rinnovo del contratto di servizio". Non una convocazione formale, dunque, ma una richiesta di colloquio.

Un simbolico passo indietro rispetto alle dichiarazioni di due giorni fa che avevano provocato l'intervento del presidente della Vigilanza, Sergio Zavoli, preoccupato di una "censura" del governo nei confronti della trasmissione di Santoro. Intanto, stamattina, con il probabile intento di rassicurarlo, il viceministro Paolo Romani vedrà Zavoli. Subito dopo, la Vigilanza potrebbe fissare un'audizione di Garimberti e Masi (non esclusa anche quella di Santoro) prima dell'8 ottobre. Un modo per rivendicare la sovranità del Parlamento sulle materie radio-tv.

Nonostante queste mosse, però, le polemiche su Annozero restano tutte. Ieri è stata trasmessa ai consiglieri la risposta di Agcom, interpellata da Masi prima di decidere sul contratto di Travaglio. Quattro pagine in cui l'Authority ribadisce di non essere competente in materia contrattuale ma ricorda che in caso di recidiva (Travaglio fu già diffidato da Agcom per le dichiarazioni sul presidente del Senato Schifani durante Che tempo che fa) scatterebbero le sanzioni.

"La Rai - scrive Agcom - deve astenersi dal reiterare la violazione oggetto del provvedimento di diffida al fine di evitare la sanzione". Un gancio che permetterà a Masi di fissare una serie di paletti prima di dare l'eventuale via libera al contratto.

Su Travaglio si fa avanti Emilio Fede: "Potrei offrirgli di venire a fare l'opinionista da me - dice il direttore del Tg4 - ovviamente confrontandosi con me". Del suo contratto si parlerà anche nel cda di dopodomani, durante il quale potrebbero esserci anche alcune nomine: non ancora quella di Rai3 e del Tg3, forse quella del direttore di Rainews24 o delle Testate regionali.

Non si placa, invece, la polemica sul canone, dopo la campagna lanciata da Libero e dal Giornale per non pagare quella che chiamano "la tassa Santoro". I due quotidiani filo-Berlusconi arruolano il ministro Gelmini e il viceministro Castelli. Per il Pdl, si schierano contro Mario Landolfi, ex presidente della Vigilanza, i consiglieri d'amministrazione Gorla e Petroni (rappresentante del Tesoro nel cda) e l'attore-deputato Luca Barbareschi ("La campagna di Feltri è faziosa e stupida"). Dall'altra parte interviene Massimo D'Alema: "Prima di togliere il canone, che serve per bilanciare l'eccesso di entrate pubblicitarie di Mediaset, comincerei con l'abolizione del tetto della pubblicità per riequilibrare il mercato".

(29 settembre 2009)


Gli inserzionisti si riposizionano: a fine anno la Sipra, concessionaria Rai, perderà il 20% mentre Publitalia il 9%
Pubblicità in televisione
soffrono tutti, meno Mediaset

Dal servizio pubblico 120 milioni di euro verso i canali del premier
E' come se il mercato avesse improvvisamente deciso di dividersi a metà


ROMA - La crisi economica danneggia i consumi; la riduzione dei consumi danneggia la produzione industriale; e questa a sua volta danneggia gli investimenti pubblicitari che alimentano l'intero sistema dell'informazione, editoriale e televisivo. In un mercato generale in forte calo (-16,9% nel primo semestre dell'anno), tutte le concessionarie soffrono - quale più, quale meno - in rapporto ai vari mezzi che gestiscono nel proprio portafoglio. Ma a soffrire di meno in assoluto, meno di tutti gli altri concorrenti, è proprio Publitalia, la concessionaria delle reti Mediaset, l'azienda che fa capo al presidente del Consiglio, con differenziali molto modesti rispetto alla media. E a farne più direttamente le spese è la Sipra, la concessionaria della Rai, che rischia così di interpretare la parte del parente povero.

Al di là delle rispettive quote di mercato, l'anomalia è tanto evidente quanto sospetta. Nonostante la crisi, l'azienda-partito del premier sembra godere di un trattamento privilegiato o quantomeno di una posizione di favore, a tutto danno del suo principale concorrente. E le roventi polemiche di questi giorni sull'attuale gestione dell'azienda pubblica televisiva, controllata dal governo e sottomessa ai suoi interessi, non fanno che alimentare i dubbi e gli interrogativi.

In virtù degli indici di affollamento più alti consentiti alle reti Mediaset, e giustificati con il fatto che la Rai incassa già il canone d'abbonamento, Publitalia vale quasi i due terzi del mercato mentre la Sipra raccoglie ormai meno della metà del suo competitor. Per questo, nell'annus horribilis 2009, sarebbe stato lecito aspettarsi un calo proporzionale dei due soggetti dominanti. Semmai, la crisi avrebbe potuto penalizzare un po' di più l'azienda del presidente del Consiglio che - avendo a disposizione un bacino di utenti molto più ampio - rischiava di risentirne in misura maggiore. Ma invece così non è stato e non sarà verosimilmente fino alla fine dell'anno.

Dati alla mano, il mercato pubblicitario risulta ripartito in valore assoluto fra i due incumbent esattamente al 50%: quasi che una provvidenziale mano invisibile, o un grande regista, avesse tagliato la torta a metà. Publitalia perde così il 15,6 per cento, mentre la Sipra crolla addirittura a -22,9. A fine anno, se il trend sarà confermato, il mercato pubblicitario televisivo potrebbe lasciare sul terreno circa 600 milioni di euro in totale: 300 a carico di Publitalia che chiuderà il bilancio con un presentabile -9% e altri 300 milioni a carico della Sipra che invece accuserà una perdita ben più pesante intorno al 20%.

A conti fatti, la concessionaria della Rai dovrebbe cedere all'azienda che fa capo al presidente del Consiglio una "dote" di circa 120 milioni di euro. E a parte la forza d'urto della squadra guidata da Giuliano Adreani, presidente di Publitalia e amministratore delegato di Mediaset, fra gli addetti ai lavori il sospetto che si tratti in realtà di un regalo o di un favore da parte della Sipra-Rai è più forte di una semplice sensazione.
(g. v.)

(29 settembre 2009)


Il ministro della Funzione pubblica: "Bisogna tagliare la cinghia trasmissione Anm-Csm"
"Il 90% dei problemi della giustizia in Italia sono risolvibili con controllo presenze e produttività"
Brunetta attacca i magistrati
"Vi siete montati la testa"




MILANO - Renato Brunetta attacca i magistrati che, secondo lui, "si sono montati la testa". Secondo il ministro della Funzione pubblica per mettere ordine nei tribunali basterebbe controllare presenze e produttività. E per risolvere i problemi della giustizia si dovrebbe abolire "il mostro", ossia l'Associazione nazionale magistrati (Anm) le cui "correnti si riproducono nel Csm: bisogna tagliare questa cinghia di trasmissione".

Parlando a Milano in occasione della presentazione del libro "Magistrati l'ultracasta" di Stefano Livadiotti, il ministro ha avuto un vivace botta e risposta sull'organizzazione del lavoro dei magistrati e sulle ore di effettiva operatività con il vicepresidente dall'Anm, Gioacchino Natoli. "Alle 14 al Tribunale di Roma mi hanno detto che non c'è nessuno" ha detto Brunetta. "Questo succede perché un suo collega di governo ha tagliato gli stanziamenti per gli straordinari", ha ribattuto Natoli. "Lei dice cose non vere", è stata la risposta di Brunetta. I due contendenti si sono poi accordati per fare un giro dei tribunali italiani ("a sorpresa", ha precisato Brunetta) per verificare sul campo la situazione.

Durante il suo intervento Brunetta aveva messo nel mirino il rapporto "innaturale" tra Anm e Csm, rapporto che genera un "mostro". "L'Anm - spiega Brunetta - ha un altissimo tasso di sindacalizzazione e con tutte le sue correnti si riproduce nel Csm. Qui si forma il mostro, che in maniera autoreferenziale decide dei problemi economici, disciplinari e di autonomia sacrosanta della magistratura, che però è determinata in via sindacale. Ci vuole una correlazione molto più blanda, bisogna tagliare questo cordone, il risultato sarebbe maggiore trasparenza, disciplina ed efficienza e minore correntismo e autoreferenzialità".

L'altro tasto su cui Brunetta insiste è quello dell'organizzazione del lavoro, che ora sarebbe "pre-industriale". "Il 90% dei problemi della giustizia in Italia sono organizzativi, risolvibili con l'information and communication technology: anche per i magistrati si può pensare a badge, controllo delle presenze, controlli di produttività e controlli dei ritardi". E aggiunge: "Nessuno si è mai premurato di stabilire tempi, metodi, sistemi di controllo. Quella dei tornelli era una metafora non tanto lontana dalla realtà: significava la necessità di un'organizzazione scientifica del lavoro che ora in magistratura non c'è".

(28 settembre 2009)


Omicidio Poggi, si riapre il giallo. L'ultima perizia "assolve" Stasi
"Sul pedale forse solo saliva, sul portasapone tracce irrilevanti"
Le macchie sulla bici, le impronte
prove fragili di un'inchiesta infinita







GARLASCO (PAVIA) - E allora chi ha ucciso Chiara Poggi? Chiara ci sorride ancora dalle pagine dei giornali, come se andasse incontro alla vita e al lavoro, ma il 13 agosto di due anni fa è stata trovata morta, sommersa dal suo stesso sangue sulle scale della cantina. E questa preghiera - diteci chi l'ha uccisa - tornerà a risuonare a breve, nell'aula del processo.

È arrivata la cosiddetta "super-perizia", nel senso che è una perizia super partes, chiesta dal giudice. Il cattedratico di Torino che la firma si chiama Lorenzo Varetto, è uno molto stimato, ironico, medico legale, responsabile per lo studio del cadavere e docente di autopsie. In 146 pagine appallottola le relazioni dei Ris di Luciano Garofano e sembra sbriciolare un'intera indagine.

Possibile? Possibile sì a Garlasco, in un'inchiesta sovrastata dalla sorda battaglia tra accusa e difesa, perizie e controperizie, ritardi e sbagli. Dimenticare i telefilm Csi, ricordarsi dei marescialli, forse questa sarebbe una via per non trovarsi così spiazzati, ma sembra tardi, molto tardi. Garlasco, un piccolo paese. Vigevano, una piccola Procura. Quando Alberto Stasi, fidanzato di Chiara, lancia l'allarme perché è entrato in casa e ha visto Chiara morta, viene lasciato andare. Nessuna perquisizione immediata. Nessun interrogatorio "a caldo". Nessun sequestro dei suoi mezzi di trasporto. Nessuna analisi del sistema d'allarme. Lo lasciano andare e solo la mattina successiva gli sequestrano le scarpe Lacoste che indossava quando è entrato nella villetta.

Ferragosto 2007 incombe e quell'omicidio sembra l'opera di un "chissà chi" venuto da "chissà dove". Passano le ore, passa la festa e sulla scena del crimine, la villetta a due piani di via Pascoli, stando al pm Rosa Muscio e ai carabinieri, resta solo quell'Alberto dal sorriso rarefatto. E non ci resta impigliato per il carattere chiuso come un lucchetto, o per le incongruenze o le volgarità disumane dei suoi successivi interrogatori. O perché gli viene trovato non poco materiale pornografico (anche pedopornografico) sul computer di casa. Ci resta perché alcuni indizi lo riguardano.

La povera Chiara, inoltre, non aveva una doppia vita. Sul suo telefonino non ci sono messaggi o telefonate "diverse". Non era una ragazza imprudente. Non avrebbe aperto la porta a sconosciuti (cosa che però può sempre capitare). La sua esistenza viene "scansionata" al microscopio. In quei giorni la vittima ha visto sempre e solo Alberto. Tra i due giovani fidanzati, più che la tensione erotica, sembra esserci del malessere esistenziale. E poi, altro dettaglio cruciale, non ci sono tracce di altri in casa, sconosciuti non sono passati di là. Stasi: il sospettato unico, i Ris sono sicuri che lo dimostreranno con microscopi e analisi di laboratorio.

Va detto che chi ha ucciso Chiara nemmeno il nuovo perito sa suggerirlo. Il professore sa solo che "l'aggressione a Chiara" è in due fasi e "non è possibile stabilire la durata dell'intero episodio": dal primo insulto all'ultimo fendente l'attacco "si potrebbe essere protratto anche per alcune decine di minuti". Fa male pensarci: "alcune decine di minuti". E non solo per l'agonia di una ragazza: ma perché torna misteriosa anche l'ora della morte. Si può solo affermare che il decesso "avvenne nel corso della mattinata". Un po' poco, per misurare gli alibi (di chiunque). Si dissolvono anche gli indizi che potrebbero arrivare dal computer. Le ultime ricostruzioni diventano inutili, se non sappiamo quando Chiara si è spenta.

Gli indizi si sfarinano come in un videogame. L'impronta digitale di Alberto Stasi trovata sul portasapone, insieme a "qualche cosa" con il Dna di Chiara Poggi, era "notevole" per gli investigatori, diventa una baggianata per il nuovo perito: i due fidanzati possono aver "toccato l'oggetto in tempi e per un numero di volte a noi del tutto sconosciuto e non determinabile", quindi l'indizio "appare del tutto irrilevante".

Analogo discorso per i pedali della bici di Stasi. La perizia, fatta nei laboratori di Parma, perse valore per il modo in cui era stata eseguita. Ma "è sangue", sangue di Chiara, sosteneva l'accusa. Forse "era sangue mestruale, forse l'ho calpestato", disse Alberto, mandando su tutte le furie i parenti (e non solo). Invece, stando alla perizia che fa "vangelo" non lo si può nemmeno dire: "Non è possibile precisare la natura del materiale biologico".

È certo facile ripercorrere le indagini altrui a ritroso, ma l'avventuroso arresto di Stasi, smentito da un gip, non aveva certo aiutato la ricostruzione dei fatti. Così come non l'avevano aiutata le scarse testimonianze trovate, o i chiaroscuri delle amicizie paesane di Stasi.

I Ris avevano dominato l'indagine, con continui sopralluoghi in diretta tv. Ma ora ecco le macerie seppellire le tute bianche. E il detrito più grosso riguarda le "famose" scarpe di Stasi. Garlasco è, tra i tanti episodi entrati nella cronaca nera italiana, l'unico nel quale la mancanza di un indizio preciso (il sangue sotto le scarpe) era stata ritenuta fondamentale come prova a carico.

E lo sembrava: il sangue macchia più di quanto noi "non periti" immaginiamo, perciò "se Stasi è entrato in casa, com'è possibile che non abbia una traccia di sangue sotto le scuole, considerate le condizioni della villa, con macchie dappertutto?". Aveva mentito, aveva anche descritto Chiara "pallida", mentre la povera vittima aveva il volto impiastricciato del sangue colato per ore dalle arterie spaccate (le gambe erano più in alto rispetto alla testa). Così si diceva, tra i detective, ed era un po' una riedizione del "non poteva non sapere" dell'era di Tangentopoli: Stasi non poteva non essersi sporcato.

Ma davvero ci vogliono due anni per stabilire che, se si cammina sulla ghiaia o sull'erba bagnata, il sangue secco può staccarsi dalle suole? Nei laboratori dei telefilm non succede mai, nella realtà della provincia italiana sì.

(29 settembre 2009)
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 30/9/2009, 17:12




La scossa di magnitudo 7.6 in fondo al mare, nell'isola di Sumatra
Edifici crollati, incendi, strade interrotte, raso al suolo un ospedale
Terremoto in Indonesia
"Migliaia sotto le macerie"

La Farnesina: "Per ora nessun italiano coinvolto nella tragedia"



GIACARTA - Un violento terremoto di magnitudo 7.6 scuote l'isola Sumatra in Indonesia. Crollati decine di edifici; distrutti alberghi e scuole; incendi e scoppi sono segnalati in buona parte dell'isola; "migliaia di persone sono intrappolate sotto le macerie", ha detto il ministero della Sanità. Raso al suolo un ospedale a Padang, capoluogo della provincia di Sumatra Occidentale, nell'area vicino all'epicentro del terremoto. Nelle città regna il panico. Le strade sono interrotte e allagate dalle condotte dell'acqua spaccate; le comunicazioni telefoniche impossibili e l'erogazione dell'energia elettrica sospesa. Le immagini televisive rimandano scene di devastazione. Un'emittente tv ha detto che il tetto dell'aeroporto di Padang è crollato. Le vittime accertate sarebbero 75 ha riferito il vice-presidente indonesiano, ma il bilancio è destinato tragicamente ad aumentare. L'agenzia della Protezione civile a Giacarta non è ancora in grado di comunicare con i locali per un bilancio preciso delle vittime.

Erano le 17.16 (le 12.16 in Italia), quando si è scatenato l'inferno. E un'ora dopo, una seconda scossa meno violenta ma ancora intensa ha fatto tremare ancora l'isola. Secondo le prime valutazioni, si è trattato di un sisma sottomarino, percepito sulla costa occidentale dell'isola di Sumatra, a circa 50 chilometri dalla costa di Padang, sulla stessa faglia del maremoto che nel 2004 provocò un gigantesco tsunami sotto il quale morirono 260.000 persone.

La città di Padang, 900.000 abitanti a 1.300 chilometri dalla capitale Giacarta, è stata investita da un'onda d'urto che ha sbriciolato gli edifici e fatto crollare i ponti. Il sisma ha risparmiato la capitale dove ci sono i più importanti siti petroliferi del Paese e il più antico terminal di gas liquido naturale, ma è stato avvertito a Singapore, 2.000 chilometri a ovest di Padang.

La Farnesina, in contatto con l'ambasciata italiana di Giacarta, ha fatto sapere che - al momento - non risultano cittadini italiani coinvolti nel violento terremoto.

(30 settembre 2009)


Abu Omar, chiesti 13 anni per Pollari
"Condannate anche 26 agenti Cia"

MILANO - Tredici anni di reclusione per l'ex direttore del Sismi Nicolò Pollari, definito "il regista di un sistema criminale": questa la condanna chiesta dal pubblico ministero Armando Spataro, al termine della sua lunga requisitoria del processo per il sequestro di Abu Omar. Il magistrato ha invocato anche 26 condanne per gli agenti della Cia coinvolti nel rapimento, con pene comprese tra i 13 anni e i 10 anni di reclusione.

Per l'ex capo del controspionaggio militare italiano, Marco Mancini, l'accusa ha chiesto 10 anni di reclusione. Richiesta di proscioglimento, invece, per tre funzionari minori del Sismi, Raffaele Di Troia, Di Gregorio e Giuseppe Ciorra.

Secondo la ricostruzione del sequestro fatta in aula da Spataro, il Sismi diretto da Pollari non solo offrì copertura alla Cia nel rapimento dell'ex imam, avvenuto a Milano, ma collaborò. Probabilmente senza dire nulla al governo. "Forse le autorità governative - afferma Spataro - non sono state avvertite di un accordo preso da Pollari. O almeno non c'è prova che lo abbia fatto". E questo dimostrerebbe, a suo giudizio, il "silenzio imbarazzato" con il quale i governi Prodi e Berlusconi hanno affrontato la vicenda: non hanno mai detto una parola in sede di Commissione europea, e nemmeno si sono presentati alle audizioni.


(30 settembre 2009)

Dopo le polemiche e l'annuncio dell'istruttoria del governo
la trasmissione di Raidue torna sulle feste di Palazzo Grazioli
Scandalo escort, Annozero insiste
Domani sera ospite la D'Addario

La replica del viceministro Romani: "Anche in questo caso, verificare se è servizio pubblico"

ROMA - Annozero non molla lo scandalo escort. Dopo le polemiche, gli attacchi del centrodestra e l'istruttoria sul programma di Michele Santoro annunciata dal viceministro Romani, domani sera sarà Patrizia D'Addario a raccontare la sua verità sulle feste di Palazzo Grazioli. Una presenza che secondo lo stesso Romani ribadisce la necessità di verificare se nella trasmissione "si faccia davvero servizio pubblico". E che provoca una prima defezione tra gli ospiti previsti: Flavia Perina, direttrice del Secolo d'Italia, vicina al presidente della Camera Gianfranco Fini, ha deciso di non partecipare più alla puntata.

Secondo quanto appreso da Repubblica.it la donna che per due volte fu nella residenza del premier, e che nella seconda occasione si fermò per la notte, interverrà in diretta. Non è stato ancora deciso se in collegamento video o in studio.

Romani: "E' servizio pubblico?". "La D'Addario in trasmissione domani ad Annozero? Non conosco il programma, comunque ci sarà il solito problema se un programma di questo tipo e con queste presenze è compatibile con il servizio pubblico Rai". Così si è espresso Paolo Romani, viceministro con delega alle Comunicazioni, al termine dell'audizione in commissione di Vigilanza.

Flavia Perina: "Non vado più". "Avevo dato la mia disponibilità di massima a partecipare alla puntata di domani di Annozero, che mi era stata presentata - dice Flavia Perina, direttore del Secolo d'Italia - come dedicata al "sistema Tarantini" e al rapporto tra il potere e le donne. Ma l'annuncio della presenza in studio della signora D'Addario mi ha costretto a declinare l'invito, con la convinzione che una trasmissione così congegnata rischi di risolversi nella ricerca di facili effetti scandalistici. Ho troppo rispetto per la politica, e per il tema della dignità della donna, per affidarla a un confronto di questo tipo".
(30 settembre 2009)


Ferrari-Alonso: è ufficiale
La casa di Maranello annuncia l'ingaggio del pilota spagnolo. Contratto di 3 anni a partire dal 2010. Farà coppia con Felipe Massa, Fisichella sarà la riserva. ''Un sogno che diventa realtà''. Ufficiale anche l'addio a Raikkonen a fine stagione





MARANELLO - E' ufficiale. Fernando Alonso è un nuovo pilota della Ferrari. Lo spagnolo ha firmato un contratto di tre anni a partire dalla prossima stagione. La formazione della Ferrari del prossimo Mondiale sarà dunque composta da Alonso, Felipe Massa e da Giancarlo Fisichella come pilota di riserva. Contestualmente all'annuncio dell'arrivo di Alonso, la Ferrari ha ufficializzato l'addio a Kimi Raikkonen. Il pilota finlandese, campione del mondo con la Rossa nel 2007, ''lascerà la squadra alla conclusione di questo campionato, al termine di una partnership fruttuosa e ricca di successi''.

IL SECONDO SPAGNOLO PER LA ROSSA - Alonso è il secondo pilota spagnolo che guiderà la Ferrari. Per rintracciare un altro pilota iberico nella storia di Maranello bisogna risalire al 1956 e 1957 quando Alfonso De Portago fu scelto per correre nella massima Formula, anche in coppia con Peter Collins e Jose Froilan Gonzales. Nato a Oviedo (Asturie) il 29 luglio 1981, Alonso debutta in Formula Uno nel 2001, al volante della Minardi, in occasione del Gran Premio d'Australia del 2001. L'anno successivo è collaudatore alla Renault e nel 2003 diventa pilota ufficiale della scuderia francese e realizza la prima pole position (Malesia) ottenendo la prima vittoria (Ungheria). Con la Renault Alonso diventa Campione del mondo nel 2005 e nel 2006.

UN SOGNO CHE SI REALIZZA - Guidare la Ferrari è per Alonso un sogno che si realizza: ''Guidare una monoposto del Cavallino Rampante - dice al sito ufficiale di Maranello - rappresenta un sogno per tutti quelli che fanno questo mestiere e io oggi ho la fortuna di poterlo realizzare. Di questo voglio ringraziare innanzitutto il Presidente Luca di Montezemolo, che ha fortemente voluto questo accordo triennale. Già durante l'estate avevamo raggiunto un'intesa a partire dal 2011 ma poi, negli ultimi giorni, il quadro della situazione è mutato e abbiamo deciso di anticipare l'arrivo a Maranello di un anno. Sono sicuro che, insieme a Felipe, sapremo dare delle grandi soddisfazioni alla Ferrari e ai suoi tifosi sparsi in tutto il mondo. Non vedo l'ora di mettermi al lavoro con la mia nuova squadra''.

IL BENVENUTO DI DOMENICALI - "Siamo molto lieti di accogliere nella nostra squadra un pilota vincente, che ha dimostrato il suo straordinario valore conquistando già due titoli iridati nella sua carriera - commenta Stefano Domenicali, direttore della gestione sportiva della Ferrari -. Fernando ha una personalità eccezionale e faremo di tutto per mettere a disposizione sua e di Felipe una vettura competitiva. Siamo certi questi due grandi piloti formeranno la miglior coppia possibile per una squadra come la nostra. Detto questo, vogliamo ringraziare Kimi per quanto ha fatto in questo periodo trascorso alla Ferrari''.

30 settembre 2009



Il presidente della Camera esprime dubbi sul dl anticrisi
che contiene anche lo scudo fiscale. "Pronto a tagliare i tempi"
Scudo fiscale, i dubbi di Fini
"Al voto domani, o 'ghigliottina"

Granata (Pdl) al governo: "Basta con il decisionismo ipocrita"
L'opposizione: "Decisione imperdonabile su un provvedimento vergognoso"




ROMA - "Oggettive anomalie procedurali". Gianfranco Fini non nasconde i dubbi sull'iter dello scudo fiscale, inserito nel dl anticrisi e sul quale oggi si vota la fiducia. E al tempo stesso sottolinea che per garantire la conversione in legge del provvedimento provvederà a porlo direttamente in votazione entro le 15 di domani (in vista della scadenza). Questo, continua la nota dell'inqulino di Montecitorio, "anche tenuto conto della necessità di assicurare un minimo di margine di tempo per l'esercizio da parte del capo dello Stato delle sue prerogative costituzionali".

In sostanza il presidente della Camera ha annunciato di voler ricorrere alla cosidetta "ghigliottina" (sarebbe la prima volta nella storia della Camera). Ovvero la decisione del voto finale di un provvedimento dopo il voto di fiducia anche senza attendere che sia completato l'iter. Alle opposizioni che hanno espresso la loro contrarietà a questa ipotesi, Fini ricordato che è "sua precisa responsabilità" assicurare il voto entro limiti di tempo tali da permettere un esame del testo al Capo dello Stato.

Una spiegazione che non convince la minoranza in piena lotta ostruzionistica. "Non si tratta di un'accortezza nei confronti di Napolitano ma è l'ennesima furbata per impedire all'opinione pubblica di prendere coscienza di ciò che questa maggioranza sta facendo di illiberale". "Sarebbe una decisione imperdonabile su un provvedimento vergognoso" ha affermato il capogruppo Pd, Antonello Soro. "Fini aggiungerebbe un'altra forzatura a un percorso parlamentare già zeppo di forzature" ha rincarato la dose Michele Vietti, vicecapogruppo Udc.

Ma a far capire che i dubbi di Fini sul metodo scelto dal governo sono forti, basta leggere le parole di un finiano di ferro come Fabio Granata. "Sono forti le perplessità soprattutto sugli inserimenti dell'ultim'ora nello scudo fiscale, quelli su frodi fiscali e falso in bilancio, ma la proposizione in forma di fiducia da parte del governo ha ovviamente stroncato questo dibattito che doveva esserci: non in Parlamento, ma prima, all'interno del Pdl, doveva precedere la dinamica di approvazione della norma - dice il parlamentare del Pdl - E' evidente che su certe problematiche si va avanti in maniera assolutamente decisionista, senza coinvolgere minimamente i gruppi parlamentari".

Le critiche dell'Avvenire. ''In tempo di crisi e di crollo delle entrate, sindacare sul 'profumo''' dei 5 miliardi di euro che, secondo le stime Cei, saranno portati in cassa dalla scudo fiscale, ''rischia di sembrare un discutibile esercizio retorico'', ma, allo stesso tempo, ''il messaggio veicolato dall'operazione-scudo rischia di avere effetti deleteri'' perche' comunque si tratta della ''terza sanatoria in dieci anni'', ''una soluzione premia-furbi'' che non puo' essere controbilanciata da ''proclami'' e ''grandi battaglie su fannulloni, burosauri, caste e baroni''. Lo scrive oggi 'Avvenire', il quotidiano della Cei, in un editoriale dedicato al provvedimento per il ritorno dei capitali all'estero che verra' approvato oggi.

(30 settembre 2009)


BUFERA IN CAMPIDOGLIO
La lettera del consigliere Bianconi
"Niente favori se non mi aiuti..."



Patrizio Bianconi«Chieda subito scusa». È una lettera di censura pesantissima quella inviata ieri dal sindaco Alemanno a Patrizio Bianconi, il consigliere pidiellino che - rispondendo alla richiesta di informazioni di un cittadino - ha sollecitato in cambio del suo "onorevole" interessamento la stipula di «un patto di sangue» elettorale, ovvero il sostegno per sé e un suo compagno di partito alle prossime comunali, pretendendo per di più di conoscere l´indirizzo di casa, la mail e il numero di telefono in modo da poterlo «schedare» e rintracciare «quando ci servirà il voto suo e della sua famiglia».

Parole definite «inqualificabili» dal primo cittadino, che ha anche sollecitato il presidente dell´Aula Giulio Cesare ad «adottare tutti i provvedimenti del caso, incluse - ove possibile - sanzioni severe» nonché di «mettere sotto osservazione l´attività di Bianconi perché comportamenti del genere non si devono ripetere e non saranno mai più tollerati».

Sa di cosa parla, il sindaco. Il signor Marcello Mancini, titolare di un centro di ortopedia in Prati, quando ha ricevuto la risposta «scioccante» del consigliere capitolino, ha subito inoltrato l´intero carteggio ad Alemanno e a tutti i capigruppo dell´assemblea comunale, presentando pure un esposto alla Procura della Repubblica. «Ho chiesto al magistrato di intervenire perché in un paese democratico è inaccettabile che un libero cittadino subisca pressioni di questo tipo», spiega. È davvero sconfortato, Mancini: «Il mio dubbio è: si tratta dell´errore di un singolo o anche gli altri giovani politici sono educati alla scuola del ricatto e dello scambio di favori?».

Un dilemma che l´inquilino del Campidoglio ha tentato a stretto giro di sciogliere. Prima ha parlato con i suoi per verificare l´autenticità della corrispondenza, quindi ha preso carta e penna e inviato la censura scritta a Bianconi. Che tuttavia l´offesissimo Mancini reputa «il minimo indispensabile: in verità mi sarei aspettato una presa di posizione più dura, bisognerebbe dare una sterzata seria e forte, stigmatizzare con atti concreti certi tipi di comportamenti. Ora mi auguro solo che la questione non si risolva in un niente». Come in realtà avrebbe voluto il Pdl. Che per tutto il giorno ha fatto finta di ignorare il caso di Mangiafuoco, come il "focoso" consigliere è stato soprannominato. Più volte interpellato, il capogruppo Dario Rossin ha risposto in modo evasivo di «saperne poco», di non aver «ancora letto le carte». Fino a sera. Quando, appreso della lettera di Alemanno, s´è finalmente sbilanciato: «Ho convocato Bianconi, lo incontrerò tra oggi e domani per capire qual è la sua versione. Lui sostiene che è stato uno scherzo, certo di cattivo gusto, ma non ho motivo di non credergli». Una linea di cautela adottata anche dal vice-coordinatore romano del Pdl, Luca Malcotti: «Secondo me fra i due ci sono stati dei pregressi. Sarà successo qualcosa che non conosciamo. Altrimenti non ha senso: i consiglieri comunali vivono di consenso, coltivarlo sul territorio, nel contatto con i cittadini, è il nostro modo di fare politica. Avrò modo di parlare con Bianconi perché intanto noi dobbiamo accertare cosa è realmente accaduto».

Ad attaccare a testa bassa è invece il Pd. «È un comportamento inaccettabile che danneggia l´intero consiglio comunale», tuona il capogruppo Marroni, «chiederemo subito al presidente dell´Aula di censurare Bianconi». Parla di «squallore e tristezza infinita» Valeriani, «vorrei incontrare il signor Mancini per dirgli che non siamo tutti così», mentre Masini fa sue le parole di Napolitano e Vittorio Foa: «Chi rappresenta le istituzioni sia esempio di moralità». (30 settembre 2009)


Conclusa l'inchiesta della Procura di Paola, in provincia di Cosenza, sulla Marlane
Il lavoro dei magistrati è durato anni. Il primo fascicolo nel '99, un altro nel 2006
Morti quaranta operai nella fabbrica tessile
La nube tossica dei coloranti covava il cancro




PAOLA - Ne sono morti quaranta di cancro. Altri sessanta hanno lo stesso male e sono ancora vivi. Erano tutti operai, colleghi, per anni fianco a fianco nell'azienda tessile Marlane, in provincia di Cosenza, a Praia a Mare. La Procura di Paola ha concluso le indagini, durate anni, e ha ipotizzato i reati di omicidio colposo dei dipendenti, la cui morte è stata attribuita alle condizioni di lavoro, e inquinamento ambientale.

Sono stati anni difficili per i parenti delle vittime, difficili per gli ex operai che dopo anni di lavoro in fabbrica combattono contro tumori che hanno colpito la vescica, o i polmoni, l'utero o la mammella. Le fasi delle indagini sono, per il momento, concluse, si attende ora la decisione di rinvio a giudizio di una decina di indagati.

Ci sono voluti anni e anni di indagini, prima lungo un doppio percorso, poi riportate in un unico fascicolo, per dimostrare la connessione tra i decessi e l'uso di alcune sostanze usate nella fabbrica di coloranti azoici, che contengono "ammine aromatiche", indicate da una ampia letteratura scientifica come responsabili delle insorgenze tumorali.

Tre procedimenti - il primo iscritto nel '99, il secondo nel 2006 (con sette indagati) e il terzo nel 2007 (con quattro indagati) - che il Procuratore Capo Bruno Giordano ha fatto confluire in un unico fascicolo. Più di mille operai hanno lavorato nell'azienda fondata negli anni '50 dal conte Rivetti. Si producevano tessuti di vario tipo, per lo più divise militari. Fino alla metà degli anni Sessanta, nella Marlane esistevano dei muri divisori tra i reparti.

Poi l'azienda passò dal Lanificio Maratea, nel 1969, all'Eni - Lanerossi. In quell'anno i muri che dividevano i reparti furono abbattuti e così la fabbrica diventò un unico ambiente di lavoro: la tessitura e l'orditura, trasferite dal lanificio del vicino comune di Maratea, vennero inserite tra la filatura e la tintoria, senza alcuna divisione fisica. E così i fumi saturi di sostanze chimiche di coloritura, provenienti dalla tintoria si espandevano ovunque. Una nube permanente e densa sugli operai.

A chi lavorava su certe macchine, alla fine della giornata veniva donata una busta di latte per disintossicarsi. Era l'unica contromisura proposta, che evidentemente non poteva bastare. I coloranti - quelli che generalmente vengono contenuti nei bidoni con il simbolo del teschio - venivano buttati a mano dagli operai in vasche aperte, dove ribollivano riempiendo di fumi l'ambiente e le narici dei lavoratori.

Senza aspiratori funzionanti. Gli operai tossivano e i loro fazzoletti diventavano neri. E poi c'era l'amianto. L'azienda dice di non averlo usato, ma chi ha lavorato nello stabilimento sa bene che i telai avevano freni con le pastiglie d'amianto, che si consumavano spesso e dalle quali usciva polvere respirata da tutti.

Nel corso del 1987 il gruppo tessile Lanerossi - già appartenente al gruppo ENI, di cui faceva parte la Marlane di Praia a Mare - venne ceduto alla Marzotto di Valdagno, che ne detiene ancora la proprietà. Negli anni '90 la svolta: arrivarono le vasche a chiusura, dove i coloranti potevano ribollire senza riempire l'aria di vapori. Ma per molti operai fu troppo tardi, dopo decenni di inalazioni tossiche. Nel 96 la tintoria è stata chiusa. Oggi l'azienda è vuota. Dismessa.

"Le indagini sono praticamente chiuse - ha dichiarato il Procuratore Capo di Paola, Bruno Giordano - recentemente abbiamo richiesto un ultimo sequestro preventivo che il gip ha emesso relativo all'area circostante lo stabilimento e credo che sia stato l'ultimo passo istruttorio da parte nostra.

Ora aspettiamo solo di chiudere formalmente le indagini". La Procura di Paola ha infatti sequestrato il terreno circostante l'azienda: sotto, tonnellate di rifiuti industriali. Sostanze che erano nocive ancora prima di diventar rifiuti e che per questo avrebbero dovuto seguire l'iter di smaltimento secondo legge. Ma evidentemente qualcuno ha preferito seppellirli lì. Per questo, all'indagine iniziale sulle morti bianche se ne è aggiunta una seconda: non si indaga solo sulle modalità del ciclo di produzione ma anche sull'interramento dei rifiuti. Così oggi la fabbrica, chiusa da cinque anni, non è sotto sequestro ma i terreni circostanti sì.

Secondo la Procura, gli operai deceduti potrebbero essere più di ottanta: non tutte le famiglie dei deceduti infatti hanno sporto denuncia. Per questo il dottor Giordano ha costituito un gruppo di lavoro per individuare tutte le eventuali parti offese. Per molti operai, tuttavia, sarà dificilissimo avere giustizia: tanti sono i casi caduti in prescrizione. Con la legge Cirielli, infatti, solo i decessi a partire dagli anni '90 possono rientrare nella vicenda giudiziaria in corso.

Le prime morti risalgono agli inizi degli anni '70. Tra i primi, nel '73, due trentenni che lavoravano con gli acidi. E così via. Qualcuno sostiene che i morti siano un centinaio, ma secondo l'azienda sarebbero "solo" una cinquantina. Dato, questo, che rivelerebbe un rischio pari a un caso su un totale di 1058 operai, nell'arco di 40 anni. Motivo per cui l'azienda non vuole riconoscere il nesso di causalità tra le morti e le sostanze lavorate in fabbrica per decenni.

Non è dello stesso avviso il prete del paese, che ha celebrato più di ottanta funerali di operai. E non lo sono neanche le vedove, gli orfani di padri morti dopo una vita trascorsa in fabbrica. E poi c'è la storia di un operaio ammalato di cancro, Luigi Pacchiano, che ha trovato il coraggio di far causa alla Marlene - e che ha denunciato di aver ricevuto minacce per la sua azione legale - ma a cui poi l'Inail ha riconosciuto la malattia professionale ed ha ottenuto dal tribunale di Paola un risarcimento di 220 mila euro.

Ma le questioni sulla Marlene non finiscono qui. Ci si interroga sui finanziamenti dall'Unione europea e dalla Regione, sulle storie di precariato e cassa integrazione, sui sindacati e sui partiti e persino, come si può leggere nei rapporti del Ministero della Sanità, sul mare non balneabile di fronte alla fabbrica, nonostante ci fosse un depuratore.

(30 settembre 2009)


Il tragico bilancio della violenza di stato dopo le manifestazioni per la democrazia
Un operatore umanitario: "Bloccate le vie di accesso, poi hanno riempito le strade di sangue"
Guinea, oltre 150 morti nella repressione
"Si sparava a vista, contro tutto e tutti"



DOPO il massacro, due giorni di lutto nazionale. Potrebbe apparire grottesco, ma la giunta militare al potere in Guinea propone l'improponibile e cerca di passare per vittima di una strage che lei stessa ha ordinato e che il mondo intero ha condannato con forza e sdegno.

Solo ora, due giorni dopo le manifestazioni di decine di migliaia di persone che invocavano il passaggio alla democrazia, si traccia un bilancio della carneficina. Il numero dei morti è ben superiore a quello ammesso, a fatica, dalla fonti ufficiali. Chi ha operato per le strade, chi ha soccorso feriti che agonizzavano sui marciapiedi, chi ha raccolto i corpi ormai senza vita che riempivano gli angoli delle strade attorno allo stadio di calcio "28 settembre", chi ha portato via di nascosto le ragazze aggredite, pestate e violentate dalle case in cui avevano trovato rifugio, racconta di una mattanza che li ha lasciati senza fiato.

Organizzazioni indipendenti, impegnate nella battaglia per i diritti umani, parlano di 157 vittime e di 1283 feriti. Tutti per colpi di arma da fuoco o per ferite da taglio, probabilmente inferte con coltelli e machete. Ci telefona un operatore di Medicins sans frontières, forse una della pochissime organizzazioni presente in ogni angolo dell'Africa e del pianeta. Con voce rotta dall'emozione per lo spettacolo a cui ha assistito ci conferma che la repressione è stata "violentissima". Per la sua incolumità e per garantire il lavoro di assistenza che lui e i suoi colleghi stanno svolgendo ancora in queste ore, evitiamo di riportare il suo nome. Sappiamo che è un italiano, che si occupa di logistica.

"Non sono un medico", ci spiega, "ma chiunque abbia assistito al massacro di lunedì scorso è in grado di capire chi e in che modo ha riempito le strade di Conakry con il sangue. L'aggressione è avvenuta all'interno dello stadio. Poco prima delle 10 e 30 del mattino si erano radunate migliaia di persone. Erano venute da ogni quartiere della città. Molte, addirittura, da fuori. Era stata indetta una manifestazione di protesta contro la giunta militare al potere. L'atmosfera era elettrica. I militari avevano bloccato ogni via di accesso con mezzi, uomini e barriere di ferro e cemento. La folla non si è fatta intimidire. Ha riempito lo stadio. Era previsto un comizio, ma non c'è stato il tempo. Centinaia di soildati e di poliziotti hanno fatto irruzione, hanno iniziato a colpire con mazze, bastoni e coltelli. Poi, davanti alla folla che cercava scampo fuori e dentro lo stadio è iniziata la sparatoria. Si sparava a vista, contro tutti e tutti. Ad altezza d'uomo. I corpi cadevano come birilli. La gente correva, cadeva, cercava di rialzarsi. Fuggivano, ma erano presi da più fuochi. Come greggi allo sbando, molti hanno cercato di rintanarsi nelle case che sorgono all'esterno dello stadio. C'è stata molta solidarietà. Gli abitanti aprivano i portoni e raccoglievano i feriti. Noi siamo usciti con due e poi cinque mezzi. Facevamo la spola tra lo stadio e gli ospedali. Nel giro di un'ora le corsie si sono riempite di 400 feriti. Sette sono arrivati già morti. Almeno quattro, ragazze giovanissime, presentavano i segni inequivocabili della violenza sessuale. Ragazze aggredite per strada o prese direttamente dentro le case dove avevano trovato rifugio".

La situazione è rimasta tesissima per tutto martedì. Solo stamane sono tornate a circolare alcune macchine civili e i negozi hanno ripreso lentamente la loro attività. Lo scenario rimane molto incerto. Il capo della giunta, il capitano Musa Dado Camara, il classico ufficiale che ha preso il potere con un colpo di Stato, si è presentato in tv e ha cercato di gettare acqua sul fuoco. Non si è assunto, ovviamente, la responsabilità di quanto è accaduto. Ha ammesso, candidamente: "Qualcuno ha esagerato. Hanno perso il controllo, io stesso non sono in grado di controllare tutti i soldati". Ma ha anche avvertito: "Nessuna manifestazione sarà tollerata. Ogni assembramento, di ogni natura, verrà considerato sovversivo. Ho dato ordine di intervenire con forza e durezza.". Poi ha sentenziato: "E'venuto il momento della riflessione e del dialogo. Invito tutti, dalle associazioni religiose, a quelle civili, ai leader dei partiti, a parlare di quanto è avvenuto". Ma l'appello è caduto nel vuoto. La gente ha visto e giudica. C'è poco da capire. La maggioranza del paese chiede giustizia, chiede che i responsabili della mattanza siano individuati e condannati. Francia e Belgio, le due grandi ex potenze coloniali che hanno continuato a sostenere la giunta con sforzi militari e forniture di armi, giocano la carta di sempre. Condannano con espressioni di dolore e di orrore e interrompono il flusso di materiale bellico che rimpingua le casse degli uni e degli altri. Fino al nuovo ordine. Il capo della giunta ha un solo obiettivo: garantire una giornata tranquilla per la festa dell'indipendenza che cade domani, 2 ottobre. In attesa delle elezioni di gennaio quando si candiderà a nuovo presidente della Guinea.

(30 settembre 2009)


Rispetto alle stime, riuscito a metà il maxicondono per la regolarizzazione dei clandestini
Le associazioni di assistenza agli immigrati: allungare i tempi ed estendere i criteri
La sanatoria delle badanti è un flop
266.000 domande, Maroni: "No proroghe"


«L'abbiamo spedita a metà mese. Ora non ci resta che aspettare e pregare». Irina è una giovane moldava. Fa la colf per una famiglia di professionisti romani. Oggi è un'invisibile, un'immigrata irregolare. Ma è stata fortunata: «I miei datori di lavoro hanno presentato domanda di sanatoria». Solo così Irina potrà salvarsi dai rigori del nuovo reato di clandestinità. Come lei, tante sono le immigrate che stanno cercando di emergere. Quante? Meno delle previsioni del Viminale, in verità.

Il maxicondono di colf e badanti straniere ha infatti partorito una minisanatoria. I numeri parlano chiaro: dal 1 al 30 settembre alle ore 9 (la procedura on line chiuderà oggi a mezzanotte) sono state 266.092 le domande di regolarizzazione trasmesse on-line.

I moduli richiesti riguardano soprattutto lavoratori ucraini (42mila), marocchini (38mila), moldavi (29mila) e cinesi (22mila). Le domande più numerose provengono dalla provincia di Milano con oltre 50mila moduli scaricati, seguita da Roma con oltre 37mila. A essere richieste sono soprattutto colf (161mila).

Nonostante la notevole accelerazione degli ultimi giorni, non sono state rispettate le stime originarie del ministero dell'Interno, che prevedeva tra le 500 e le 750mila domande. Perché? Innanzitutto, molti datori di lavoro hanno preferito rimanere nel sommerso, per convenienza (non dover presentare il 740) o paura. Non solo. Secondo alcune associazioni a frenare la regolarizzazione sarebbero stati anche i requisiti imposti: l'idoneità dell'alloggio del lavoratore, il limite di reddito (20mila euro) richiesto al datore di lavoro per le colf, il minimo di 20 ore settimanali dovute da contratto.

Per questo Asgi, Arci e Cgil hanno chiesto al governo di emanare un decreto-legge per estendere a tutti i lavoratori stranieri (e non solo colf e badanti) la facoltà di regolarizzare la propria posizione; di consentire la sanatoria anche degli immigrati che svolgono contestualmente più rapporti di lavoro a tempo parziale e infine di prorogare il termine per accedere alla regolarizzazione. Anche l'Adoc, la Uil e l'Associazione nazionale datori di lavoro domestico auspicano una proroga dei termini di regolarizzazione.

Ma il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, fa sapere che non ci sarà alcuna proroga: «Chi non ha usufruito della norma per la regolarizzazione ha deciso di continuare nel lavoro irregolare e sarà soggetto a sanzioni previste dalla legge». Il ministro contesta anche chi ha parlato di flop per la regolarizzazione: «Si sono fatte stime a casaccio, chi ha parlato di 500mila, 700mila, o un milione di domande, ma la norma è stata fatta per fare emergere il lavoro nero di colf e badanti e basarsi sulle stime fatte per dire che è stato un flop è sbagliato».

(30 settembre 2009)
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 2/10/2009, 16:24




A Montecitorio, con solo venti voti di scarto via libera al dl anticrisi
In Aula mancavano, tra gli altri, 23 deputati del Pd. In arrivo sanzioni
Camera, passa lo scudo fiscale
Decisive assenze dell'opposizione

Barbato (Idv): "Berlusconi e il Pdl sono mafiosi". E' bagarre. Fini: "Affermazioni gravi"



ROMA - Via libera definitivo della Camera al decreto correttivo del dl anti-crisi che comprende, tra l'altro, le contestate norme sullo scudo fiscale. I sì sono stati 270 e i no 250. In pratica si tratta di un via libera ottenuto con solo 20 voti di scarto. Ciò significa che, se l'opposizione fosse stata al completo, il provvedimento non sarebbe passato. Sono 279 infatti i deputati che non appartengono ai gruppi del Pdl e della Lega.

La maggior parte delle assenze si registrano nel Pdl (213 presenti su 269 appartenenti al gruppo) ma subito dietro c'è il Pd (23 i deputati che non hanno partecipato al voto. I big c'erano tutti). Ed ancora 6 su 37 sono i deputati dell'Udc assenti, uno solo tra le file dell'Idv.

Per i deputati democratici assenti, la presidenza del gruppo annuncia sanzioni. Anche se precisa: "Su 22 assenti, 11 erano in malattia". Quindi gli assenti ingiustificati sono 11, e dunque "non determinanti ai fini del voto". Sanzioni anche per gli assenti Udc, con Pier Ferdinando Casini che denuncia la "grave mancanza di responsabilità" di chi non ha votato.

Gli assenti. Tra gli assenti, l'Idv Aurelio Misiti, i Pd Ileana Argentin, Paola Binetti, Gino Bucchino, Angelo Capodicasa, Enzo Carra, Lucia Coldurelli, Stefano Esposito, Giuseppe Fioroni, Sergio D'Antoni (che fa sapere di essere ricoverato in ospedale), Antonio Gaglioni, Dario Ginefra, Oriano Giovanelli, Gero Grassi, Antonio La Forgia, Linda Lanzillotta, Marianna Madia, Margherita Mastromauro, Giovanna Melandri, Lapo Pistelli, Massimo Pompili, Fabio Porta, Giacomo Portas. Nell'Udc gli assenti erano Francesco Bosi, Amedeo Ciccanti, Giuseppe Drago, Mauro Libè, Michele Pisacane, Salvatore Ruggeri.

Bagarre in aula. In mattinata sono state le parole di Francesco Barbato, deputato dell'IdV, a scatenare la lite in aula e la sospensione della seduta. L'esponente dipietrista ha infatti accusato la maggioranza e il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, di essere dei "mafiosi". Immediata la reazione del vicepresidente del gruppo del Pdl, Italo Bocchino: "Questo è reato, siamo nell'aula della Camera e chiedo al vicepresidente di turno, Rosy Bindi, di intervenire usando il regolamento". Il vicepresidente della Camera ha sottolineato di aver "espressamente richiamato all'ordine Barbato" ed è Scoppiata la bagarre: l'IdV ha protestato mostrando le agende rosse usate nella manifestazione di alcuni giorni fa in memoria di Paolo Borsellino, e la Bindi si è vista costretta a sospendere la seduta. Duro il commento del presidente Gianfranco Fini: "Alcune espressioni dell'onorevole Barbato, a mio avviso oggettivamente gravi, saranno oggetto di valutazione da parte dell'ufficio di presidenza". Poi lo stesso Fini ha invitato tutti ad "avere un atteggiamento consono al luogo in cui ci troviamo, evitando atteggiamenti che offendono in primo luogo chi se ne rende responsabile".

(2 ottobre 2009)

Il capo dello Stato: "Provo nostalgia per i tempi in cui
le forze politiche si confrontavano con civiltà in Parlamento"
Napolitano, monito ai partiti
"Stanco della politica incivile"


MATERA - Il presidente della Repubblica, con toni secchi e perfino amareggiati, torna a criticare la qualità del dibattito politico: "Sono stanco della politica incivile". Il presidente aggiunge di provare nostalgia per i tempi in cui le forze politiche si confrontavano con civiltà in Parlamento".

Nel suo discorso a braccio a Matera, l'inqulino del Colle ha ricordato la politica degli anni '50-'60, "tempi in cui non si facevano tanti complimenti, c'erano divisioni ideologiche, ma ci si rispettava, ci si ascoltava, c'era molto rispetto tra avversari".

Il Mezzogiorno e il suo sviluppo sono stati il secondo punto forte del discorso. Si riferisce ai sassi di Matera, il presidente e sottolinea come siano "patrimonio locale, ma anche dell'Italia unita". Infatti sono "parte del più grande patrimonio di quell'Italia che abbiamo voluto, che hanno voluto unificare i garibaldini di Bergamo e della Liguria come i siciliani".

"I padri del Risorgimento mai hanno immaginato che si potesse fare l'Italia senza il Mezzogiorno: non sarebbe stata l'Italia" prosegue Napolitano.

Da questo bisogna partire per "trarre le conseguenze" del ragionamento. Magari sarà "duro" ma necessario anche per "la politica e le istituzioni" nazionali. Sembra di cogliere un richiamo generale a non rinchiudersi nei localismi e nelle vecchie divisioni Nord-Sud. La questione meridionale "deve essere riportata al posto che gli spetta, in prima fila", nonostante qualcuno recentemente abbia teorizzato persino che non esistesse più.

Eppure "c'è una parte del Paese "che è troppo lontana dai livelli di sviluppo e di vita dell'altra". Superare questo divario "è una delle questioni su cui è nata l'Italia".



(2 ottobre 2009)


Il presidente della Camera non si avvarà dell'immunità per difendersi da una accusa di diffamazione
L'ex pm di Potenza rimette la querela per le frasi a Porta a Porta
Querela del giudice Woodcock
Fini rinuncia al Lodo Alfano


ROMA - Il presidente della Camera Gianfranco Fini rinuncia al Lodo Alfano che tutela le 4 cariche più alte dello Stato. La scelta dell'inquilino di Montecitorio è legata ad un procedimento nei suoi confronti che nasce da una querela di Henry John Woodcock, ex pm di Potenza, per le parole pronunciate dall'ex leader di An a "Porta a Porta".

E' stata Giulia Bongiorno, deputata del Pdl e avvocato del presidente della Camera a depositare l'istanza di rinuncia al Lodo da parte di Fini su questo fatto specifico.

La decisione di Fini che ha avuto come immediata conseguenza la decisione del pm di rimettere la querela nei confronti di Fini. Chiudendo di fatto il caso."La sensibilità istituzionale mostrata dal Presidente Fini compensa la pur grave offesa arrecatami dalle sue dichiarazioni dell'epoca - commenta il pm - Da magistrato e da uomo dello Stato in questo momento ritengo doveroso rimettere una querela nei confronti di chi ha mostrato leale collaborazione tra le istituzioni e, soprattutto, fiducia nell'azione della magistratura".

Da Vespa Fini disse che Woodcock era "noto per una certa fantasia investigativa, chiamiamola così". Poco dopo lo definì "personaggio verso il quale il Csm avrebbe già da tempo dovuto prendere provvedimenti". Più avanti definì il magistrato potentino "un signore che in un Paese serio avrebbe già cambiato mestiere".

(2 ottobre 2009)


Mille e cento i morti finora accertati. Il ministro della Sanità
"Servono squadre di soccorso". Timore per la situazione sanitaria"
Sisma, appello dell'Indonesia
"Servono aiuti internazionali
"

PADANG (Indonesia) - L'Indonesia ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché invii al più presto delle squadre di soccorso per aiutare le operazioni di ricerca dei dispersi dopo il terribile terremoto che mercoledì ha colpito l'isola di Sumatra. Ieri il coordinatore degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite, John Holmes, ha aggiornato il bilancio delle vittime salito a 1.100 morti.

Nella città di Padang, la più devastata dal sisma di magnitudo 7.6, l'odore che proviene dagli edifici crollati alimentano i timori di un rischio sanitario e possibili epidemie. La situazione nei villaggi non è più semplice: molte le persone, affamate e terrorizzate, costrette a dormire all'aria aperta.

''Il problema principale è che ci sono ancora molte persone intrappolate nelle macerie'', ha detto il ministro della Sanità Siti Fadilah Supari. ''Abbiamo bisogno di aiuto dall'estero. Abbiamo la necessità di squadre di soccorso'', ha affermato.

(2 ottobre 2009)


Identificato per gli indumenti trovati su un'altra auto rubata in precedenza
Era sfuggito a un primo posto di blocco, poi ha travolto il maresciallo a Foligno
Col Suv investe e uccide carabiniere
arrestato pregiudicato a Modena


Andrea Angelucci
FOLIGNO (Perugia) - E' in manette l'uomo accusato di aver forzato un posto di blocco provocando la morte di un carabiniere ieri notte nei pressi di Foligno. Si chiama Rocco Varanzano, ha 40 anni, ed è stato arrestato a Modena ancora al volante dell'auto, una Bmw X5 rubata, con cui ha travolto e ucciso Andrea Angelucci, 36 anni, maresciallo dei carabinieri in servizio alla compagnia di Foligno e residente a Spello.

Dopo aver evitato il posto di blocco, il malvivente a bordo della Bmw ha percorso cinque chilometri contromano sulla strada a quattro corsie 77 Valdichienti, da Foligno a Sant'Eraclio, inseguita dalla polizia stradale, quindi ha imboccato una strada sterrata facendo perdere le tracce.

Della Bmw, fermata nella zona di Modena, il presunto autore dell'investimento si era impossessato nei pressi di Colfiorito dopo avere abbandonato una Ford Focus, risultata rubata a Cesena, nella quale i carabinieri hanno trovato i documenti e gli indumenti che hanno portato a individuare Rocco Varanzano, identificato anche grazie alle impronte digitali. Sembra che Varanzano avesse un fratello in provincia di Perugia e una convivente nel capoluogo umbro. Dagli accertamenti è emerso che era stato scarcerato nel marzo scorso.

La procura di Perugia ha aperto nei suoi confronti un fascicolo per omicidio volontario. Le indagini sono coordinate dal pubblico ministero, Manuela Commodi, che ha seguito per tutta la notte sul posto l'evolversi della situazione. Il magistrato sta ora valutando se disporre l'autopsia sul corpo del carabiniere.

Secondo la ricostruzione fornita dai carabinieri nel primo pomeriggio di ieri a Foligno una pattuglia aveva intimato l'alt a una Ford Focus con un uomo a bordo. L'auto aveva rallentato e poi era ripartita di scatto. I due carabinieri si erano spostati evitando di essere investiti ma avevano comunque riportato lievi ferite. A questo punto era scattata una sorta di "caccia all'uomo" con posti di blocco in tutta la zona circostante e l'impiego di un elicottero. Il velivolo in serata aveva individuato la Ford Focus (risultata rubata a Cesena), in un bosco di Verchiano, sulle montagne di Colfiorito, ma non ha potuto atterrare perché la zona era impervia. Alla vista dell'elicottero l'uomo che era in auto è scappato a piedi in mezzo ai boschi mentre è scattata una battuta anche con l'impiego di unità cinofile.

L'uomo è riuscito a fuggire e si è impossessato di un Suv di colore nero a bordo del quale ha forzato, sempre nella zona di Colfiorito, uno dei posti di blocco investendo il maresciallo Andrea Angelucci. Poi è fuggito. Il maresciallo è morto alcune ore dopo, verso le quattro di stamani, all'ospedale di Foligno.

Dopo qualche ora la Bmw è stata intercettata a un posto di blocco in largo Garibaldi, a Modena. Il conducente ha tentato di forzare anche questo ma gli agenti hanno esploso alcuni colpi d'arma da fuoco contro le gomme dell'auto che poco dopo è stata bloccata in via Ancona, terminando la fuga del presunto omicida che è stato arrestato. Varanzano ha 41 anni, è un sorvegliato speciale e ha precedenti per reati contro il patrimonio. Oltre che di omicidio volontario, dovrà rispondere di resistenza aggravata, lesioni e ricettazione.

(2 ottobre 2009)



Diffusi dall'Istat i dati relativi al secondo trimestre 2009
Conti pubblici, aumentano
deficit/Pil e pressione fiscale

Il rapporto è stato del 3,3%, in calo rispetto al al 9,3 del primo trimestre ma molto più dell'1,3 di un anno fa. Il gettito tributario è calato del 2,7%, ma la pressione passa da 45 a 45,8%

ROMA - Il rapporto deficit/pil si è attestato al 3,3% nel secondo trimestre (contro l'1,3% dello stesso periodo del 2008), mentre nei primi sei mesi è stato del 6,3% (contro il 3,5% dei primi sei mesi 2008). Lo comunica l'Istat. Nel primo trimestre di quest'anno il rapporto aveva raggiunto il 9,3%.

Positivo il il saldo primario, ovvero l'indebitamento al netto degli interessi passivi, ma sceso a quasi un terzo di quello del corrispondente periodo del 2008. L'avanzo primario del settore pubblico nel secondo trimestre del 2009 è risultato positivo per 5.417 milioni di euro, con una incidenza sul Pil dell'1,4%, mentre era stato del 3,9% nel 2008).

Sempre nel secondo trimestre del 2009 le entrate fiscali sono diminuite rispetto a un anno prima del 2,4%, contro il -0,5% dello stesso periodo dell'anno precedente. L'Istat aggiunge che nel semestre le entrate sono diminuite del 2,7% (+1,5% nel corrispondente semestre del 2008). Nonostante il calo delle entrate la pressione tributaria, nel secondo trimestre, è pari al 45,8% rispetto al 45% dello stesso periodo del 2008.

(2 ottobre 2009)
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 3/10/2009, 13:30




Presentato a Istanbul il "Rapporto regionale sull'Europa"
"I problemi dell'Italia vanno ben oltre la recessione, servono misure strutturali"
Fmi scettico sullo scudo fiscale
"Va adottato solo per disperazione"




ISTANBUL - "I problemi dell'Italia vanno ben oltre questa recessione" e dipendono dal "basso potenziale di crescita" dell'economia, ricorda Ajai Chopra, vicedirettore del Dipartimento europeo del Fondo monetario internazionale, che stamane a Istanbul ha presentato il "Rapporto regionale sull'Europa". Proprio perché si tratta di problemi antichi, con radici profonde, per risolverli servono riforme strutturali, e non certo interventi come quello dello scudo fiscale: misure di questo tipo, ha affermato il direttore per l'Europa del Fondo Monetario Internazionale Marek Belka, rispondendo alla domanda di un giornalista, vanno adottate "soltanto in casi eccezionali" e "per disperazione", tenendo conto che maggiore è la loro frequenza minore è la loro efficacia.

"L'Fmi - ha detto l'ex capo del governo e ministro delle Finanze polacco nel corso della conferenza stampa tenuta per presentare il Rapporto sull'Europa - non ha una specifica opininone al riguardo. Quello che penso io, come ex politico ed ex regolatore, è che più questi interventi sono frequenti meno sono efficaci. Se uno ricorre a queste misure, lo deve fare soltanto in circostanze eccezionali. In questo caso possono, anzi devono, riportare fiducia, altrimenti resto scettico. Le amnistie fiscali vanno adottate soltanto per disperazione".

Il Fondo Monetario Internazionale nei giorni scorsi ha rivisto al rialzo le sue previsioni di crescita del Pil per il 2010 per l'Italia, con una crescita positiva dello 0,2% dopo il crollo del 5,1% stimato per quest'anno. Ma il problema del nostro Paese non è certo la crisi mondiale, ma, ha ricordato Chopra, "la produttività declinante dell'ultimo decennio, i redditi stagnanti mentre si è aperto ulteriormente un gap di produttività". "Bisogna agire - ha concluso Chopra - con molto più impegno per affrontare gli impedimenti strutturali alla crescita".

E del resto, ha ricordato l'economista del Fondo, in Europa la recessione economica sembra giunta alla fine, ma la ripresa si profila "lenta e fragile". In parte il recupero poggia sulla ripresa del commercio con l'estero, determinata a sua volta soprattutto dall'Asia. Ma "l'Europa non può contare solo su questo per la ripresa. - ha avvertito Belka - Inoltre, il credito resta scarso, la disoccupazione sta aumentando e la crisi ha ridotto il potenziale di crescita dell'Europa".

In questo quadro l'istituzione di Washington richiama governi e istituzioni sulla necessità di adoperarsi per stabilizzare la ripresa, in particolare favorendo un pieno risanamento dei bilanci delle banche. "Fino a quando i problemi del settore bancario non saranno risulti - ha avvertito Belka - la ripresa potrebbe rivelarsi più debole del previsto".


(3 ottobre 2009)


IL RETROSCENA. Tarantini "agitato" dopo le parole della D'Addario in tv
I legali: Berlusconi ignorava che lei fosse una escort
I nastri di Patrizia all'ascolto dei pm
chiave per capire se il premier mente





BARI - Il Presidente del Consiglio e il suo ex ruffiano, Gianpaolo Tarantini, tornano ad avere un problema. Serio. Con un solo affondo - "Berlusconi sapeva che ero una escort. E che le altre ragazze erano escort come me" - Patrizia D'Addario strappa il canovaccio cui dall'inizio di questa storia hanno lavorato lo staff del Presidente ("Berlusconi? Tutt'al più un utilizzatore finale", Niccolò Ghedini) e gli avvocati di Tarantini, "l'ospite sbagliato" che la storiella raccontata sin qui ai pubblici ministeri vorrebbe ladro della buona fede dell'"inconsapevole" Presidente.

Di più: con quell'affondo, Patrizia D'Addario - quale testimone - pone al lavoro della Procura un'alternativa che non ammette conclusioni ambigue e che comporta conclusioni processuali opposte. Perché delle due l'una. O la D'Addario mente e allora la sua è una calunnia di cui il Presidente sarebbe vittima. O, se dice il vero, Berlusconi ha concorso con Tarantini nei reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

Che sia questa la posta cruciale che torna a ballare nella vicenda barese lo dice la gran fretta con cui, ieri, Nicola Quaranta e Nico D'Ascola, gli avvocati di Tarantini, dettano una nota che torna a scavare un fossato tra il ruffiano di Palazzo Grazioli e "l'inconsapevole utilizzatore finale". "Tarantini - si legge - non ha presentato la D'Addario al Presidente come escort. Non esisteva un accordo per prestazioni sessuali pre-commissionate. Tarantini non ha mai chiesto alla D'Addario un curriculum per una sua candidatura alle elezioni europee. Tarantini non ha mai accompagnato a Palazzo Grazioli un numero indeterminato di ragazze, ma al massimo due o tre per fare bella figura. In quelle cene non si è mai verificato nulla di inconsueto".

Ma che sia questa la posta lo dicono anche le parole con cui il procuratore Antonio Laudati, al di là delle clausole di stile ("Non ho visto Annozero, e mi sto impegnando perché i processi si facciano in aula"), informa che, a tre mesi dal loro deposito, è finalmente iniziato, insieme a quello delle centinaia di intercettazioni telefoniche dei colloqui tra Berlusconi e Tarantini, il lavoro di trascrizione dei nastri consegnati alla Procura dalla D'Addario. Diverse ore di registrazioni che documentano le sue conversazioni con il Presidente, con Gianpaolo Tarantini e con Barbara Montereale, una delle altre ragazze presenti a Palazzo Grazioli.

Del contenuto di quei nastri è stata svelata sin qui solo una parte (ne ha dato conto l'Espresso in luglio). Ma è in quelli ancora coperti dal segreto che sarebbe la prova che la D'Addario non mente o quantomeno non si avventura nell'accreditare la "consapevolezza" del Presidente. Del resto, è un fatto che in quei nastri siano le conversazioni telefoniche tra la D'Addario e la Montereale. E che in quelle conversazioni si discuta delle "buste" di denaro del Presidente di cui la stessa Montereale avrebbe poi dato conto a Repubblica già a fine giugno ("Gianpaolo ci diceva che chi rimaneva la notte con il premier riceveva dal Presidente direttamente una busta").

Così come è significativo che - come riferito ieri dal Fatto - nei nastri che documentano la prima delle cene cui la D'Addario partecipò a Palazzo Grazioli, si possa distinguere il Presidente fare un divertito cenno al "Sistema Tarantini": "Giampaolo mi ha detto che siccome vado a Pechino, vuole venire giù, perché ai medici della mutua lui dice: tu gli dai la geisha e loro ti ordinano la protesi".

A Bari, le gheishe si chiamavano escort. La contropartita erano anche gli appalti per le protesi. E qualcos'altro. Come ha spiegato Marcello Vernola, ex europarlamentare Pdl: "Alle Europee le ragazze da candidare nella circoscrizione meridionale dovevano essere otto. Ricordo nitidamente le voci su Patrizia D'Addario e Angela Sozio come candidate praticamente sicure".


(3 ottobre 2009)


Il bilancio delle vittime del sisma di mercoledì scorso si aggrava
almeno 1.100 morti, 2400 feriti sono ricoverati in ospedale
Indonesia, 4.000 sotto le macerie
Arrivati i primi soccorsi internazionali
Si continua a scavare per recuperare i dispersi
otto persone vive localizzate sotto le rovine di un albergo




Giakarta - Fino a 4.000 persone sarebbero ancora sepolte sotto le macerie dopo la forte scossa di terremoto che ha colpito mercoledì scorso l'isola indonesiana di Sumatra. La stima l'ha fornita El Mostafa Benlamlih, coordinatore degli aiuti umanitari dell'Onu in Indonesia. E l'ha confermata il responsabile in Indonesia della Croce Rossa Internazionale, Bob McKerrow. Il coordinatore dell'Onu ha dichiarato che "si ritiene che la durata massima di sopravvivenza di una persona sotto le macerie dopo un terremoto è di cinque giorni", lasciando intendere che c'è ancora speranza di salvare qualcuno. Proprio a Padang in un albergo, l'Ambacang Hotel, le squadre di soccorso hanno trovato otto persone ancora vive sotto le rovine e stanno cercando di costruire un tunnel per tentarne il recupero.

Le vittime. Le autorità indonesiane hanno dichiarato che finora sono 777 i morti accertati. Diversa la stima dell'Onu, che ritiene che le vittime siano 1.100. In ospedale sono ricoverate 2400 persone.

I soccorsi internazionali. Sono arrivate intanto in Indonesia le prime squadre di soccorso internazionali. I primi gruppi di provengono da Giappone, Australia, Svizzera, Corea del Sud e Singapore. Sono stati riuniti questa mattina nella residenza del governatore della provincia occidentale di Sumatra per decidere come coordinare la loro azione con i soccorritori già al lavoro.

California. Un terremoto di magnitudo 4,9 della scala Richter ha scosso in nottata la California. L'epicentro del sisma, avvenuto alle 3.10 di stamattina ora italiana, è stato localizzato a 11 chilometri a sud della città di Keeler. Non ci sono vittime o danni.
(3 ottobre 2009)
 
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