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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 15/9/2009, 10:31 by: Lucky (Due di Picche)




Iraq, esce dal carcere dopo nove mesi
giornalista che lanciò scarpe contro Bush


BAGDAD - Muntazer al-Zaidi, il giornalista arrestato per aver lanciato una paio di scarpe contro l'ex presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, è stato liberato, dopo nove mesi dietro le sbarre. "E' stato rilasciato e ora sta aspettando di recuperare le sue cose", ha confermato suo fratello Uday. Zaidi, 30 anni, avrebbe dovuto essere rilasciato lunedì, ma un cavillo burocratico ha ritardato la sua liberazione. Il giornalista era stato inizialmente condannato a tre anni per l'aggressione ad un capo di stato straniero, ma la pena è stata ridotta ad un anno in appello ed è diminuita ulteriormente grazie alle buona condotta.

(15 settembre 2009)


sospetti principali si addensano sui Guardiani della rivoluzione dell'Iran
Arrestate otto persone, sequestrate armi ed esplosivo
Dubai, sventato attacco contro la Torre
Volevano far esplodere il grattacielo


TEL AVIV - Volevano abbattere la Torre di Dubai. Ma servizi segreti degli Emirati arabi uniti sono riusciti a sventare, due mesi fa, l'attentato. Secondo il quotidiano israeliano Maariv i sospetti principali si addensano sui Guardiani della rivoluzione dell'Iran. Anche se non si esclude che dietro il mancato attacco ci siano la mano di Al Qaeda o dei gruppi estremisti wahabiti dell'Arabia Saudita.

La vicenda è iniziata a metà luglio quando i servizi segreti dell'Eau hanno scoperto un traffico di armi e di esplosivi condotto utilizzando piccoli aerei provenienti dall'Iran. Nel principato di Ras al-Hima sono state arrestate otto persone: tre sono cittadini dell'Eau, mentre gli altri sono palestinesi e siriani.

Il loro obiettivo, secondo Maariv, era di far esplodere a Dubai il grattacielo da 160 piani prima della sua inaugurazione prevista per la fine del 2009. I servizi segreti locali hanno rintracciato esplosivo, corpetti per kamikaze e un gran numero di fucili automatici.

A quel punto, però, è calato il silenzio. Anche per non esacerbare le già tese relazioni con l'Iran. Fino ad oggi, quando le rivelazioni del quotidiano israeliano hanno squarciato il velo del riserbo.

(15 settembre 2009)


Una scossa di magnitudo 4.2 avvertita distintamente tra Bologna e Firenze
Paura tra la popolazione, molte chiamate a vigili del fuoco e polizia municipale
Terremoto sull'Appennino tosco-emiliano
la gente scende in strada, nessun danno


ROMA - La terra ha tremato sull'Appennino tosco-emiliano. Alle 22.04 gli strumenti dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia hanno registrato una scossa di magnitudo 4.2 con epicentro a Barberino del Mugello e Scarperia. Il sisma è stato avvertito a Firenze, Bologna e Pistoia. Non ha provocato danni a persone o cose, ma ha indotto molti abitanti della zona a scendere in strada e a telefonare ai vigili del fuoco o alla polizia municipale. E' accaduto a Prato, dove la maggior parte delle chiamate provengono dall'Appennino, dalla città, da Agliana e Quarrata in provincia di Pistoia. Ed è accaduto un po' ovunque tra Borgo San Lorenzo, Scarperia e Barberino. Molte famiglie sono salite in auto e si sono allontanate dalle proprie abitazioni. Stessa situazione a Bologna e in vari comuni della collina e dell'Appennino, da Pianoro a Monzuno, da San Benedetto Val di Sambro a Castiglione dei Pepoli.

La Sala Operativa di Protezione civile della Provincia di Firenze ha raccomandato la calma e ha confermato che non ci sono stati danni rilevanti.

Oltre alla scossa più forte ce ne sono state altre di minore intensità. Quella di magnitudo maggiore è stata avvertita distintamente dalla popolazione perché superficiale, a soli 3,5 chilometri di profondità.

(14 settembre 2009)


I paletti dell'Authority su Tivù Sat
"Così la Rai non fa servizio pubblico"

Il garante: viale Mazzini non doveva oscurare i propri programmi agli abbonati Sky
La piattaforma con La7 e Mediaset non potrà fare concorrenza a Murdoch




ROMA - Tivù Sat può continuare la sua avventura ma non potrà fare concorrenza a Sky sui programmi a pagamento. L'Autorità per le comunicazioni ha posto una serie di paletti al consorzio tra Rai, Mediaset e La 7 per costituire una propria piattaforma satellitare. Anzi: secondo gli uomini guidati da Corrado Calabrò in questa partenza un po' disorganizzata la Rai potrebbe essere venuta meno ai suoi doveri, di qui la decisione all'unanimità di aprire "un'istruttoria per verificare il rispetto degli obblighi di servizio pubblico e del contratto di servizio".

Tivù Sat nasce per evitare che nel passaggio obbligatorio al digitale terrestre una parte dei telespettatori resti "al buio" per scarsa ricezione. Questi utenti dovrebbero comprarsi il decoder di Tivù Sat installando un'antenna parabolica al posto di quella tradizionale. Il passaggio è avvenuto il 31 luglio e da allora molti programmi sono stati oscurati per i circa 5 milioni di utenti che di solito li guardano attraverso il decoder di Sky.

Un "effetto collaterale" che ha suscitato le proteste dei consumatori e rafforzato il sospetto che Tivu Sat servisse a creare concorrenza sul satellite. Un'evoluzione che l'Agcom controllerà molto da vicino: Tivù Sat potrà continuare ad operare "se le smart card non saranno utilizzate per la fruizione di programmi a pagamento e se la piattaforma offre i propri servizi a tutti i soggetti che ne fanno richiesta a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie".

Rai, Mediaset e Telecom (società quest'ultima che controlla La7) hanno assicurato che non ci sarà coordinamento né editoriale, né commerciale su Tivù Sat: "Qualunque modifica agli accordi notificati - ricorda l'Agcom - comporterà il riesame della decisione".

Serviranno tre mesi per definire l'operato della Rai: "L'istruttoria dovrà accertare la possibilità per tutti gli utenti di ricevere la programmazione di servizio pubblico gratuitamente su tutte le piattaforme distributive anche in linea con quanto avviene in altri paesi europei". Sotto indagine anche la disponibilità di decoder Tivù Sat, molto più bassa delle necessità.
(15 settembre 2009)


IL RETROSCENA. Il presidente della Camera dopo il nuovo attacco di Feltri
"Così il partito muore". In arrivo la lettera dei 50 dissidenti
"Una minaccia in stile mafioso"
L'ira di Gianfranco su Berlusconi

Stavolta Silvio non si è dissociato pubblicamente: "Non potevo, sarei stato ridicolo"



ROMA - "È una minaccia in stile mafioso". Su tutte le furie per l'articolo di Vittorio Feltri, il presidente della Camera ha scelto di non replicare al Giornale, ma di far arrivare ugualmente chiaro e forte il suo pensiero ai vari ambasciatori del Cavaliere che hanno provato a parlarci. Raccontano infatti che Berlusconi abbia mandato avanti, oltre a Gianni Letta, anche altri pontieri come Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello per tentare di abbassare la temperatura dentro al Pdl. "Io non c'entro nulla con quello che ha scritto Feltri", è il messaggio del premier recapitato dalle colombe (tra cui anche La Russa e Gasparri) sul davanzale di Fini, "ma non potevo dissociarmi in pubblico per l'ennesima volta, sarebbe stato ridicolo". Poco persuaso dalla giustificazione del presidente del Consiglio, Fini per ora ha lasciato cadere l'ipotesi di un incontro in settimana con Berlusconi. E il Secolo d'Italia, la centrale finiana guidata da Flavia Perina, oggi apre condannando la "strategia dell'infamia" e, in un editoriale, bolla appunto come "messaggi mafiosi" quelli di Feltri. Non proprio il clima ideale per un riavvicinamento.

C'è poi la questione della lettera al premier annunciata ieri da Italo Bocchino. Un documento per contarsi e smentire l'immagine di un Fini isolato nel suo stesso partito. E per dire che la Lega ha troppo peso nelle scelte di governo. Nessun mistero che un'iniziativa del genere sancirebbe di fatto la nascita di una corrente, preludio forse di quella scissione che alcuni, tra i finiani, agitano come una minaccia concreta. Sarà per questo che l'autore della lettera spiega che "non c'è fretta, raccoglieremo le firme nei prossimi giorni. E vediamo quale clima ci sarà fra i due nelle prossime 48 ore". Insomma, la pistola resta sul tavolo. "Anche perché - spiega un altro finiano coinvolto nell'iniziativa - i 50 deputati che la firmeranno avranno un significato politico preciso: far capire a Berlusconi che non ha la maggioranza senza di noi e non può andare da Napolitano a pretendere le elezioni anticipate in caso di crisi".

Insomma, al momento i due generali si fronteggiano in attesa di segnali. Uno di questi potrebbe essere il via libera di Berlusconi alla candidatura di Renata Polverini nel Lazio, caldeggiata da Fini. Oltre naturalmente alla convocazione della direzione e dell'ufficio di presidenza del Pdl. E tuttavia la vera questione resta quella del peso del Carroccio. Come Fini ha ribadito ieri con quanti lo hanno cercato, "ormai sembra che il Pdl sia un partito del 15 e la Lega del 40 per cento. Berlusconi non capisce che così il Pdl muore".

Se Fini è arrabbiato perché "di fronte a chi solleva delle questioni politiche si risponde con il fango e le minacce", di certo nemmeno Berlusconi, nonostante l'opera dei pontieri, smania per riavvicinarsi al presidente della Camera. Lo descrivono piuttosto come "impegnato in altre cose più concrete", come la consegna delle case ai terremotati d'Abruzzo, "lontano da questa politica che non interessa affatto ai cittadini". E tuttavia anche ad Arcore arrivano i rumors sulle grandi manovre in corso per far cadere il governo. Con una data fissata, quelle delle regionali di marzo. Come scriverà oggi Quagliariello su l'Occidentale, "si avverte nostalgia per le formule alchimistiche. Per i disarcionamenti violenti di chi sta in sella "solo" per volere degli elettori".

(15 settembre 2009)


IL COMMENTO
La strategia del ragno
di CURZIO MALTESE

C'è qualcosa che gli italiani non sanno, ma soprattutto non debbono sapere, dietro la violenza dell'assalto finale di Silvio Berlusconi al valore di cui s'è sempre orwellianamente riempito la bocca, la libertà.

La libertà d'informazione e di critica del giornalismo, perfino la semplice libertà di scelta degli spettatori televisivi. C'è, deve esserci una disperata ragione se il premier, già osservato speciale delle opinioni pubbliche di mezzo mondo, invece di rientrare (lui sì) nei ranghi del gioco democratico, continua a sparare bordate contro le riserve indiane che ancora sfuggono al suo controllo.

L'ultimo episodio, l'oscuramento di Ballarò su Raitre, e ora anche di Matrix su Canale 5, per concentrare tutta l'audience di oggi sulla puntata celebrativa di Porta a Porta per la consegna alle vittime del terremoto abruzzese delle prime case, aggiunge un ulteriore tocco "coreano" al disegno dell'egemone. Volenti o nolenti, milioni di spettatori sono chiamati stasera all'appello, da bravi soldatini, per plaudire al "miglior presidente del Consiglio in 150 anni", che si esibisce nell'ennesimo spettacolare sfruttamento del dolore, fra le lodi dei ciambellani. Si ha un bel dire che ci vuole prudenza nell'adoperare certe parole, ma queste cose si vedono soltanto nei regimi. Più spesso, alla fine dei regimi, quando l'egemone è parecchio in là con gli anni e con l'incontinenza egolatrica.

La vicenda è grave in sé, come ha subito commentato Sergio Zavoli, presidente della Commissione parlamentare di vigilanza e memoria storica della Rai. E lascia perplessi che invece il presidente di garanzia della Rai la riduca a scompenso organizzativo. Si tratta quantomeno di un eufemismo. Ma l'affare Ballarò diventa ancora più inquietante perché s'inserisce in una strategia del ragno governativa per intimidire o tappare direttamente la bocca all'informazione critica.

Le denunce e le minacce contro Repubblica e Unità e perfino la stampa estera, il pestaggio mediatico di questo o quel giornalista, gli avvertimenti mafiosi a questo o quel conduttore perché si pieghino alle censure o dicano addio ai loro programmi, questi sono i metodi. Non si può neppure dire che si tratti di una trama occulta. Gli obiettivi sono palesi, dichiarati, in qualche caso rivendicati. Berlusconi sta usando tutto il suo potere di premier, primo editore e uomo più ricco d'Italia, per strangolare economicamente la stampa d'opposizione, epurare i pochi programmi d'informazione degna di un servizio pubblico, a cominciare da Annozero di Santoro, Report di Gabanelli e Che tempo che fa di Fazio, infine destituire l'unico direttore di rete televisiva, Paolo Ruffini di RaiTre, che non obbedisce agli ordini.

Non sappiamo se tutto questo si possa definire "l'agonia di una democrazia", come ha scritto Le Monde. Ma certo gli assomiglia moltissimo. Del quotidiano francese si può condividere anche il conciso titolo del commento: "Basta!". Nella speranza che siano in molti ormai in Italia a voler dire "basta!", non tanto, non più per convinzione politica, ma per buon senso, decenza e amor di patria. Lo si vedrà anche alla manifestazione di piazza del Popolo il prossimo sabato.

Al giornalismo libero rimane il compito di chiarire il mistero dietro l'offensiva finale di Berlusconi contro la libertà d'informazione. Oltre a quanto già gli italiani sanno, o almeno la minoranza che non si limita a bersi i telegiornali. E cioè il terrore governativo per il calo (reale) di consensi, l'incombere degli effetti autunnali della crisi sempre negata, il dilatarsi dei noti scandali di escort e minorenni, l'avvicinarsi di una sentenza della Consulta che potrebbe restituire Berlusconi alle proprie responsabilità davanti alla legge. E poi forse ci sarà dell'altro da nascondere, che all'informazione indipendente spetta d'indagare. Salvo che il potere impedisca ai giornalisti di fare il proprio lavoro. Come sta accadendo in Italia, con questa guerra preventiva, sotto gli occhi di tutto il mondo.

(15 settembre 2009)


Los Angeles, è morto Patrick Swayze
Il protagonista di Dirty Dancing aveva 57 anni. Nel 2008 la scoperta di avere un cancro al pancreas


LOS ANGELES- Un altro lutto colpisce Hollywood. Patrick Swayze è morto a 57 anni. Il protagonista, tra l'altro, di Dirty dancing e Ghost aveva un cancro al pancreas diagnosticato nel gennaio del 2008. L'attore ha sempre cercato di lavorare, nonostante la malattia.

LA CARRIERA- Nato e cresciuto in Texas, Swayze aveva cominciato la sua carriera come ballerino. E per più di 40 anni è riuscito a lavorare. Sul grande schermo debutta nel 1979 con Skatetown, Usa. Il successo e la scalata nel mondo di Hollywood è arrivata nel 1987 con il ruolo Johnny Castle, il capo animatore di un villaggio e maestro di ballo. Dirty Dancing diventa una dei film più visti di tutti i tempi. Il successo viene consolidato da Ghost, dove recita affianco a Demi Moore. Poi Point Break e La città della Gioia. Nel 1991 è stato eletto l'uomo più sexy dell'anno dalla rivista americana People. Una carriera lunga e piena si successi.


LA MALATTIA- Patrick Swayze aveva annunciato nel marzo del 2008 che soffriva di una forma avanzata di cancro del pancreas. Era stato ricoverato in ospedale in gennaio per una polmonite e i medici hanno scoperto il tumore. Il cancro del pancreas è uno dei tumori più letali con soltanto un malato su dieci che riesce a sopravvivere a cinque anni dalla diagnosi. Inoltre si estende rapidamente agli altri organi, cio che in numerosi casi lo rende inoperabile.


15 settembre 2009

 
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