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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 5/10/2009, 15:20 by: Lucky (Due di Picche)




Roma - Sabato 3 Ottobre - manifestazione sulla libertà di stampa:
Ecco i 4 gatti che il governo, il Nanetto, Giornaleraccoglimerdadicane, Liberodispararecazzate, Minzolini e tutti i minstri non hanno voluto vedere

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Il giuslavorista era nato a Genova nel 1927, aveva fatto parte della commissione
d'inchiesta sulla P2 ed era stato ministro del governo Ciampi negli anni Novanta
Addio a Gino Giugni, il padre
dello statuto dei lavoratori

Napolitano: "Un amico, un esempio di coerenza e dedizione allo Stato democratico"



ROMA - E' morto a Roma Gino Giugni, il padre dello statuto dei lavoratori. Giugni era nato a Genova nel 1927 e nel 1969 aveva presieduto la commissione nazionale che aveva redatto il testo unico sulle tutele e i diritti dei lavoratori.

La carriera - Professore di diritto del lavoro all'università di Roma, Giugni è stato anche presidente del Psi. Dottore honoris causa alle Università di Buenos Aires e di Nanterre, ha insegnato a Parigi e Los Angeles, ed è stato presidente dell'Accademia europea di diritto del lavoro. Collaboratore negli anni '60 del ministro del Lavoro Giacomo Brodolini (primo socialista ad occupare quel dicastero negli anni del centrosinistra), negli anni '80 Giugni ha presieduto le commissioni ministeriali per la riforma delle liquidazioni e sul costo del lavoro. Nel marzo del 1983 e' stato gambizzato a Roma dalle Brigate Rosse. Eletto senatore nelle politiche dell'83, Giugni è diventato presidente della commissione Lavoro di Palazzo Madama. Dall'aprile '93 al maggio '94 ricoprì la carica di ministro del Lavoro e della sicurezza sociale del governo Ciampi. Negli ultimi anni ha ricoperto tra l'altro la carica di presidente della Commissione di Garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.
Il cordoglio di Napolitano. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ricorda Giugni in un messaggio inviato alla famiglia. Ricordando "la vile aggressione del terrorismo brigatista che colpì gravemente il suo fisico". Per il presidente Giugni, oltre che un amico, "resta esempio di appassionata dedizione allo stato democratico e di assoluta coerenza e integrità. Sono vicino con affetto al dolore dei famigliari". Per il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, scompare "una figura di autorevole studioso" anche "costantemente orientato a promuovere lo sviluppo di forme più avanzate di tutela dei lavoratori, nell'evoluzione della legislazione giuslavoristica italiana".
Sindacato e Confindustria - "Ho un ricordo affettuoso e di riconoscenza per tutto ciò che ha fatto per il nostro Paese" dice il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Per il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, Giugni è stato "un grande protagonista della riforma del diritto del lavoro e della legislazione sociale che ha messo il proprio impegno di studioso e di politico a disposizione delle lotte per la conquista dei diritti dei lavoratori". Renata Polverini, leader dell'Ugl, ricorda Giugni come "il padre della battaglia di tutte le battaglie". La Cisl esprime profondo dolore e rammarico per la scomparsa di uno dei ''padri fondatori'' del diritto del lavoro in Italia, mentre il segretario della Uil, Luigi Angeletti, ricorda "il socialista che stava dalla parte dei lavoratori".

La politica. Quello di oggi è "un grande lutto per il mondo del lavoro, per l'intero sindacato, ma anche per il Paese" commenta Dario Franceschini, segretario del Partito democratico, che definisce Giugni "un vero riformista". Il giuslavorista è stato ricordato dagli ex ministri Treu, D'Alema e Damiano. Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha annunciato l'intenzione di dedicare una sala del ministero a Giugni, un "protagonista dello sviluppo sociale dal dopoguerra ad oggi".

(5 ottobre 2009)



Le vittime erano dipendenti dell'agenzia, tra loro due donne e un iracheno
Bomba in ufficio Onu a Islamabad
cinque morti, uno straniero




ISLAMABAD - E' tornata la violenza a Islamabad: una bomba è esplosa in un ufficio del World food program (Wfp), una delle agenzie delle Nazioni Unite che operano nella capitale pachistana. Il bilancio delle vittime è di cinque morti, tutti dipendenti dell'agenzia dell'Onu: tra loro ci sarebbero due donne (Gulrukh Tahir, una telefonista e Farzana Barkat che lavorava come assistente ) e un iracheno, Botan Ahmed Ali. Le altre due vittime sono morte in ospedale in seguito alle ferite riportate.

Il ministro degli Interni pachistano, Rehman Malik, ha spiegato che l'attentatore suicida avrebbe utilizzato l'uniforme della società che garantisce la sicurezza al compound delle Nazioni Unite, per entrare negli uffici e farsi esplodere. Al momento non ci sono rivendicazioni, anche se si punta il dito contro i taliban, i cui capi, ha detto Malik, "sono stati uccisi o arrestati. Nelle nostre carceri ci sono oltre 2000 taliban". Malik ha anche annunciato che Islamabad è in stato di allerta, come le maggiori città del Paese.

Il terrorista suicida, con addosso circa sette chilogrammi di esplosivo, si è fatto saltare in aria intorno alle 12.15 ora locale (quando in Italia erano le 8.15) all'interno della sede principale del Wfp. L'edificio, in cui si trovavano una settantina di operatori umanitari, è stato immediatamente sgomberato. L'esplosione ha causato gravi danni anche a costruzioni contigue.

"E' una tragedia terribile, per il Wfp e per l'intera comunità delle organizzazioni umanitarie in Pakistan", ha dichiarato il vice direttore esecutivo, Amir Abdullah. "Sono persone che lavoravano per assistere i poveri e i vulnerabili che più di tutti soffrono la fame in Pakistan", ha aggiunto.

Per la gravità dell'attacco l'Onu ha deciso di chiudere temporaneamente tutti i suoi uffici nel Paese. "Abbiamo sospeso provvisoriamente le nostre operazioni in Pakistan a causa dei rischi per la sicurezza dello staff delle Nazioni Unite", ha dichiarato il portavoce Ishrat Rizvi, sottolineando di non essere in grado di precisare quando sarà possibile tornare alla normalità. L'attentato alla sede del Wfp a Islamabad è il secondo che colpisce la comunità Onu in Pakistan quest'anno, dopo la morte di due funzionari dell'Unhcr (l'agenzia per i rifugiati) e dell'Unicef, coinvolti nell'azione di un kamikaze contro un lussuoso albergo di Peshawar, nel giugno scorso.

L'area in cui è avvenuta l'esplosione è considerata molto sicura, è quella in cui si trovano vari uffici degli organismi internazionali e l'antica residenza del presidente pachistano, Asif Ali Zardari. Tanto Zardari che il premier, Yussouf Raza Giuliani, hanno condannato l'attentato e ordinato un'inchiesta.

Dopo che, all'inizio del 2009, c'erano state varie azioni terroristiche nella capitale pachistana, quello attuale è il primo attentato che si registra da mesi a Islamabad. Nei giorni scorsi, i taliban arroccati nella cintura tribale nel nord-ovest del Paese avevano minacciato una serie di attentati come ritorsione per la morte di Baitullah Mehsud, il sanguinario "signore della guerra" ucciso all'inizio di agosto da un drone statunitense. Stavolta ci sono andati di mezzo gli operatori umanitari del Wfp, da mesi impegnati in prima linea per portare cibo ed assistenza ai circa due milioni di sfollati, in fuga dalla valle dello Swat, messa a ferro e fuoco dai violenti combattimenti tra l'esercito pachistano e la guerriglia.

(5 ottobre 2009)



L'aggressione nella notte tra sabato e domenica a Lucera, nel Foggiano
Il giovane extracomunitario è stato picchiato, insultato e derubato

Puglia, pestato perché nigeriano
arrestati due pregiudicati italiani


ROMA - Lo hanno picchiato perché ha la pelle più scura, gli hanno sputato addosso e gli hanno rubato il cellulare. Vittima dell'aggressione, avvenuta nella notte tra sabato e domenica nel centro di Lucera, nel Foggiano, è un giovane nigeriano di 21 anni. Secondo la ricostruzione fornita dai carabinieri, a colpirlo più e più volte sono stati Antonio Russo, 48 anni, e Tullio Bevilacqua, 44. Entrambi noti pregiudicati.

I due, visto l'uomo di colore fermo da solo a una fermata bus di piazza del Popolo, si sono avvicinati e dopo averlo insultato con sputi e offese a sfondo razziale l'hanno malmenato con calci e pugni, tentando anche di sottrargli il cellulare. L'extracomunitario, dopo una debole difesa, è riuscito a divincolarsi e a scappare aiutato da un cittadino che successivamente, visto che perdeva molto sangue, l'ha accompagnato in ospedale.

Anche Russo, che durante la colluttazione aveva riportato alcune ferite dovute alla veemenza dei colpi inferti all'extracomunitario, è andato al pronto soccorso cittadino. In breve i due pregiudicati sono stati arrestati per lesioni personali volontarie aggravate dall'aver commesso il fatto per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale. Dopo le formalità di rito sono stati portati in carcere.

Il giovane nigeriano è stato giudicato guaribile in dieci giorni ed è stato accompagnato alla caserma di via San Domenico, dove è stato sentito insieme ai testimoni per ricostruire dettagliatamente la vicenda.

(5 ottobre 2009)



Prosegue con fatica l'inchiesta di Praia a Mare, tra una Procura semi-vuota e due diverse
linee di difesa: una che punta solo all'omicidio colposo, l'altra a quello volontario, come alla Tissen Krup
Anche l'amianto ha ucciso gli operai
nella fabbrica tessile Marlane-Marzotto



PRAIA A MARE - Si respirava anche l'amianto nel reparto della morte alla Marlane-Marzotto di Praia, l'industria tessile sotto inchiesta per i 120 casi di tumore - finora accertati - direttamente attribuibili alle condizioni di lavoro nello stabilimento, oltre ai morti di cancro, che non si sa ancora quanti siano, ma che potrebbero essere oltre 150.

Si è appreso infatti che, in aggiunta alle "ammine aromatiche", altamente cancerogene, sprigionate dai coloranti azoici, gli operai e le operaie della Marlane-Marzotto erano costretti a convivere anche con le polveri d'amianto prodotte dai sistemi frenanti dei macchinari dello stabilimento tessile. Un inferno di veleni micidiali che per migliaia di giorni lavoratori ignari hanno inghiottito nei polmoni e assorbito nella pelle.

La Procura semi vuota. Gli unici due magistrati della Procura di Paola che seguono le indagini sono il procuratore capo, Bruno Giordano e la sostituta, Antonella Lauri. Ce n'è anche un altro, il dottor Stefano Berni Canani, ma sta per andarsene. Altri due sostituti lo hanno preceduto di recente. Così, ai due superstiti, non resta che infoltire faticosamente i fascicoli di questa inchiesta complicata, difficile e rischiosa. E probabilmente anche accerchiata da "strane reti di accordi" - l'espressione circola negli ambienti di palazzo di giustizia - che tenderebbero a costruire un processo dall'esito penale "morbido", che non faccia troppo male alla Marlene-Marzotto.

Le due linee di difesa. Un particolare aspetto della vicenda avvalorerebbe questa ipotesi: la diversa impostazione dei due collegi legali che hanno in carico gli interessi delle famiglie colpite. Da una parte, c'è chi persegue l'obiettivo di trascinare al dibattimento la Marlane-Marzotto per omicidio colposo. Dall'altra, c'è un gruppo di avvocati - che sta raccogliendo sempre più fiducia dalle famiglie delle persone colpite - i quali invece intendono perseguire la stessa linea di difesa adottata per gli operai della Tissen Krup, che portò all'incriminazione dei vertici del colosso siderurgico di Torino per "omicidio volontario con dolo eventuale".

Una formula che sancisce senza equivoci la piena conoscenza da parte del datore di lavoro dei rischi per la salute per i dipendenti, oltre alla colpevole e volontaria negligenza, nel perseverare a mantenere in condizioni di insicurezza il luogo di lavoro. Qualora prevalesse la prima ipotesi, il reato cadrebbe immediatamente in prescrizione, per effetto della legge ex Cirielli.

I certificati di morte fasulli. Risulta al momento molto difficile rintracciare un medico che ha lavorato nello stabilimento della Marlane-Marzotto, il quale si sarebbe detto disposto a raccontare che lui, assieme ad altri medici, sarebbero stati costretti a redigere certificati di morte "alleggeriti" per operai in realtà devastati dal cancro. Si era detto disponibile a collaborare con la giustizia, ma per ora sembra sia irreperibile.

l disastro ecologico. L'altro capitolo importante dell'inchiesta è quello che ha a che fare con l'inquinamento dei terreni circostanti la fabbrica e, di conseguenza, anche della spiaggia e del mare, che sono proprio lì di fronte. Per ora, non si sa ancora se i giudici della Procura hanno intenzione di inquisire la Marlene-Marzotto di "disastro ambientale". La perizia che servirà loro per decidere è firmata dalla professoressa Rosanna De Rosa ("Scienza delle terra" all'Università della Calabria). Dalle carte emerge che nei terreni di proprietà della Marlane, negli anni sono stati seppellite tonnellate e tonnellate di schifezze di ogni sorta, dal "cromo esavalente" ad altri veleni dannosissimi per l'ambiente.

I tumori in aumento. A Paola c'è un gruppo di otto medici di base, che assistono 12.590 cittadini, in carico al Servizio Sanitario Nazionale. Il dottor Cosmo De Mattei coordina il lavoro di questa équipe spontanea, sorta sull'onda dell'allarme provocato dall'aumento preoccupante di casi di cancro nella città del Cosentino. I dati messi insieme dalle esperienze incrociate degli otto professionisti sono questi: su 12.590 persone ci sono stati 241 casi di cancro: una percentuale 4 volte superiore alla media nazionale nella fascia d'età fino ai quarant'anni.

Ma l'aspetto più inquietante è che ad essere colpiti sonosoprattutto persone giovani, nella fascia 34-40 anni. Al momento non è possibile individuare alcun nesso tra questa realtà e le vicende della Marlane-Marzotto, né con la storia delle due cosiddette "navi dei veleni", una ancora immersa sotto 500 metri d'acqua a largo di Cetraro, la Cunsky; l'altra, la Jolly Rosso, rimasta sulla spiaggia di Amantea per sei mesi e poi smantellata dopo essere stata svuotata dalle sostanze venefiche che trasportava, sotterrate in tutta fretta in una cava disabbia vicino al fiume Oliva.

(5 ottobre 2009)
 
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