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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 14/9/2009, 10:27




I lavoratori hanno riportato lesioni guaribili in trenta e sette giorni
"Mi hanno detto: che cazzo vuoi, fammi vedere il permesso di soggiorno"
"Botte dai leghisti perché albanesi"
Aggrediti due camerieri a Venezia


VENEZIA - Aggrediti e malmenati da un gruppo di persone vestite di verde. E' la denuncia di due camerieri albanesi di un ristorante dietro Piazza San Marco, a Venezia. L'episodio, avvenuto ieri e confermato dalla questura di Venezia, è stato reso noto dal consigliere comunale dei Verdi, Beppe Caccia, per il quale si è trattato di una aggressione a sfondo razzista messa in atto da "squadristi militanti della Lega".

I due camerieri, che hanno riportato lesioni guaribili in trenta e sette giorni e ora si riservano di presentare una denuncia insieme al titolare del ristorante, hanno raccontato di avere avuto un diverbio con uno dei quattro aggressori poco prima della colluttazione.

A quanto si apprende, ieri le 11,40 alla Briccola in Calle degli Specchieri, è entrato un giovane sui trent'anni, visibilmente ubriaco e con un amaglietta con slogan leghisti. Che, all'improvviso, ha iniziato a battere con il pugno contro la vetrina del ristorante. A quel punto uno dei camerieri, di nazionalità albanese, è uscito per allontanarlo.

Per tutta risposta sono partiti gli insulti: "Che cazzo vuoi, fammi vedere il permesso di soggiorno". A quel punto la situazione è degenerata. "Sono entrati in sette-otto, tutti leghisti, ed è successo l'inferno - raccontano i lavoratori - Hanno buttato a terra una lattina di birra, poi hanno rovesciato tavoli e sedie, sfasciando mezzo locale. Avevamo davvero paura". L'aggressione è continuata con le botte al cameriere albanese. Poi gli aggressori soo scappati e si sono mischiati con i manifestanti della Lega radunati nei pressi.
(14 settembre 2009)


Il direttore di RaiTre: "Avvertiti con una mail all'ultimo momento.
Ma non c'era emergenza, Vespa poteva andare in onda in seconda serata"
Ruffini: "La cancellazione di Ballarò
è una scelta che danneggia la Rai"

"La programmazione del servizio pubblico decisa da Berlusconi?
Certo la cancellazione di "Ballarò" senza motivo si presta a molte letture"




ROMA - Rai Tre sotto assedio, poche righe di una e-mail, a 48 ore dalla messa in onda, per cancellare la puntata di "Ballarò" che domani avrebbe aperto la nuova serie del programma condotto da Giovanni Floris. "Quello che sta succedendo è grave, gravissimo", commenta il direttore di Rai Tre Paolo Ruffini, "perché dà un'idea della Rai totalmente sbagliata, un'immagine scorretta di come si fa informazione. "Ballarò" è un programma in cui ci si può confrontare, che sa fare informazione e approfondimento; in Rai lavorano persone che credono nel proprio lavoro e nel servizio pubblico e questo deve essere chiaro a tutti. Non siamo al servizio di nessuno".

L'ultimo colpo di mano a Viale Mazzini arriva in un momento delicato per Rai Tre, mentre si fa sempre più insistente la voce di un cambio al vertice con la volontà di cancellare il patrimonio della terza rete e della sua linea editoriale.

Ruffini, lo spostamento di "Ballarò" è l'ennesimo colpo a RaiTre: che sta succedendo?
"So solo che la consegna delle case ai terremotati non è una sorpresa, non è stata decisa all'ultimo momento ma era stabilita da tempo. Abbiamo un inviato in Abruzzo da giorni che era pronto a seguire l'avvenimento. Non c'era nessuna emergenza in particolare e siamo i primi a cambiare il palinsesto se serve. Ma in questo caso, ripeto, l'appuntamento era stabilito da mesi. Tornava in onda "Ballarò", che se ne sarebbe occupato, e su RaiUno come era stato stabilito doveva andare in onda Vespa in seconda serata".

Invece "Porta a porta" sbarca in prima serata e sparisce "Ballarò", il debutto è rimandato alla prossima settimana.
"La decisione è stata presa contro il parere della rete, mi hanno avvisato con una e-mail di poche righe, dopo che il nuovo ciclo del programma era stato presentato ufficialmente in Rai da me e da Floris alla presenza del capo dell'ufficio stampa. C'era tutto il tempo per organizzarsi. L'ho fatto presente al responsabile dei palinsesti: a noi dispiace per la forma e la sostanza, ma soprattutto perché è una decisione sbagliata che danneggia gravemente l'azienda. Una decisione come questa, è inutile nasconderlo, all'esterno assume un significato negativo e fa intravedere scenari che sinceramente continuo a sperare non siano veri".

Fa capire con chiarezza che il presidente del Consiglio Berlusconi decide la programmazione del servizio pubblico.
"Questo lo sta dicendo lei. Certo la cancellazione di "Ballarò" senza motivo si presta a molte letture. Il palinsesto è un appuntamento col pubblico che va rispettato. Crea fidelizzazione ma non sono le tavole della legge, può essere modificato se è necessario. Ecco, in questo caso, la necessità non la vedo. Potevamo tornare in onda con "Ballarò" e lo stesso giorno, come stabilito, Bruno Vespa poteva andare in onda in seconda serata".

Ora che cosa farete?
"Sono amareggiato per quello che sta succedendo, non sono stato ascoltato. Ma continuerò a fare il mio lavoro come ho sempre fatto in questi anni, sono sempre più convinto che la forza del servizio pubblico si misuri con la buona informazione. Rai Tre è un valore per l'azienda. Non siamo un partito, siamo una rete che cerca di fare il proprio dovere. Quello che ha fatto e continuerà a fare "Ballarò" quando ci permetteranno di tornare in onda".

(14 settembre 2009)


Rai, è caos sullo spostamento di Ballarò a favore di Porta a Porta
Il presidente: sprecato un mese. Vana mediazione in extremis
Garimberti-Masi, è alta tensione

"Disorganizzazione incredibile"
Ad Annozero il timore che arrivi Euroscena, casa di produzione vicina a Berlusconi


ROMA - "Una disorganizzazione incredibile". Paolo Garimberti ha cercato in extremis di mettere una pezza, di scongiurare lo slittamento di Ballarò a favore della puntata di Porta a porta sulle case consegnate ai terremotati di Abruzzo. Ma certo il presidente della Rai sa che il problema non è organizzativo. C'entra la politica, il pressing del centrodestra su Raitre e sulle altre trasmissioni fuori dal "pensiero unico" come Anno zero, un'azienda sempre più militarizzata. È un clima generale che può raggiungere il climax con la partecipazione in studio del premier, martedì, nell'orario di massima audience. Adesso la riunione del cda convocata per mercoledì rischia di diventare una polveriera e lì Garimberti proverà a sciogliere qualche nodo.

Ieri ha cercato una soluzione sul filo di lana. Salvando Floris e la "festa" per i primi lotti consegnati a chi vive nelle tendopoli. "Possiamo fare una grande diretta con Vespa nel pomeriggio, quando vengono consegnate le case. Poi, la sera va in onda Ballarò". Un compromesso. Ma era già tutto deciso. La consegna va in prima serata, con i numeri di ascolto al loro picco. E su Raiuno, la rete-ammiraglia, nel contenitore di pregio condotto da Bruno Vespa.

Mauro Masi ha contropoposto la messa in onda di Ballarò giovedì o venerdì. Ha negato fino all'ultimo ragioni politiche, spiegando che Raitre sotto assedio è un'invenzione mediatica. "Partiranno tutte le trasmissioni che si sentono a rischio censura: Dandini, Gabanelli, Ballarò... Tutte. Il caso non esiste", ha detto ai suoi interlocutori. Ma il blitz contro Ballarò è stato un fulmine a ciel sereno. "Si era parlato genericamente della copertura televisiva per i primi risultati della ricostruzione - racconta Garimberti -.

Che il 15 il governo avrebbe consegnato le prime case si sapeva da un mese. Era un evento programmato e programmabile. Avevamo tutto il tempo per evitare di mettere la Rai al centro dell'ennesima polemica politica". È una condanna abbastanza netta dell'operato del direttore generale e del vicedirettore generale Antonio Marano che si occupa del palinsesto.
Così la tensione dentro Viale Mazzini sale alle stelle.

La vicenda Vespa-Floris apre una settimana che si annuncia caldissima. Tanto più che sabato si tiene la manifestazione per la libertà di stampa a Piazza del Popolo, a Roma. Sta per scendere in campo Michele Santoro e pensa di farlo seguendo i suoi canoni che non sono quelli di Paolo Ruffini o di Fabio Fazio.

Annozero vive una situazione paradossale. A pochi giorni dalla messa in onda ha ancora in sospeso il contratto di Marco Travaglio. Il cambio della troupe viene vissuto come un vero attentato. Il consiglio di amministrazione di mercoledì deve affrontare questi casi aperti. Masi vuole che i tecnici del programma siano assegnati attraverso un bando. E nella redazione di Annozero si aggira uno spettro: che alla gara possa partecipare (e vincere viste le referenze...) Euroscena, azienda di fiducia di Silvio Berlusconi. Alle telecamere di Euroscena il Cavaliere ha affidato negli ultimi anni tutti i grandi eventi che lo hanno visto protagonista. Una società di produzione così legata al Cavaliere può lavorare per una trasmissione che da tempo è nel mirino del premier?


(14 settembre 2009)


A una svolta il giallo di Annie Le, la ragazza scomparsa a 5 giorni dal matrimonio
Il cadavere era nascosto in un'intercapedine nel laboratorio dove era stata vista l'ultima volta
Yale, trovato un corpo murato
"Forse è il cadavere della studentessa
"
Tensione e paura nel campus della prestigiosa università Ivy League
Il messaggio del rettore. Nel 1998 un caso analogo non è mai stato risolto


Studenti di Yale lasciano la veglia per Annie Le
NEW YORK - Un cadavere nascosto a forza dietro la parete di un laboratorio della facoltà di farmacia dell'università di Yale. La squadra anticrimine del Connecticut è quasi certa che si tratti del corpo di Annie Le, la studentessa 24enne di origine vietnamita scomparsa martedì a cinque giorni dal suo matrimonio.

E' la terribile conclusione del giallo della prestigiosa università dell'Ivy League. Il cadavere era in un'intercapedine dove passano cavi e tubature nell'edificio al numero 10 di Amistad Street nella sezione "Hill" del campus del New Haven a nemmeno mezzo miglio dalla struttura principale, quella dall'architettura neo gotica, resa famosa in tanti film.

Annie Le è stata vista per l'ultima volta martedì scorso mentre entrava in un laboratorio. La studentessa aveva timbrato il suo tesserino magnetico all'ingresso, ma non risulta la timbratura di uscita. Ci sono le immagini di una telecamera che la inquadrano mentre entra nel'edificio. La sua borsa con la carta di identità e il telefonino è stata trovata in un altro edificio, nell'ufficio dove Annie lavorava. Avrebbe dovuto sposarsi ieri con Jonathan Widawsky, uno studente laureato alla Columbia University di New York.

Richard C. Levine, rettore di Yale ha scritto un messaggio e-mail a tutti gli studenti: "I nostri cuori sono vicini alla famiglia di Annie Le, ai suoi amici e al suo fidanzato che, adesso, devono subire anche il dolore dell'attesa per l'identificazione del corpo".

Allo stato non ci sono persone sospettate per quello che, ormai, sembra un omicidio. Ma questa tragedia ricorda un caso simile del dicembre 1998 quando un'altra studentessa di Yale, Suzanne Jovin, venne pugnalata a morte. Il suo corpo fu ritrovato nei pressi del campus. Il caso non è mai stato risolto.

Annie Le veniva da Placerville, un centro californiano di diecimila anime ai piedi della Sierra Nevada. Prima di Yale aveva frequentato l'Università di Rochester dove aveva ottenuto il diploma di primo grado per poi passare a Yale. A Rochester aveva incontrato Jonathan Widawsky, studente della Columbia University con il quale doveva sposarsi ieri. Tutto era pronto al North Ritz Club di Syosset (New York) per la festa di nozze che, venerdì, è stata cancellata.

Parenti, amici e fidanzato ormai quasi speravano che Annie Le, presa da una sorta di panico prematrimoniale fosse fuggita. La scoperta del cadavere ha aperto il tempo del dolore e della paura.

Qualche mese fa la ragazza aveva scritto un pezzo su una rivista studentesca a proposito della sicurezza nel campus: "New Haven è una città - aveva scritto - e tutte le città hanno i loro pericoli. Ma con un po' di attenzione e scaltrezza si può evitare di entrare a far parte delle statistiche sui crimini".

(14 settembre 2009)


Il Pil di Eurolandia e dell'intera Ue a quota -4% alla fine del 2009
Pil, le stime di Bruxelles:
Italia al -5%, ripresa nel 2010

La Commissione europea rivede al ribasso le previsioni di crescita per il nostro Paese

BRUXELLES - La Commissione europea rivede al ribasso le previsioni di crescita dell«Italia, il cui Pil nel 2009 si attesterà a quota -5%: un risultato - sottolinea Bruxelles - »peggiore di quanto previsto nelle previsioni dela scorsa primavera (-4,4%, ndr)«. Ma - spiega l'esecutivo europeo - in Italia »dopo una profonda recessione è in atto un graduale miglioramento«. È infatti »attesa nella seconda metà del 2009 una debole ripresa che comporterà un piccolo impulso di crescita positivo nel 2010».


14 settembre 2009



INTERVISTA AL MINISTRO
«Via dalla scuola i prof che fanno politica»
Gelmini: «Ci sono docenti e dirigenti che non applicano la riforma. Dal prossimo anno solo 30% di immigrati per classe»


ROMA — «Ci sono alcuni dirigenti scolastici e insegnanti, una minoranza, che disattendono l’attuazione delle riforme». In che senso disattendono? «Ad esempio vogliono mantenere il modulo anche se il modulo è stato abolito con il passaggio al maestro unico prevalente». Alcuni docenti, come sa, non condividono la riforma. «Criticare è legittimo ma comportarsi così significa far politica a scuola e questo non è corretto. Se un insegnante vuol far politica deve uscire dalla scuola e farsi eleggere. Quella è la sede per le sue battaglie, non la cattedra ». Comincia l’anno scolastico, il ministro della Pubblica istruzione Mariastella Gelmini ha appena fatto gli auguri («in bocca al lupo») agli 8 milioni di studenti che da oggi torneranno in classe. Ma, con la protesta dei precari e la manifestazione annunciata dal Pd, questo primo giorno di scuola sembra portare con sé nuove tensioni.

Ieri, sul Corriere, Ernesto Galli della Loggia ha paragonato il ruolo del ministro dell’Istruzione a San Sebastiano, bersagliato da ogni parte e destinato quasi sempre a scontentare tutti. Lei è su quella poltrona da un anno e mezzo, si trova d’accordo?
«È vero, è un ruolo complicato ma non mi sento un ministro particolarmente contestato. Tempo fa, ricordo, ne parlai con il mio predecessore Luigi Berlinguer».

Anche lui ebbe qualche guaio.
«Con un certo senso dell’umorismo mi disse che ero molto fortunata perché il vero inferno l’aveva vissuto lui, criticato anche dalla sua stessa maggioranza».
Lei non ha questo problema ma oggi ci saranno manifestazioni di protesta in tante città. «Rispetto chi contesta ma sono convinta che si tratti di un numero molto limitato di persone».
Limitato?
«Limitato rispetto ai tanti genitori e studenti che non si vogliono più accontentare di una scuola mediocre. E che non vogliono sentir parlare solo di organici e di curriculum ma di scuola come luogo di educazione, di un servizio che dovrebbe stare a cuore a tutti. Come gli ospedali».


Il ministro Mariastella Gelmini (Olympia)
Per rimettere ordine nel campo dell’istruzione Galli della Loggia si augura proprio uno sforzo congiunto di tutte le forze politiche interessate al bene del Paese. Lei ci crede?
«No. Nella mia prima audizione in Parlamento avevo auspicato che tutte le riforme venissero affrontate con uno spirito bipartisan. Dopo un anno, dalla sinistra non ho sentito proposte ma solo invettive contro il governo: se necessario, quindi, andremo avanti da soli. Su questo punto sono delusa dal mio predecessore, Giuseppe Fioroni ».
Alcune riforme del ministro Pd, ad esempio sull’istruzione tecnica e sulla formazione, lei però le ha confermate.
«Sì, perché sono decisioni che condivido. Ma credo che ormai Fioroni debba scegliere se fare il responsabile istruzione del Pd, e quindi lavorare per il bene della scuola italiana, oppure fare politica punto e basta. Nessuna sorpresa se lui gioca una partita in vista del congresso del suo partito ma non usi la scuola come strumento della contesa tra Franceschini e Bersani. La scuola non può essere il luogo della protesta della sinistra e della Cgil».
Intende dire che la protesta dei precari è strumentalizzata dalla sinistra?
«La protesta esprime un disagio reale che va rispettato. Ma la sinistra preferisce salire sui tetti per esprimere la solidarietà ai professori e cavalcare il disagio sociale senza assumersi responsabilità per il passato».

Sono solo loro le responsabilità? In questi anni ha governato anche il centrodestra.
«Sono responsabilità che vengono da lontano. Per anni, complici i sindacati, si è data la sensazione che ci fosse spazio per tutti quelli che volevano fare gli insegnanti, per poi lasciarli in graduatoria anni ed anni. Sono state vendute illusioni che si sono trasformate in cocenti disillusioni».
Ma chi aspetta un posto da 20 anni ed è ancora precario ha forse torto a scendere in piazza e chiedere una cattedra, uno stipendio?
«No, certo. Credo che nei prossimi cinque anni, grazie ai prepensionamenti, la gran parte di questi precari verrà assorbita negli organici. Ma è fondamentale impedire che nel frattempo si allunghi di nuovo la coda. Per questo abbiamo chiuso le sis, le scuole di specializzazione per l’insegnamento, e introdotto il numero programmato ».
È vero che il Quirinale ha espresso dubbi sull’inserimento della norma salva precari nel decreto Ronchi sulle violazioni comunitarie? Servirà un decreto ad hoc?
«Dal Colle non ci è arrivata nessuna comunicazione ufficiale. Se arriverà la rispetteremo anche se resto convinta della nostra scelta. In ogni caso sarebbe uno slittamento di pochi giorni ».

Ministro, gli stranieri sono sempre più numerosi nelle nostri classi. In alcuni casi si arriva al 97 per cento degli studenti: va bene così?
«No, rischiamo di creare delle classi ghetto. Dall’anno prossimo ci sarà un limite del 30 per cento. Volevamo introdurlo già quest’anno ma non c’erano i tempi tecnici per procedere ».
L’inglese alla scuola media. La possibilità di aggiungere due ore alle tre già previste si è scontrata con le ordinanze del Tar del Lazio. Ci riproverà l’anno prossimo?
«È vero che ci sono delle difficoltà applicative. Ma, compatibilmente con gli organici, è una strada percorribile già quest’anno. È stata chiesta dal 15 per cento delle famiglie».
E per l’università? Quando crede che arriverà in porto la riforma?
«Tra ottobre e novembre partirà l’esame in Parlamento, spero che il prossimo anno sia operativa».
Anche quest’anno ci sono stati errori nei test d’ingresso. È un modello da modificare?
«Per medicina c’era solo un errore sul sito internet, l’abbiamo corretto e il quesito sarà conteggiato. Mentre per architettura stiamo valutando se non tener conto di una domanda che forse non era chiara. In futuro i test non saranno più gestiti dalle singole università ma nazionali, per ogni facoltà. Così sarà possibile indirizzare ogni ragazzo verso la facoltà più adatta al suo talento ed al suo merito».

Lorenzo Salvia
14 settembre 2009


Nuova polemica sul tricolore: i militanti lo coprono con uno striscione anti-moschea
Bossi: «Il federalismo non ci basta più»
Il Senatùr a Venezia: la Padania sarà uno stato libero. Calderoli: «Andare alle elezioni ora sarebbe una pazzia»


MILANO - «La Padania un giorno sarà uno stato libero, indipendente e sovrano». Non solo: «Non basterà il federalismo, vogliamo cambiamenti più radicali. Venezia e Milano, se avessero fatto l’accordo secoli fa, non sarebbe arrivato neanche Napoleone». E ancora: «Saremo liberi con le buone o con le meno buone. È un diritto dei popoli essere liberi». Nella giornata conclusiva della festa dei popoli padani, poco prima di riversare in Laguna l'ampolla con l'acqua del Po prelevata sul Monviso, Umberto Bossi è tornato ad alzare i toni e a rilanciare, di fatto, la tematica secessionista. Perchè «l'Italia è già federalista» e ora la gente della Padania non si accontenta più.

«NON CI FERMA NEANCHE IL CARCERE» - «Non ci fermeremo - ha detto il Senatùr -, neppure il carcere ci spaventa. Ci fanno la guerra in tutti i modi ma alla fine pagheranno perchè i popoli vincono. I lombardi, i veneti quando furono uniti non furono mai sconfitti». Il giorno dopo avere buttato lì, durante un comizio a Ferrara, l'ipotesi di elezioni anticipate qualora non si completi il passaggio alla forma dello stato federalista, il capo della Lega gioca una volta di più la carta dell'identità. E annuncia per l'anno prossimo una catena umana sul Po, un atto che dovrebbe simboleggiare una barriera contro l'immigrazione e per ribadire che i popoli padani vogliono ottenere «i loro diritti di libertà».

GLI SCONTRI CON FINI E UDC - Protagonista negli ultimi due giorni di un acceso botta e risposta con Gianfranco Fini sul tema dei diritti agli immigrati, Bossi ha parlato ai suoi fedelissimi rispolverando la questione delle gabbie salariali, spiegando che la vita al Nord costa il 17% in più, ed esortando gli operai ad aderire al federalismo perché questo «è proprio per loro». Poi ha un po' frenato sulla presa di distanze dal Pdl: «Sicuramente da soli si arriva prima, ma alleati si va più lontano. Con la Lega e Berlusconi è come stare sulle spalle di due giganti». Praticamente in simultanea, dalla convention centrista di Chianciano, il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini aveva lanciato un monito al Carroccio: «Basta diktat, in Parlamento ci sono i numeri per una maggioranza senza la Lega».

«ELEZIONI? UNA PAZZIA» - Di elezioni anticipate aveva parlato prima dell'inizio del comizio veneziano anche il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, che aveva cercato di ridurre la portata delle parole pronunciate il giorno precedente dal capo leghista. «Il nostro vangelo - ha detto - è il programma elettorale e noi intendiamo realizzarlo. È evidente che se qualcuno dovesse discostarsi da questo programma, si aprirebbe una questione politica, ma sarebbe pazzia, nel mezzo di una crisi, con le riforme che stiamo realizzando, andare ad elezioni».

«SEDIAMOCI A UN TAVOLO» - Calderoli era intervenuto anche sulle tensioni all'interno del Pdl: «Io di queste cose ne ho viste passare tante, credo che ci sia la necessità di sedersi a un tavolo dove parlare di questi argomenti politici, ricordando però che il programma elettorale c'è e in buona parte è già stato realizzato». Il ministro aveva poi detto che «prima della fine dell'anno ci saranno il decreto attuativo del federalismo fiscale, il codice delle autonomie, la busta paga improntata al costo della vita. Questi sono i temi che interessano la nostra gente e non dare il diritto di voto all'ultimo arrivato». Il «colonnello» leghista aveva infine liquidato con una battuta una domanda sulle vicende private di Silvio Berlusconi e il caso delle feste con ragazze nelle sue residenze: «Escort? Io conosco solo l'auto della Ford».

LA POLEMICA SUL TRICOLORE - Nella kermesse veneziana è stato ancora oggetto di polemica il tricolore che come ogni anno la signora Lucia Massarotto, che abita in Riva degli Schiavoni, ha esposto alla finestra proprio di fronte al palco da cui parlerà Bossi (che in passato le aveva suggerito di usare quella bandiera... al gabinetto). Un enorme striscione della Lega di Gallarate che recita «Mai alla moschea» è stato innalzato polemicamente davanti all'abitazione della Massarotto per oscurare la bandiera italiana. Da parte dei leghisti applausi e grida di approvazione.

Al. S.
13 settembre 2009
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 14/9/2009, 19:09




Un commando cattura quattro uomini nella città di Barawe
nella regione controllata dal gruppo islamico legato ad al Qaeda
Raid aereo nel sud della Somalia
gli al Shabab accusano i francesi

Il blitz forse organizzato per liberare un agente dei servizi segreti di Parigi
Fonti somale da Nairobi: "Elicotteri americani, obiettivo uno dei leader dei miliziani"


ROMA - Quattro elicotteri militari che sbucano dal mare, tre razzi che colpiscono un convoglio di jeep e pick-up armate come "tecniche", un commando che si cala con le funi, circonda i mezzi, spara qualche raffica di fucili automatici, cattura quattro uomini e poi riparte sparendo di nuovo verso il largo. Per la prima volta in cinque anni, un raid aereo ha violato il sud della Somalia, nella città di Barawe, 200 chilometri da Mogadiscio, la regione adesso controllata completamente dai miliziani degli al Shabab, con un'operazione che puntava a colpire o catturare una delle figure di spicco del gruppo islamico, legato ad al Qaeda. Fonti vicine agli al Shabab hanno confermato il blitz sostenendo che gli elicotteri erano francesi.

La situazione è rimasta confusa per molte ore. In Somalia, da tempo, non esiste più una rete di informazione indipendente. I giornalisti sono minacciati e spesso uccisi e i pochi rimasti lavorano in condizioni difficilissime. Ma è stato lo stesso ministero della Difesa francese a smentire che unità militari di Parigi avessero partecipato ad un'operazione nel sud del paese. Gli al Shabab hanno subito accusato la Francia perché da due mesi c'è un agente del Sdce, i Servizi segreti, nella mani di un gruppo legato ai miliziani somali. Era stato portato via in piena notte da un albergo di Mogadiscio assieme ad un collega con il quale si era spacciato per giornalista. Dopo una settimana di silenzio, uno dei due agenti era riuscito a fuggire con modalità che sono rimaste misteriose; l'altro, affidato ad un altro gruppo, è invece rimasto prigioniero.

Molti hanno pensato che il blitz di poche ore fa fosse stato organizzato proprio per liberare l'altro agente del Sdce. Fonti somale di Nairobi, di solito bene informate, raccontano che gli elicotteri non erano francesi ma statunitensi e che l'obiettivo del raid fosse uno dei capi degli al Shabab. Sia gli Usa sia la Francia hanno una base operativa militare a Gibuti. Ma entrambi finora sono intervenuti solo per fronteggiare, in mare, i gruppi di pirati che continuano ad attaccare i carghi in transito davanti alle coste somale.

Nell'operazione, secondo gli abitanti della zona, sarebbe stato ucciso un terrorista ricercato dall'intelligence statunitense: si tratta di Saleh Ali Saleh Nabhan, 28 anni, cittadino kenyota, accusato di aver partecipato all'attentato contro un hotel nel 2002 dove erano alloggiati alcuni cittadini israeliani e di aver lanciato un missile contro un aereo dell'El Al decollato da Mombasa dopo aver raccolto i feriti e gli scampati all'esplosione. Fu grazie ad una abile e fortunosa manovra dei piloti se il velivolo diretto a Tel Aviv non fu raggiunto dal razzo.

(14 settembre 2009)


Un altro editoriale del direttore del Giornale, stavolta contro il presidente della Camera
"Si potrebbero ripescare vicende piccanti per montare uno scandalo"
Da Feltri un altro attacco a Fini
"C'è un dossier a luci rosse"

L'avvocato Bongiorno: valuteremo iniziative in sede giudiziaria
Pd e Udc: "Intimidazioni contro un'alta carica dello Stato"




ROMA - L'attacco diventa sempre più pesante e sempre più diretto. Un altro editoriale di Vittorio Feltri contro Fini, con una polemica che ricorda il caso del direttore dell'Avvenire, Boffo, poi costretto alle dimissioni. Il direttore del Giornale cita un dossier contro il presidente della Camera e contro uomini a lui vicini in merito a incontri con squillo in sedi istituzionali. Il "fondo" è intitolato "Il presidente Fini e la strategia del suicidio lento", poi un secondo titolo: "Ultima chiamata per Fini: o cambia rotta o lascia il Pdl".

E la reazione arriva in serata. Con le parole di Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia ma anche legale del capo di Montecitorio: "Inserire in un articolo che si riferisce a vicende politiche e al presidente Gianfranco Fini una allusione generica a un fascicolo del 2000 su faccende a luci rosse' che riguarderebbero personaggi di Alleanza Nazionale, è un fatto gravissimo che lede la reputazione del Presidente della Camera dei Deputati. Valuteremo quali iniziative assumere in sede giudiziaria".

Una presa di posizione forte, in risposta a un attacco decisamente pesante. Contenuto in un articolo in cui per tutta la prima parte, Feltri parla di politica e spiega tutti gli errori di Fini e i rischi di isolamento che l'ex leader di An starebbe correndo. Poi, all'ultimo punto, il settimo, Feltri passa all'avvertimento: "...(Fini) ricordi anche che delegare i magistrati a far giustizia politica è un rischio. Specialmente se le inchieste giudiziarie si basano sui teoremi. Perché oggi tocca al premier, domani potrebbe toccare al presidente della Camera. E' sufficiente - per dire - ripescare un fascicolo del 2000 su faccende a luci rosse riguardanti personaggi di Alleanza Nazionale per montare uno scandalo. Meglio non svegliare il can che dorme".

La vicenda, risalente al 1999, dovrebbe essere la stessa di cui "Il Giornale" ha già scritto a giugno e riguarderebbe un giro di escort che, secondo l'inchiesta avrebbero avuto accesso a Montecitorio per "soddisfare" alcuni parlamentari o loro amici. Tre mesi fa, però, il quotidiano di Feltri ne parlava solo con riferimento a Cesa (Udc) e a uomini dell'entourage di D'Alema. Per questo era stato querelato dall'ex ministro degli Esteri.

Contro l'editoriale di oggi del Giornale scendono in campo anche i fedelissimi di Fini, in un articolo che appare sul webmagazine della Fondazione Farefuturo, che a lui fa capo: "Ci aspettiamo che gli stessi che un giorno sì, l'altro pure, mattina e pomeriggio, si divertono a far le pulci al presidente della Camera, esprimano uguale preoccupazione e mobilitazione contro l'ennesima sparata di Umberto Bossi". Cha ha rispolverato la secessione.

Più moderato il commento del sindaco di Roma Gianni Alemanno: "Ho già detto e ripeto che Fini ha tutto il diritto di porre problemi e temi di dibattito al Pdl e che non può essere criminalizzato e messo in difficoltà per queste sue iniziative". Duro invece il giudizio del deputato Pdl Benedetto Della Vedova: "Forse devo rileggere bene, ma per come l'ho capito io si passa dal giornalismo ad altro: se si ha una notizia la si scrive, altrimenti no, ma ammonire qualcuno perchè stia zitto non è giornalismo, nè giornalismo di inchiesta".

Le difese di Fini le prende anche l'Udc Gianpiero D'Alia. "Il direttore del Giornale Feltri spieghi a cosa fa riferimento quando parla: se ha elementi concreti, li tiri fuori, altrimenti si scusi". E il senatore Pd Albertina Soliani: "L'editoriale di questa mattina è con ogni evidenza un'intimidazione nei confronti del presidente della Camera".

(14 settembre 2009)


Il segretario del Pd: "Terremotati sono trasformati in comparse"
Zavoli: "Decisione grave, ne parleremo in Vigilanza"
Ballarò, Franceschini: "Neanche Ceausescu
si sarebbe prestato a questo show"

Vespa: "Capisco il disappunto di Floris, ma io nella mia carriera ho subito ben altro"
Mazza: "I palinsesti cambiano quando è necessario: non c'è stata sottovalutazione"



BOLOGNA - "Penso che anche Ceausescu avrebbe avuto un po' di coraggio nel dire no a una rappresentazione così". Dario Franceschini parlando con i cronisti a Bologna è molto critico sulla partecipazione del premier Silvio Berlusconi alla trasmissione Porta a Porta per la consegna delle prime case ai terremotati. "Andava fatto ma non c'era bisogno di trasformarlo in uno show mediatico", ha detto ancora Franceschini secondo il quale siamo di fronte ad un "reality in cui i terremotati sono trasformati in comparse. Berlusconi andrà dentro le case, aprirà il frigorifero, e dirà: che meraviglia! Non si capisce - ha concluso Franceschini - perché utilizzare così il dramma delle persone".

Le dichiarazioni di Franceschini si riferiscono alla polemica esplosa ieri in seguito alla decisione di far slittare la prima puntata della nuova stagione di Ballarò per "valorizzare un momento importante per il Paese", cioè la consegna delle prime case ai terremoti abruzzesi, avvenimento al quale verrà dedicata la puntata di Porta a Porta, per questo eccezionalmente trasmessa in prima serata.

Sulla vicenda sono intervenuti stamane sia Bruno Vespa, nella conferenza stampa di presentazione della nuova stagione di Porta a Porta, e il direttore di RaiUno Mauro Mazza. "I palinsesti cambiano quando è necessario. Due settimane fa abbiamo spostato l'intrattenimentio (X Factor) per il calcio. - ha detto Mazza - Lo abbiamo fatto in silenzio e senza rilievo esterno. Non c'è stata sottovalutazione, ma una giusta valutazione negli ultimi giorni".

Mentre Vespa ha ribadito che non è stato Berlusconi a chiedere di partecipare a Porta a Porta: "Silvio Berlusconi lo abbiamo sempre invitato noi. In 15 anni non c'è stata una volta che è venuto in trasmissione perché lo ha chiesto lui". "Giochiamo a carte scoperte: capisco il malumore di Giovanni Floris, - ha proseguito Vespa - ma andiamo a vedere come stanno le cose. Ieri c'è stata una bellissima prima serata di Iacona sul terremoto, capisco la seccatura, la condivido professionalmente, ma non mi sembra sia una mostruosità rispetto alla libera informazione". E poi, ha concluso il giornalista, "Io nella mia carriera professionale ho dovuto subire ben altro: basterebbe ricordare quante volte hanno cercato di chiudere la mia trasmissione".

Diversa l'opinione del presidente della commissione di Vigilanza, Sergio Zavoli. "La decisione, all'ultimo momento, di bloccare Ballarò contraddice il criterio di un palinsesto differenziato, volto a stabilire con il pubblico appuntamenti programmabili. Le due trasmissioni hanno sempre convissuto all'interno dei palinsesti delle rispettive Reti, e la deroga, specie se perentoria, costituirebbe un problema da dover prontamente risolvere". E del caso si parlerà mercoledì alle 12.45 nell'ufficio di presidenza della commissione.

La vicepresidente del Senato Emma Bonino in un intervento a Radio Radicale ha invece segnalato che lo slittamento della prima puntata di Ballarò sia espressione della lottizzazione della Rai, che nessun partito politico ha mai voluto veramente affrontare ed eliminare: "Certamente le responsabilità sono diverse, però nel modo in cui tutta RaiTre non va in porto per questioni interne al Pd, oppure la gestione della commissione di vigilanza che non si è mai occupata delle tribune elettorali e dell'accesso, prima perché mancava il presidente e ora perchè il presidente, che è del Pd, non se ne occupa, verrebbe da dire da che pulpito! Dopodichè il dibattito si fa su una cosa davvero meschina, come lo spostamento di Ballarò, ma che segnala come i partiti occupino la Rai, con la differenza che chi ha più potere occupa due canali, e chi ne ha meno ne occupa uno".

(14 settembre 2009)


L'alto commissario per i diritti umani denuncia le politiche che violano il diritto internazionale
Navi Pillay cita la strage degli eritrei: "Bisogna prima verificare se fuggono da persecuzioni"
Immigrati, l'Onu attacca l'Italia
'Respingimenti violano diritti umani'

Attacco anche sui rom: "Subiscono trattamenti degradanti"
Fini in Abruzzo: "Non bisogna aver paura dell'immigrazione"




GINEVRA - L'Alto Commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, denuncia le politiche nei confronti degli immigrati, "abbandonati e respinti senza verificare in modo adeguato se stanno fuggendo da persecuzioni, in violazione del diritto internazionale".
In un discorso previsto per domani e anticipato a Ginevra, la Pillay cita il caso del gommone di eritrei rimasto senza soccorsi tra la Libia, Malta e Italia, ad agosto. E spiega che "in molti casi, le autorità respingono questi migranti e li lasciano affrontare stenti e pericoli, se non la morte, come se stessero respingendo barche cariche di rifiuti pericolosi".

"La pratica della detenzione dei migranti irregolari, della loro criminalizzazione e dei maltrattamenti nel contesto dei controlli delle frontiere deve cessare - aggiunge Pillay - . Oggi, partendo dal presupposto che le imbarcazioni in difficoltà trasportano migranti, le navi le oltrepassano ignorando le suppliche d'aiuto, in violazione del diritto internazionale. In molti casi - aggiunge l'Alto Commissario per i diritti umani - , le autorità respingono questi migranti e li lasciano affrontare stenti e pericoli, se non la morte, come se stessero respingendo barche cariche di rifiuti pericolosi". L'Alto commissario cita in proposito la situazione nel Mediterraneo, nel Golfo di Aden, nei Caraibi e nell'Oceano indiano.

L'Italia discrimina i Rom - "I rom in Italia subiscono trattamenti degradanti". Nel testo dell'intervento inaugurale alla dodicesima sessione del Consiglio dell'Onu, Navi Pillay scrive che "in Italia c'è stata un'abbondante documentazione di discriminazione e trattamente degradanti nei confronti della popolazione Rom". Oltre all'Italia, la Pillay menziona l'Ungheria, la Slovacchia e la Bulgaria, paesi in cui è ancora molto forte il sentimento anti-rom. "Sono consapevole degli sforzi in buona fede per affrontare il problema, ma deve essere fatto di più per porre fine a questa discriminazione", afferma Pillay.

La replica della Farnesina - Per il ministero degli Esteri italiano il richiamo dell'Onu non è rivolto all'Italia. In una nota si legge che "l'Italia è il Paese che ha salvato il maggior numero di vite umane nel Mediterraneo, e per questo motivo il richiamo alle violazioni del diritto internazionale non è evidentemente rivolto all'Italia".

Le reazioni - "Il commissario Onu per i diritti umani ha espresso parole ferme e decise contro la politica dei respingimenti e la criminalizzazione degli immigrati". Lo afferma Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del PD. "Il Governo italiano sta violando diritti umani fondamentali. E la condanna venuta oggi dall'Onu non è che l'ultima di una serie di critiche che si sono levate in queste settimane. Il governo italiano non può ignorare la mole di critiche e di rilievi che continuano a venire, da fonti autorevolissime, ai respingimenti", continua la Finocchiaro. Per Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato, "l'Italia sta attuando una
politica di controllo dell'immigrazione clandestina che rispetta pienamente tutti i principi e le norme del diritto internazionale". Per Gasparri "le organizzazioni internazionali farebbero invece bene a concentrare la loro attenzione su alcuni Paesi le cui politiche sono deficitarie, o sui tanti regimi che perseguitano le proprie popolazioni creando le premesse degli esodi di massa".

Fini torna sul tema immigrazione - Sul tema dell'immigrazione è tornato il presidente della Camera, Gianfranco Fini, in occasione della sua visita sui luoghi del terremoto in Abruzzo: "Pensare alla storia di Nancy Pelosi - ha detto Fini citando il caso della portavoce del Congresso Usa - dimostra che non solo si può essere orgogliosi delle radici italiane, ma anche che non occorre avere paura dell'immigrazione né dubitare sulla possibilità di una vera integrazione" degli immigrati. "La presidente Pelosi - ha detto Fini - italo-americana d'Abruzzo, dimostra il legame profondo tra i nostri popoli che si è confermato nei momenti tragici. La nostra comunità oltreoceano è importante. Chi è partito diversi anni fa da queste montagne oggi è inserito a livelli altissimi nella politica e nell'economia di quel paese".

(14 settembre 2009)
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 15/9/2009, 10:31




Iraq, esce dal carcere dopo nove mesi
giornalista che lanciò scarpe contro Bush


BAGDAD - Muntazer al-Zaidi, il giornalista arrestato per aver lanciato una paio di scarpe contro l'ex presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, è stato liberato, dopo nove mesi dietro le sbarre. "E' stato rilasciato e ora sta aspettando di recuperare le sue cose", ha confermato suo fratello Uday. Zaidi, 30 anni, avrebbe dovuto essere rilasciato lunedì, ma un cavillo burocratico ha ritardato la sua liberazione. Il giornalista era stato inizialmente condannato a tre anni per l'aggressione ad un capo di stato straniero, ma la pena è stata ridotta ad un anno in appello ed è diminuita ulteriormente grazie alle buona condotta.

(15 settembre 2009)


sospetti principali si addensano sui Guardiani della rivoluzione dell'Iran
Arrestate otto persone, sequestrate armi ed esplosivo
Dubai, sventato attacco contro la Torre
Volevano far esplodere il grattacielo


TEL AVIV - Volevano abbattere la Torre di Dubai. Ma servizi segreti degli Emirati arabi uniti sono riusciti a sventare, due mesi fa, l'attentato. Secondo il quotidiano israeliano Maariv i sospetti principali si addensano sui Guardiani della rivoluzione dell'Iran. Anche se non si esclude che dietro il mancato attacco ci siano la mano di Al Qaeda o dei gruppi estremisti wahabiti dell'Arabia Saudita.

La vicenda è iniziata a metà luglio quando i servizi segreti dell'Eau hanno scoperto un traffico di armi e di esplosivi condotto utilizzando piccoli aerei provenienti dall'Iran. Nel principato di Ras al-Hima sono state arrestate otto persone: tre sono cittadini dell'Eau, mentre gli altri sono palestinesi e siriani.

Il loro obiettivo, secondo Maariv, era di far esplodere a Dubai il grattacielo da 160 piani prima della sua inaugurazione prevista per la fine del 2009. I servizi segreti locali hanno rintracciato esplosivo, corpetti per kamikaze e un gran numero di fucili automatici.

A quel punto, però, è calato il silenzio. Anche per non esacerbare le già tese relazioni con l'Iran. Fino ad oggi, quando le rivelazioni del quotidiano israeliano hanno squarciato il velo del riserbo.

(15 settembre 2009)


Una scossa di magnitudo 4.2 avvertita distintamente tra Bologna e Firenze
Paura tra la popolazione, molte chiamate a vigili del fuoco e polizia municipale
Terremoto sull'Appennino tosco-emiliano
la gente scende in strada, nessun danno


ROMA - La terra ha tremato sull'Appennino tosco-emiliano. Alle 22.04 gli strumenti dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia hanno registrato una scossa di magnitudo 4.2 con epicentro a Barberino del Mugello e Scarperia. Il sisma è stato avvertito a Firenze, Bologna e Pistoia. Non ha provocato danni a persone o cose, ma ha indotto molti abitanti della zona a scendere in strada e a telefonare ai vigili del fuoco o alla polizia municipale. E' accaduto a Prato, dove la maggior parte delle chiamate provengono dall'Appennino, dalla città, da Agliana e Quarrata in provincia di Pistoia. Ed è accaduto un po' ovunque tra Borgo San Lorenzo, Scarperia e Barberino. Molte famiglie sono salite in auto e si sono allontanate dalle proprie abitazioni. Stessa situazione a Bologna e in vari comuni della collina e dell'Appennino, da Pianoro a Monzuno, da San Benedetto Val di Sambro a Castiglione dei Pepoli.

La Sala Operativa di Protezione civile della Provincia di Firenze ha raccomandato la calma e ha confermato che non ci sono stati danni rilevanti.

Oltre alla scossa più forte ce ne sono state altre di minore intensità. Quella di magnitudo maggiore è stata avvertita distintamente dalla popolazione perché superficiale, a soli 3,5 chilometri di profondità.

(14 settembre 2009)


I paletti dell'Authority su Tivù Sat
"Così la Rai non fa servizio pubblico"

Il garante: viale Mazzini non doveva oscurare i propri programmi agli abbonati Sky
La piattaforma con La7 e Mediaset non potrà fare concorrenza a Murdoch




ROMA - Tivù Sat può continuare la sua avventura ma non potrà fare concorrenza a Sky sui programmi a pagamento. L'Autorità per le comunicazioni ha posto una serie di paletti al consorzio tra Rai, Mediaset e La 7 per costituire una propria piattaforma satellitare. Anzi: secondo gli uomini guidati da Corrado Calabrò in questa partenza un po' disorganizzata la Rai potrebbe essere venuta meno ai suoi doveri, di qui la decisione all'unanimità di aprire "un'istruttoria per verificare il rispetto degli obblighi di servizio pubblico e del contratto di servizio".

Tivù Sat nasce per evitare che nel passaggio obbligatorio al digitale terrestre una parte dei telespettatori resti "al buio" per scarsa ricezione. Questi utenti dovrebbero comprarsi il decoder di Tivù Sat installando un'antenna parabolica al posto di quella tradizionale. Il passaggio è avvenuto il 31 luglio e da allora molti programmi sono stati oscurati per i circa 5 milioni di utenti che di solito li guardano attraverso il decoder di Sky.

Un "effetto collaterale" che ha suscitato le proteste dei consumatori e rafforzato il sospetto che Tivu Sat servisse a creare concorrenza sul satellite. Un'evoluzione che l'Agcom controllerà molto da vicino: Tivù Sat potrà continuare ad operare "se le smart card non saranno utilizzate per la fruizione di programmi a pagamento e se la piattaforma offre i propri servizi a tutti i soggetti che ne fanno richiesta a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie".

Rai, Mediaset e Telecom (società quest'ultima che controlla La7) hanno assicurato che non ci sarà coordinamento né editoriale, né commerciale su Tivù Sat: "Qualunque modifica agli accordi notificati - ricorda l'Agcom - comporterà il riesame della decisione".

Serviranno tre mesi per definire l'operato della Rai: "L'istruttoria dovrà accertare la possibilità per tutti gli utenti di ricevere la programmazione di servizio pubblico gratuitamente su tutte le piattaforme distributive anche in linea con quanto avviene in altri paesi europei". Sotto indagine anche la disponibilità di decoder Tivù Sat, molto più bassa delle necessità.
(15 settembre 2009)


IL RETROSCENA. Il presidente della Camera dopo il nuovo attacco di Feltri
"Così il partito muore". In arrivo la lettera dei 50 dissidenti
"Una minaccia in stile mafioso"
L'ira di Gianfranco su Berlusconi

Stavolta Silvio non si è dissociato pubblicamente: "Non potevo, sarei stato ridicolo"



ROMA - "È una minaccia in stile mafioso". Su tutte le furie per l'articolo di Vittorio Feltri, il presidente della Camera ha scelto di non replicare al Giornale, ma di far arrivare ugualmente chiaro e forte il suo pensiero ai vari ambasciatori del Cavaliere che hanno provato a parlarci. Raccontano infatti che Berlusconi abbia mandato avanti, oltre a Gianni Letta, anche altri pontieri come Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello per tentare di abbassare la temperatura dentro al Pdl. "Io non c'entro nulla con quello che ha scritto Feltri", è il messaggio del premier recapitato dalle colombe (tra cui anche La Russa e Gasparri) sul davanzale di Fini, "ma non potevo dissociarmi in pubblico per l'ennesima volta, sarebbe stato ridicolo". Poco persuaso dalla giustificazione del presidente del Consiglio, Fini per ora ha lasciato cadere l'ipotesi di un incontro in settimana con Berlusconi. E il Secolo d'Italia, la centrale finiana guidata da Flavia Perina, oggi apre condannando la "strategia dell'infamia" e, in un editoriale, bolla appunto come "messaggi mafiosi" quelli di Feltri. Non proprio il clima ideale per un riavvicinamento.

C'è poi la questione della lettera al premier annunciata ieri da Italo Bocchino. Un documento per contarsi e smentire l'immagine di un Fini isolato nel suo stesso partito. E per dire che la Lega ha troppo peso nelle scelte di governo. Nessun mistero che un'iniziativa del genere sancirebbe di fatto la nascita di una corrente, preludio forse di quella scissione che alcuni, tra i finiani, agitano come una minaccia concreta. Sarà per questo che l'autore della lettera spiega che "non c'è fretta, raccoglieremo le firme nei prossimi giorni. E vediamo quale clima ci sarà fra i due nelle prossime 48 ore". Insomma, la pistola resta sul tavolo. "Anche perché - spiega un altro finiano coinvolto nell'iniziativa - i 50 deputati che la firmeranno avranno un significato politico preciso: far capire a Berlusconi che non ha la maggioranza senza di noi e non può andare da Napolitano a pretendere le elezioni anticipate in caso di crisi".

Insomma, al momento i due generali si fronteggiano in attesa di segnali. Uno di questi potrebbe essere il via libera di Berlusconi alla candidatura di Renata Polverini nel Lazio, caldeggiata da Fini. Oltre naturalmente alla convocazione della direzione e dell'ufficio di presidenza del Pdl. E tuttavia la vera questione resta quella del peso del Carroccio. Come Fini ha ribadito ieri con quanti lo hanno cercato, "ormai sembra che il Pdl sia un partito del 15 e la Lega del 40 per cento. Berlusconi non capisce che così il Pdl muore".

Se Fini è arrabbiato perché "di fronte a chi solleva delle questioni politiche si risponde con il fango e le minacce", di certo nemmeno Berlusconi, nonostante l'opera dei pontieri, smania per riavvicinarsi al presidente della Camera. Lo descrivono piuttosto come "impegnato in altre cose più concrete", come la consegna delle case ai terremotati d'Abruzzo, "lontano da questa politica che non interessa affatto ai cittadini". E tuttavia anche ad Arcore arrivano i rumors sulle grandi manovre in corso per far cadere il governo. Con una data fissata, quelle delle regionali di marzo. Come scriverà oggi Quagliariello su l'Occidentale, "si avverte nostalgia per le formule alchimistiche. Per i disarcionamenti violenti di chi sta in sella "solo" per volere degli elettori".

(15 settembre 2009)


IL COMMENTO
La strategia del ragno
di CURZIO MALTESE

C'è qualcosa che gli italiani non sanno, ma soprattutto non debbono sapere, dietro la violenza dell'assalto finale di Silvio Berlusconi al valore di cui s'è sempre orwellianamente riempito la bocca, la libertà.

La libertà d'informazione e di critica del giornalismo, perfino la semplice libertà di scelta degli spettatori televisivi. C'è, deve esserci una disperata ragione se il premier, già osservato speciale delle opinioni pubbliche di mezzo mondo, invece di rientrare (lui sì) nei ranghi del gioco democratico, continua a sparare bordate contro le riserve indiane che ancora sfuggono al suo controllo.

L'ultimo episodio, l'oscuramento di Ballarò su Raitre, e ora anche di Matrix su Canale 5, per concentrare tutta l'audience di oggi sulla puntata celebrativa di Porta a Porta per la consegna alle vittime del terremoto abruzzese delle prime case, aggiunge un ulteriore tocco "coreano" al disegno dell'egemone. Volenti o nolenti, milioni di spettatori sono chiamati stasera all'appello, da bravi soldatini, per plaudire al "miglior presidente del Consiglio in 150 anni", che si esibisce nell'ennesimo spettacolare sfruttamento del dolore, fra le lodi dei ciambellani. Si ha un bel dire che ci vuole prudenza nell'adoperare certe parole, ma queste cose si vedono soltanto nei regimi. Più spesso, alla fine dei regimi, quando l'egemone è parecchio in là con gli anni e con l'incontinenza egolatrica.

La vicenda è grave in sé, come ha subito commentato Sergio Zavoli, presidente della Commissione parlamentare di vigilanza e memoria storica della Rai. E lascia perplessi che invece il presidente di garanzia della Rai la riduca a scompenso organizzativo. Si tratta quantomeno di un eufemismo. Ma l'affare Ballarò diventa ancora più inquietante perché s'inserisce in una strategia del ragno governativa per intimidire o tappare direttamente la bocca all'informazione critica.

Le denunce e le minacce contro Repubblica e Unità e perfino la stampa estera, il pestaggio mediatico di questo o quel giornalista, gli avvertimenti mafiosi a questo o quel conduttore perché si pieghino alle censure o dicano addio ai loro programmi, questi sono i metodi. Non si può neppure dire che si tratti di una trama occulta. Gli obiettivi sono palesi, dichiarati, in qualche caso rivendicati. Berlusconi sta usando tutto il suo potere di premier, primo editore e uomo più ricco d'Italia, per strangolare economicamente la stampa d'opposizione, epurare i pochi programmi d'informazione degna di un servizio pubblico, a cominciare da Annozero di Santoro, Report di Gabanelli e Che tempo che fa di Fazio, infine destituire l'unico direttore di rete televisiva, Paolo Ruffini di RaiTre, che non obbedisce agli ordini.

Non sappiamo se tutto questo si possa definire "l'agonia di una democrazia", come ha scritto Le Monde. Ma certo gli assomiglia moltissimo. Del quotidiano francese si può condividere anche il conciso titolo del commento: "Basta!". Nella speranza che siano in molti ormai in Italia a voler dire "basta!", non tanto, non più per convinzione politica, ma per buon senso, decenza e amor di patria. Lo si vedrà anche alla manifestazione di piazza del Popolo il prossimo sabato.

Al giornalismo libero rimane il compito di chiarire il mistero dietro l'offensiva finale di Berlusconi contro la libertà d'informazione. Oltre a quanto già gli italiani sanno, o almeno la minoranza che non si limita a bersi i telegiornali. E cioè il terrore governativo per il calo (reale) di consensi, l'incombere degli effetti autunnali della crisi sempre negata, il dilatarsi dei noti scandali di escort e minorenni, l'avvicinarsi di una sentenza della Consulta che potrebbe restituire Berlusconi alle proprie responsabilità davanti alla legge. E poi forse ci sarà dell'altro da nascondere, che all'informazione indipendente spetta d'indagare. Salvo che il potere impedisca ai giornalisti di fare il proprio lavoro. Come sta accadendo in Italia, con questa guerra preventiva, sotto gli occhi di tutto il mondo.

(15 settembre 2009)


Los Angeles, è morto Patrick Swayze
Il protagonista di Dirty Dancing aveva 57 anni. Nel 2008 la scoperta di avere un cancro al pancreas


LOS ANGELES- Un altro lutto colpisce Hollywood. Patrick Swayze è morto a 57 anni. Il protagonista, tra l'altro, di Dirty dancing e Ghost aveva un cancro al pancreas diagnosticato nel gennaio del 2008. L'attore ha sempre cercato di lavorare, nonostante la malattia.

LA CARRIERA- Nato e cresciuto in Texas, Swayze aveva cominciato la sua carriera come ballerino. E per più di 40 anni è riuscito a lavorare. Sul grande schermo debutta nel 1979 con Skatetown, Usa. Il successo e la scalata nel mondo di Hollywood è arrivata nel 1987 con il ruolo Johnny Castle, il capo animatore di un villaggio e maestro di ballo. Dirty Dancing diventa una dei film più visti di tutti i tempi. Il successo viene consolidato da Ghost, dove recita affianco a Demi Moore. Poi Point Break e La città della Gioia. Nel 1991 è stato eletto l'uomo più sexy dell'anno dalla rivista americana People. Una carriera lunga e piena si successi.


LA MALATTIA- Patrick Swayze aveva annunciato nel marzo del 2008 che soffriva di una forma avanzata di cancro del pancreas. Era stato ricoverato in ospedale in gennaio per una polmonite e i medici hanno scoperto il tumore. Il cancro del pancreas è uno dei tumori più letali con soltanto un malato su dieci che riesce a sopravvivere a cinque anni dalla diagnosi. Inoltre si estende rapidamente agli altri organi, cio che in numerosi casi lo rende inoperabile.


15 settembre 2009

 
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Titan Morgan
view post Posted on 15/9/2009, 11:03




CITAZIONE (Lucky (Due di Picche) @ 15/9/2009, 11:31)
Una scossa di magnitudo 4.2 avvertita distintamente tra Bologna e Firenze
Paura tra la popolazione, molte chiamate a vigili del fuoco e polizia municipale
Terremoto sull'Appennino tosco-emiliano
la gente scende in strada, nessun danno


ROMA - La terra ha tremato sull'Appennino tosco-emiliano. Alle 22.04 gli strumenti dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia hanno registrato una scossa di magnitudo 4.2 con epicentro a Barberino del Mugello e Scarperia. Il sisma è stato avvertito a Firenze, Bologna e Pistoia. Non ha provocato danni a persone o cose, ma ha indotto molti abitanti della zona a scendere in strada e a telefonare ai vigili del fuoco o alla polizia municipale. E' accaduto a Prato, dove la maggior parte delle chiamate provengono dall'Appennino, dalla città, da Agliana e Quarrata in provincia di Pistoia. Ed è accaduto un po' ovunque tra Borgo San Lorenzo, Scarperia e Barberino. Molte famiglie sono salite in auto e si sono allontanate dalle proprie abitazioni. Stessa situazione a Bologna e in vari comuni della collina e dell'Appennino, da Pianoro a Monzuno, da San Benedetto Val di Sambro a Castiglione dei Pepoli.

La Sala Operativa di Protezione civile della Provincia di Firenze ha raccomandato la calma e ha confermato che non ci sono stati danni rilevanti.

Oltre alla scossa più forte ce ne sono state altre di minore intensità. Quella di magnitudo maggiore è stata avvertita distintamente dalla popolazione perché superficiale, a soli 3,5 chilometri di profondità.

Io e mia moglie ci siamo solo presi un bello spavento per fortuna... erano le 22, Eleonora era tornata da poco dal lavoro e stava preparando la cena, io mi ero seduto un attimo sul divano a vedere la registrazione di Brooke Knows Best quando tutta la casa ha tremato per qualche secondo... mia madre mi ha chiamato subito spaventata (lei sta a Vicchio, più vicino all'epicentro rispetto a Dicomano dove abito io) per sapere come stavamo... pare che a Scarperia e Barberino del Mugello, molta gente abbia addirittura dormito in auto per la paura e che ci siano stati danni alle case. Speriamo che sia tutto finito.
 
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Shao Lin
view post Posted on 15/9/2009, 11:08




CITAZIONE (Titan Morgan @ 15/9/2009, 12:03)
CITAZIONE (Lucky (Due di Picche) @ 15/9/2009, 11:31)
Una scossa di magnitudo 4.2 avvertita distintamente tra Bologna e Firenze
Paura tra la popolazione, molte chiamate a vigili del fuoco e polizia municipale
Terremoto sull'Appennino tosco-emiliano
la gente scende in strada, nessun danno


ROMA - La terra ha tremato sull'Appennino tosco-emiliano. Alle 22.04 gli strumenti dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia hanno registrato una scossa di magnitudo 4.2 con epicentro a Barberino del Mugello e Scarperia. Il sisma è stato avvertito a Firenze, Bologna e Pistoia. Non ha provocato danni a persone o cose, ma ha indotto molti abitanti della zona a scendere in strada e a telefonare ai vigili del fuoco o alla polizia municipale. E' accaduto a Prato, dove la maggior parte delle chiamate provengono dall'Appennino, dalla città, da Agliana e Quarrata in provincia di Pistoia. Ed è accaduto un po' ovunque tra Borgo San Lorenzo, Scarperia e Barberino. Molte famiglie sono salite in auto e si sono allontanate dalle proprie abitazioni. Stessa situazione a Bologna e in vari comuni della collina e dell'Appennino, da Pianoro a Monzuno, da San Benedetto Val di Sambro a Castiglione dei Pepoli.

La Sala Operativa di Protezione civile della Provincia di Firenze ha raccomandato la calma e ha confermato che non ci sono stati danni rilevanti.

Oltre alla scossa più forte ce ne sono state altre di minore intensità. Quella di magnitudo maggiore è stata avvertita distintamente dalla popolazione perché superficiale, a soli 3,5 chilometri di profondità.

Io e mia moglie ci siamo solo presi un bello spavento per fortuna... erano le 22, Eleonora era tornata da poco dal lavoro e stava preparando la cena, io mi ero seduto un attimo sul divano a vedere la registrazione di Brooke Knows Best quando tutta la casa ha tremato per qualche secondo... mia madre mi ha chiamato subito spaventata (lei sta a Vicchio, più vicino all'epicentro rispetto a Dicomano dove abito io) per sapere come stavamo... pare che a Scarperia e Barberino del Mugello, molta gente abbia addirittura dormito in auto per la paura e che ci siano stati danni alle case. Speriamo che sia tutto finito.

Poverina, lei torna da lavoro alle 22 e deve pure preparare la cena mentre tu te ne stai sul divano a guardarti la figlia di Hogan :D
 
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Titan Morgan
view post Posted on 15/9/2009, 11:18




CITAZIONE (Shao Lin @ 15/9/2009, 12:08)
Poverina, lei torna da lavoro alle 22 e deve pure preparare la cena mentre tu te ne stai sul divano a guardarti la figlia di Hogan :D

Ma no... la stavo aiutando, avevo apparecchiato la tavola e le avevo dato mano in cucina... mi sono seduto un attimo sul divano mentre aspettavo che gli involtini finissero di cuocere... :D
...comunque io non so cucinare purtroppo... altrimenti le farei trovare la cena pronta, visto che torno a casa prima di lei (mia moglie fa l'avvocato e lavora a Firenze... gli avvocati non hanno orari!), però cerco di fare tutto il resto in casa, quel che posso lo faccio... :P
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 15/9/2009, 17:35




La missiva firmata da una cinquantina di parlamentari ex Alleanza nazionale
Serve un "patto di consultazione permanente" tra il premier e il presidente della Camera
Lettera ex An a Berlusconi
"Evitare il corto circuito"

Fini querela Feltri per gli attacchi pubblicati dal Giornale
e alla Camera dice: "Risponderò in altra sede, politica e giudiziaria"




ROMA - Si inasprisce lo scontro all'interno del Pdl: arriva la preannunciata lettera degli ex An a Silvio Berlusconi e arriva la preannunciata querela di Gianfranco Fini a Vittorio Feltri. Il "caso Feltri" è oggetto anche di un dibattito alla Camera: "Per doveroso rispetto nei confronti delle istituzioni che ognuno deve aver ben presente non è certamente questa la sede in cui il presidente della Camera intende affrontare la questione che è stata sollevata - dice Fini - Lo farò in altra sede, politica e giudiziaria",

La lettera. Nella missiva preparata dal vicepresidente vicario dei deputati del Pdl, Italo Bocchino, si consiglia un "patto di consultazione permanente" tra i "cofondatori" del Popolo della libertà Berlusconi e Fini, unito a un giudizio severo ("vicenda pericolosa e incomprensibile") sugli attacchi del Giornale di Feltri al presidente della Camera. A quanto si è appreso, la lettera sarebbe stata firmata al momento da oltre 50 parlamentari ex Alleanza nazionale.

Nel testo, anticipato dall'Ansa, si sostiene che gli ex An non intendono mettere in discussione la leadership di Berlusconi né prefigurare "scenari diversi" dal bipolarismo, ma si chiede un intervento del presidente del Consiglio per evitare uno sbilanciamento in favore della Lega e per impedire che la somma di problemi diversi possa creare "un corto circuito interno al nuovo partito".

Per i parlamentari ex An appare inoltre importante promuovere una struttura maggiormente democratica del partito, attraverso "vertici di maggioranza che coinvolgano tutto il Pdl, evitando la sensazione che dalle cene del lunedì venga fuori la linea dell'esecutivo e che questa sia di fatto condizionata dalla Lega a scapito del nostro partito", e strutturando "il Pdl come un vero e proprio partito, a livello centrale e territoriale, facendo funzionare gli organi previsti dallo Statuto con periodicità e trovando in quella sede le soluzioni tra le varie posizioni di partenza su questioni a volte anche delicate che riguardano la coscienza dei singoli".

La querela. Dopo l'articolo "Il presidente Fini e la strategia del suicidio lento. Ultima chiamata per Fini: O Cambia rotta o lascia il Pdl'", il presidente della Camera ha deciso di rivolgersi alla magistratura. L'annuncio della querela arriva da Giulia Bongiorno, presidente della Commissione giustizia della Camera e avvocato del presidente della Camera. L'articolo era apparso ieri sul quotidiano della famiglia Berlusconi e c'erano velate insinuazioni su un dossier a luci rosse del 2000 che, secondo Feltri, riguarderebbe uomini di An.

Stringata la replica di Feltri alla notizia della querela: "Sono tutti bravi a far querele, poi bisogna vincerle. E comunque non si può parlare di un avvertimento mafioso, trattandosi di fatti noti".

Da segnalare inoltre l'ennesima stoccata di Farefuturo, la fondazione vicina a Fini, al premier. Il tema sono le elezioni anticipare che voci di palazzo danno come estrema ratio a cui Berlusconi ricorrerebbe per fare cessare le divisioni all'interno del governo. "Credo che ci stiano pensando seriamente. Secondo me è un'ipotesi politicamente folle, significherebbe l'estrema deriva bonapartista del berlusconismo - dice il direttore Alessandro Campi - E' un'idea per arrivare ad un ultimo ed estremo referendum sulla propria persona, per eliminare ogni possibile concorrenza esterna e interna, ma è chiaro che la partita è molto interna: neutralizzare Fini e lasciare Casini al suo 5-6%. Tecnicamente è la soluzione di Napoleone III, il plebiscito bonapartista che rischia di aprire la strada ad una forma di autoritarismo soft".

Il dibattito alla Camera. Nel corso del dibattito a Montecitorio il capogruppo democratico Antonello Soro, dopo aver espresso la solidarietà del proprio partito a Fini, ha definito "cosa inaccettabile'' l'attacco perpetrato nei suoi confronti dal Giornale, tanto più dal momento che "arriva dal quotidiano di proprietà della famiglia del presidente del Consiglio". Ma soprattutto, ha sottolineato Soro, ''è ancora più grave e inaccettabile che il premier non abbia ancora espresso una sola parola di censura''.

Dal canto suo, il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto ha espresso la solidarietà del gruppo del Pdl tanto al
presidente della Camera per il caso Feltri che a Silvio Berlusconi, "per l'inqualificabile attacco di cui è oggetto da mesi da parte di Repubblica". "Questa è una maggioranza di governo e politica che ha una sua logica - ha concluso Cicchitto - e il Pdl sarà capace anche di superare questa questione di tipo giornalistico".

Solidarietà a Fini anche dall'Udc: "E' impensabile e inaccettabile che si intimidisca un parlamentare e lascio perdere che in questo caso si tratta del presidente della Camera, dicendogli 'o ti regolarizzi, rinunci alle tue idee e ti metti la coda tra le gambe, oppure pubblicherò questo o quello", ha detto il presidente Rocco Buttiglione.

Fabio Evangelisti dell'Italia dei valori, ha chiesto che "Berlusconi venga a riferire in Parlamento e a discutere anche della situazione dell'informazione, dopo la vicenda Boffo, quella di Feltri e quella che vedrà stasera Berlusconi con Vespa in prima serata".

(15 settembre 2009)


Il segretario del Pd rinuncia alla trasmissione del 23 settembre
"Terremotati strumentalizzati, non mi presto a questa operazione"
Franceschini dice no a Vespa
"Non vengo a Porta a Porta"

Il conduttore Rai replica: "Sono motivazioni pretestuose"
Di Pietro attacca il giornalista. E Lui: "O si scusa o non lo invito più
"



ROMA - "Non vengo a Porta a Porta". Dopo le polemiche per la cancellazione della puntata di Ballarò, Dario Franceschini rinuncia all'invito di Bruno Vespa che aveva programmato una trasmissione con il segretario del Pd per il 23 settembre.

"Leggo ora - dice il leader Pd - alcune dichiarazioni di Vespa secondo le quali la mia presenza sarebbe da intendere come una sorta di par condicio per coprire l'incredibile scelta della Rai di stravolgere i palinsesti dell'azienda allo scopo di garantire al premier una vetrina strumentalizzando e spettacolarizzando il dramma dei terremotati d'Abruzzo. E' un'operazione grave di cui non posso e non voglio rendermi complice in nessun modo".

Secca la replica di Vespa ("motivazioni pretestuose") che attacca il segretario del Pd: "Non le consento di definire una nostra trasmissione come una vetrina al servizio del presidente del Consiglio. Esigo lo stesso rispetto rivolto ad altre trasmissioni che dal pluralismo di Porta a Porta hanno tutto da imparare". Franceschini rilancia: "La logica della puntata di questa sera e' di trasformare il dolore in spettacolo''.

Ma è tutto il Pd che attacca la scelta di viale Mazzini. "Stasera si dovrebbe festeggiare il dono dei prefabbricati costruiti dalla provincia di Trento, cui siamo grati", dice Massimo D'Alema. Per questo il protagonista, chiosa l'ex ministro degli Esteri, dovrebbe essere il presidente della provincia di Trento, Lorenzo Dellai, anche perché "le villette che erano state promesse da Berlusconi non sono ancora pronte". "Spero intanto - ironizza D'Alema - che il presidente del Consiglio comunichi la lista dei terremotati ospitati a casa sua visto che aveva preso questo nobile impegno".

Ma non è solo il Pd a entrare in rotta di collisione con Vespa. Basta leggere le parole di Antonio Di Pietro: "La Rai promuove l'informazione faziosa di soggetti come Minzolini o Vespa, che stanno al giornalismo come la sedia elettrica alla vita umana". Vespa risponde con un aut aut: "Eviteremo di invitarlo a sedersi sulla "sedia elettrica" della nostra trasmissione. A meno che, naturalmente, non si scusi".

E anche dall'interno del cda della Rai si levano nuove voci critiche. "L'episodio di Ballarò - dice il consigliere Nino Rizzo Nervo - è grave in sé, e denuncia senza mezzi termini che si vuole non solo compiacere e non disturbare il manovratore ma anche attuare un preciso disegno per anestetizzare le ultime diversità che resistono nel servizio pubblico radiotelevisivo".

Severa poi la condanna del cardinale Ersilio Tonini che critica il rinvio di 'Ballarò'. "Chiunque ami un il giornalismo - dice l'arcivescovo emerito di Ravenna - non può far festa. Non è una conquista, è un segno che i pezzi grossi contano di più. Che senza i grandi protettori, non si fa niente".

(15 settembre 2009

:inchino: :inchino: :inchino:

Sulla stampa internazionale ancora articoli dedicati al premier italiano
El Pais: "Anticamera del fascismo". Le Monde: "Ci si prepara al dopo"
Telegraph: "Berlusconi indebolito
ora lo sfidano i suoi stessi alleati"

Time: "Troppo grande per cadere, ma la sua voglia di sedurre potrebbe portarlo alla scomparsa politica"



LONDRA - L'Italia di Berlusconi è diventata "l'anticamera del fascismo", scrive El Pais; il primo ministro, "indebolito" dagli scandali, viene sfidato dai suoi stessi alleati, Fini e Bossi, afferma il Daily Telegraph; i partiti politici italiani preparano già "il dopo-Berlusconi", sostiene Le Monde; nel Pdl è scoppiata "una guerra civile", osserva El Mundo. Da tutta Europa, l'attenzione dei media sul caso Berlusconi continua a produrre articoli e commenti, descrivendo una situazione sempre più grave e incontrollabile, mentre all'orizzonte si profilano due appuntamenti chiave: la manifestazione di protesta in difesa della libertà di stampa, questo sabato a Roma, come nota il francese Les Echos; e la decisione della Corte Costituzionale, prevista per i primi di ottobre, sul lodo Alfano, ossia sulla norma che ha concesso al capo del governo l'immunità giudiziaria fintanto che sarà in carica, un verdetto che potrebbe "riaprire i processi" contro di lui.

"Silvio Berlusconi è un autocrate, che considera legittimo andare a cena con uno dei suoi giudici, non trova sconveniente accettare l'invito al compleanno di una 18enne nella terra della Camorra ed è allergico alla sana informazione", scrive El Pais, il più autorevole quotidiano spagnolo. "Un giornalista che critica, quando c'è da criticarla, l'azione del governo, è per Berlusconi un giornalista comunista, mentre il giornalista obiettivo è solo quello che elogia, e che elogia lui". Il giornale ricorda le tappe della offensiva di Berlusconi contro la stampa indipendente, sottolineando in particolare la gravità del suo appello agli imprenditori a non fare pubblicità sui giornali che criticano il governo.

A Londra, il Daily Telegraph osserva che la Lega Nord di Umberto Bossi, approfittando del fatto che scandali e polemiche hanno "indebolito" Berlusconi, ha chiesto la secessione della Padania. E' un'altra mossa che mette in difficoltà il premier, dopo la rottura con un altro dei suoi alleati cruciali, il numero due del Pdl e presidente della Camera Gianfranco Fini. A proposito della mossa di Bossi, il Telegraph interpella il professor Geoff Andrews, docente di studi italiani alla Open University, che dice: "Bossi ha risvegliato la causa separatista per ragioni tattiche. Vuole asserire il suo potere in un periodo in cui Berlusconi è in difficoltà per questa crisi. E' opportunismo, Bossi vuole strappare l'appoggio di Berlusconi sulla questione della Padania in cambio del proprio appoggio per fare fronte agli scandali e ai problemi politici".

Parere analogo su Le Monde. "La vita politica italiana è paralizzata dalle vicende private del premier", titola l'influente quotidiano francese. L'articolo sente il parere di un anziano senatore della destra, che definisce senza mezzi termini la situazione attuale come "un grande bordello". Le Monde ricorda che se la Corte Costituzionale fermasse il lodo Alfano sull'immunità, "lo spettro di molteplici processi sospesi" aleggerebbe di nuovo sopra Berlusconi. Il giornale scrive poi sull'aria di rottura tra Fini e il premier, così come sulla manovre per riorganizzare il centro fondando un nuovo schieramento politico moderato che possa riempire il vuoto lasciato da Berlusconi. Il quale, conclude Le Monde, "si sta rivelando incapace di riprendere in mano la situazione, la sua agenda politica è vuota", mentre la Lega Nord, che già fece cadere una volta in passato la coalizione di centro destra, chiede "un ritorno alle urne".

Il francese Les Echos rifà la cronaca della "guerra" tra Berlusconi e la stampa, affermando che ha raggiunto "il parossismo". Il giornale nota che oltre 350 mila persone hanno firmato l'appello di "Repubblica" in difesa della libertà di stampa, tra cui premi Nobel, scrittori, artisti di mezzo mondo, e prevede che centinaia di migliaia di persone parteciperanno alla manifestazione di protesta contro Berlusconi e in difesa dei media liberi, indetta per sabato. Il giornale conservatore spagnolo El Mundo titola invece sulla "denuncia della politica immigratoria di Berlusconi" da parte dell'Onu, che ha "accusato lo stato italiano di violare in numerose occasioni i diritti umani", ma parla anche di "guerra civile" nel Pdl: "Il partito di governo vive momenti di tensione tra i suoi fondatori, Berlusconi e Fini, dopo che Il Giornale, che appartiene al premier, ha lanciato vari attacchi contro il presidente della Camera".

Il settimanale americano Time dedica ancora ampio spazio alle vicende politiche italiane: "Nella terra di Machiavelli l'unica cosa che desta più attenzione di ciò che accade nella camera da letto del primo ministro sono i retroscena della politica. In questa fase suscitano molta attenzione da una lato il ruolo del presidente della Camera Gianfranco Fini e dall'altro l'operazione dell'Udc per costruire una nuova forza di centro". Ma Berlusconi, ironizza Jeff Israely, "è l'equivalente italiano della Banca d'America: è troppo grande per cadere". "E allora - conclude Time - la domanda irrisolta è: perché il premier continua a gettare benzina sul fuoco sui presunti scandali che lo riguardano? Per il suo incontrollabile desiderio di persuadere e sedurre. L'unica cosa che potrebbe decretarne la scomparsa politica".

(15 settembre 2009)


Il dossier denuncia gravi violazioni del diritto internazionale a Gaza
Nel mirino l'operazione "Piombo Fuso" e il lancio dei missili al fosforo
Onu: "Da Israele e palestinesi
crimini di guerra e contro l'umanità"

Il ministero degli Esteri israeliano insorge: "Verdetto unilaterale"

NEW YORK - Sia israeliani che palestinesi hanno compiuto "crimini di guerra" e in alcuni casi "crimini contro l'umanità" durante l'operazione militare israeliana "Piombo fuso" a Gaza. Lo afferma un rapporto delle Nazioni Unite, presentato oggi a New York. Il dossier è stato steso da quattro esperti internazionali guidati dal giudice sudafricano Richard Goldstone, ex procuratore capo dei tribunali internazionali per il Ruanda e l'ex Jugoslavia. Il documento ha scatenato la reazione indignata di Israele, che lo ha definito "non obiettivo".

L'operazione militare sotto accusa. L'atto d'accusa dell'Onu è contenuto in 574 pagine, dove si afferma che l'operazione militare del 27 dicembre era "diretta alla popolazione di Gaza nel suo insieme" per "punirla" e che l'esercito israeliano non ha condotto in maniera appropriata le indagini sulle violazioni compiute. Secondo i giudici, lo stato ebraico "non ha adottato le precauzioni necessarie richieste dal diritto internazionale per limitare le perdite di vite umane e i feriti fra i civili e i danni materiali".

Armi al fosforo Il rapporto condanna come "violazioni del diritto umanitario internazionale" i proiettili di mortaio al fosforo bianco contro le installazioni dell'Unrwa (agenzia dell'Onu incaricata dei rifugiati palestinesi) e gli attacchi con armi al fosforo su due ospedali di Gaza.

L'appello ai palestinesi. Nell'atto di accusa delle Nazioni Unite sono finite anche le operazioni condotte dal fronte opposto. Nel rapporto si legge che il lancio di missili contro Israele da parte palestinese costituisce "un crimine di guerra e può essere ritenuto crimine contro l'umanità" in quanto non distingue fra obiettivi militari e civili. Il giudice Goldstone ha anche esortato i militanti palestinesi a liberare il soldato israeliano Gilad Shalit, sequestrato nel 2006 e da allora tenuto prigioniero a Gaza.

La reazione di Israele. Immediata la replica di Istraele, che ha respinto con estrema durezza i rilievi delle Nazioni Unite. "Oggi è stato scritto un capitolo vergognoso nella storia del diritto internazionale e del diritto dei popoli all'autodifesa", si legge in una nota del ministero degli Esteri israeliano. Secondo il governo israeliano, che si è rifiutato di collaborare con l'indagine, "il verdetto era stato già scritto in anticipo a Ginevra" e la commissione delle Nazioni Unite "si è limitata a raccogliere testimonianze false o unilaterali contro Israele" nella sua recente missione nella regione.

(15 settembre 2009)


Banditi della tavola scatenati: in un anno sequestrati 34 milioni di chili
I risultati del rapporto sulla Sicurezza alimentare di MDC e Legambiente
Allarme cibi scaduti e avariati
nel 2008 boom di sequestri



La fantasia dei banditi della tavola non ha limiti: olio di semi di soia pronto ad essere "corretto" e messo in vendita come extravergine d'oliva, mozzarelle prodotte da caseina o contaminate da diossina o ancora realizzate con grassi vegetali, latte alla melamina, formaggio avariato e putrefatto, con tracce di vermi, escrementi di topi e persino residui di plastica tritata, pronto per essere rimaneggiato e rinascere a nuova vita come fettine per i toast, formaggio grattugiato, formaggio fuso.

Anche quest'anno il tradizionale appuntamento con il sesto rapporto sulla Sicurezza alimentare, messo a punto da MDC, Movimento Difesa Cittadino, e Legambiente, rivela tutti i numeri delle sofisticazioni e contraffazioni con i dati delle operazioni cui le forze dell'ordine titolate ai controlli del settore hanno sottoposto aziende alimentari, magazzini, ristoranti, mense scolastiche e aziendali, supermercati, punti di sbarco e dogane.
Nel 2008, infatti, soltanto i Nas (Nucleo per la tutela della salute) dei Carabinieri hanno sequestrato oltre 34 milioni di chili di prodotti per un valore di oltre 160 milioni di euro. Ma se il dato globale dice poco, il dettaglio è raccapricciante: a dicembre i Nas sequestrano a Brescia circa 100 tonnellate di prosciutti di Parma Dop e altri salumi e insaccati invasi da larve e scaduti da anni, pronti per essere venduti nei mercatini rionali a 2,5 euro al chilo, a Cremona a luglio è la volta di formaggio avariato e putrefatto con un giro d'affari da decine di milioni di euro. A Bisceglie, provincia di Bari, la Capitaneria di porto sequestra in un deposito ittico sei tonnellate di pesce, congelato e scongelato più volte e con date di scadenza non attendibili. A ottobre i Carabinieri della Capitale trovano in un magazzino ottomila chili di alimenti etnici invasi da scarafaggi e destinati a ristoranti e negozi. Ancora più alte - 181 milioni di euro di infrazioni di cui 172 nel settore vitivinicolo - le cifre dei risultati delle ispezioni svolte dall'Ispettorato per il controllo della qualità dei prodotti (ICQ).

Se infatti da un lato l'attività dei sofistificatori è incessante, dall'altra anche le ispezioni aumentano. Basti pensare agli oltre 28 mila interventi da parte dei Nas, che hanno riguardato soprattutto il settore della ristorazione (7969) e delle carni e allevamenti (6398), e che hanno portato a 49 arresti, 836 strutture chiuse per motivi di salute pubblica e 5866 infrazioni penali.
Numeri importanti anche per le 37 mila ispezioni dell'ICQ, le oltre 157 mila nel settore ittico a cura delle Capitanerie di Porto, dalle imbarcazioni in mare (38479) ai banchi dei dettaglianti e della grande distribuzione, 53 mila gli interventi dell'Agenzia delle Dogane, con le 766 operazioni del Corpo Forestale e le 969 dei Carabinieri per le Politiche Agricole. Soltanto la Guardia Costiera ha sequestrato 330 mila chili di prodotti ittici, comminando sanzioni per oltre 5,5 milioni di euro. La principale frode riscontrata è il ritrovamento di prodotti in cattivo stato di conservazione e inadatti al consumo umano.
Da un lato, dunque, prodotti pericolosi, scaduti, conservati tra blatte ed escrementi. Ma non solo. Molte denunce riguardano infatti il cosiddetto mondo del falso alimentare. Finti pomodori San Marzano, prosciutto crudo con il marchio - finto - di un consorzio, olio extravergine etichettato irregolarmente, falso Amarone DOC pronto per l'esportazione negli States. Insomma, come sottolinea Francesco Ferrante di Legambiente, più le eccellenze alimentari italiane vengono richieste anche all'estero più aumentano i delinquenti che speculano su uno dei settori trainanti della nostra economia. "Ed è per questo - precisa - che serve non solo reprimere ma prevenire". D'altro conto, ammette Antonio Longo, presidente MDC, in Italia esiste uno dei migliori sistemi di controllo in Europa, forse nel mondo, e i risultati si vedono.

Capitolo a parte per i prodotti alimentari importati dall'estero, che raggiungono ogni anno oltre 13 milioni di tonnellate per un valore di circa 8 miliardi di euro. L'Agenzia delle dogane ha svolto nel 2008 circa 53 mila ispezioni. Anche quest'anno la Cina ha il numero più alto di notifiche (513), seguita dalla Turchia, con 311. Ma il compito è tutt'altro che facile, "perché, spiega la dirigente Teresa Alvaro, servirebbe innanzi tutto un livello di controlli adeguato e simile in tutti i paesi europei. Ci siamo accorti, infatti, che con il progressivo intensificarsi dei nostri controlli, molte merci sono state dirottate verso altri stati. E, una volta entrati in Europa, è molto difficile riuscire a individuare prodotti dannosi e pericolosi per la salute. Non si possono controllare fisicamente tutti i prodotti che entrano nel nostro paese, ma possiamo intensificare la collaborazione con gli altri enti e aumentare l'efficienza dei controlli informatici".
Come ogni anno, però, oltre alle denunce, la presentazione del rapporto sulla sicurezza a tavola è anche occasione per premiare alcune situazioni virtuose: quest'anno il premio è andato a tre mense scolastiche (Bolzano, Termoli e Roncade, provincia di Treviso) che si sono distinte per qualità, efficienza energetica e lavoro in collaborazione con le famiglie; al progetto dell'Associazione Italiana Celiachia per un'alimentazione senza glutine fuori casa; a Coop per la linea Club 4-10, prodotti bilanciati per i bambini studiati con la Società Italiana dell'Obesità e European Childhood Obesity group; a Sodexo per la campagna su una sana alimentazione nei ristoranti aziendali; alla direzione didattica di San Mauro Torinese per il progetto "Orto in condotta", un orto in 4 scuole elementari e 2 dell'infanzia e infine a un ristorante segnalato da FIPE (Pantagruele di Torino) per la selezione delle materie prime, per l'attenzione ai problemi ambientali e al riciclaggio dei rifiuti ma, soprattutto, per il rapporto con il cliente.

(15 settembre 2009)


sembra che i ragazzi neri non volessero che il compagno si sedesse accanto a loro
Illinois, studente bianco picchiato
dai compagni neri sul bus della scuola

Durante l'aggressione in molti incoraggiavano il pestaggio. La polizia: «È razzismo»


WASHINGTON - Il capitano Don Sax, responsabile della polizia di Belleville, in Illinois, non sembra avere dubbi: «Penso si tratti di una aggressione a sfondo razziale. Non c'era alcun motivo di altro genere per giustificare questa esplosione di violenza». La vittima dell'aggressione è uno studente bianco: è stato più volte picchiato da due compagni neri su un autobus scolastico in Illinois mentre altri ragazzi incoraggiavano i due aggressori.

NON VOLEVANO SI SEDESSE ACCANTO A LORO - A scatenare l'esplosione di violenza sarebbe stata la volontà del 17enne bianco di sedersi accanto ai compagni neri. Il pestaggio è stato ripreso da una telecamera sull'autobus. Il malcapitato studente è stato picchiato due volte, in cinque minuti, da due aggressori diversi. Alcuni dei ragazzi sul mezzo si sono limitati a osservare l'incidente, altri hanno urlato incoraggiamenti agli aggressori. I due studenti neri responsabili dell'aggressione sono stati sospesi da scuola e arrestati.




 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 16/9/2009, 16:19




Il presidente uscente eletto con il 54,6% dei voti contro il 27,8% di Abdullah
Per la proclamazione dovrà attendere la fine dell'inchiesta sulle irregolarità elettorali
Afghanistan, Karzai è presidente
Brogli, polemica con gli osservatori

Gli inviati Ue: 1,5 milioni di schede non valide. Il leader afgano: "Irresponsabili"



KABUL - Hamid Karzai è stato riconfermato alla guida dell'Afghanistan. Lo ha annunciato la Commissione elettorale afgana, che ha attribuito al presidente uscente il 54,6% dei voti espressi nelle presidenziali del 20 agosto scorso. Il suo avversario Abdullah Abdullah ha invece ottenuto il 27,8 per cento, mentre l'affluenza alle urne è stata del 38,7 per cento.

I brogli - La proclamazione di Karzai come vincitore al primo turno tuttavia non avverrà prima della fine delle inchieste sui brogli elettorali denunciati da commissari inviati dall'Unione Europea, che oggi hanno denunciato la presenza di 1,5 milioni di voti fraudolenti. Karzai ha risposto condannando come "parziale, irresponsabile e in violazione della costituzione" la denuncia di brogli massicci alle elezioni presidenziali dello scorso agosto. "Riteniamo - si legge in un comunicato della presidenza afgana - che il solo modo che abbiamo di legittimare il risultato dell'attuale processo elettorale sia quello di consentire che le istituzioni legittime completino il processo e di evitare di interferire nelle questioni che competono loro".

Nato - La Nato intanto ha auspicato - tramite il suo portavoce James Appathurai- che i risultati in Afghanistan siano "i più credibili possibili", lanciando un appello a tutti gli attori politici afgani "a dimostrare responsabilità" in questa fase di mancanza di chiarezza.

(16 settembre 2009)


In un istituto del Colorado il preside chiede ai genitori di non permettere ai figli di indossare i "jelly"
Oggetti di moda tra i giovanissimi, vengono utilizzati per lanciarsi segnali sull'attività sessuale
Usa, vietati braccialetti di gomma
"E' un gioco erotico tra studenti"





Quando, tra gli adolescenti, nasce una moda, questa si diffonde velocemente come un'innocua pandemia e non c'è modo di fermarla. Lo sanno bene i presidi delle scuole e i genitori di tutti i paesi occidentali. "No alle gonne troppo corte", "no all'ombelico di fuori", "No ai pantaloni a vita bassa". Tanti divieti, ma senza successo. In questi giorni, una scuola media del Colorado (Usa) sta tentando una crociata contro la diffusione di braccialetti colorati che indicherebbero l'attività sessuale degli alunni.

Il preside della Angevine Middle School a Lafayette, vicino a Boulder, Mike Medina, ha chiesto ai genitori di non permettere ai loro figli di indossare un tipo di braccialetto colorato ("jelly") all'interno delle mura scolastiche, preoccupato che il colore dei braccialetti indichi una specifica connotazione sessuale degli studenti.

Il preside ha inviato un messaggio e-mail ai genitori giovedì 10 settembre per metterli in guardia sul significato che hanno i colori dei braccialetti di gomma, che dovrebbero indicare il livello di attività sessuale dello studente, la sua esperienza nel campo o la propria disponibilità a spingersi in un rapporto sessuale più o meno impegnativo.

L'intervento è scattato quando alcuni membri del personale dell'istituto hanno "intercettato" conversazioni tra gli studenti sui braccialetti, rivelatorie del loro vero significato. Il preside ha così deciso di incontrare alcuni studenti e ha concluso che i braccialetti stavano diventando una fonte di distrazione per gli studenti, tanto da giustificare il divieto.

"E' emerso che molti ragazzi e soprattutto ragazze, lo indossano come oggetto di moda," ha dichiarato Gamblin. "Per alcuni i braccialetti non hanno alcuna connotazione. Ma altri studenti avevano scoperto tramite il web un gioco erotico chiamato snap, in cui il colore del braccialetto denota la volontà di impegnarsi in una particolare attività sessuale. Quando un ragazzo rimuove il braccialetto dal braccio di una ragazza, significa che un certo tipo di rapporto (dal semplice bacio al rapporto sessuale completo) ha avuto luogo".

(15 settembre 2009)


Brunetta usa il sito del ministero
per replicare alle accuse dell'Espresso
Aprendo la home non appaiono i contenuti della Pubblica amministrazione, ma una polemica privata
quella del ministro contro il settimanale che contestava i reali risultati della 'lotta ai fannulloni'



Il ministro Renato Brunetta utilizza il sito ufficiale del ministero per replicare all'inchiesta dell'Espresso sugli effettivi risultati della sua riforma contro i fannulloni nel pubblico impiego. Gli utenti che si collegano con il sito Governo italiano, ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione, non arrivano a quello che cercano, ma si trovano davanti una pagina intitolata 'Il bluff dell'Espresso' e il pdf di un documento che contiene la replica del ministro, annunciata "punto per punto", all'inchiesta del settimanale. Solo in fondo alla pagina, scritto in caratteri ridotti, si trova il collegamento che porta ai contenuti effettivi del sito ministeriale.

Sul web ne è nata una protesta perché diversi utenti contestano al ministro l'uso del mezzo pubblico, pagato con le tasse dei contribuenti, per fini del tutto personali e privati. L'inchiesta dell'Espresso riportava una serie di statistiche secondo le quali i risultati della lotta all'assenteismo nel pubblico impiego non sono quelli sbandierati dal ministro e che anzi il fenomeno non è calato.

(16 settembre 2009


La lettera degli ex An che chiedono a Berlusconi un patto di consultazione
Fini: la risposta a chi pensava che io fossi isolato nel mio stesso partito
"Il governo farà i conti pure con i miei"
Gianfranco vara la corrente di Montecitorio







ROMA - C'erano una volta tre correnti in An: gli uomini di La Russa e Gasparri, quelli di Alemanno e i fedeli di Matteoli. Una vecchia mappatura interna da riscrivere dopo il colpo inferto ai colonnelli dalla lettera di Italo Bocchino a favore di Fini. È la nascita della "corrente di Montecitorio", a guida finiana, con cui il Cavaliere dovrà iniziare a fare i conti. Soprattutto se la Consulta boccerà il lodo Alfano e il premier, come ha anticipato Feltri, proverà a farlo riapprovare di gran carriera.

L'iniziativa della lettera, prima dell'happy ending unitario, ha mostrato impietosamente qual è la realtà dei rapporti di forza interni all'area ex An: solo una piccola minoranza aveva dato retta ai berluscones e non aveva firmato il documento. Il calcolo è semplice. Tra i 71 deputati nominati da via della Scrofa - escludendo lo stesso Fini, l'indipendente Nirenstein e i 9 impegnati al governo - Bocchino era riuscito a raccogliere a metà pomeriggio, dopo la sconfessione di La Russa, Matteoli, Gasparri e Alemanno, 50 firme. Ergo, ai "berluscones" restava il controllo di 20 deputati su 70, meno del 30 per cento del partito. E 12 erano le firme di deputati di Forza Italia, persone come Benedetto Della Vedova, che si erano aggiunti, salvo poi ritirare la firma su richiesta di Fini "per non dare l'impressione che si andava a pescare nell'orto di Berlusconi".

Tra i finiani si trovavano nomi di sicura osservanza come la direttrice del Secolo, Flavia Perina, Carmelo Briguglio, Fabio Granata, Giulia Bongiorno, legale di Fini. E poi Silvano Moffa, ex presidente della provincia di Roma, il siciliano Pippo Scalia e il bolognese Enzo Raisi, l'ex capo della segreteria di Fini, Donato Lamorte e Antonio Mazzocchi. Proprio il decano Lamorte si può permettere qualche stilla di veleno contro i berluscones: "Condivido quello che Fini ha detto a Gubbio e perciò ho firmato questa lettera. Se poi c'è qualche collega che all'interno ha qualche padrone, non vorrei stare nei suoi panni".

Contro la lettera pro Fini si erano schierati tra gli altri Barbara Saltamartini, Carmelo Porcu, Francesco Aracri, Mario Landolfi (l'unico alla fine ad aver mantenuto la sua posizione nonostante la marcia indietro dei colonnelli), Viviana Beccalossi, Roberto Menia, Paola Frassinetti e Massimo Corsaro. A sorpresa anche uno degli uomini più vicini al presidente della Camera come Marco Martinelli aveva manifestato la sua freddezza rispetto alla lettera di Bocchino, per evitare "una gara a chi è più amico politico di Fini".

La sostanza tuttavia è che Fini - che ieri ha lasciato fare a Bocchino, per non dare l'impressione di entrare direttamente nella mischia - ha mostrato di avere ancora presa sui suoi ex compagni di partito. "Qualcuno - si è confidato il presidente della Camera con chi è andato a congratularsi a fine giornata - aveva fatto credere che fossi isolato nel mio stesso partito. E questo è il risultato".

Insomma, se Berlusconi ha provato a fare "shopping" nelle file dei finiani, il tentativo è stato respinto dalla conta interna sulla lettera. Così Italo Bocchino, su un divano di Montecitorio, spiega in serata lo stop and go dei La Russa e degli Alemanno: "All'inizio hanno scelto una linea attendista perché pensavano che la mia lettera, anziché favorire la distensione tra Fini e Berlusconi, potesse danneggiare il dialogo. Poi hanno dato via libera ai loro amici più stretti quando hanno ritenuto che la peggiore unanimità sulla lettera fosse comunque migliore di una divisione interna tra maggioranza e minoranza". Dove a essere in "minoranza", è il sottinteso, sarebbero stati proprio i quattro ex capicorrente.

Resta comunque ancora il macigno nei rapporti tra Fini e Berlusconi, nonostante anche ieri Gianni Letta abbia chiamato il presidente della Camera e Niccolò Ghedini lo sia andato a trovare al primo piano di Montecitorio. Tanto che ieri sera, durante Porta a Porta, il Cavaliere ha rimarcato la differente concezione di partito che lo allontana dal leader di An. Dagli uomini di Berlusconi sale inoltre un'irritazione sempre più forte nei confronti di Fini, a cui hanno dato voce ieri Sandro Bondi e Denis Verdini. Spia della rabbia che anche ieri Berlusconi ha manifestato in privato nei confronti del leader di An: "Proprio nel giorno della consegna delle prime case ai terremotati, quando cogliamo i successi della nostra azione di governo, siamo ancora a questo vecchio teatrino".

(16 settembre 2009)


Depositate le memorie dai legali della procura di Milano e del premier
Il 6 ottobre l'udienza: dalle prime indiscrezioni prevarrebbe il no alla legge
"Lodo Alfano privilegio illegittimo"
alla Consulta parte la guerra legale





ROMA - "Privilegio illegittimo" per una legge "criptopersonale". Il lodo Alfano "incostituzionale" come il suo recente antenato, il lodo Schifani. La Consulta lo bocciò, era il 20 gennaio 2004, e adesso non può che mettere l'identico timbro sul suo figlioccio che lo riproduce in fotocopia. La procura di Milano e il suo avvocato, il presidente dei costituzionali italiani Alessandro Pace, versus il duo Niccolò Ghedini-Pietro Longo che sostengono le ragioni del Cavaliere. Guerra legale a colpi di memorie fresche di deposito nel palazzo che fronteggia il Quirinale e dove solo dalla prossima settimana si riprenderà a lavorare in un clima sospettoso e blindato.

Meno 21 giorni all'appuntamento giudiziario più importante dell'anno, l'udienza pubblica del 6 ottobre alla Consulta sul lodo Alfano, lo scudo che consente di sospendere i processi per le quattro più alte cariche dello Stato, ma che finora ha congelato "solo" tre processi di Berlusconi, Mills e diritti tv a Milano, compravendita dei senatori a Roma. Legge bocciata ad horas da oltre cento costituzionalisti che la etichettarono come incostituzionale e che altri 36 difesero. Giuristi progressisti contro conservatori.

Meno 21 giorni e lo scontro si svolgerà nell'aula delle udienze, tutta oro e stucchi, della Consulta. Poi sarà camera di consiglio super segreta. Il presidente Francesco Amirante vorrebbe una pronuncia rapida per via di un viaggio che due giorni dopo lo porterà a Lisbona, ma tutto dipenderà dalla discussione e dagli schieramenti. Le prime indiscrezioni danno un primo possibile esito: su 15, otto per la bocciatura, cinque contrari, due incerti. Da questi dipenderà il destino della legge che, se cassata, metterà in seria crisi il governo.

"Incostituzionale". Non ha dubbi il professor Pace. Lo argomenta in due lunghe memorie (44 e 36 pagine) che fanno da contraltare a quelle più smilze di Ghedini-Longo (sette più sette). Se i due sostengono che il lodo "non è un'immunità", anzi garantisce "il diritto alla difesa" di Berlusconi e soprattutto ha tenuto in buon conto la bocciatura della Consulta della vecchia legge, Pace la pensa all'opposto. Cita a mo' d'esempio la famosa sentenza della Suprema Corte Usa del '97 in cui, quando Clinton si difendeva dalle accuse di sexual harassment di Paula Jones e chiedeva una sospensione del processo per i suoi impegni di presidente, si beccò un secco niet perché quei reati non attenevano alla sua funzione pubblica.

E poi il governo "si è mosso illegalmente come aveva fatto cinque anni prima", mettendo nel cestino la sentenza della Consulta che, bocciando la Schifani, aveva provocato la ripresa del processo Sme. Il vulnus più grave è proprio la mancata costituzionalità della legge che, per Pace, la Corte "implicitamente" aveva già sanzionato quando parlava della violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione, uguaglianza e diritto alla difesa che "in quanto norme parametro si pongono a un livello gerarchico superiore". Qui restano i punti critici, la parità di trattamento tra il premier e un cittadino comune violata, pur per reati comuni, l'automatismo di un lodo senza alcun filtro, l'irrazionalità di un premier che gode di un "privilegio" che i ministri non hanno (e neppure il presidente della Consulta e i governatori regionali), un processo che si allunga a dismisura contro la "ragionevole durata".

Il Guardasigilli Alfano, con una mano, vuole contenerlo in sei anni, ma con l'altra, per Berlusconi, viola la regola che lui stesso ha posto. Paradosso di una legge "criptopersonale".

(16 settembre 2009)


Nuovo sondaggio Ipr Marketing per Repubblica.it
Si affievolisce il gradimento del premier: ad ottobre 2008 era il 62%
Le liti interne minano il governo
In calo la fiducia in Berlusconi





ROMA - Cala ancora. Somma al meno 4 registrato a luglio, un altro meno due. Che lo porta al 47%. Ben lontano da quel 62% che aveva fatto segnare, mesi fa, il picco del suo gradimento. E' questa la fotografia che ci consegna il sondaggio fiducia realizzato da Ipr marketing per Repubblica.it. Una serie di quesiti che passano dal gradimento del premier a quello dell'esecutivo e dei suoi singoli componenti.

GUARDA LE TABELLE

Quello che balza agli occhi è che, dando per fisiologico un calo del gradimento dopo l'entusiasmo iniziale, il governo paga le troppe frizioni interne. E Berlusconi il non saperle gestire. In pratica quella poca coesione che costò carissima al governo Prodi e di cui, anche se in maniera meno marcata, anche l'esecutivo in carica sembra colpito. E' palese, infatti, che una delle caratteristiche dell'iniziale boom di fiducia del governo Berlusconi fu proprio quella sensazione di compattezza granitica data dall'esecutivo. Poi, con il passare dei mesi le cose sono cambiate.

A partire dalle tensioni con il Pdl del Sud, dalla crisi continua tra Fini e Berlusconi, dai contrasti tra Lega e una parte del Pdl (in particolare la componente di aennina), dalla grana delle candidature in alcune regioni del nord che il Carroccio rivendica. Tutte cose che hanno danneggiato l'immagine di un blocco granitico e che hanno fatto scivolare la fiducia nell'esecutivo dal 54% dell'ottobre 2008 al 44% di oggi. Un calo, ad onore del vero, che dall'inizio dell'anno si è fermato, oscillando tra il 46% e il 44%. Stazionaria la percentuale di chi dice non avere poco o nessuna fiducia nell'esecutivo (52%).

A questo si sommano le vicende personali del premier, a partire dalla vicenda delle escort. Non a caso la fiducia in Berlusconi scende di due punti percentuali: dal 49% di luglio al 47% odierno. 50% la percentuale di chi non ha fiducia nel Cavaliere (ad ottobre 2008 era il 36%).

Ministri. Sacconi, Brunetta, Alfano, Tremonti e Maroni. Sono questi gli uomini più graditi dell'esecutivo. Ministri che hanno dato vita a riforme, alcune contestate, e che presidiano saldamente le prime 5 posizioni. Davanti a tutti ci sono Maroni e Sacconi (61%), che staccando di una lunghezza Alfano, Tremonti e Brunetta. Sopra il 50% (ma sotto il 60) si piazzano Bossi, Carfagna e Scajola (55%). Perde posizioni, invece, Maria Stella Gelmini, protagonista di una contestatissima riforma della scuola. Per lei gradimenti in calo dal 42 al 40%.

Partiti. Su questo fronte pochi i cambiamenti. Rispetto a luglio il Pdl resta in testa con il 46%, seguito dall'Idv di Di Pietro che cresce (dal 41 al 43%) e dall'Udc di Casini (dal 34 al 36%). Calano il Pd (dal 33 al 32%) e la Lega (dal 32 al 31%).

(16 settembre 2009) Tutti gli articoli di politica
 
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Titan Morgan
view post Posted on 16/9/2009, 16:32




CITAZIONE (Lucky (Due di Picche) @ 16/9/2009, 17:19)
In un istituto del Colorado il preside chiede ai genitori di non permettere ai figli di indossare i "jelly"
Oggetti di moda tra i giovanissimi, vengono utilizzati per lanciarsi segnali sull'attività sessuale
Usa, vietati braccialetti di gomma
"E' un gioco erotico tra studenti"


Quando, tra gli adolescenti, nasce una moda, questa si diffonde velocemente come un'innocua pandemia e non c'è modo di fermarla. Lo sanno bene i presidi delle scuole e i genitori di tutti i paesi occidentali. "No alle gonne troppo corte", "no all'ombelico di fuori", "No ai pantaloni a vita bassa". Tanti divieti, ma senza successo. In questi giorni, una scuola media del Colorado (Usa) sta tentando una crociata contro la diffusione di braccialetti colorati che indicherebbero l'attività sessuale degli alunni.

Il preside della Angevine Middle School a Lafayette, vicino a Boulder, Mike Medina, ha chiesto ai genitori di non permettere ai loro figli di indossare un tipo di braccialetto colorato ("jelly") all'interno delle mura scolastiche, preoccupato che il colore dei braccialetti indichi una specifica connotazione sessuale degli studenti.

Il preside ha inviato un messaggio e-mail ai genitori giovedì 10 settembre per metterli in guardia sul significato che hanno i colori dei braccialetti di gomma, che dovrebbero indicare il livello di attività sessuale dello studente, la sua esperienza nel campo o la propria disponibilità a spingersi in un rapporto sessuale più o meno impegnativo.

L'intervento è scattato quando alcuni membri del personale dell'istituto hanno "intercettato" conversazioni tra gli studenti sui braccialetti, rivelatorie del loro vero significato. Il preside ha così deciso di incontrare alcuni studenti e ha concluso che i braccialetti stavano diventando una fonte di distrazione per gli studenti, tanto da giustificare il divieto.

"E' emerso che molti ragazzi e soprattutto ragazze, lo indossano come oggetto di moda," ha dichiarato Gamblin. "Per alcuni i braccialetti non hanno alcuna connotazione. Ma altri studenti avevano scoperto tramite il web un gioco erotico chiamato snap, in cui il colore del braccialetto denota la volontà di impegnarsi in una particolare attività sessuale. Quando un ragazzo rimuove il braccialetto dal braccio di una ragazza, significa che un certo tipo di rapporto (dal semplice bacio al rapporto sessuale completo) ha avuto luogo".

Azz... io ne ho solo uno... questo:

image

...chissà quale messaggio sessuale nasconde, devo cominciare a preoccuparmi??? :blink: :woot:
 
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The Humanoid Typhoon(VaSh!)
view post Posted on 16/9/2009, 17:53




Gli americani sono tutti scemi :asd:

Io ne avevo una decina di quelli :asd:
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 17/9/2009, 10:16




il prossimo sei ottobre è prevista l'udienza
Lodo Alfano, la difesa del premier:
«Se bocciato si rischiano le dimissioni»
La memoria dell'Avvocatura dello Stato alla Consulta: in caso di bocciatura «ci saranno danni a funzioni elettive»


ROMA - Se la Corte Costituzionale dovesse bocciare il cosidetto "lodo Alfano" la legge, approvata la scorsa estate che prevede lo stop ai processi per le 4 più alte cariche dello Stato, «ci sarebbero danni a funzioni elettive, che non potrebbero essere esercitate con l'impegno dovuto, quando non si arrivi addirittura alle dimissioni. In ogni caso con danni in gran parte irreparabili». È sulla base di questo pericolo in cui potrebbe incorrere il premier Silvio Berlusconi che l'Avvocatura generale dello Stato, per conto della Presidenza del Consiglio, difende la "ratio" della legge che sospende i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato. La memoria di 21 pagine - di cui l'Agenzia Ansa è in possesso - è stata depositata presso la cancelleria della Corte Costituzionale in vista dell'udienza del prossimo 6 ottobre.


Il palazzo della Consulta, sede della Corte Costituzionale (Ansa)
LA MEMORIA - La memoria difensiva, scritta dall'avvocato dello Stato Glauco Nori, difende la «ragionevolezza» del "lodo Alfano" perchè in grado di coordinare due interessi: quello «personale dell'imputato a difendersi in giudizio»; e «quello generale, oltre che personale, all'esercizio efficiente delle funzioni pubbliche» svolte dal premier. Se invece la legge («non solo legittima, ma addirittura dovuta») venisse bocciata dai giudici della Consulta, c'è il pericolo che ripeta quanto accadde all'ex presidente della Repubblica Giovanni Leone quando lasciò anzitempo il Quirinale perchè travolto dalle polemiche sullo scandalo Lockheed: «talvolta - scrive l'avvocato Nori - la sola minaccia di un procedimento penale può costringere alle dimissioni prima che intervenga una sentenza ed anche quando i sospetti diffusi presso la pubblica opinione si sono dimostrati infondati». L«'eccessiva esposizione» del processo sui media unita alla lentezza della giustizia italiana rappresentano un'ulteriore danno all'immagine pubblica del premier. «Sono rari - sottolinea l'avvocato Nori - i processi penali che si concludono dentro il tempo di una legislatura (ancor di più, di un mandato di un Presidente del Consiglio dei ministri); di conseguenza quest'ultimo si trova esposto al rischio di subire per tutta la durata della carica i danni conseguenti». «Se la legge fosse dichiarata costituzionalmente illegittima - viene aggiunto - non sarebbe eliminato il pericolo di danno all'esercizio delle funzioni che, in quanto elettive, trovano una tutela diffusa nella Costituzione».

LA DECISIONE - Da quello che decideranno i giudici costituzionali dipenderà del resto la ripresa o meno dei processi milanesi in cui il premier è imputato (per corruzione dell'avvocato inglese Mills e per irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi Mediaset), oltre che il procedimento fermo al gip di Roma nell'ambito del quale Berlusconi è indagato per istigazione alla corruzione di alcuni senatori eletti all'estero durante la scorsa legislatura. Ma in gioco, secondo alcuni, ci sono anche le sorti del governo, visto il tasso di litigiosità nel Pdl. I pronostici impazzano fuori da Palazzo della Consulta, ma i 15 giudici costituzionali non si sono ancora visti tutti assieme dopo l'estate: l'attività della Corte riprenderà la prossima settimana, dopo una pausa che quasi certamente il presidente Francesco Amirante auspica sia servita a sedare le polemiche dello scorso luglio, quando si venne a sapere della cena organizzata dal giudice Luigi Mazzella con ospiti il collega Paolo Maria Napolitano, il premier Berlusconi e, tra gli altri, il ministro della Giustizia Angelino Alfano. Mazzella e Napolitano - salvo ripensamenti dell'ultima ora - non si asterranno e parteciperanno all'udienza e alla camera di consiglio del 6 ottobre. La cui durata si prevede abbastanza breve. Non tanto perchè i giudici abbiano già in tasca una soluzione certa sulla legittimità del lodo Alfano', quanto piuttosto - viene fatto notare in ambienti di Palazzo della Consulta - per un impegno già fissato da tempo che porterà a Lisbona, da giovedì 8 ottobre, ben cinque giudici della Corte.



16 settembre 2009


IL COMMENTO
La politica e il senso della misura
Berlusconi e la battuta sul «miglior premier degli ultimi 150 anni»: una buffa autoesaltazione




Vere o presunte vicende private attribuite al Presidente del Consiglio hanno fatto passare sotto silenzio, col loro clamore, alcune dichiarazioni del medesimo Presidente che riguardano il suo ruolo politico e dunque interessano più dei suoi fatti personali. Una, ad esempio, è quella rilasciata alla Maddalena durante la conferenza stampa congiunta con Zapatero il 10 settembre e riportata il giorno dopo sul Corriere , in cui ha affermato di essere «di gran lunga il miglior Presidente del Consiglio in 150 anni di storia d’Italia».

Cavour, Giolitti e De Gasperi dunque scompaiono, diventano nani della politica rispetto alla sua alta statura di uomo di Stato; ricordo che tempo fa, quando Berlusconi, più modestamente, si era limitato a equipararsi a De Gasperi, Francesco Cossiga aveva sarcasticamente osservato che, se le cose stavano così, lui si considerava Carlo Magno.

Quella buffa autoesaltazione del nostro presidente del Consiglio — che di fatto è un’involontaria autocaricatura e potrebbe essere la battuta di un comico che cerca di metterlo malignamente in ridicolo — è imbarazzante, al di là di ogni orientamento politico di centrodestra o centrosinistra, per tutti e specialmente per i suoi sostenitori.

De Gasperi, che era un ben più grande uomo politico, non si paragonava certo a Bismarck o a Napoleone; anche per questo era un grande e aveva tutti i titoli per governare un Paese, il che richiede molte e diverse qualità fra cui l’equilibrio e soprattutto il senso della realtà, dei rapporti di grandezza e di forza, delle oggettive misure di se stessi e delle cose. Ciò vale in ogni campo ed è particolarmente necessario in politica.

Ma può darsi che quell’impennata sia dovuta alla frequentazione di compagnie discutibili; Berlusconi è reduce da un cordiale incontro col Colonnello Gheddafi, e la Libia, che il prossimo 23 settembre assumerà la presidenza dell’Assemblea generale dell’Onu, si appresta, come è stato annunciato, a chiedere ufficialmente la dissoluzione della Svizzera tra la Francia, la Germania e l’Italia...


17 settembre 2009



E sulle domande al premier: «Nessuno ha il coraggio di fargliene come me»
Vespa: «Nessun flop, era tutto previsto
Berlusconi è duro? La colpa è di Raitre»

Il conduttore: nessuno ha mai pensato di battere un film per la tv. «I maschi hanno guardato il calcio»

Garko il seduttore vincente: «Ma il Cavaliere da Vespa è stato bravo» (17 settembre 2009)
Bruno Vespa e Silvio Berlusconi durante lo speciale «Porta a Porta» di martedì (Ansa)

ROMA — Bruno Vespa, Garko batte Berlusconi 22 a 13. Che flop.
«Quale flop? Siamo seri. Lo abbiamo detto dall’inizio, col direttore di Raiuno Mauro Mazza. Non ci aspettavamo grandi ascolti. E martedì il mondo della tv era diverso. Sky e le "altre", cioè non Rai né Mediaset né La7, hanno totalizzato il 26%. Juve e Milan sono le squadre che attirano gli ascolti più corposi. Il pubblico maschile è andato lì... E vedrete che stasera Ballarò con una concorrenza meno agguerrita farà più ascolti di noi».

Garko sostiene: la gente ha voglia di distrarsi.
«Mai avrei pensato di battere una fiction di Canale 5. Ridicolo. Nessuno che sappia un minimo di tv lo farebbe. La nostra puntata è stata enfatizzata senza motivo. Da sempre apriamo la stagione invitando il capo del governo del momento. Berlusconi aveva accettato per la seconda serata. Poi è arrivata la decisione della direzione generale di affidarci la prima serata. A mio avviso l’avvenimento lo giustificava».

E la cancellazione di «Ballarò»?
«L’ho detto. Uno slittamento di due giorni non è un attentato alla libertà di stampa. È una decisione aziendale. E ripeto. Non ho deciso io sulla collocazione in palinsesto ».

Si parla di telefonate di Palazzo Chigi al direttore generale Mauro Masi per ottenere questo risultato.
«Non ne so nulla».

Ha scritto Aldo Grasso: Vespa doveva opporsi allo slittamento di «Ballarò» e di «Matrix». Cosa risponde?
«Grasso mi attribuisce straordinari poteri, che non ho, non solo sui palinsesti Rai ma anche di Mediaset. Ahimè, non mi hanno telefonato. Devo proprio deluderlo».

Ancora Grasso: martedì c’è stata una «tv dell’obbligo».
«Per me c’era solo un obbligo, questo sì. Ma di servizio pubblico per la fine di un’emergenza colossale» .

L’accusano di aver fatto eco a Berlusconi durante la trasmissione: «Un record, un miracolo »... Non era eccessivo?
«Alcune frasi non esistono. Ma se si sta ai fatti, ciò che è accaduto a L’Aquila nella gestione dell’emergenza è un vero record. Sono invece molto preoccupato per la ricostruzione che si annuncia complessa, costosa. Non vedo idee chiare né dal governo né dagli enti locali che dal 1 gennaio assumeranno il peso dell’operazione».

Carlo Verna, segretario dell’Usigrai, dice: Vespa sembrava Carlo Campanini, ottima spalla di Silvio Berlusconi.
«Espressione volgare e deludente che stona in bocca a una persona seria come Verna. La prossima volta venga lui a intervistare Berlusconi a Porta a Porta. Lo invito. La spalla? Sfido chiunque a individuare qualcuno che abbia rivolto a Berlusconi domande sul conflitto di interessi con la mia stessa chiarezza».

Come farà, dopo le liti, senza Franceschini e Di Pietro?
«Mi chiedo invece: come faranno Dario Franceschini e Antonio Di Pietro senza Porta a Porta? Ricordo che Di Pietro nelle ultime due stagioni si è seduto sulla nostra 'sedia elettrica', in 14 puntate contro le 7 di Berlusconi».

Quindi inviterà altri esponenti del Pd e dell’Idv?
«I partiti non si identificano solo con i loro segretari».

E nel caso di un’alzata di scudi, di un «no» generalizzato delle opposizioni, come farete con la par condicio?
«Io affronto i problemi quando si manifestano. Per rispettare la par condicio è comunque indispensabile che si sia in due».

Il presidente della Rai, Paolo Garimberti, ha protestato con Berlusconi per le accuse rivolte a Raitre, a «Ballarò», «Annozero», «Report». Non era meglio fermare Berlusconi?
«Capisco che è sempre inelegante attaccare quando ci si trova in una posizione di forza. Ma se Berlusconi è costantemente attaccato da Raitre e da molte sue trasmissioni, non ci si può lamentare se poi Berlusconi attacca Raitre...».

Perché reagisce sempre male quando si discute di lei, di «Porta a porta», dei suoi compensi?
«Ho tanti motivi di doglianza. Tra il 1993 e il 1994 avevo portato il Tg1 al successo contro il Tg5. Fui epurato per un anno. Nessuno protestò. Nella campagna elettorale 1994 fui relegato nel pomeriggio in una trasmissione con Giovanni Sartori, in prima serata c’era Lilli Gruber. Nessuno disse niente. Pier Luigi Celli minacciò di chiuderci, salvo poi pentirsi. Silenzio. La libertà di informazione dove comincia e dove finisce? I compensi? Perché solo i miei sono pubblici quando quelli, per esempio di Fabio Fazio o Daria Bignardi, passano in Consiglio e filano via in silenzio? Sospetto due pesi e due misure. Con i moderati Rai sempre in difficoltà».

In tanti la definiscono «berlusconiano». La sua reazione?
«Frutto dell’invidia. Aspetto sempre che, in trasmissione, i giornalisti ospiti rivolgano a Berlusconi domande che io non propongo. Perché non ho paura delle domande 'vere' e infatti le faccio. Berlusconiano? Ma se oggi significa, per qualcuno, dare dell’appestato...».

Paolo Conti
17 settembre 2009


la lotta all'evasione
Scudo fiscale, indagini a tappeto
"Pizzicato" anche Rocco Siffredi
Le Fiamme Gialle scoprono 130 evasori: trasferiti a San Marino capitali per 50 milioni. Al vaglio 700 nominativi

ROMA - Rocco Siffredi è finito nel mirino della Guardia di Finanza. Il principe degli attori porno, come risulta a Radiocor, deve giustificare di aver occultato all'erario redditi per centinaia di migliaia di euro attraverso la fittizia istituzione di società in paradisi fiscali. Un comunicato delle Fiamme Gialle, che diffonde le prime indicazioni, senza fornire il nome dell'attore, parla in particolare di società in Ungheria. Per effetto delle indagini della Guardia di Finanza, secondo la nota delle Fiamme Gialle, «l'attore ormai non potrà più chiedere di far rientrare in Italia le somme evase con le agevolazioni dello scudo fiscale. Solo, infatti, chi è nelle condizioni previste dalla legge (non è stato cioè già scoperto dal Fisco) potrà rimpatriare o regolarizzare - entro il 15 aprile 2010 - i patrimoni e le disponibilità finanziarie detenute illecitamente all'estero. Dagli accertamenti effettuati sul conto dell'uomo e di sua moglie - anche questa ex pornodiva - è emerso tra l'altro che i due, residenti fino al 2005 in provincia di Chieti, avrebbero fissato la propria dimora a Roma, in una villa risultata intestata ad una società britannica, anch'essa oggetto di indagini».

LE INDAGINI - Gli accertamenti su Siffredi rientrano nelle attività di contrasto delle Fiamme Gialle all’evasione fiscale internazionale, attività accelerata con l’entrata in vigore dello scudo fiscale. Sono 130 in tutto le persone finite nelle maglie del fisco. La Guardia di Finanza ha infatti avviato una serie di controlli su persone che hanno trasferito a San Marino capitali per 50 milioni di euro frutto probabile di evasione. Parallelamente, attraverso un'indagine che ha già portato lo scorso maggio all'arresto di 5 persone, sono state rintracciate ingenti somme riciclate ritenute il frutto dell'evasione fiscale di industriali delle province di Forlì, Bologna, Rimini e Pesaro: il sospetto - giustificato da consistenti elementi - è che gli industriali abbiano utilizzato banche di Forlì per trasferire il denaro evaso a società finanziarie di San Marino per poi farlo rientrare «ripulito» in Italia, sotto forma di concessione di crediti a società «amiche».

AL VAGLIO 700 NOMINATIVI - In un'altra inchiesta, le Fiamme Gialle stanno setacciando le posizioni di 700 nominativi, tra aziende e persone fisiche, residenti a San Marino ma con domicilio fiscale al Consolato Generale della Repubblica del Titano a Rimini. L'ultimo ad essere pizzicato dalla Guardia di Finanza è un noto pornoattore che deve giustificare di aver occultato all'erario redditi per centinaia di migliaia di euro attraverso la fittizia istituzione di società in paradisi fiscal.


17 settembre 2009

 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 17/9/2009, 17:17




Il giovane sospettato dell'aggressione è un allievo dell'istituto
Colpiti alunni e insegnanti, tre sono gravi ma non in pericolo di vita
Baviera, bomba contro una scuola
Dieci feriti, arrestato un ragazzo


MONACO - Dieci feriti, tre in modo grave, nell'assalto a una scuola in Baviera. Il "ginnasio" (istituto comprensivo di scuole medie e liceo) si trova ad Ansbach, località non lontana da Norimberga. Un ragazzo (due, secondo quanto riferisce il tabloid tedesco) ha fatto irruzione questa mattina nell'istituto Carolinum, lanciando bombe incendiarie nelle classi. Si tratterebbe di un diciannovenne, anche lui allievo dell'istituto.

La dinamica. Il tabloid Bild riporta una descrizione della dinamica dell'assalto. Questa mattina intorno alle 8 e 30 il giovane avrebbe sfondato con un'ascia il portone della scuola, facendo irruzione nell'edificio. Dopodichè avrebbe lanciato una bomba molotov in una classe, e risulta che ne aveva altre con sè. Alcuni testimoni riferiscono di aver sentito anche colpi di arma da fuoco.

Un portavoce della polizia di Norimberga riferisce che l'aggressore, anche lui ferito, è stato fermato e trasportato in ospedale, dove verrà interrogato. Secondo quanto riferisce Manfred Laker, della protezione civile locale, tra i 10 feriti ci sono sia alunni che insegnanti, che sono stati trasportati in ospedale a bordo di un elicottero. Nessuno di loro sarebbe in pericolo di vita. Nel frattempo l'istituto Carolinum, uno dei più antichi e prestigiosi della Baviera, è stato evacuato. Fondato nel 1528, il liceo Carolinum ha un indirizzo linguistico e musicale e conta circa 700 alunni.

(17 settembre 2009)


Un "governo di salvezza nazionale", alternativa per il 2013 o per l'emergenza
La Bonino si sbilancia: "Le probabilità che Berlusconi cada sono al 50%"
L'alleanza trasversale
che lavora al dopo-Silvio







C'E' chi sostiene che il dopo-Berlusconi abbia già un nome. Si chiamerebbe "governo di salvezza nazionale". Ci lavorano in parecchi, nell'ombra e a cielo aperto. Per offrire al Paese un'alternativa nel 2013, nel caso in cui questo governo riuscisse miracolosamente a superare le colonne d'Ercole del Lodo Alfano, delle elezioni regionali, dei nuovi guai giudiziari e dei vecchi vizi personali del premier. Oppure per tenersi pronti all'emergenza immediata, nel caso in cui la legislatura incappasse in un traumatico incidente di percorso. Ieri, per i corridoi di Palazzo Madama, Emma Bonino si sbilanciava con un collega: "Le possibilità che per qualche ragione il governo cada, a questo punto, sono al 50%...". Alte, com'è evidente. Per questo, tra maggioranza e opposizione capita di sentire personaggi autorevoli che dicono "bisogna creare un campo più vasto di forze", capaci di reggere l'urto di una crisi e di "mettere in sicurezza il Paese".

Chi c'è dietro questo disegno? Per capirlo, basta seguire la "catena" degli attacchi forsennati che il Cavaliere sta menando in queste ore. Nel centrodestra il primo "anello" è Gianfranco Fini. Il presidente della Camera è in costante movimento. Indicativo l'incontro di ieri sera con Rutelli, insieme a lui destinatario dell'offerta di Casini, lanciata agli stati generali dell'Udc di domenica scorsa, a "sapersi prendere per mano nella diversità e guardare al futuro del Paese".

Chi gli ha parlato, in questi giorni, lo descrive più determinato che mai a combattere la battaglia politica contro il premier, e quella giudiziaria contro il suo "Giornale". "Stavolta Gianfranco non arretrerà...", ripete da giorni l'amico e ministro Andrea Ronchi. Se rispondesse solo al suo istinto, dopo il killeraggio di Feltri se ne sarebbe già andato via dal Pdl. Ma capisce che, come la vecchia talpa, è ancora in quel campo che deve "ben scavare". E sta scavando. Ciascuno dei temi sui quali affonda il colpo è un potenziale destabilizzante, che mette in mora il Cavaliere e in sofferenza la Lega. "Il Secolo" lo spalleggia. "Farefuturo" non cede di un millimetro sui temi sensibili. Anche la lettera dei "50 riservisti" è servita allo scopo. Ha confermato che Fini è minoritario, dentro il Pdl. Ma ha dimostrato che è in campo, e che al momento opportuno le sue "divisioni" degli ex di An le possiede, e le può schierare.

Poi c'è Giulio Tremonti. Il ministro dell'Economia, fino a qualche tempo fa, era il "genio dei numeri". Ora, per il Cavaliere, è già diventato il "difficile genio". Una sfumatura, ma da il segno di un distacco, o quanto meno di un sospetto. Tremonti non fa nulla di visibile, per alimentarlo. Ma continua a scontentare tutti i colleghi ministri che battono cassa al Tesoro, e soprattutto accumula nuovo potere, attraverso le nomine pubbliche. Intanto accresce progressivamente la sua "caratura". E i suoi "vezzi cattedratici - come dice Giuliano Ferrara - non fanno ombra al suo rango politico sempre più alto". In questi mesi ha curato a fondo i rapporti con la Chiesa. E non ha mai smesso di dialogare con una parte dell'opposizione. L'intervista di due giorni fa al "Corriere della Sera" è indicativa: il ministro fa il "pacificatore", apre a Fini e propone una "tregua" non solo e non tanto al Pdl, ma al Pd "che uscirà dal congresso", offrendogli "un ruolo preminente" da "interlocutore responsabile".

E qui sta il terzo anello di questa catena. È Massimo D'Alema. Da anni viene additato (anche nel centrosinistra) come potenziale "inciucista". Ma da giorni l'ex ministro degli Esteri è a sua volta sotto il fuoco incrociato di "Libero" e del "Giornale", per i suoi incontri in barca con Tarantini. E l'altroieri sera, a "Porta a Porta", il Cavaliere è tornato a sparargli contro, con una violenza che non si ricordava da tempo. "Un vecchio comunista, che usa espressioni da vero stalinista". Un'uscita quasi a freddo. Che non si spiega se non in nome del "solito sospetto" complottista. Ma al di là delle ossessioni berlusconiane, è vero che D'Alema è tornato a tessere la sua tela. Non solo nel suo partito, con l'obiettivo di far vincere Bersani. Ma anche con l'intenzione di giocare la partita in "campo avverso".

Con Fini il rapporto è sempre più stretto. Due giorni fa si sono parlati a lungo, perfino della comune querela contro il "Giornale". Intanto "Italianieuropei" e "Farefuturo" preparano un grande convegno sull'immigrazione, in una città leghista come Asolo. Con Tremonti il rapporto non si è mai interrotto. Associato proprio dal ministro all'Aspen Institute come "membro autorevole", D'Alema ha parlato ieri sera, con lo stesso Tremonti, Sacconi, monsignor Ravasi e Riccardi, in una tavola rotonda a porte chiuse sul tema "Dalla verità al dono: il bene comune". Intanto i due preparano un grande convegno sul Mezzogiorno, nel quale discuteranno di quella "questione meridionale che oggi è più mai questione nazionale".

Il quarto anello si chiama Pierferdinando Casini. Il leader dell'Udc sta lottando per non farsi risucchiare dal Pdl, come vorrebbe la logica inesorabile del potere. La riscoperta della vena rivoluzionaria delle camice verdi di Bossi lo aiuta, come dimostra la risposta "dura e pura" che i centristi hanno dato domenica a Chianciano. Ma Casini ha bisogno di sponde. Il Pd gliela offre. Nella versione di D'Alema, sul solito schema del "centro-sinistra col trattino". I due ne parlano quasi quotidianamente. "Casini - continua a ripetere da tempo il Lider Maximo - è interessato a trovare una soluzione comune per la fuoriuscita dal berlusconismo, e nel lungo periodo è pronto a un accordo strategico se gli offriamo una riforma elettorale sul modello proporzionale alla tedesca".

Queste sarebbero le forze in campo per l'ipotetica "alternativa". Ma è un'alternativa credibile? Le incognite sono tante. La prima, ed è gigantesca, si chiama proprio Silvio Berlusconi. È stato legittimamente eletto dagli italiani. Conserva un indice di fiducia elevato. Chi e che cosa dovrebbe farlo cadere non è ancora chiaro. Certo, appare sempre più debole, irascibile, vulnerabile. La decisione della Consulta sul Lodo Alfano può essere esiziale, benché Feltri abbia scritto che se ne può approvare un altro in un amen. Ma perché dovrebbe uscire di scena, se il processo Mills pur ripartendo finirebbe quasi certamente con l'ennesima prescrizione?

La seconda incognita si chiama Giorgio Napolitano. Che farebbe il Capo dello Stato, se il Cavaliere volesse usare l'arma, potenziata dall'esplosivo leghista, delle elezioni anticipate? Chi gli ha parlato, in questi giorni, racconta di un presidente della Repubblica molto più preoccupato dei danni che il premier può fare qui ed ora, tra la "strategia della tensione" e l'uso dei dossier, l'avvelenamento dei pozzi della politica e il totale "sgoverno" del Paese. Come ha ammesso qualche giorno fa un commensale che sedeva con il presidente a cena, al Quirinale, "la lenta agonia del berlusconismo potrebbe assumere forme non lineari".

Ad ogni modo, se per qualche motivo Berlusconi cadesse, il "governo di salvezza nazionale" sarebbe un governo politico, non tecnico. Dunque no a ipotesi alla Mario Draghi, semmai un incarico proprio a Fini, terza carica dello Stato. C'è persino chi sostiene che sarebbe già scritto un programma: riforma del sistema politico, con abbattimento del numero di parlamentari, consiglieri regionali e comunali; riforma del Welfare, con radicale riforma dei contratti di lavoro sul modello Ichino-Boeri; riforma della spesa pubblica, con massicci tagli e dirottamento di risorse verso la scuola, la ricerca e l'innovazione.

Sembra fantapolitica. Forse lo è. Ma anche di questi scenari, sia pure costruiti a tavolino, si discute in questi giorni. Il Cavaliere lo sa. Anche per questo è nervoso, e a tratti furioso. Raccontano che D'Alema lo abbia detto a Fini, qualche giorno fa: "Il tuo premier, ormai, non è più nelle condizioni, politiche e psicologiche, per negoziare alcunché...". Ma se questo è vero, c'è da essere ancora più allarmati sui destini del Paese.

(17 settembre 2009)


Il giovane è stato denunciato dalla madre della piccola, che afferma di averlo sorpreso
nella camera da letto della piccola, mentre stava per perpetrare la violenza
Tenta di stuprare una bimba di 7 anni
Arrestato un romeno diciassettenne


LECCO - Un diciassettenne è stato arrestato con l'accusa di violenza sessuale aggravata ai danni di una bimba di soli 7 anni. Il giovane, di cittadinanza romena, residente a Merate (Lecco), è stato denunciato dalla mamma della bambina che ha detto di averlo trovato nel lettino della piccola, in atteggiamenti inequivocabili. Proprio grazie all'intervento della donna si è evitato lo stupro vero e proprio. Il minorenne è ora detenuto al Beccaria di Milano.

L'episodio, reso noto oggi, risale a domenica scorsa e si sarebbe verificato in un appartamento di Usmate con Velate, dove un gruppo di romeni si era riunito per una festa. Il 17enne si sarebbe assentato per raggiungere la cameretta da letto dove si trovava la figlia della famiglia ospitante. Si sarebbe poi gettato su di lei tappandole la bocca con una mano per impedirle di gridare, costringendola poi a sottostare ai suoi baci e palpeggiamenti nelle parti intime.

La madre, che si era recata nella stanza per assicurarsi del sonno della piccola, vedendo la scena si sarebbe scagliata sul ragazzo, strappandolo con forza dalla piccola per poi chiamare i carabinieri di Arcore che, giunti sul posto hanno sentito il racconto delle cinque persone presenti, del 17enne che ha negato i fatti e della piccola che, dopo il primo momento di esitazione si è sfogata raccontando nei particolari l'accaduto.

(16 settembre 2009)


La vittima aveva 9 anni, correva con un amico di 8, ricoverato in coma
L'autista ha detto che sono sbucati all'improvviso: "Non sono riuscito a evitarli"
Potenza, bus travolge 2 bambini in bici
Uno è morto, l'altro è in coma


POTENZA - Correvano in bici nell'ultimo giorno di vacanza: oggi sarebbero ritornati a scuola. Allo stop non si sono fermati ed un bus li ha travolti. Giuseppe Di Muro, 9 anni, è morto. Il suo amico Federico di 8, è ricoverato in coma. E' successo ieri sera in un piccolo paese in Basilicata, Atella, comune a 40 chilometri dal capoluogo lucano.

I due bambini scendevano veloci una discesa che incrocia la strada principale del paese. L'autista della Sita giura di averli visti sbucare all'improvviso e di non aver avuto tempo per frenare. Li ha travolti con il muso dell'autobus e per Giuseppe non c'è stato più nulla da fare. La gente del paese è scesa in strada per aiutare i bambini mentre un paio di donne sono corse a casa dei due ragazzini per avvisare i genitori. Federico, 8 anni, è ricoverato all'ospedale San Carlo di Potenza in condizioni disperate. Al capezzale, mamma e papà.

(16 settembre 2009)
 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 18/9/2009, 13:06




I sostenitori dell'opposizione in corteo a sostegno della Palestina
Intervengono le forze di sicurezza: botte e persone in manette
Tensione a Teheran, scontri in piazza
Aggressione a Khatami e Moussavi
Ci sarebbero anche dei feriti. Per le strade della capitale
iraniana decine di migliaia di manifestanti




TEHERAN - Torna a salire le tensione in Iran. Decine di migliaia di manifestanti stanno sfilando per le strade della capitale Teheran e si dirigono verso l'università gridando slogan pro Moussavi (il candidato sconfitto alle elezioni di giugno) in occasione di un corteo organizzato dal governo a sostegno dei palestinesi. Testimoni riferiscono di aver visto le forze di sicurezza caricare e picchiare i sostenitori di Moussavi, arrestandone anche una decina e ferendone almeno due.

Aggrediti Khatami e Moussavi. L'ex presidente riformista Mohammad Khatami, arrivato in piazza insieme ai suoi sostenitori, è stato aggredito e costretto ad abbandonare la manifestazione. Secondo quanto si legge su Twitter e sul sito internet riformista Parlemaan, Khatami è stato circondato da persone (probabilmente vicini al figlio del direttore del quotidiano ultraconservatore "Kayhan") che gli hanno strappato i vestiti e fatto cadere il turbante. Difeso da alcuni manifestanti, è riuscito ad allontanarsi illeso. E anche il capo dell'opposizione Mir Hossein Moussavi, sconfitto alle elezioni del 12 giugno che hanno scatenato la protesta dei "fazzoletti verdi", ha subito un attacco da parte dei sostenitori del governo. I manifestanti filogovernativi hanno circondato la sua auto colpendola con calci e pugni al grido di "morte a Moussavi l'ipocrita", costringendolo ad allontanarsi.

E' la prima grande manifestazione di piazza dell'opposizione dal 9 luglio. C'è grande tensione nel centro della città ora che un altro corteo, filogovernativo, sta sfilando in direzione dell'università, dove a mezzogiorno dovrebbe tenere un discorso il presidente Ahmadinejad.

I manifestanti hanno approfittato delle celebrazioni anti israeliane per la Giornata di "Quds", cioè Gerusalemme, che si svolgono ogni anno in segno di solidarietà nei confronti del popolo palestinese. Vestiti di verde, i contestatori, tra cui moltissime giovani donne, fin dall'inizio dei cortei hanno occupato i punti strategici della capitale, per poi muoversi fino alla centralissima piazza Vali Asr e all'università. La folla grida slogan a sostegno di Moussavi, reclamando anche la scarcerazione dei dissidenti imprigionati nei mesi scorsi. Ma contro di loro hanno subito marciato gli agenti in tenuta anti sommossa e i membri della milizia islamica Basiji. Proprio ieri era stato diramato un avviso che metteva in guardia il popolo iraniano dal tentare manifestazioni di protesta in occasione dei cortei anti israeliani, avvertendo che sarebbero state stroncate "con decisione".

Il discorso di Ahmadinejad. Il contestato presidente iraniano, intanto, ha iniziato a parlare all'università di Teheran. Parole dure contro Israele, considerato "responsabile delle guerre in Iraq e Afghanistan, istigate dai sionisti". Rivolgendosi ai paesi occidentali, poi, ha dichiarato che "l'Olocausto è stato usato come pretesto per fondare lo stato di Israele". E ha aggiunto: " Se veramente è avvenuto lo sterminio, perché non si consentono ricerche per verificare i fatti?". Tornando alle proteste sui brogli, poi, ha afermato: "Quelle del 12 giugno sono state le elezioni più libere della storia dell'umanità".

(18 settembre 2009)


E' comparso ieri sera sul social network e stamane è stato cancellato
Altri gruppi con oltre cinquecento adesioni ne hanno chiesto l'immediata eliminazione
Su Facebook un gruppo agghiacciante
"Esultiamo per i militari morti a Kabul"


ROMA - Un gruppo su Facebook di persone che "esultano per la morte dei militari italiani a Kabul". E' nato ieri sera, fondato da una sedicente ragazza bionda (foto probabilmente falsa) che si fa chiamare Sofia B. Questa mattina è già stato rimosso e cancellato dagli amministratori del social network con la seguente spiegazione: "Questo messaggio presentava contenuti che sono stati rimossi o resi invisibili in base alle impostazioni sulla privacy". Al suo posto ci sono quattro altri gruppi con circa cinquecento adesioni complessive che ne chiedono l'immediata eliminazione.

Ma davvero alcune persone possono essere così folli da esultare per la strage di Kabul? Il mistero, per ora, resta. Gli esperti di Facebook dicono che tutte le ipotesi sono valide: dall'estremismo politico (ma il linguaggio non sembrava quello tipico di questi settori), alla provocazione volta a suscitare reazioni giustamente inferocite e a far agire la censura di Facebook, alla goliardata cretina.

(18 settembre 2009)

TESTE DI CAZZO!


La Russia apprezza l'annuncio del presidente Usa sulla nuova strategia militare
Sospeso il progetto di installare sul Baltico razzi e radar contro le postazioni americane
Scudo, Mosca risponde ad Obama
"Congelati i missili a Kaliningrad"



Il presidente russo Medvedev
MOSCA - Se Obama archivia lo scudo antimissile di Bush, Mosca congela i missili a Kaliningrad. La risposta alle parole del presidente americano non si è fatta attendere. "Mosca ha annunciato che congelerà le misure militari programmate in risposta allo scudo antimissile Usa nell'Europa dell'est": lo ha detto una fonte diplomatico-militare all'agenzia Interfax. Tra le misure di risposta russa c'erano anche i missili Iskandernell'enclave baltica di Kaliningrad e un radar per disturbare quello previsto nella Repubblica Ceca dal progetto Usa.

"La rinuncia da parte di Washington al terzo anello di difesa antimissilistico - spiega la diplomazia russa - non passerà inosservata e il complesso di misure che si era programmato in risposta all' installazione dei siti dello scudo americano in Europa sarà congelato, probabilmente del tutto cancellato".

Il "nuovo approccio" americano alla difesa antimissile era stato annunciato ieri dal presidente degli Stati Uniti. Con una dichiarazione ufficiale, Barack Obama spiegava di aver definitivamente accantonato il progetto della precedente amministrazione di costruire uno scudo antimissile in Polonia e Repubblica Ceca.

Secondo il segretario alla Difesa Robert Gates il piano di difesa missilistico Bush è stato abbandonato perché mutato è il programma strategico iraniano, che ad oggi punta principalmente su missili a corto e medio raggio. Fino ad oggi, invece, Teheran puntava su vettori intercontinentali. "Il nuovo piano - ha spiegato il segretario della Difesa - presenta molti vantaggi: lo scudo sarà pronto con sette anni di anticipo rispetto al piano Bush (2011 anziché 2018), e l'impiego iniziale di navi al posto delle basi fisse darà al Pentagono più flessibilità e maggiori capacità di eludere attacchi nemici".

La risposta della Nato. Il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen si è dichiarato molto contento dei risultati ottenuti nei Balcani grazie alla collaborazione con la Russia. E ha proposto addirittura di "esplorare la possibilità di legare i sistemi di difesa missilistica di Usa, Nato e Russia". Secondo il numero uno della Nato, infatti "i nostri Paesi e i nostri eserciti diventeranno tutti sempre più vulnerabili ad attacchi missilistici". E l'ambasciatore russo presso la Nato Dmitri Rogozin ha giudicato "molto positive" le proposte di cooperazione rafforzata fatte da Rasmussen.

(18 settembre 2009)


Vittima un 25enne di Roncà, picchiato e derubato in un centro commerciale
La ragazza non sopportava più la sua insistenza. Ma ora è stata denunciata
Verona, lui la molesta in chat
lei lo fa rapinare per vendetta


VERONA - Corteggiare troppo insistentemente una ragazza in chat può essere pericoloso. Lo ha scoperto a sue spese un impiegato venticinquenne di Roncà, piccolo comune in provincia di Verona. Da tempo perseguitava su internet una ragazza conosciuta in rete, che dopo un po' si è stancata delle sue attenzioni. E così, insieme al fratello e ad altri due amici, ha architettato la vendetta. Ha dato appuntamento al corteggiatore in un centro commerciale di Monteforte e, mentre lo aspettava, i ragazzi, poco lontani, hanno messo in scena una rissa. Il venticinquenne è intervenuto per dividerli, ma è stato preso a calci e pugni dal gruppetto che lo ha anche derubato di 170 euro.

I Carabinieri di Monteforte, però, hanno scoperto il raggiro, e la ragazza e i suoi complici sono stati denunciati per rapina e lesioni. Mentre il "molestatore", medicato in ospedale per contusioni alla testa e al volto, guarirà in sette giorni.

(18 settembre 2009)


L'ex numero del gruppo assicurativo e l'ex governatore
di Bankitalia compariranno davanti al giudice a febbraio
Unipol, Fazio e Consorte a giudizio
per la tentata scalata a Bnl




MILANO - Rinviato a giudizio. Per la scalata di Unipol a Bnl del 2005, andranno a processo l'ex governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio, e l'ex numero uno di Unipol Giovanni Consorte. Tra le accuse l'ostacolo all'autorità di vigilanza, l'aggiotaggio e l'insider trading. Il processo a Milano inizierà il primo febbraio. Contemporaneamente, per quanto riguarda la vicenda del riacquisto di obbligazioni Unipol, Consorte e Ivano Sacchetti saranno processati a Bologna.

Il giudice ha mandato a processo tra gli altri anche l'allora direttore generale di Unipol, Carlo Cimbri, i banchieri Giovanni Zonin e Giovanni Alberto Berneschi, ai tempi rispettivamente presidente di Banca Popolare di Vicenza e Carige, e anche tutti i cosiddetti contropattisti tra cui gli immobiliaristi Stefano Ricucci e Danilo Coppola e Vito Bonsignore.
Tra gli imputati prosciolti ci sono le banche Nomura e Credit Suisse First Boston con i loro esponenti e l'imprenditore Marcellino Gavio.Tra i rinvii a giudizio c'è anche Deutsche Bank e inoltre la stessa compagnia assicuratrice Unipol.

"Accolgo con sorpresa e stupore la decisione del gup del tribunale di Milano - dice Consorte - I fatti in sede di dibattimento mi daranno ragione". La strategia è quella di dare ampia visibilità al processo: "Il primo passo in questa direzione sarà quella di richiedere lo svolgimento del processo Bnl alla presenza dei principali organi di comunicazione".

(18 settembre 2009)


La procura: doppio negoziato durato per tre anni. Il vice
presidente del Csm ascoltato per più di due ore a Roma

Trattativa tra Stato e mafia
Interrogato Nicola Mancino





PALERMO - È l'unico uomo politico - al tempo era ministro degli Interni - che ha parlato di una "trattativa" che qualcuno voleva fare con la mafia. È l'unico uomo politico che ha spiegato perché quella "trattativa" è stata respinta "anche come semplice ipotesi di alleggerimento dello scontro con lo Stato". Diciassette anni dopo le stragi siciliane e due mesi dopo le sue prime dichiarazioni sulle tragiche vicende avvenute nell'estate del 1992, il vicepresidente del Csm Nicola Mancino sfila come testimone davanti ai magistrati di Palermo e di Caltanissetta.

Un interrogatorio di quasi tre ore a Roma, un faccia a faccia dell'ex ministro con i procuratori Messineo e Lari e gli aggiunti Di Matteo e Gozzo per ricostruire chi aveva intavolato le trattative, a cosa puntavano, chi dentro lo Stato non ha voluto accettare il ricatto di Cosa Nostra. Il verbale di interrogatorio è stato secretato. Se alla procura di Caltanissetta s'indaga sui massacri in Sicilia (Capaci e via D'Amelio nella primavera-estate del 1992) e se alle procure di Firenze e di Milano s'indaga sugli attentati del 1993 (le bombe in via dei Georgofili, a San Giorgio al Velabro, in via Palestro), alla procura di Palermo s'indaga sulla "trattativa" fra mafia e Stato. È un'inchiesta parallela a quelle sulle stragi, avviata qualche anno fa su un episodio specifico - la mancata cattura di Bernardo Provenzano il 31 ottobre 1995, imputati per favoreggiamento il generale dei carabinieri Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu - e ormai diventata il "contenitore" di tutte le investigazioni su ciò che è avvenuto in Sicilia prima e dopo le uccisioni di Falcone e Borsellino.

L'inchiesta di Palermo ha scoperto negli ultimi mesi che ci sono state non una, ma ben due "trattative". La prima viene datata fra la morte di Falcone e quella di Borsellino, la seconda sarebbe stata avviata dopo la cattura di Riina da Bernardo Provenzano e con "un esponente di rilievo della nascente formazione politica". Secondo le dichiarazioni di almeno due pentiti e di Massimo Ciancimino, il partito sarebbe Forza Italia e l'interlocutore di Provenzano sarebbe stato Marcello Dell'Utri. La prima e la seconda "trattativa" sono collegate fra loro: nelle indagini l'anello di congiunzione sarebbe proprio la mancata cattura di Provenzano. Un arresto sfumato "conseguenza" dell'accordo fra pezzi dello Stato e mafia. Oggi i procuratori sono certi che la "trattativa" (o le "trattative") fra Corleonesi e apparati non sono durate soltanto qualche mese ma almeno tre anni. Fino agli ultimi mesi del 1995.

Nicola Mancino non è il solo uomo politico che ha testimoniato su quei tentativi di "avvicinamento" dei mafiosi. A metà luglio, dopo diciassette anni di silenzio, si è presentato alla procura di Palermo anche l'ex presidente della commissione parlamentare antimafia Luciano Violante per raccontare di tre contatti avuti con il generale Mori. L'ufficiale dei carabinieri gli aveva proposto un incontro "privato" con Vito Ciancimino. Violante rifiutò, chiese al generale se di quella voglia di parlare di don Vito era stata informata l'autorità giudiziaria, il generale gli rispose "che era una cosa politica".

Anche su questo ha testimoniato nei mesi scorsi Massimo Ciancimino, il figlio dell'ex sindaco di Palermo. Lui ha fatto ritrovare ai magistrati tre frammenti di lettere indirizzate fra il 1991 e il 1994 a Berlusconi, lettere provenienti a quanto pare da Provenzano dove si facevano velate minacce e si parlava del "contributo politico" che lo stesso Provenzano avrebbe voluto offrire a una "nuova formazione politica". Atti e verbali di interrogatorio che, ieri, dovevano finire nel processo d'appello dove il senatore Dell'Utri è imputato per concorso esterno in associazione mafiosa. Ma la Corte ha respinto la richiesta dell'accusa perché "dall'esame dei contenuti dei verbali di interrogatorio di Massimo Ciancimino emerge un quadro confuso ed oltremodo contradditorio".

(18 settembre 2009)


Uscendo dall'obitorio per il riconoscimento della figlia, la donna ha giustificato il marito
L'uomo accusato di omicidio pluriaggravato dalla premeditazione e dal rapporto di parentela
Sanaa, parla la madre: "Forse ha sbagliato lei"
Il sindaco di Azzano Decimo: "Qui è indesiderata"




MONTEREALE VALCELLINA (PORDENONE) - A 48 ore dall'omicidio di Sanaa, la diciottenne marocchina uccisa dal padre perché aveva deciso di andare a vivere con il fidanzato italiano di 31 anni, la madre della giovane perdona il marito. "Forse - dice riferendosi alla figlia - ha sbagliato lei".

El Ketawi Dafani, 45 anni, martedì sera nel bosco di Grizzo di Montereale Valcellina (Pordenone) ha sgozzato la figlia, perché amava un giovane italiano, Massimo De Biasio, con il quale stava per andare a convivere.

Dafani è stato arrestato. La moglie, Fatna, 42 anni, casalinga, oggi ha parlato: "Perdono mio marito. Ha commesso un gesto orrendo, ma è mio marito, il padre di altre mie due figlie (di nove e quattro anni, ndr). Forse ha sbagliato Sanaa", ha detto all'imam di Pordenone, Mohamed Ovatiq, che dopo il sequestro della casa dove la famiglia Dafani viveva, a Piezzo di Azzano Decimo (Pordenone), l'ha ospitata insieme alle figlie. "Mio marito voleva bene a Sanaa", ha detto all'uscita dell'obitorio di Pordenone dove stamattina ha dovuto riconoscere il cadavere della figlia. Ha raccontato che Sanaa si comportava bene, ma il marito non voleva che uscisse di sera. La voleva sempre con sé, per poterla controllare. "Le mandava sempre messaggi: vieni a casa".

Le parole della donna hanno suscitato l'immediata reazione del sindaco di Azzano Decimo, Enzo Bortolotti, segretario provinciale della Lega Nord: "Da oggi, visto che ha detto che sua figlia ha sbagliato perché non si comportava da brava musulmana, nel nostro comune la mamma di Sanaa è indesiderata. Era nostra intenzione aiutare lei e le due figlie ma a questo punto aiuteremo soltanto le bambine".

Ha parlato anche De Biasio, ricoverato all'ospedale di Pordenone per le ferite riportate nel tentativo di difendere la giovane. Ha spiegato che il padre della ragazza non accettava né la differenza d'età tra lui e Sanaa, né quella di mentalità. "L'aveva scritto anche nei messaggi - ha raccontato - che se ci avesse visti insieme ci avrebbe uccisi". L'ultimo dono del giovane alla sua fidanzata, un cuscino a forma di cuore con la scritta "Per sempre Massimo", è stato fatto appendere a un'albero nel bosco di Grizzo, proprio nel punto in cui la giovane è stata uccisa con un coltello acquistato poche ore prima.

Per domani è stata fissata nel carcere di Pordenone l'udienza di convalida del fermo di El Ketawi Dafani. "E' consapevole che sta rischiando l'ergastolo", ha detto il suo difensore, l'avvocato Leone Bellio, che oggi lo ha brevemente incontrato in carcere. Le accuse sono pesanti: omicidio pluriaggravato dalla premeditazione e dal rapporto di parentela e tentato omicidio per le ferite inferte a De Biasio.

(17 settembre 2009) Tutti gli articoli di cronaca


Preso dalla GdF all'aeroporto. Ha fornito le ragazze per le feste del premier Berlusconi
Indagato per gli appalti nella sanità pugliese è accusato di aver fornito cocaina ai party
Inchiesta Bari, fermato Tarantini
l'imprenditore delle escort

Il pm: "Rischio di inquinamento delle prove ed un reale pericolo di fuga"



BARI - Fermato l'imprenditore delle escort. Gianpaolo Tarantini è stato fermato all'aeroporto di Bari. Al centro delle inchieste sugli appalti nella sanità in Puglia e sul giro di escort invitate alle feste nelle residenze di Silvio Berlusconi, l'imprenditore è stato fermato dalla Guardia di finanza per "spaccio di sostanze stupefacenti". "Ho ordinato il provvedimento - ha spiegato il procuratore della Repubblica Antonio Laudati - perché c'era un forte rischio di inquinamento delle prove ed un reale pericolo di fuga".

Nell'agosto scorso era stato fermato con la stessa accusa Massimiliano Verdoscia, l'uomo che presentò a Tarantini Patrizia D'Addario, la escort che ha raccontato di aver preso mille euro dall'imprenditore per trascorrere una notte a palazzo Grazioli in compagnia del presidente del Consiglio. Insieme a Verdoscia, finì agli arresti anche Stafano Iacovelli, accusato di comprare e distribuire la cocaina ai party che Tarantini organizzava per conquistarsi amicizie politiche utili a favorire la sua azienda specializzata nelle forniture sanitarie.
(18 settembre 2009)


Il dg della Rai si assume tutta la responsabilità
Il presidente Garimberti: Un errore spostare Ballarò"
Rai, Masi "salva" il premier
"Colpa mia il flop di Porta a Porta"
Pressing del centrodestra per Minoli a Rai3. No dei consiglieri di minoranza



ROMA - "Mi assumo per intero la responsabilità di aver anticipato in prima serata la puntata di "Porta a porta" e del rinvio di "Ballarò"". Il direttore generale Rai Mauro Masi si fa carico del flop di ascolti che ha affondato il salotto di Vespa, ospite Silvio Berlusconi, e dunque della rivoluzione dei palinsesti che in settimana ha scatenato una tempesta politica.

L'"amministratore" di Viale Mazzini parla dinanzi al consiglio di amministrazione Rai riunito per quattro ore sui nodi che arroventano il clima in azienda e fuori da giorni. Tenta soprattutto di allontanare accuse e sospetti sul presidente del Consiglio e su Bruno Vespa per la gestione dell'intera vicenda. Il presidente della Rai, Paolo Garimberti, introducendo i lavori, aveva ribadito tutte le sue perplessità sul premier ospite unico del salotto di Raiuno, sulla trasmissione anticipata alle 21, sul rinvio forzato di "Ballarò", sugli affondi senza contraddittorio del presidente del Consiglio contro stampa, Raitre e opposizioni.

"Sbagliati i modi, sbagliati i tempi" secondo il numero uno dell'azienda. Ancora ieri sera, a "Ballarò", Pier Ferdinando Casini parlava di "straordinario apparato propagandistico del governo" e dell'"eccesso di zelo del dg, che ha modificato il palinsesto per favorire il premier senza prevedere che la gente poi si stufa dei monologhi: ma vi immaginate la Merkel che si impone in prima serata?" I cinque consiglieri di centrodestra, nella riunione di ieri, hanno fatto quadrato attorno al direttore Masi, i loro colleghi di opposizione hanno contestato ancora la scelta punita dagli ascolti (Porta a porta al 13% di share, contro il 22 della fiction Mediaset).

Altro nodo rovente, quello delle trasmissioni prese di mira dal premier Berlusconi. "Annozero" in testa. Il format di Michele Santoro prenderà il via regolarmente giovedì 24 settembre, ha assicurato Mauro Masi, unica incognita il contratto di Marco Travaglio, "per motivi legali, perché in passato la mancanza di contraddittorio agli interventi del giornalista ha creato problemi, più volte l'Agcom ha diffidato "Annozero", per non dire dei rischi economici di quegli interventi". Da qui la proposta del dg di rimettere al cda la scelta sul contratto più "caldo" della squadra di Santoro (gli altri confermati). Ma quella decisione spetta al direttore, hanno ribattuto tutti i consiglieri, pidiellini compresi. La firma allora arriverà entro lunedì, ha garantito Masi, lasciando intendere che il contratto di Travaglio però sarà condizionato da clausole legali. Sbloccato dopo qualche titubanza, invece, il contratto per le 128 puntate di "Parla con me" di Serena Dandini, in onda dal 29 settembre al 28 maggio.

Resta aperta la partita delle nomine dei direttori di RaiTre e Tg3. Insistente il pressing del Pdl perché tutto si sblocchi nel cda di giovedì prossimo, dopo l'audizione di Masi in Vigilanza. Il nome che il centrodestra sponsorizza per la Rete guidata finora da Paolo Ruffini è quello di Giovanni Minoli. I consiglieri di centrosinistra fanno quadrato attorno alla "riserva indiana", l'unica, dell'opposizione in Rai. Molto più probabile, stando a quanto filtra dal cda, che a sbloccarsi la settimana prossima siano altre nomine, da Rainews alle vicedirezioni dei tg.

(18 settembre 2009)


Non ci permettiamo di mandare avvertimenti alla Corte"
"Il nostro non è stato un giudizio politico, ma giuridico"
Lodo Alfano, l'Avvocatura precisa
"Nessun avvertimento alla Consulta"




ROMA - "Alla Corte Costituzionale non ci permettiamo di mandare avvertimenti di qualunque tipo sulle possibile conseguenze negative di un pronuncia di incostituzionalità del 'lodo Alfano". Le dimissioni di una delle cariche previste dalla legge sono state ipotizzate solo in via teorica ed estrema" Dopo quella che è stata definita una pronuncia più "politica" che giuridica l'avvocato generale dello Stato, Oscar Fiumara, precisa così il senso delle parole scritte ieri e difende la 'ratio' della norma che sospende i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato.

"In 133 anni di attività - dice Fiumara -, l'Avvocatura generale ha sempre parlato in linea di diritto. E infatti la memoria scritta dal collega Glauco Nori non si riferisce mai ad alcuna delle persone attualmente in carica. Noi prendiamo in considerazione solo le quattro cariche interessate dal Lodo chiunque sia oggi o domani il titolare della carica. Perchè se la legge verrà dichiarata legittima sarà applicabile anche in futuro".

Per Fiumara quel paventare il rischio di dimissioni del premier in caso di bocciatura del Lodo (che ha fatto discutere), è solo "un'ipotesi teorica portata all'estremo per rilevare la delicatezza delle questioni".

Fiumara ribadisce che la pronuncia puntava a contemperare due interessi fondamentali: "Quello generale a che il presidente del Consiglio svolga le funzioni pubbliche previste dalla Costituzione, e quello privato perchè possa difendersi nel caso in cui sia imputato" di un reato extrafunzionale. Il 'lodo', insiste l'Avvocatura, prevede una soluzione che non è un'immunità, ma una sospensione temporale del processo. "Se questa sia la scelta migliore ce lo dirà la Corte Costituzionale - prosegue Fiumara -. Pronostici non ne faccio mai. Ma ci tengo a ribadire che non è assolutamente fuori dalle righe nè ha inviato alla Corte un avvertimento per conto di chicchessia".
(17 settembre 2009) Tutti gli articoli di politica


Secondo l'Istat a luglio gli ordinativi sono saliti del 3,2%
La ripartenza è legata all'export, mentre stenta ancora il mercato interno
Industria, cresce il fatturato
A luglio in ripresa anche gli ordini


ROMA - Ripartono gli ordini dell'industria e il fatturato. Grazie soprattutto alle vendite all'estero. A luglio - rileva l'Istat - gli ordinativi sono cresciuti del 3,2%, il dato migliore da gennaio 2008. Rispetto a luglio 2008, invece, si registra un calo del 23,2%. Gli
ordinativi nazionali hanno registrato un calo del 2,9% e quelli esteri una crescita del 15,6%. Segno positivo anche per il fatturato, in aumento dello 0,7% rispetto a giugno quando era sceso dell'1,6%. I dati degli ordinativi sono stati espressi in termini grezzi, quelli del fatturato sono stati invece corretti per gli effetti di calendario.

Per il fatturato, segnala l'Istat, a giugno si è registrato un ulteriore calo congiunturale dell'1,6%. L'Istat sottolinea il dato negativo tendenziale soprattutto per la fabbricazione dei mezzi di trasporto con un -24,5% per il fatturato e un -46,6% per gli ordini tra luglio 2009 e luglio 2008. E' andata anche la metallurgia e la fabbricazione dei prodotti in metallo con un -36,5% per il fatturato e -38,1% per gli ordini.

Auto. Tra i vari comparti, il fatturato degli autoveicoli ha segnato a luglio un calo del 25% annuo, mentre gli ordinativi sono scesi del 21,8%. Nel mese di luglio il fatturato nazionale ha segnato un calo del 12,5% (-25,8% a giugno) mentre quello estero è sceso del 37,1% (-29% a giugno). Gli ordinativi nazionali a luglio sono scesi del 2,8% (+2,6% a giugno) mentre quelli esteri sono scesi del 41,9% (-57,9% a giugno).

(18 settembre 2009)


La sentenza del Tribunale Amministrativo afferma che "a nessuno può essere imposta
l'alimentazione forzata se esprime la volontà di interromopere terapie giudicate inutili"
E il Tar del Lazio sconfessa
la legge sul testamento biologico




ROMA - A nessuno, che sia cosciente o incosciente, possono essere imposte alimentazione e idratazione forzata e anche in caso di stato vegetativo un cittadino può esprimere ex post la propria volontà di interrompere terapie giudicate inutili, comprese proprio alimentazione e idratazione. Il Tar del Lazio - accogliendo un ricorso del Movimento difesa dei Cittadini all'ordinanza Sacconi emanata lo scorso anno, nei giorni del caso Eluana - boccia di fatto la legge sul testamento biologico già approvata alla Camera e al vaglio del Senato, nella quale si afferma che alimentazione e idratazione artificiali sono atti imprescindibili che il malato in stato vegetativo non può rifiutare tramite una dichiarazione anticipata di trattamento.

La sentenza. "I pazienti in stato vegetativo permanente - si legge nella sentenza - che non sono in grado di esprimere la propria volontà sulle cure loro praticate o da praticare e non devono in ogni caso essere discriminati rispetto agli altri pazienti in grado di esprimere il proprio consenso, possono, nel caso in cui loro volontà sia stata ricostruita, evitare la pratica di determinate cure mediche nei loro confronti".

E ancora: il paziente "vanta una pretesa costituzionalmente qualificata di essere curato nei termini in cui egli stesso desideri, spettando solo a lui decidere a quale terapia sottoporsi". Il Tar, nella sentenza n. 8560/09, ha evidenziato che si tratta di questioni che coinvolgono il "diritto di rango costituzionale quale è quello della libertà personale che l'art. 13 (della Costituzione, ndr) qualifica come inviolabile".

Il Tribunale amministrativo ha poi ricordato che è entrata in vigore la convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità che impone che venga loro garantito il consenso informato. Infine, ha sottolineato come il rilievo costituzionale dei diritti coinvolti escluda che gli stessi possano essere compressi dall'esercizio del potere dell'autorità pubblica.

La conseguenza è l'esclusione della giurisdizione del giudice amministrativo spettando, in caso di violazione dei principi richiamati dal Tar, al giudice ordinario garantire il pieno rispetto dei diritti della dignità e della libertà della persona.

LE REAZIONI

Il movimento difesa del cittadino. "Si tratta di una decisione estremamente importante - commenta l'avvocato Gianluigi Pellegrino che ha curato il ricorso per il Movimento Difesa del Cittadino - Il Tar infatti è giunto a individuare la giurisdizione del giudice ordinario proprio dopo aver sottolineato il carattere costituzionale e incomprimibile del diritto di scelta che ogni individuo ha con riferimento a qualsivoglia pratica e intervento che debba avvenire sul suo corpo". Secondo l'avvocato Pellegrino, in sostanza, il Tar sentenzia che "la volontà del paziente prevale su tutto, sia che la esprima a voce sia che sia espressa per iscritto o in altre forme".

Il ministro Maurizio Sacconi. "Se corrisponde al vero quanto contenuto in una nota che fa riferimento a una sentenza del Tar del Lazio sul caso di Eluana Englaro, questo rende di fatto ancora più urgente l'approvazione della 'norma Englaro'", sostiene il ministro del Welfare Maurizio Sacconi spiegando che la norma riguarderà "l'inalienabile diritto all'alimentazione e all'idratazione per offrire una certezza normativa coerente con l'articolo 2 della Carta costituzionale e con il riconoscimento del valore della vita che è presente nella tradizione largamente condivisa del nostro popolo".

Maurizio Gasparri (Pdl). "Su temi che riguardano la vita e la morte delle persone serve una norma di legge precisa e non la fantasia della giustizia amministrativa, che immaginiamo impegnata su temi più ordinari. Sarebbe ridicolo o forse agghiacciante se su un argomento così delicato la decisione definitiva fosse affidata al Tar".

Ignazio Marino (Pd). "La sentenza del Tar del Lazio chiarisce molte ambiguità che si erano create in occasione della drammatica vicenda di Eluana Englaro. Il Tar infatti afferma che non è possibile imporre l'alimentazione e l'idratazione artificiale a un paziente, nemmeno nel caso si trovi in stato vegetativo permanente".

Beppino Englaro. "Eluana vuol dire libertà pura in uno Stato di diritto. Non esiste nessuna 'norma Englaro': Englaro ha solo sollevato un problema davanti alla magistratura e ha avuto delle risposte, in primis mi riferisco alla sentenza della Corte Suprema di Cassazione", commenta Beppino Englaro dopo le dichiarazioni del ministro Sacconi.

Se la leggina voluta dal ministro dovesse vedere la luce, "si tratterebbe di un provvedimento anti-costituzionale, anti-medico e anti-scientifico, una vera e propria legge da Stato etico", afferma deciso Englaro, pur sottolineando di non voler entrare in polemica con il ministro. "Neanche lo Stato - sottolinea il papà di Eluana - può disporre della salute dei cittadini: si tratta di diritti inviolabili e costituzionalmente garantiti dall'articolo 2 della Carta, un articolo che afferma e garantisce i diritti dell'uomo, vera e propria chiave di volta di tutto il sistema costituzionale".

(17 settembre 2009)


ECONOMIA
Uno studio dell'associazione: "Quest'anno e il prossimo anno caleranno dello 0,6%"

"Le conseguenze della crisi sulle famiglie sono ben lontane dall'esaurirsi"
Confcommercio: "Consumi in calo
la ripresa non prima del 2013"


ROMA - Nonostante le voci di una ripresa economica, i consumi continuano a stentare. Soltanto nel 2012 torneranno ai livelli del 2000, mentre quest'anno e il prossimo anno caleranno infatti dello 0,6%. Comunque meglio della media Ue a 27 (-1,6%) ma peggio rispetto ad altri grandi paesi quali Germania e Francia che vedranno invece una inversione di tendenza.

La previsione è della Confcommercio, che evidenzia come nel triennio 2009-2001 la variazione dei consumi nei 27 paesi dell'Ue "risulterà negativa per due decimi di punto" all'anno.

A soffrire saranno soprattutto i Paesi dell'Est e l'Irlanda (-3%), ma il calo previsto per l'Italia si aggiunge a una riduzione dell'1% subito nel 2008 e riporterà la quota di consumi pro capite alla fine del trienno 2009-2011 al livello del 2000. Secondo l'associazione, poi, il ritorno ai livelli pro capite pre-crisi sarà particolarmente lungo e non potrà concretizzarsi prima della fine del 2012.

"Alla fine di questa specifica crisi finanziaria potremmo trovarci con il 5-6% di Pil in meno, con il 2-3% di disoccupazione in più e con gli stessi tassi di crescita del prodotto potenziale con i quali ci siamo entrati" dice Mariano Bella, direttore dell'ufficio studi. Che sottolinea "le debolezze strutturali" del Paese. "La fine della nostra crescita risale all'inizio degli anni 2000, datando alla seconda parte degli anni '80 l'ultimo ciclo fortemente espansivo. Oggi la variazione del Pil pro capite potenziale è addirittura nulla. I rilevanti sprechi di cui soffriamo riducono il frutto del lavoro immesso nel processo produttivo, data l'attuale quantità e qualità del capitale privato e pubblico. E i consumi, conseguentemente, si contraggono" conclude Bella.
(18 settembre 2009)


Lo scoppio è avvenuto a Kohat. Ci sono anche una sessantina di feriti
Pakistan, bomba fa strage al mercato
Almeno 22 le vittime dell'azione di un kamikaze che si è fatto esplodere in una zona di forte passaggio

MILANO - Ha causato almeno 22 morti (ma alcune agenzie di stampa parlano di 25) oltre ad una sessantina di feriti l'attentato compiuto da un kamikaze a Kohat, in Pakistan. L'esplosione è avvenuta vicino ad un hotel nei pressi del mercato di Kacha Paka, sulla Hangu Road. A causa dello scoppio, riferisce da parte sua il quotidiano The Nation, numerosi negozi ospitati in costruzioni precarie sono crollati, ed i soccorritori sono impegnati in una affannosa ricerca di eventuali superstiti fra le macerie. Un reparto dell'esercito è giunto sul posto per appoggiare il lavoro della polizia e delle squadre di soccorso.

IL TERMINAL DEI BUS - L'emittente Geo Tv ricorda che l'intelligence pachistana aveva avvertito della possibilità di attentati ed esplosioni in città chiave del paese alla vigilia del Jamiatul Wida, l'ultimo venerdì del Ramadan. Il grave bilancio delle vittime è dovuto anche al fatto che, ha precisato la tv, vicino al luogo dello scoppio si trova un terminal di autobus che partono per diverse destinazioni pachistane. Scene di disperazione, ma anche di rabbia si registrano sul posto dell'attentato, con un gruppo di persone che ha lanciato pietre contro le auto di passaggio sulla Hangu Road che poi è stata chiusa al traffico.


18 settembre 2009

 
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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 19/9/2009, 13:18




la sinistra per bene si liberi da questo abbraccio mortale»
Brunetta: «Elite irresponsabili
vogliono un vero colpo di stato»

Sono quelle «della rendita parassitaria, burocratica, finanziaria, editoriale» che pensano solo a come far cadere il governo che ha cominciato a colpirle»


CORTINA D'AMPEZZO (BELLUNO) - «Ci sono elite irresponsabili che stanno preparando un vero e proprio colpo di stato». Lo ha detto a Cortina d'Ampezzo, al convegno del Pdl veneto, il ministro per la pubblica amministrazione, Renato Brunetta. Il ministro ha descritto le elite come quelle «della rendita parassitaria, burocratica, finanziaria, editoriale» e ha messo in contrapposizione quelli che ha chiamato «i compagni della sinistra per bene» e quella che ha definito «la sinistra per male». E per questa ha usato la frase «vada a morire ammazzata».

CONTRO IL GOVERNO CHE LE COLPISCE - «Questa sedicente elite in questo anno di grande crisi - ha aggiunto - ha pensato solo a come far cadere un governo che guarda caso cominciava a colpire proprio le case matte della rendita». Brunetta si è quindi rivolto «alla povera sinistra che da questa finta elite si fa irretire». «Propongo - ha concluso - una lotta di liberazione per i compagni della sinistra per bene: liberatevi da questo abbraccio mortale di questa cattiva finanza, di questo cattivo sindacato, di questi cattivi gruppi editoriali».

BENE CHIESA, MA NO A IDEOLOGIA POLITICA CON LA TONACA - «Nei confronti della Chiesa stiamo dalla stessa parte»: lo ha detto oggi, a Cortina, dal ministro per la pubblica amministrazione, Renato Brunetta che ha aggiunto: «Quando la chiesa opera sul territorio e si fa carico dei fedeli spesso lo fa meglio di quanto lo faccia lo Stato. Quando però certi esponenti della Chiesa giocano al massacro, quella non la considero Chiesa ma ideologia politica con la tonaca». Brunetta ha concluso rilevando che «la Chiesa non ha mai avuto tanto dallo Stato italiano in termini di 8 per mille e questo dimostra la nostra serietà».

IL GOVERNO RISPETTERÀ I PATTI: «ORA FASE DUE»- «I patti vanno rispettati da tutti e il governo rispetterà i patti». Lo assicura il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta rispondendo a una domanda dei cronisti sui prossimi contratti del pubblico impiego.
La crisi, secondo Brunetta, ha fatto aumentare il potere d'acquisto dei dipendenti e dei pensionati.
I 32-33 milioni di italiani a reddito fisso, secondo il ministro, hanno potuto contare su aumenti salariali e pensionistici del 3-4%, a fronte di un'inflazione dell'1-2%. «Questo è il segno - ha spiegato Brunetta - che non c'è stata crisi sociale, pure in presenza di un Pil sotto di 5 punti. A soffrire, invece, sono state le imprese e i lavoratori autonomi a causa della diminuzione del calo dei consumi. Hanno resistito ma non potranno farlo ancora per molto. E perchè sono diminuiti i consumi? Per la paura». Per Brunetta il problema ora è di passare dalla «fase uno» alla fase due. «Dobbiamo dare una accelerazione tra la fine dell'anno e l'inizio del 2010 sostenendo i lavoratori autonomi che, in questi mesi, hanno sofferto ma tenuto. Rilanciare i consumi - ha rimarcato il ministro - significa dare ossigeno al lavoro autonomo e tutelare chi ha un reddito fisso». Questo dovrà essere fatto attraverso tre percorsi: le riforme (Welfare, burocrazia, federalismo, ecc...), gli investimenti e lo stimolo alla spesa.

RONCONI: «GOLPE?BRUNETTA IRRESPONSABILE E CARICATURALE» - Le reazioni alle parole di Brunetta sul colpo di Stato non si sono fatte attendere. «Che un ministro della Repubblica evochi il rischio di un colpo di Stato è un fatto gravissimo che merita una immediata risposta da parte dei Servizi e un altrettanto urgente chiarimento del ministro di fronte al Parlamento», ha detto Maurizio Ronconi, responsabile Enti Locali dell'Udc. «Se invece la dichiarazione è stata solo il "rafforzativo" di un ragionamento politico - conclude - ci troviamo di fronte a un ministro irresponsabile oltre che caricaturale».


19 settembre 2009



Le carte: Gli effetti dei cocktail di alcol e droga su cinque donne
Quella maxi-partita di cocaina
e i malori delle ragazze in Sardegna

Per gli investigatori nella villa affittata nel 2008 c’erano grosse quantità di stupefacenti


BARI — Alla fine si torna sempre a quella vacanza in Sardegna nell’estate del 2008. Si ricomincia a indagare su quella girandola di feste, incontri, nuove conoscenze che per Gianpaolo Tarantini — imprenditore pugliese all’epoca già inserito nei giri che contano — significò realizzare il sogno di una vita: diventare amico del premier Silvio Berlusconi. E si scopre che alcune circostanze raccontate sarebbero false, mentre altre sono state invece tenute nascoste. Perché nella villa presa in affitto a Porto Rotondo c’era un gran via vai di belle donne e ben cinque di loro si sarebbero sentite male dopo essere state stordite con un cocktail di alcol e droga. Ma soprattutto perché nella cassaforte dove Tarantini ha ammesso di aver custodito la cocaina ci sarebbero stati ben più dei 70 grammi di cui ha parlato. «Visto il tenore di vita della compagnia — ha sottolineato un investigatore — quel quantitativo poteva bastare appena per un giorno » .

MEZZO MILIONE - E’ costato oltre 500.000 euro il soggiorno in Costa Smeralda pagato da Tarantini e organizzato da Alessandro Mannarini, in quel periodo uno dei suoi collaboratori più fidati. I conti sono stati fatti proprio da quest’ultimo davanti ai magistrati che lo hanno interrogato qualche giorno fa. Anche lui è indagato per cessione di droga, il suo avvocato Marco Vignola esclude che stia collaborando. «Si difende — spiega — e chiarisce gli aspetti che lo riguardano, vicende che inevitabilmente coinvolgono anche Tarantini » .

LA VILLA - Circa 70.000 euro costava la villa di Capriccioli, 2.000 euro all’ora l’uso di un aereo privato per gli spostamenti dalla Puglia alla Sardegna. Furono acquistate quattro auto di grossa cilindrata, si decise di affittare gommoni e moto d’acqua. Fu comprata una cucina e gli arredi per rendere la dimora lussuosa e confortevole. Si decise di ingaggiare quattro domestici filippini. Furono bloccate per tutta l’estate stanze all’hotel Cala di Volpe e al Capriccioli per essere certi di poter offrire ospitalità agli amici. E soprattutto si convenne di avere sempre a disposizione cocaina ed ecstasy. Nel suo interrogatorio alla fine di luglio Tarantini ha negato di aver sciolto stupefacente nel bicchiere di Eva Cavalli che poi ebbe un malore. La circostanza è stata smentita anche dalla diretta interessata, ma emergerebbe dalle intercettazioni telefoniche.

CINQUE CASI DI ABUSO - In realtà sono cinque le donne che avrebbero avuto seri problemi per l’abuso di droga. E due di loro hanno presentato un esposto a Tempio Pausania. Le denunce sono state acquisite dalla procura di Bari che in questi giorni ha chiesto spiegazioni proprio a Mannarini. In una conversazione captata il 2 luglio 2008, la moglie di Massimiliano Verdoscia (ancora agli arresti domiciliari per la cessione degli stupefacenti) parla con la moglie di Tarantini. E le intima: «Devi dire a tuo marito di smetterla con quella cosa nei bicchieri... Tu lo sai che Babu (domestico alle sue dipendenze) stamattina ha fatto il commento, dice che una ragazza è svenuta nel giardino e Babu l’ha presa e ha detto: 'signora, ma che ha messo qualcosa nel bicchiere di Mannarini?'. Ti rendi conto? Devi dire a Gianpaolo che la deve finire, che quella è una storia pericolosa... » . Mannarini ha negato di essere il fornitore della droga: «Mi occupai del trasferimento dei bagagli in almeno quattro viaggi Bari-Olbia effettuati in auto, ma non fui io a preparare le valigie e non so che cosa contenessero. E’ possibile che ci fossero stupefacenti». Tarantini afferma invece che fu proprio l’amico a fare da «corriere » e poi aggiunge: «L’avevamo comprata a Bari e ce la dividemmo dopo essere arrivati». Ma — è questa l’accusa della Procura — «mente sul quantitativo e anche sui fornitori».

I TIMORI PER LA VITA - Il sospetto dei pubblici ministeri è che l’imprenditore sia riuscito a ottenere una grossa «partita» grazie a conoscenze di malavitosi baresi e dunque anche a queste sue frequentazioni si riferisse quando ha manifestato «timori per la mia vita e per la mia famiglia». Il provvedimento eseguito ieri riguarda la droga ma è possibile che già dopo l’udienza di convalida arrivino nuove contestazioni. Sibillino sul punto è apparso il procuratore Antonio Laudati: «Il fermo è stato compiuto in relazione a una prospettazione di spaccio, ma le indagini che seguiranno immediatamente dopo il fermo riguarderanno tutte le posizioni processuali di Tarantini ».

Fiorenza Sarzanini
19 settembre 2009


tragedia nello sport
Ravenna: investito da auto,
è morto il calciatore albanese Filipi

L’attaccante aveva 20 anni, l’incidente alle 23 di venerdì sera lungo la circonvallazione di Cervia


RAVENNA - È morto nella notte ra venerdì e sabato, investito da un’automobile il calciatore Brian Filipi, ventenne attaccante albanese del Ravenna, squadra che milita nel Girone B della LegaPro di prima divisione (l’ex Serie C). L’incidente è accaduto poco dopo le 23 lungo la circonvallazione di Cervia.
Filipi camminava assieme a Stefano Scappini sul ciglio della strada quando alle spalle dei due è arrivata l’automobile che ha colpito in pieno il ragazzo facendolo volare e ricadere pesantemente sull’asfalto. La macchina, che secondo alcune testimonianze viaggiava a forte velocità, è andata poi a fermarsi - si legge sempre dal sito del Ravenna - contro un paio di vetture parcheggiate. Il personale del 118 Romagna Soccorso, intervenuto con un’auto medicalizzata e due ambulanze (anche una donna di 52 anni è stata visitata al pronto soccorso) assieme a vigili del fuoco e carabinieri, ha portato il giovane calciatore in ospedale, dove è morto.

LA CARRIERA - Il giovane attaccante lo scorso anno aveva totalizzato 23 presenze con il Ravenna in Prima Divisione, realizzando cinque gol. Dopo che il Palermo non aveva sfruttato l'opzione per acquistarlo nell'ambito dell'operazione Succi, a Filipi si erano interessati Torino e Chievo, aveva riferito a luglio il ds della società romagnola Giorgio Buffone, definendo il giovane albanese «un giocatore già pronto per una squadra di livello».

PARTITA RINVIATA - Il Ravenna Calcio ha chiesto alla Lega Pro di rinviare la partita in programma domenica a Foggia. I giocatori si sono recati sabato mattina allo stadio Benelli, ma hanno annullato la rifinitura e si ritroveranno martedì per la ripresa degli allenamenti. Fino a quel giorno - si legge sul sito web della società - tecnici e calciatori non rilasceranno dichiarazioni alla stampa «nè sulla tragedia accaduta, nè su altri argomenti».


19 settembre 2009



La lente
Se Murdoch cerca l’ingegnere
Trattative per il digitale terrestre


La sfida è partita dal satellite ma potrebbe presto spostarsi sul digitale terrestre. Per rispondere a Rai, Mediaset e Telecom Italia, Rupert Murdoch starebbe preparando un colpo ad effetto. Secondo alcune voci il patron di Sky avrebbe iniziato a studiare con attenzione il dossier «Rete A», la tivù del Gruppo Espresso che possiede due mux, i preziosi multiplex digitali. Di comprarli però non se ne parla: fino al 2014 Sky non può acquistare asset televisivi. Ma può affittarli o stringere alleanze. Ed è ciò su cui sarebbero al lavoro i consulenti del tycoon australiano e quelli di Carlo De Benedetti, che attraverso Sky potrebbe trovare una degna sistemazione a «Rete A» per la quale ha affidato un mandato a Mediobanca. Ma, soprattutto, con la sponda dell’Ingegnere, Murdoch troverebbe rapidamente il modo per rendere la vita meno facile a Rai, Mediaset e Telecom Italia. Nella partita avrebbe un ruolo, sostiene qualcuno, anche Tarak Ben Ammar, consigliere storico di Murdoch, membro del board di Sky Italia e di Mediobanca. I colloqui sarebbero in corso. Sky punterebbe a prendere in affitto i mux di De Benedetti. Ma i consulenti starebbero valutando se è possibile fare anche qualcosa in più.

Federico De Rosa
19 settembre 2009


Democratici. Bersani con il 53% stacca il rivale di 14 punti nei circoli. Marino all’8%
Franceschini in svantaggio
punta tutto sulle primarie

La strategia del segretario: toni duri su rinnovamento e questione morale


ROMA — Si sapranno solo oggi i primi dati ufficiali dei congressi che i circoli del Pd stanno tenendo in tutta Italia in vista delle assise nazionali dell’11 ottobre a Roma. Ma a largo del Nazareno, dove continuano ad affluire i risultati, si è già fatta una stima orientativa. Ieri mattina le percentuali erano queste: Pierluigi Bersani sfiorava il 53 per cento, Dario Franceschini si attestava al 39, mentre Ignazio Marino era di poco sopra all’ 8. In termini assoluti l’ex ministro del governo Prodi otteneva 7.202 voti, il segretario 5.341 e il senatore-chirurgo 1.111. Come da copione, insomma.

SCARTO IN AUMENTO - È probabile che Bersani, nei congressi che si sono svolti ieri sera, vedrà aumentare lo scarto sul segretario, ma si tratta di cifre che comunque dimostrano come non ci sia un vincitore a stragrande maggioranza. Secondo le stime che vengono fatte al Nazareno alla fine parteciperanno a queste votazioni 500mila degli 800mila iscritti al partito e le percentuali definitive, quelle con cui i contendenti arriveranno al congresso nazionale, sono già state grosso modo calcolate. La mozione Bersani si aggirerà intorno al 55 per cento, quella Franceschini fra il 38 e il 40. Peraltro in questa fase è forte il peso degli apparati, come dimostrano certe percentuali bulgare per l’uno o l’altro dei contendenti nelle roccaforti dei diversi «ras» locali. Due esempi indicativi nel viterbese. A Vetralla dove Beppe Fioroni, che appoggia il segretario, è fortissimo, Franceschini ha battuto Bersani 50 a 2. A Canepina, invece, che è una zona d’influenza dell’ex segretario amministrativo del Pds Ugo Sposetti, Bersani ottiene 212 voti contro i tre di Franceschini.

IL PESO DEGLI APPARATI - Dunque, nulla di nuovo sotto questo punto di vista: il peso degli apparati in questa fase era dato per scontato. Quel che sembra stupire, invece, è l’affluenza in alcune zone tipicamente rosse come l’Emilia Romagna. Lì, finora, ha votato solo il 30 per cento degli iscritti. Quella zona, comunque, fatta eccezione per Ferrara, è quasi del tutto appaltata a Bersani, che è sponsorizzato dal presidente della giunta Vasco Errani. Ci sono state anche delle recenti polemiche sulle modalità di voto nella più grande delle regioni rosse: a Imola, soprannominata la Stalingrado bersaniana, alcuni militanti del Pd sono andati a votare muniti addirittura di facsimile della scheda. La cosa, com’era ovvio, non è passata inosservata ed è stata denunciata pubblicamente dallo stesso Franceschini. E a proposito del segretario, il leader del Pd si sta già preparando alla fase due del confronto, quella delle primarie. Franceschini dà quasi per scontato che al congresso, dove più forte è il peso degli apparati del partito, Bersani prenderà più voti. Il leader, perciò, punta già tutte le carte sull’appuntamento del 25 ottobre. Finora il suo avversario ha fatto una campagna elettorale alla grande, tappezzando tutta Italia di manifesti. Tant’è vero che ci sono state diverse polemiche sulle spese sostenute dall’ex ministro del governo Prodi, spese che, secondo lo statuto del Pd, sono limitate da un tetto oltre il quale non si può andare. Il segretario non è ancora passato al contrattacco su questo fronte. Finora ha voluto evitare di mettere i manifesti con il suo volto, ma lo farà per le primarie. «Sarà quello del 25 ottobre il voto significativo», continua a ripetere ai suoi Franceschini, che non sembra dare troppa importanza ai risultati che emergono dai congressi dei circoli del Pd. «L’obiettivo— ripete quasi ossessivamente il segretario — è quello di ottenere una grande mobilitazione per le primarie: un milione e mezzo, due milioni di persone, questo è il traguardo » .

CAMBIO DI STILE - Un traguardo che evidentemente il leader del Pd ritiene di poter raggiungere. Proprio per questo, terminati i congressi locali, Franceschini cambierà anche lo stile della sua campagna elettorale. Dopo la pausa estiva, infatti, il segretario aveva usato un tono molto soft nei confronti degli avversari interni: la platea dei votanti non è quella adatta ad apprezzare la divisione e lo scontro, visto che gli iscritti, in ogni occasione, continuano a invocare «unità, unità». Ma il popolo delle primarie è diverso: perciò per quella campagna elettorale il segretario riprenderà alcuni temi a lui cari. Tornerà a insistere sul concetto di «vecchio » e «nuovo» e non lascerà ai margini del confronto il tema della questione morale.

Maria Teresa Meli
19 settembre 2009


nella regione della Ruda Slaska-Kochlowice
Nel 2006 un'altra grave sciagura, con 23 vittime
Polonia, esplosione di metano
morti 12 minatori e 15 feriti




VARSAVIA - Tragedia in una miniera del sud della Polonia. Almeno 12 minatori sono morti e altri 15 sono rimasti gravemente ustionati per un'esplosione di gas metano a Wujek-Slask, nella regione della Ruda Slaska-Kochlowice. Al momento dell'incidente, avvenuto a una profondità di 1.050 metri, nell'impianto erano presenti 38 lavoratori.

In tutto i minatori ricoverati in ospedale, compresi i 15 in condizioni molto gravi, sono 30, ha detto Edyta Tomaszewska, la portavoce dell'Ufficio nazionale delle miniere. Dopo l'incidente la miniera è stata sgomberata, e le fiamme, che erano divampate dopo l'esplosione, sono state domate.

L'ultimo grave incidente avvenuto nelle miniere polacche è quello di Ruda Slaska, sempre nella regione meridionale: nel novembre del 2006 a causa di un'esplosione di grisù morirono 23 minatori. Successivamente finirono alla sbarra molti dei responsabili dell'impianto, accusati di negligenza.

(18 settembre 2009)


Lo scrittore afgano-americano: "Grazie per il vostro sacrificio"
"È un Paese di importanza vitale: un Afghanistan instabile è un rischio per l'intero Occidente"
Khaled Hosseini: "Non lasciateci soli"
l'appello agli italiani del cacciatore di aquiloni



KHALED Hosseini ha ancora negli occhi le immagini degli aquiloni che ha fatto volare sul cielo di Kabul insieme a centinaia di bambini qualche giorno fa. Ma da qualche ora nella mente dello scrittore diventato famoso con il "Cacciatore di aquiloni", ad esse si affiancano quelle della strage dei paracadutisti italiani. E da Washington, dove ha appena riferito al Senato sul viaggio in Afghanistan come ambasciatore dell'Unhcr (l'agenzia Onu per i rifugiati) inizia l'intervista con una richiesta: "Vorrei prima di tutto dire una cosa. Qualcuno dice che gli afgani non hanno gratitudine: mi permetta di dire a nome della maggior parte del mio popolo che siamo grati per i sacrifici che tanti paesi stanno facendo. E siamo addolorati per le famiglie di chi ha perso la vita cercando di fare dell'Afghanistan un paese pacifico. Dico questo oggi pensando all'Italia".

Signor Hosseini, che Afghanistan è quello che ha lasciato qualche giorno fa?
"Un paese diverso da quello che avevo visto nel 2003 e nel 2007. E da quello che avevo abbandonato da bambino. Kabul nel 2003 era una città piena di rovine e distruzione: ora ci sono infrastrutture, negozi e traffico. Ma la sicurezza è molto peggiorata. La gente è preoccupata, ma spera ancora in un paese stabile. Certo non succederà presto: servirà tempo e impegno da parte della comunità internazionale".

Lei cita la speranza, ma l'Afghanistan è sempre più violento: e poi ci sono la corruzione e le tensioni politiche seguite alle elezioni. Dove sono gli elementi di speranza?
"Gli afgani non sono ingenui e non lo sono neanche io. Sappiamo bene che le sfide sono enormi. Ma quello che la gente chiede non è impossibile: vogliono solo i mezzi per far ripartire le loro vite. Questo è un paese che esce da 30 anni di conflitti: ne sono passati solo otto dall'arrivo degli stranieri. Quale nazione nella storia moderna è passata da anarchia, guerra civile ed estremismo a una società stabile, un'economia forte e un governo funzionante in otto anni? Al Comitato per gli Affari esteri del Senato ho detto proprio questo: dobbiamo essere pazienti. E darci obiettivi realistici".

Quali?
"Fino a poco tempo fa l'intervento in Afghanistan è stato principalmente militare. Ma puntare su buon governo e sviluppo è cruciale. Cose come la riforma della giustizia, la formazione della polizia e dell'esercito, l'educazione non sono difficili da realizzare ma hanno un impatto enorme".

Lei chiede pazienza, ma larga parte dell'opinione pubblica occidentale vuole il ritiro delle truppe...
"Io credo che l'Afghanistan sia un paese di importanza vitale per la comunità internazionale. Non viviamo in un mondo isolato: quello che succede lì non rimane dentro ai confini. Un Afghanistan instabile non è negativo solo per il mio popolo ma anche per la regione e per l'Occidente tutto. Ne abbiamo avuto prova l'11 settembre 2001. Ma anche quando gli Stati Uniti hanno spostato truppe e soldi in Iraq: e le proporzioni del conflitto afgano sono completamente cambiate. Non sono insensibile al fatto che questa è una guerra molto costosa, in termini di finanze e di sacrifici umani. E che ci sono giovani uomini e giovani donne che stanno morendo, compresi italiani. Ma le conseguenze di un ritiro sarebbero disastrose. Non è una guerra che nessuno di noi sceglierebbe di combattere: ma è la realtà che abbiamo davanti".

Cosa pensano gli afgani dei soldati stranieri? Vogliono che vadano via?
"C'è una certa delusione verso la comunità internazionale: sono state fatte molte promesse dopo l'11 settembre e poche sono state mantenute. Per quanto riguarda i soldati, non possiamo sottovalutare l'impatto delle morti di civili afgani nelle operazioni militari: è incoraggiante che gli attuali comandi Nato stiano facendo di tutto per diminuirle. Qualche anno fa il supporto alle truppe straniere era enorme, ora molti iniziano a vederle come forze di occupazione. Ma la maggior parte degli afgani sanno che se partissero, il governo, la polizia e l'esercito non sarebbero in grado di controllare il disastro che ne seguirebbe. Gli afgani sono orgogliosi e indipendenti: però se oggi chiederete loro se le truppe internazionali sono necessarie, la maggior parte vi dirà sì".

(19 settembre 2009)


L'ANALISI
L'elefante
e le formiche



NON BASTA guardare a quel che accade in Afghanistan per afferrare tutti i risvolti del conflitto. Quest'ultimo deve essere osservato da almeno due punti di vista. Si deve ovviamente studiare, anzitutto, la situazione sul terreno, entro i confini del Paese.

Un paese indomito, o incontrollabile, nel senso che tante potenze straniere vi hanno lasciato le penne, negli ultimi secoli, nel vano tentativo di sottometterlo, o di imporvi, come adesso, le regole di un ordine internazionale. Al tempo stesso va tenuta d'occhio la simultanea, ampia azione politico-diplomatica destinata a rendere possibile quel che sul solo piano militare è di difficile soluzione. I due punti di osservazione finiscono col sovrapporsi; e comunque, nell'attesa di esiti non ancora immaginabili, già da adesso non possono essere disgiunti. È significativo l'atteggiamento di Barak Obama per capire i dubbi, le perplessità della superpotenza che guida il conflitto.

Il presidente non è venuto meno al principio di una "war of necessity", ossia di una guerra irrinunciabile per gli interessi americani, e occidentali in generale, tenuto conto della indispensabile stabilità della regione, infestata di terroristi e jihadisti, tra i quali i responsabili dell'11 settembre. Una regione in cui vi sono due grandi Paesi, in permanente tensione e dotati di armi atomiche, quali sono l'Unione Indiana e il Pakistan. Quest'ultimo contagiato dai taliban e ospitante i residui di Al Qaeda. Si dirà che allargando, con le speculazioni, un'area di crisi si sconfina spesso nella fantapolitica. È vero, ma la storia dell'Asia centrale non è un'opinione.

Senza venir meno al principio della "war of necessity", Barak Obama esita adesso a soddisfare le esigenze dei militari, espresse dall'ammiraglio Mike Mullen, capo di stato maggiore generale delle forze armate americane. Mullen ha fatto capire con chiarezza che il generale Stanley A. McChrystal, comandante delle truppe Nato in Afghanistan, non sarà nelle condizioni di promuovere una efficace azione contro i taliban, sempre più aggressivi, se non sarà confortato da un cospicuo rinforzo di uomini e di mezzi, prima o al più tardi entro l'inverno. Obama ha preso tempo. Ha detto di non voler affrettare la decisione. Vuol conoscere prima la nuova strategia che i responsabili militari e civili vogliono applicare. Nessun precipitoso invio di altre truppe.

A frenarlo, prima di ampliare il coinvolgimento americano, contribuiscono le perplessità sempre più evidenti tra gli stessi democratici, e quelle altrettanto evidenti nell'opinione pubblica, sempre meno favorevole a un conflitto che si dilunga troppo, e che ha perduto di vista l'obiettivo originale. Nel 2001 gli americani sbarcarono in Afghanistan all'inseguimento di Al Qaeda, alla caccia dei mandanti, dei complici dell'11 settembre. Ma adesso Al Qaeda, secondo gli uomini dell'intelligence disposti a parlare, non sarebbe più in Afghanistan. Quel che resta dell'organizzazione di Bin Laden si troverebbe in Pakistan. Il crampo di Obama è di tipo vietnamita.

Senza stabilire un nesso tra i due conflitti egli ha nella memoria la drammatica scalata dei suoi predecessori, in particolare di Lyndon Johnson, che negli anni Sessanta riversarono via via mezzo milione di uomini nella penisola del Sud Est asiatico (dove all'inizio c'erano soltanto esperti e consiglieri), cadendo nella trappola delle guerre asimmetriche. Guerre in cui gli insorti mal armati ma con radici nella popolazione possono tenere in scacco eserciti stranieri, dotati di mezzi sofisticati.

Non li sconfiggono militarmente ma li riducono al ruolo di elefanti che non riescono a schiacciare le formiche annidate nelle pieghe del terreno, vale a dire, appunto, della popolazione. Un'intelligence capace di spiare guerriglieri e terroristi, ma anche di studiare la società, in tutti i suoi risvolti, piscologici, religiosi, economici, conta più degli squadroni corazzati. O dei reparti che vivono come nel "deserto dei tartari".

Siamo comunque ben lontani dal numero di GI che componevano l'armata americana, ritiratasi dal Vietnam nei primi giorni del '73, lasciandosi alle spalle esperti poi evacuati, nell'aprile del '75, da Saigon, con drammatici voli di elicotteri. Su uno degli ultimi decollati dal tetto dell'ambasciata c'era il capo missione Graham, con la bandiera a stelle e a striscie sotto il braccio.

Entro la fine di questo mese ci saranno in Afghanistan circa 68 mila americani e 39 mila altri soldati della Nato (tra i quali gli italiani). Appena entrato alla Casa Bianca, dopo avere deplorato l'iniziativa di Bush jr che aveva dirottato in Iraq non pochi reparti operanti in Afghanistan, Obama ha deciso un'operazione in senso inverso, mandando 17 mila 500 uomini da Baghdad a Kabul. E con loro quattromila militari incaricati di addestrare esercito e polizia afgani. Un rinforzo che non ha dato, per ora, gli effetti sperati. Da qui la cautela del presidente.

E adesso un'occhiata all'avvenimento politico - diplomatico in programma il 1° ottobre, lontano dall'Afghanistan, ma con possibili conseguenze dirette su quel conflitto. Tra neppure un paio di settimane cominciano i colloqui tra l'Iran e il P5 + 1, vale a dire i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e in più la Germania. Di fatto, senza tenere conto dell'opposizione dei neo-conservatori di Washington e del governo di Gerusalemme, ostili al dialogo e favorevoli alle sanzioni contro Teheran, gli americani si siedono allo stesso tavolo degli iraniani.

Quest'ultimi hanno posto come condizione che la questione nucleare non debba essere trattata. Ma lo sarà. È inevitabile. Mohammed El Baradei, responsabile dell'Agenzia atomica (IAEA) di Vienna, e veterano della vicenda, lo sa benissimo. Per questo ha accolto con entusiasmo la decisione americana di avviare un dialogo "senza precondizioni e sulla base del reciproco rispetto".

L'offensiva diplomatica di Obama verso il mondo musulmano passa obbligatoriamente per l'Iran. La rielezione contestata, forzata di Ahmedinejad è stato un contrattempo. È stata giustamente condannata, e resta come una macchia, una delle tante sul regime teocratico, ma Teheran è un interlocutore indispensabile per disinnescare la situazione mediorientale. Ed anche per l'Asia centrale. In Afghanistan l'Iran esercita un'influenza crescente, sul piano militare, economico, politico e religioso.

Pur avendo costanti, intensi rapporti con il presidente Karzai (che è stato in visita ufficiale a Teheran) gli iraniani forniscono armi agli insorti: armi leggere, mine, esplosivi vari, lancia granate ed anche missili SA-14, capaci di colpire gli elicotteri. E si prodigano presso gli afgani nel condannare la presenza straniera nel loro paese, in particolare quella americana. L'influenza iraniana è visibile soprattutto nella provincia occidentale di Herat, dove imprenditori di Teheran hanno contribuito alla creazione dei servizi pubblici e dove si propongono di costruire una fabbrica di automobili.

Lungo l'interminabile confine (600 miglia) il passaggio di uomini e droghe è intenso. L'Iran è il principale consumatore dell'oppio afgano ed è una zona di transito verso l'Asia e l'Europa. L'esercito e la polizia antinarcotici cercano di fermare quel traffico, con variabile successo e con tutte le inevitabili ambiguità che accompagnano un commercio tanto redditizio. Le autorità religiose temono gli effetti della droga nella loro società e sono severi nel proibirne la diffusione. Ma è come tentare di fermare un fiume in piena.

Nel conflitto afgano la teocrazia di Teheran ha spesso fatto un doppio gioco. Non ha amato Al Qaeda, pur avendo ospitato alcuni suoi affiliati (perché con la nazionalità saudita), né aveva una particolare simpatia per il regime dei taliban, tanto che autorizzò gli aerei americani a sorvolare il territorio iraniano nel 2001. Adesso sorride a Karzai ma arma gruppi di insorti. Se i colloqui che cominciano il 1° ottobre conducessero a un'intesa sull'Afghanistan, l'offensiva diplomatica di Obama darebbe i suoi primi importanti frutti.

(19 settembre 2009)


Amministratori di centrosinistra, esponenti nazionali, imprenditori
Gli indagati sono 32, molti dei quali accusati di associazione a delinquere
Sanità, trema il mondo politico
le inchieste di Bari al rush finale




Sandro Frisullo
BARI - Non è la scossa, ma soltanto l'inizio della scossa. L'arresto di Gianpaolo Tarantini accenna appena a quel fronte giudiziario che sta per attraversare Bari, la politica regionale - soprattutto del centrosinistra - e pezzi importanti di quella nazionale. Ad appiccarlo non è né la cocaina né le escort di Gianpaolo Tarantini ma il sistema di gestione della sanità pugliese raccontato nelle dieci inchieste parallele della procura barese delle quali ha preso il coordinamento, appena arrivato, il nuovo procuratore, Antonio Laudati. "Ci troviamo di fronte a un tipo di criminalità molto più complessa molto più organizzata - ha spiegato - Ovviamente la mafia è tutta un'altra cosa, ma il livello di pericolosità dei reati è diverso se viene commesso da un soggetto o se riguarda un sistema criminale. Questa indagine riguarda un sistema criminale".

L'indagine più importante in questo senso è quella condotta dal sostituto procuratore della Dda, Desirèe Digeronimo. Un anno e mezzo di intercettazioni telefoniche, otto mesi di microspie nelle stanze della politica pugliese a partire da quella dell'allora assessore regionale alla Sanità, Alberto Tedesco, oggi senatore del Pd. Un'inchiesta, questa, che è da considerarsi chiusa. Il pm nei giorni scorsi ha infatti tirato le somme dell'indagine insieme con i carabinieri del Nucleo investigativo: l'informativa finale è stata depositata e racconta un sistema d'affari tra appalti, nomine e finanziamenti ai partiti che vede coinvolti politici e imprenditori di caratura nazionale. Agli atti ci sono intercettazioni telefoniche incrociate tra intercettazioni telefoniche e delibere, conversazioni ambientali e architetture di società finanziarie.

Gli indagati sono 32, la maggior parte dei quali accusati di associazione a delinquere. Il presidente, Nichi Vendola, non è tra loro: ascoltato dal sostituto come persona informata sui fatti, gli è stato chiesto di spiegare il tenore di alcune intercettazioni telefoniche con il suo assessore, Alberto Tedesco. Le spiegazioni del Governatore sono state ritenute dagli inquirenti soddisfacenti.

Ma quest'inchiesta non è l'unica a essere arrivata alla svolta o a nascondere bombe a orologeria. Molto delicata è l'inchiesta dei sostituti Roberto Rossi, Renato Nitti e Lorenzo Nicastro sugli accreditamenti di alcune case di cura private: nelle carte della Finanza sono raccontate storie di pressioni per accelerare le procedure, dirigenti regionali che si trovavano nella situazione di controllore e controllato, visto che loro parenti stretti erano soci di alcune cliniche. I dieci fascicoli non sono stati riuniti, ma esiste un unico coordinamento del quale i sostituti hanno discusso in una lunga riunione di giovedì sera: Laudati ha chiesto di circoscrivere le responsabilità dei singoli trasversalmente ai fascicoli, in modo tale da avere in quadro chiaro di tutta la vicenda evitando così - come aveva denunciato l'assessore regionale alla Salute, Tommaso Fiore - che uno come Gianpaolo Tarantini potesse essere contemporaneamente indagato in un procedimento e testimone chiave nell'altro. In questo senso, verrà chiarita per esempio la posizione dell'ex vice presidente regionale della giunta, il Pd Sandro Frisullo. L'uomo è stato indicato come "amico" di Gianpaolo, così come Roberto De Santis. Nel caso di Frisullo, però, Tarantini ha ammesso di avergli pagato escort, con la speranza di ricevere favori o comunque entrature nel mondo della sanità pugliese.

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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 20/9/2009, 10:52




il movimento tellurico a oltre 37 km di profondita'
Terremoto all'alba nelle Marche

Alle 5,50 sisma di magnitudo 4,6 Richter ma molto profondo: non risultano danni alle prime verifiche
ANCONA - Una scossa di terremoto, di magnitudo 4,6 Richter è stata registrata alle 5.50 di domenica mattina nelle Marche, fra le province di Ancona e quella di Macerata. Nonostante l'intensità del movimento tellurico, fortunatamente non sono registrati danni, probabilmente per la grande profondità dell'epicentro che secondo l'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, è stato fra i Comuni di Filottrano, Santa Maria Nuova, in provincia di Ancona, e di Appignano, Montecassiano e Montefano, in provincia di Macerata. La scossa è avvenuta a una profondità di 37,7 chilometri.

Il terremoto è stato avvertito distintamente dalla popolazione in una vasta area. Molta la gente scesa in strada e molti quelli che hanno deciso di passare il resto della notte fuori casa ricordando il vicino terremoto dell'Abruzzo ma anche quello che colpì le Marche e l'Umbria il 26 settembre 1997. Secondo i primi rilievi della Protezione civile, in ogni caso, non ci sarebbero stati danni a persone e cose ma stanno continuando le verifiche. Giá alle 6 un elicottero ha fatto una prima ricognizione sulla zona. Tante sono state le chiamate alla stessa Protezione civile e ai Vigili del fuoco.


20 settembre 2009


Lo ha promosso il presidente Usa per cercare di far ripartire
il processo di pace nonostante il fallimento della missione di Mitchell
Medio Oriente, vertice a New York
Obama-Netanyahu-Abu Mazen

Si svolgerà martedì prossimo ai margini dell'Assemblea Onu


Barack Obama
WASHINGTON - Malgrado il fallimento della missione dell'inviato Usa in Medio Oriente George Mitchell Barack Obama non getta la spugna per far ripartire il processo di pace. L'annuncio a sorpresa è arrivato ieri sera dalla Casa Bianca: il presidente Usa incontrerà martedì il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente dell'Anp Abu Mazen a margine dell'Assemblea Generale dell'Onu a New York. Prima le bilaterali, poi il vertice vero e proprio a tre "per gettare le basi" per far ripartire il processo di pace.

L'ufficio di Netanyahu ha stamane confermato l'incontro spiegando che Israele "ha ripsoto positivamente al'invito di Obama di incontrare anche il presidente dell'Autorità palestinese". Il nodo del contendere tra le parti resta quello degli insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme est.
Obama ne ha chiesto a Israele il congelamento immediato e totale. Lo Stato ebraico ha replicato offrendo solo una moratoria di nove mesi ma senza interrompere l'edificazione degli alloggi già in fase di costruzione (circa 3.000).

Moratoria che esclude Gerusalemme est che per Israele è parte integrante del loro territorio. Lo stop alle colonie israeliane è anche per Abu Mazen una precondizione essenziale per la ripresa dei negoziati interrotti a dicembre dopo l'avvio dell'operazione israeliana Piombo Fuso nella Striscia di Gaza.
E' quindi ora Obama a impegnarsi personalmente nel processo di pace. Una missione, ha spiegato lo stesso inviato Usa Mitchell: "che accompagna i nostri sforzi per incoraggiare tutte le parti a rendersi le proprie responsabilità per la pace e a creare un contesto positivo nella ripresa dei negoziati".
(20 settembre 2009)


A Milano tafferugli davanti alla fabbrica del vapore dove si festeggia la fine del Ramadan
L'europarlamentare protesta per l'integrazione e contro il fondamentalismo islamico
Manifestazione contro il Burqa
aggredita Daniela Santanchè

"La legge italiana vieta che si giri con il volto coperto e va rispettata"



MILANO - Daniela Santanchè è stata aggredita e colpita con un pugno mentre manifestava, davanti alla fabbrica del vapore, contro l'ingresso delle donne in burqa che andavano a festeggiare la fine del Ramadan. La polizia in assetto anti sommossa è intervenuta e sta identificando l'aggressore. La leader del Movimento per l'Italia, impegnata da tempo in una battaglia per l'integrazione e contro il fondamentalismo islamico, era giunta stamane con l'intento di vietare l'ingresso delle donne in burqa.

Nei giorni scorsi l'europarlamentare aveva lanciato un appello contro l'uso del burqa come atto di solidarietà e testimonianza per la tragica fine della giovane Sanaa uccisa dal padre per la sua relazione con un ragazzo italiano. Prima dei tafferugli aveva tra l'altro detto ai giornalisti: "La legge italiana vieta che si giri con il volto coperto e va rispettata. Non ce l'ho con queste povere donne ma con chi le manda e le soggioga. Il burqa è un umiliazione per le donne. Non a caso anche in Francia - aveva proseguito la Santanchè - stanno approvando una legge per impedirne l'uso. Il burqa è come l'infibulazione perché sono strumenti per annullare la sua identità più profonda".

Qualcuno ha anche divelto un cartello stradale tentando di colpire il gruppo di manifestanti che erano con la Santanchè. Contestata la decisione degli organizzatori che in un primo momento hanno cercato di far entrare le donne con il burqa da un ingresso posteriore.

(20 settembre 2009)
 
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