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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 28/9/2009, 10:28 by: Lucky (Due di Picche)




Secondo giorno di esercitazioni militari, sale la tensione con l'Occidente
Lanciato il Shahab 3, una testata in grado di raggiungere Israele
Iran, testati missili a lungo raggio
"Risposta distruttiva a minacce"

I pasdaran: "Reagiremo in modo fermo a chi mette a rischio la mostra indipendenza"



TEHERAN - Non si ferma la sfida dell'Iran all'Occidente: secondo la tv di Stato Press-tv, nell'ambito delle preannunciate esercitazioni militari l'Iran ha testato anche missili a medio raggio. L'annuncio arriva il giorno dopo quello in cui i Pasdaran hanno lanciato missili a corto raggio. Le esercitazioni delle Guardie Rivoluzionarie, che dovrebbero continuare per l'intera giornata, coincidono con il crescere della tensione con l'Occidente, dopo la scoperta che Teheran sta costruendo un secondo impianto per l'arricchimento dell'uranio, a circa 100 chilometri a sud della capitale

Il test. Teheran ha testato oggi con successo due missili a lungo raggio, Shahab 3 e Sejil, con una gittata di 2mila chilometri e in grado di raggiungere Israele. Secondo quanto riportato dai media iraniani, i missili Shahab3 sono equipaggiati per la prima volta con testate multiple. La televisione iraniana ha mostrato le immagini del lancio, avvenuto nel deserto: quando il missile si è alzato nel cielo i militari presenti hanno urlato "Allah Akbar" (Dio è grande).

Risposta distruttiva. Il comandante della forze aeree dei Guardiani della rivoluzione, Hossein Salami, ha confermato la buona riuscita dei lanci di questi giorni: "I missili hanno raggiunto il bersaglio con precisione", ha dichiarato, aggiungendo anche che "la risposta dell'Iran alle minacce al regime islamico sarà diretta, ferma e distruttiva". Ma il portavoce del ministero degli Esteri, Hassan Qashqavi, ha smorzato i toni: "Sono esercitazioni di routine, hanno solo un fine deterrente" ha dichiarato, "e non hanno nulla a che vedere con le tensioni sul programma nucleare iraniano".
(28 settembre 2009)


L'Akragas vince, presidente
dedica la vittoria al boss


La squadra di Agrigento milita nel campionato di eccellenza siciliana: dopo la vittoria in campionato Gioacchino Sferrazza ricorda l'amico Nicola Ribisi, rampollo di una famiglia mafiosa, arrestato dieci giorni fa
di FABIO RUSSELLO
AGRIGENTO - Il presidente dell'Akragas vuole dedicare la vittoria della sua squadra (gioca in Eccellenza siciliana) ad un boss mafioso appena arrestato e alle rimostranze dei giornalisti impone il silenzio stampa a tutta la squadra. Lui è Gioacchino Sferrazza, 45 anni, titolare di una catena di negozi che vende giocattoli e articoli natalizi, che è finito nell'occhio del ciclone dopo la sua dedica "all'amico fraterno Nicola Ribisi". Il problema è che Nicola Ribisi, 29 anni, è il rampollo di una famiglia di lunga tradizione mafiose (un suo zio è stato coinvolto nell'omicidio del giudice Livatino) e pochi giorni fa è stato arrestato per associazione mafiosa perché secondo la Direzione distrettuale antimafia di Palermo voleva ricostituire, con l'imprimatur di Bernardo Provenzano (vi sono diversi pizzini che spiegano le fasi) la famiglia mafiosa di Palma di Montechiaro.

Le reazioni in città sono naturalmente indignate. Il procuratore della Repubblica di Agrigento, Renato Di Natale, ha spiegato di attendere la relazione della Polizia per "valutare se aprire o meno un fascicolo". Il questore di Agrigento, Girolamo Di Fazio - è stata la Squadra mobile di Agrigento ad avere arrestato pochi giorni fa Nicola Ribisi - non ha invece nascosto la sua indignazione: "E' un caso gravissimo. Ci dispiace anche perché è un messaggio che giunge da un mondo come quello dello sport seguitissimo dai giovane e che tende a dare valore a chi invece valore non ha".

Il consigliere comunale ambientalista Giuseppe Arnone ha invece chiesto al Comune ed alla Provincia di annullare qualunque tipo di rapporto di sponsorizzazione con la società fino a quando a presiederla ci sarà Gioacchino Sferrazza.




28 settembre 2009



La donna aveva chiesto a due ragazzine di spegnere la sigaretta
loro hanno risposto: "Zitta brutta negra" e poi l'hanno schiaffeggiata
Roma, insulti razzisti a nigeriana
aveva chiesto di non fumare sul bus

L'amica della vittima: "La polizia non è intervenuta"

ROMA - Presa a schiaffi davanti alla sua bambina e insultata con epiteti razzisti da due ragazzine italiane a cui la donna, di origini nigeriane, aveva chiesto di spegnere la sigaretta che le due fumavano tranquillamente a bordo di autobus.

E' accaduto a Tor Bella Monaca sulla linea 059 intorno alle 7.40 e a raccontare la vicenda è un'amica della donna e testimone del fatto. "Stavamo sull'autobus per portare a scuola i nostri bambini che frequentano il nostro istituto - ha detto la testimone, Maria Edima Venancio Rocha, di origine brasiliana - la mia amica ha visto queste due quindicenni che avevano acceso una sigaretta all'interno della vettura e ha chiesto loro di spegnerla perché dava fastidio alla sua bambina. Per tutta risposta, le due hanno cominciato a insultarla con frasi come 'Brutta negra, stai zitta, tornatene al paese tuo'. Quando siamo scese alla fermata le due ci hanno seguito e hanno preso a schiaffi la mia amica".

In quel momento, continua il racconto, è passato un camper della polizia. Secondo quanto sostiene Venancio Rocha, "la roulotte si è fermata e quello che è accaduto è incredibile. Le due ragazze, che stavano ancora lì sul posto, sono state mandate via dagli agenti senza essere identificate. E' stata, invece, identificata la mia amica a cui hanno comminato pure una multa di 3mila euro, non abbiamo capito perché. Ora andremo a fare immediatamente la denuncia. E' assurdo, la mia amica è una persona per bene, che lavora e queste cose non devono succedere".

(28 settembre 2009)


L'omicidio avvenuto nella notte in una villa in provincia di Varese
Le vittime vivevano con il sospettato. Fermata anche la nuora
Uccide il nonno e ferisce la nonna
giovane arrestato a Busto Arsizio

Violenza inferta con un corpo contudente. Gravi le condizioni della sopravvissuta

BUSTO ARSIZIO (Varese) - Un giovane è stato arrestato dai carabinieri di Busto Arsizio (Varese) perché accusato di aver ucciso suo nonno e ferito gravemente la nonna. Il delitto è accaduto ieri a Borsano, una frazione di Busto Arsizio. L'indiziato è il ventenne Cristian Palatella. Con lui, all'alba di oggi, sono stati fermati la madre, nuora della vittima, e un'altra persona, sospettati di complicità.

La dinamica. L'omicidio è avvenuto verso le 23 di ieri, in una villa di via Novara. La vittima, Giuseppe Sporchia, è un uomo di 60 anni, dipendente della Protezione Civile. E' ancora da ricostruire la dinamica di quanto accaduto. Secondo le prime indiscrezioni, l'omicida ha agito con l'intenzione di uccidere entrambi i coniugi, forse in preda a un raptus. Non sarebbero state utilizzate armi da fuoco, ma un corpo contundente con il quale l'assassino ha infierito su marito e moglie picchiandoli ripetutamente alla testa. La moglie 59enne del padrone di casa è stata trovata ferita e ora è ricoverata nel reparto di rianimazione all'ospedale di Busto Arsizio. Ha riportato violente ferite al capo.

Le indagini. Per tutta la notte gli investigatori, coordinati dal sostituto procuratore Silvia Isidori, hanno sentito varie persone, mentre gli uomini della scientifica hanno compiuto i rilievi nella villa disposta su due piani dove vive anche una nuora con i figli. L'allarme è scattato attorno a mezzanotte. Da subito l'attenzione degli investigatori si è concentrata sul nipote della vittima, un ventenne con precedenti penali che vive con la mamma nella stessa villa dove è avvenuto il delitto. In mattinata sono scattate le manette. I tre sospettati sono in attesa di interrogatorio.

(28 settembre 2009)


Elezioni: exit poll e proiezioni indicano la svolta conservatrice-moderata
una nuova coalizione di centrodestra con i liberali e rottura della Grosse Koalition

Voto in Germania, vince la Merkel
Spd tracolla, mai così male dal '49


BERLINO - Angela Merkel vince, i suoi potenziali alleati liberali (Fdp) del giovane moderno intellettuale gay Guido Westerwelle trionfano, la Spd tracolla. Quasi vent'anni dopo la caduta del Muro di Berlino, la Germania sceglie di mantenere al potere la cancelliera, la "donna più potente del mondo", ma con un chiaro mandato: svolta conservatrice-moderata, nuova coalizione di centrodestra con i liberali, rottura della Grosse Koalition con la Socialdemocrazia che ha governato la prima potenza europea per i quattro anni dell'ultima legislatura. Ma il risultato è venuto con una partecipazione bassissima al voto, forse la più bassa in sessant'anni di democrazia.

"Abbiamo raggiunto il nostro obiettivo di ottenere una maggioranza stabile in grado di formare un governo con i liberali", ha commentato Merkel, che tuttavia ha precisato di voler essere "la cancelliera di tutti i tedeschi". "L'importanza è una maggioranza stabile" ha aggiunto, poi ha detto di aver parlato al telefono con Westerwelle. Ma "la felicità stasera prevale", ha concluso.

Secondo proiezioni ed exit poll diffusi con grande velocità dalle reti tv pubbliche Ard e Zdf pochi istanti dopo la chiusura dei seggi alle 18, la Cdu di Angela Merkel e il suo partito-fratello regionale bavarese Csu ottengono il 33,5%, perdendo appena l'1,7%. I liberali volano al 15% (più 5,2%). I due partiti del campo moderato quindi ottengono rispettivamente 229 e 95 seggi, cioè sommati 324 seggi sui 598 del Bundestag, il Parlamento federale. Hanno quindi una confortevole maggioranza anche senza mandati supplementari, quelli che si assegnano quando il candidato locale d'un partito ha voti in eccesso di riporto più dei voti allo stesso partito sul posto ma da assegnare alla lista nazionale.

Esultanza, giubilo, champagne e birra a fiumi, grida entusiaste di "Angie, Angie", hanno salutato i primi risultati alla Konrad-Adenauer-Haus, la sede della direzione cdu. Si attende un messaggio della Cancelliera. Musi lunghi e scoramento invece alla Spd, che perde ben l'11,7% e cala al 22,5% dei voti, appena 143 seggi. La Linke (sinistra radicale, cioè i postcomunisti dell'est e Lafontaine) cresce del 3,3%, quindi supera il livello del 10 e sale al 12,5%. Avrà 90 seggi, è la nuova terza forza del paese. Salgono anche i Verdi del 2,4% al 10,5% ma cedono appunto alla Linke il ruolo di terza forza e di motore nuovo della sinistra.

Angela Merkel quindi ha vinto la sua scommessa, ha avuto dagli elettori un voto chiaro per una stabile maggioranza, come aveva chiesto l'ultima volta al suo comizio finale ieri a Berlino. Per l'Europa, gli Usa, Russia, Cina e India è un segnale di continuità nella politica estera tedesca. Ma il grande trionfatore è il giovane Guido Westerwelle, che a questo punto ha in pugno tutti i titoli per chiedere l'incarico di vicecancelliere e ministro degli Esteri. E'convinto europeista, vuole una linea tollerante e multiculturale, l'integrazione degli immigrati, è favorevole all'ingresso della Turchia nella Ue.

Per la Spd, il più antico partito della sinistra europea, è il peggior risultato storico, una Stalingrado senza appello. Preannuncia un terremoto al vertice, la leadershi moderata e riformatrice del ministro degli Esteri uscente e candidato cancelliere Frank Walter Steinmeier e del finora ministro delle Finanze Peer Steinbrueck esce a pezzi. Si fa già avanti il borgomastro-governatore di Berlino Klaus Wowereit (che già governa la città-Stato insieme alla Linke) e chiede un rinnovamento, alludendo a una svolta a sinistra. In ogni caso, il tracollo della Spd è una sconfitta per tutte le sinistre europee. Dopo quella del Ps francese contro Sarkozy, dopo quella annunciata del Labour di Brown contro i Tories di Cameron nel Regno Unito, dopo mille altre batoste: tempi duri per i partiti progressisti nella Ue. Ma a Berlino diversamente che altrove il centrodestra è moderno, democratico ed europeista senza riserve, non vince facendosi forte con conflitti d'interesse né intimidendo i media. E la conservatrice Cdu-Csu ha da sempre un buon rapporto anche con i sindacati tedeschi, i più forti del mondo.

(27 settembre 2009)


Il regime di Micheletti vara misure straordinarie contro la libertà di riunione e circolazione
Minaccia all'ambasciata del Brasile, che ospita il presidente deposto Zelaya: perderà l'immunità
Honduras, sospesa la costituzione
giornali minacciati di chiusura



Un soldato davanti all'ambasciata del Brasile di Tegucigalpa
TEGUCIGALPA - Giro di vite sulle garanzie costituzionali e i media in Honduras: il governo de facto di Roberto Micheletti ha limitato i diritti sanciti dalla Costituzione per un periodo di 45 giorni, prevedendo anche la possibilità di chiudere i mezzi di comunicazione e dando più poteri alle forze armate per il rispetto "dell'ordine pubblico".

La decisione, che riguarda la libertà di riunione e di circolazione, giunge tre mesi dopo il golpe contro Manuel Zelaya che, dopo il suo rientro nel paese, lo scorso lunedì, si trova asserragliato nell'ambasciata brasiliana di Tegucigalpa. Nelle ultime settimane c'erano state, d'altra parte, diverse manifestazioni a favore del presidente deposto, che ieri aveva lanciato un appello agli honduregni a marciare sulla capitale, come "offensiva finale" contro il governo golpista. Lo stesso Zelaya aveva poi definito, in serata, "una barbarie" le imposizioni di Micheletti, invitando il Parlamento a sospendere il provvedimento.

Il decreto proibisce "ogni riunione pubblica non autorizzata" e le dichiarazioni dei media che vadano contro "le risoluzioni del governo" o possano alterare "il rispetto della pace e l'ordine pubblico". Nel precisare che le forze armate sono autorizzate a sostenere la polizia "per garantire l'ordine", il decreto prevede "l'arresto di chi viene trovato fuori dall'orario previsto (dal coprifuoco, ndr) per la circolazione, o di chi venga considerato in qualche modo sospettato di poter danneggiare le persone o i beni".

Alcune reti radio e tv, prosegue il decreto, "stanno diffondendo odio e violenza contro lo Stato, lanciando appelli all'insurrezione popolare. La Commissione per le telecomunicazioni è quindi autorizzata, tramite la polizia e le forze armate, a sospendere ogni radio, tv o via cavo che non rispetti i programmi dettati dalle presenti disposizioni".

Nel mirino di Micheletti sono già finite l'emittente Canal 36 e Radio Globo, più volte in queste ultime settimane oscurate con l'accusa di diffondere le notizie dei sostenitori a favore di Zelaya.

Ieri, il governo golpista aveva dato al Brasile dieci giorni di tempo per spiegare in base a quali criteri ha permesso a Zelaya di rifugiarsi nell'ambasciata, da giorni circondata dai militari. L'ultimatum è stato respinto qualche ora dopo dal presidente Lula, il quale ha precisato che "se i golpisti entreranno con la forza nell'ambasciata, considereremo violata ogni norma internazionale". (ansa)

(28 settembre 2009)


Eccovi l'ennesima sarabanda di cazzate del Premier

Il premier chiude la Festa Pdl a Milano. Battute sugli Obama: "Barack è bravo"
Sulla crisi: "Non dobbiamo avere paura". Poi attacca sui soldati morti a Kabul
Berlusconi: "Abbronzata anche Michelle"
"L'opposizione si vergogni sull'Afghanistan"

Bonaiuti corregge: "Si riferiva a extraparlamentari". Franceschini replica: "Stessi insulti da 15 anni"



MILANO - "Vi porto i saluti di un signore, di un signore abbronzato. Barack Obama. Non ci crederete ma è vero". Così Silvio Berlusconi, reduce dai vertici internazionali, chiude la festa nazionale del Popolo della Libertà di Milano. La ripetizione di una battuta che a suo tempo già destò molte polemiche, non sembra però sufficiente al presidente del consiglio italiano che così rincara: "E vi posso dire che hanno preso il sole in due, perché anche la moglie è abbronzata".

"Obama è affidabile". E così, con un uno-due su Michelle e Barack Obama, Berlusconi apre il suo intervento sulla politica estera. Lo fa con un condiscendente apprezzamento nei confronti del presidente degli Stati Uniti: "Un presidente affidabile. Ha fatto un bel discorso all'Onu cambiando l'atteggiamento dei paesi non allineati verso gli Stati Uniti, che prima erano ostili. E questo fa bene anche a noi".

"Vergogna, vergogna, vergogna". Il premier attacca sui soldati morti in Afghanistan: "Si vergogni l'opposizione che inneggia a -6", con allusione alle scritte comparse sui muri di Milano che ricordavano i sei parà rimasti uccisi nell'attentato di Kabul. "Un'opposizione che brucia in piazza le sagome dei nostri soldati, che inneggia a -6 è inaccettabile. Vergogna, vergogna, vergogna", urla. Un attacco pesante contro il quale Pd e Udc insorgono. Dario Franceschini osserva che il premier parlava "in playback" visto che "gli insulti sono gli stessi da quindici anni". "Vergognoso" viene definito l'intervento del Cavaliere anche da altri esponenti del Pd come Piero Fassino mentre il leader Udc, Pier Ferdinando Casini, arriva a chiedere l'intervento del Quirinale per "ristabilire la verità dei fatti". In serata la precisazione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti: "Berlusconi ha voluto semplicemente deprecare alcune scritte vergognose da attribuire non ai partiti della sinistra parlamentare ma a frange estreme della sinistra extraparlamentare".

"La sinistra non è cambiata". Ma dal palco della festa Pdl, Berlusconi non demorde e compie l'ultimo affondo ancora contro "questa sinistra che non è cambiata. Vorrebbe trasformare il paese in una piazza urlante che condanna, quando in passato sono stati adoratori di tiranni sanguinari come Stalin, Mao e Pol Pot". "In Afghanistan - spiega - ci siamo e ci staremo perché abbiamo il dovere di costruire la democrazia, altrimenti le conseguenze ricadrebbero su tutti noi".

Crisi: "Il peggio è alle nostre spalle". Sulla crisi, l'ottimismo di sempre: "Non dobbiamo avere paura, il peggio è alle nostre spalle". Poi una bordata contro l'opposizione: "Loro hanno fatto il tifo per la crisi, e molte categorie di lavoratori statali e pensionati, che non hanno subito alcun contraccolpo negativo, hanno ridotto i consumi perché attanagliati dalla paura. Ma è proprio la paura che dobbiamo sconfiggere, il governo è vicino alle imprese e al paese".

"Nessun litigio nel Pdl". Sulle alleanze politiche, Berlusconi cancella i dubbi su possibili screzi nella coalizione: "Non c'è stato alcun litigio" nel Pdl "come vogliono far credere le gazzette di sinistra", ma un "confronto di posizioni". Così il premier liquida i contrasti con Fini e i dubbi su possibili screzi con Bossi: "Con la Lega abbiamo un'amicizia, un affetto ed una maggioranza che nessuno riuscirà ad allentare".

"Libertà di voto su temi etici". In previsione del prossimo voto su norme etiche, il presidente del Consiglio assicura che "sarà garantita libertà di voto perché ciascuno ha il diritto di esprimere le proprie idee". E prima di chiudere l'intervento, richiama il presidente Usa ma per l'uso che ha fatto recentemente della tv: "E' andato in cinque televisioni per spiegare il proprio programma sulla sanità. Ha fatto bene perché un leader deve poter spiegare il proprio programma ai suoi elettori, ma se ci fossi andato io sarebbe stato uno scandalo".

(27 settembre 2009)


Berlusconi convinto che tutti gli italiani vorrebbero essere come lui
Una sorta di retrogrado manuale di galanteria, firmato dal maggior editore di gossip
Il seduttore e le donne-ornamento
il nuovo galateo secondo Silvio





Il governo italiano ha stabilito che parlare in televisione del rapporto tra Silvio Berlusconi e le donne, dopo l'avvio delle pratiche di divorzio da parte di sua moglie Veronica, sarebbe di per sé un atto eversivo. Si tratta di una scelta inusitata ma obbligatoria per chi vuole perpetuare la relazione carismatica fra il premier e i cittadini, fondata su un assunto potentissimo da lui più volte ribadito: "La maggioranza degli italiani vorrebbe essere come me" (Mattino Cinque, lunedì 7 settembre 2009). Ciascuno di noi viene chiamato a porsi una semplice domanda: ma se avessi i soldi e il potere di Berlusconi, per soddisfare i miei desideri non mi comporterei anch'io come lui? Tale interrogativo riguarda innanzitutto gli uomini, ma esercita un influsso suggestivo anche tra le donne di ogni età. Perché se Berlusconi è convinto che tutti gli uomini, potendolo, farebbero come lui, la sua esperienza di vita lo induce anche a pensare che alle donne piaccia essere considerate prede da conquistare.

All'indomani della conferenza stampa congiunta dello scorso 10 settembre alla Maddalena, Luis Zapatero sentì il bisogno di precisare: "Tutti conoscono la mia opinione sull'eguaglianza fra uomo e donna, ma fra governi abbiamo buone relazioni". Purtroppo in Italia è mancato un confronto pubblico sulla differenza d'opinioni fra Zapatero e Berlusconi riguardo all'"eguaglianza fra uomo e donna".

Peccato, perché il lungo monologo di Berlusconi alla Maddalena sul suo rapporto con le donne costituisce un documento memorabile: non è esagerato definirlo un nuovo galateo che modernizza il celebre trattato cinquecentesco di monsignor Giovanni Della Casa.
In apertura di quella conferenza stampa, il nostro presidente del Consiglio si accalorò rispondendo a una giornalista spagnola che gli chiedeva conto del suo giudizio sul governo Zapatero, composto per metà da donne, e perciò da lui definito "troppo rosa". Replicando, Berlusconi disse testualmente: "Ora io sono stranoto per essere un grande ammiratore dell'altra metà del cielo e quindi immaginate come da me potessero venire delle espressioni negative nei confronti di rappresentanti dell'altra metà del cielo sedute su poltrone ministeriali".

Il compiacimento con cui il nostro premier rivendica la sua fama di seduttore di fronte alla giornalista spagnola, subito dopo lo conduce a confidarle cosa siano per lui le donne: "Siete il regalo più bello che Dio ha dato a noi uomini". Le donne un regalo agli uomini? In che senso? Dissipa ogni possibile equivoco la frase successiva: "Quindi come potevate pensare che il presidente italiano, la patria dei grandi amatori, la patria dei Casanova, la patria dei play boy, diciamolo chiaro, potesse dire qualcosa di negativo nei confronti di donne che fanno i ministro?". In effetti lo dice chiaro, autodesignandosi leader della patria dei Casanova, e per di più chiedendo un applauso per questa sua sortita. Cosa accadrebbe se Zapatero definisse la Spagna "la patria dei Don Giovanni"? Dubito che potrebbe poi rivendicare l'eguaglianza fra uomo e donna.

Più tardi è Miguel Mora, giornalista di "El Pais" a introdurre il tema della prostituzione e delle veline. Prontissimo, Berlusconi lo interrompe: "E' invidioso, eh?". Non mi risulta che Bill Clinton reagisse così ai giornalisti che gli chiedevano conto della sua relazione impropria con Monica Lewinsky. Il nostro viceversa insiste, convinto di trovare unanime complicità maschile: "Abbiamo molte turiste straniere che hanno prenotato le vacanze del prossimo anno". Quando poi deve giustificare la presenza alle sue cene di numerose giovani donne convocate da Gianpaolo Tarantini, di nuovo ammicca agli uomini presenti: "Alzi la mano, tra i maschi miei colleghi, a dire che non è una cosa gradevole quello di sedersi a un tavolo e invece di trovarsi soltanto persone lontane dall'estetica se invece gli occhi si possono posare su delle presenze femminili gradevoli e simpatiche".

Fin qui la donna come ornamento e oggetto del desiderio, proprio come nella televisione che ha plasmato a sua immagine e somiglianza. Ma dopo avere minacciato di denunciare Patrizia D'Addario, Berlusconi viene al punto, la sua idea di conquista: "Io non ho versato un euro per avere una prestazione sessuale e allora confermo che nella mia vita io non ho mai neppure una volta dovuto dare dei soldi a qualcuno per una prestazione sessuale. Le dico anche perché. Perché a chi ama conquistare, la gioia e la soddisfazione più bella è la conquista, se tu paghi mi domando che gioia ci potrebbe essere".

Questo uomo prossimo a compiere 73 anni ha la necessità vitale di credere, e di far credere, che delle donne più giovani di mezzo secolo lo desidererebbero per amore e non per soldi, per ricerca di lavoro, per richieste di favori. E' la bugia più grande di tutte, quella che il Berlusconi seduttore sente il bisogno di propinare innanzitutto a se stesso. Ma è anche la bugia che ci riporta alla domanda iniziale: la maggioranza degli italiani vorrebbe essere come lui?

Sarebbe cioè desiderosa di fondare sistematicamente la relazione sessuale e sentimentale fra uomo e donna sul fascino dominatore del potere? Di certo la nostra cultura popolare è fondata su tale presupposto. Sapienti inventori della nuova lingua volgare hanno da tempo realizzato la trasposizione televisiva della cultura ereditata dall'Italia delle case chiuse degli anni Cinquanta, in cui signorine discinte, possibilmente ebeti e comunque sottomesse, si aggirano scodinzolando fra maschi attempati che si danno di gomito. Sarebbe interessante verificare i guasti prodotti da tale concezione dell'erotismo non solo nella civiltà del rapporto fra generi, ma perfino nelle patologie del desiderio sessuale. Mi accontento per ora di constatare l'evidente correlazione di questa cultura della diseguaglianza fra uomo e donna con le penalità inflitte all'universo femminile italiano in campo sociale, professionale, politico. Il governo ha deciso di impedire un confronto pubblico su questi temi, liquidandoli come gossip. E' paradossale che tale "divieto di gossip" venga promulgato dal principale editore del gossip italiano. Ma dovrebbe essere ben chiaro a tutti che il retrogrado galateo di Silvio Berlusconi non ha proprio nulla a che fare con il pettegolezzo.

(28 settembre 2009)


IL COMMENTO
Il movimento dei farabutti


STRANI giorni. Chi avrebbe mai immaginato che l'opposizione, per trovare senso, parole e significato dovesse ispirarsi a Berlusconi? Non ci riferiamo a ieri. Perché è noto che i partiti di centrosinistra hanno da tempo imitato il modello espresso dal premier. Hanno abbandonato il territorio e la partecipazione per tuffarsi nei media e soprattutto nella tivù. In nome della personalizzazione e del marketing. Con risultati, fino ad oggi, modesti.

Ci riferiamo, invece, a oggi: alla "nuova" opposizione dei nostri giorni. In larga parte "suggerita" - e ispirata - proprio dall'esperienza politica di Berlusconi. Assistiamo, da un lato, al rovesciamento del meccanismo che ha tradotto il privato in un fatto pubblico. Politico. Fino a ieri: usato dal leader del PdL (prima, di FI) per coltivare consenso e di fiducia. Oggi: dagli avversari politici contro di lui. Privato e pubblico, retroscena e ribalta. Tutt'uno. A flusso continuo. D'altro canto, il confronto politico si è spostato - totalmente - sui media. Che sono divenuti l'unico vero campo di battaglia politica. Tivù e stampa. Stampa e tivù. Giornali e tele-giornali. Opposti fra loro. Visto che le informazioni in tivù, in molte reti, sono filtrate. Con l'alibi di non sovrapporre pubblico e privato. Politica e gossip. Come se fossero cose diverse. Come se la ribalta e il retroscena fossero ambienti separati. (Come se le interviste "politiche" del premier non fossero ospitate da Chi e annunciate in copertina da foto di famiglia. Nonno Silvio insieme a figli, figlie e nipoti).

Da ciò l'ostilità di Berlusconi verso la stampa. E verso i giornalisti della carta stampata. In particolare (ma non solo) verso un giornale. La Repubblica (dei veleni). Che si trova, più che dalla parte dell'opposizione, a fare l'opposizione. Scavando nel privato-pubblico del premier. Il quale è bersaglio ma anche attore di ogni polemica. Che concorre a rilanciare e a moltiplicare. D'altronde, sarebbe difficile ricordare le precise, specifiche vicende che lo riguardano se non fosse per la sua determinata scelta di ribattere colpo su colpo. Anche perché in tivù quasi non se ne parla. Perché è Berlusconi a scrivere l'agenda politica. A determinarne i temi e il linguaggio. Senza, però, riuscire a controllarne sempre le conseguenze. Tanto che egli stesso contribuisce a promuovere l'opposizione. Non solo: ne suggerisce le esperienze e le novità. Dà loro nome e significato. È il caso dei "farabutti". Da cui il premier si sente circondato, "sulla stampa, in tivù e nella politica", come ha affermato a Porta a Porta. Farabutti.

L'insulto si è trasformato subito in un segno di riconoscimento, per un numero crescente di persone. Che hanno affollato uno spazio appositamente dedicato dall'edizione online di Repubblica. Dove, un giorno dopo l'altro, migliaia di persone hanno inviato e continuano a inviare la propria foto. Al posto del nome, la scritta: farabutto. Esibita orgogliosamente come un marchio. Una sorta di movimento di opposizione cresciuto dentro a quello che il leader considera il principale soggetto di opposizione. Se scorriamo le pagine dell'album fotografico, in continua evoluzione ed espansione, possiamo cogliere alcune informazioni utili a definire il profilo, non solo fisiognomico, ma sociale, culturale e politico di questa popolazione. Senza pretese, ovviamente, di rigore scientifico. Ci sarà tempo per analisi più raffinate.

Anzitutto, si tratta perlopiù di giovani. Spesso di giovanissimi. Accanto a molte persone adulte e di mezza età. Molto poche della mia generazione: "anziani" che si ostinano a definirsi giovani (non è il mio caso). Poi: vi sono molte donne. Anzi: più donne che uomini. I "farabutti" si presentano raramente da soli. Qualche volta in coppia, ma quasi sempre in gruppi più numerosi. A volte intere famiglie. Diverse generazioni riunite. Genitori, figli di età diverse. Qualche volta i nipoti. Questo fenomeno riflette diversi linguaggi e diversi tipi di azione. È all'incrocio fra il movimento e il social network. Fra i girotondi e Facebook. Tra la manifestazione di piazza e Twitter. Unito da un comune obiettivo: la libertà di informazione. Ma esprime, al tempo stesso, una domanda di opposizione. Aperta e condivisa. Orientata dal "mezzo" di cui si serve. La rete.

Permette di esserci, di esprimersi, con la propria faccia, con il proprio gruppo di riferimento. Senza censure. I "farabutti", d'altronde, sono competenti nelle tecnologie della comunicazione. Sono quelli che navigano in internet, si scrivono per e-mail, chattano attraverso Messenger e si parlano con Skype. Quelli che propongono il loro profilo su Facebook, dove coltivano relazioni vecchie e nuove. Quelli che guardano Fazio, la Gabanelli, Floris e la Dandini. Quelli di (centro) sinistra. Lettori di Repubblica (e non solo).

Una comunità specifica. Larga e stretta al tempo stesso. "Esuli". Del Pd, in cui faticano a riconoscersi. Di un paese nel quale stentano a sentirsi cittadini. Spaesati. Di incerta identità. Berlusconi ha contribuito a dar loro un nome. Farabutti. Un titolo - rivendicato con tono di sfida che alcuni perfezionano aggiungendo: "coglioni" (così, nel 2006, Berlusconi definì gli imprenditori intenzionati a votare per il centrosinistra). E altri ancora: "fannulloni" (gli statali, secondo Brunetta). È il meccanismo mimetico che produce nuove forme di opposizione. Inventate, in modo involontario, dalla maggioranza. Dal premier e dai suoi consiglieri. Che forniscono a molte persone, a molti giovani, parole d'ordine ma anche senso di appartenenza. L'identità che i partiti di sinistra non riescono più a offrire. Tanto meno a imporre.

Il che suona come avvertimento e ammonizione.
Senza identità, senza bandiere, senza parole da dire. Senza simboli da esibire e senza riti da celebrare. Senza faccia e senza nome. Senza identità. Un soggetto politico non può esistere. Così, ci pensa Berlusconi. E quelli che un tempo si chiamavano - o si dichiaravano - "compagni", oppure "amici", oggi si chiamano - e si dichiarano - "farabutti". Etimologicamente: pirati. Che sfidano l'onnipresenza del Pmm - Partito mediale di massa - e del suo leader. Trasformano gli insulti in segni di riconoscimento. Parole che rendono meno opprimente l'afasia dell'opposizione.

(28 settembre 2009)
 
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