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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 11/9/2009, 12:50 by: Lucky (Due di Picche)




«A Berlusconi ho detto: "Impensabile che un partito non decida nulla"»
Fini al Pdl: «Stillicidio contro di me»
Scossa al partito: «Più democrazia interna». Mafia e stragi: «Mai far pensare di non avere a cuore la verità»

MILANO - Non sembrano calmarsi le acque all'interno del Pdl tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Prova ne è l'intervento del presidente della Camera alla scuola di formazione del Pdl a Gubbio. Un'occasione sfruttata da Fini per chiarire prima di ogni altra cosa che «non è degno il dibattito in un partito con questo stillicidio di dichiarazioni» contro la sua persona. Dichiarazioni, spiega il leader di Montecitorio, «basate su tre ipotesi: che sono folle, che sono un "compagno travestito" e che aspiro a fare il capo dello Stato».

«SERVE CAMBIO DI MARCIA» - Fini prova dunque a scuotere il Pdl, ribadisce il suo no a un partito-caserma e sottolinea la necessità di una maggiore «democrazia interna». «Ieri a Berlusconi - spiega il presidente della Camera - ho detto che dal 27 marzo non si è deciso nulla ed il punto è proprio questo: non è possibile che non si sia deciso nulla, il partito non è un organigramma. Serve un cambio di marcia, un dibattito interno».

«ATTENTO AI PLAUDITORI» - Poi il presidente della Camera affronta il tema del rapporto tra Pdl e Lega, e anche in questo caso torna a ribadire la necessità di discutere con il partito guidato da Umberto Bossi, di avanzare proposte, di mediare. Nel Pdl occorre confrontarsi e alla fine anche votare, dice Fini, invitando ancora una volta il Pdl ad uscire dall'immobilismo dopo quasi sei mesi dalla fondazione. E avverte: «A Berlusconi dico: attento ai plauditori e cioè a quelli che dicono che va tutto bene e poi, quando Berlusconi non sente, dicono qualcos'altro».

MAFIA - Un intervento a tutto campo quello a Gubbio in cui il presidente della Camera affronta anche il tema della giustizia, alla luce (il riferimento non è esplicito ma chiaro) delle recenti dichiarazioni di Berlusconi («le procure di Milano e Palermo cospirano contro di noi»). Fini invita il Pdl a fugare ogni possibile sospetto di voler contrastare l'azione dei giudici sulle stragi di mafia dell'inizio degli anni '90. «Mai, mai, mai dare l'impressione di non avere a cuore la legalità e la verità», dice. «Sono convinto quanto voi - aggiunge - dell'accanimento giudiziario contro Berlusconi, ma non dobbiamo lasciare nemmeno il minimo sospetto sulla volontà del Pdl di accertare la verità sulle stragi di mafia. Se ci sono elementi nuovi, santo cielo se si devono riaprire le indagini, anche dopo 14-15 anni! Soprattutto se non si ha nulla da temere, come è per Forza Italia e certamente per Berlusconi».

BIOTESTAMENTO, CRISI, IMMIGRATI - Fini, infine ribadisce poi le sue posizioni sul biotestamento, invitando il Pdl a fare un passo avanti sulla via del confronto, magari anche attraverso lo strumento del voto. E sul diritto di voto agli immigrati non torna indietro: «Bisogna smetterla di mortificare le proposte. Dire di dare il voto agli immigrati alle elezioni amministrative non è cattocomunista. In alcuni paesi europei è già in vigore». Quanto alla crisi finanziaria, il presidente della Camera ci tiene a sottolineare che «affermare che a causa della crisi economica ci sono persone in difficoltà significa semplicemente fotografare la realtà e non mettere in discussione l’attività del governo».



10 settembre 2009


il giovane supporter laziale morì l'11 novembre 2007 nell'area di badia al pino sull'a1
Caso Sandri: l'agente Spaccarotella sparò per fermare l'auto dei tifosi laziali
Rese note le motivazioni della condanna a soli 6 anni del poliziotto che uccise involontariamente «Gabbo»


AREZZO - Se la sentenza ha fatto discutere, lo faranno sicuramente anche le motivazioni che hanno portato a questa scelta. In particolare la parte relativa allo sparo. Che, secondo la corte di Arezzo, fu un colpo volontario sparato per fermare l'auto. Mirò per colpire la parte bassa del mezzo, presumibilmente le ruote. «Appare quanto mai improbabile e del tutto irragionevole ipotizzare» che l'agente possa essere stato indotto «all'azione per un fine diverso da quello di fermare» la macchina. Lo scrive la corte d'assise di Arezzo nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 14 luglio ha condannato Luigi Spaccarotella, il poliziotto all'epoca in servizio alla polizia stradale, a sei anni di reclusione per l'omicidio colposo di Gabriele Sandri, il tifoso della Lazio ucciso l'11 novembre 2007 nell'area di servizio di Badia al Pino, sull'A1, da un colpo di pistola sparato dall'agente.

LE MOTIVAZIONI - Per la corte, che ha depositato le motivazioni nei giorni scorsi, «l'ipotesi accusatoria di omicidio volontario nella forma del dolo eventuale non può essere ritenuta adeguatamente e sufficientemente provata», non risulta supportata «nè sul piano logico e neppure su quello fattuale da elementi che siano univocamente indicativi». I giudici spiegano che è difficile capire «cosa possa essere scattato nella mente dell'agente» allorchè ha deciso di porsi in quel modo così anomalo e determinato «pur non trovandosi davanti a un crimine che imponesse interventi decisi», ma soltanto «a dei banalissimi tafferugli». Ma certo l'agente «mai e poi mai» può aver «seriamente pensato, accettando anche solo vagamente tale prospettiva, che il proiettile finisse invece col colpire e addirittura uccidere taluno degli occupanti». Per i giudici quel colpo, sparato dopo uno in aria, fu esploso «volontariamente» da Spaccarotella, smentendo così quando affermato dal poliziotto che ai colleghi aveva detto di aver sparato anche la seconda volta in aria. Un colpo che, per la corte, venne certamente deviato dalla rete. I giudici rilevano anche che l'agente quando sparò «aveva un campo visivo ampio» che gli permetteva di vedere bene l'auto dei tifosi che si trovava al di là dell'autostrada.

I TESTIMONI - Per quanto riguarda i testimoni che avevano visto l'agente con le braccia tese in posizione di tiro, la Corte scrive che la loro «oggettiva rilevanza della distanza del punto di osservazione» rende «manifestamente evidente l'impossibilità di una concreta determinazione della precisa angolazione del braccio (o delle braccia) rispetto all'asse del corpo, e quindi della possibilità di desumere da ciò se l'obiettivo preso di mira fossero gli occupanti del veicolo o la parte inferiore di questo». Per la corte inoltre «è da ritenere sommariamente probabile che la precipitosa partenza dell'auto», sulla quale viaggiava Sandri, «abbia fatto da detonatore in una situazione vissuta da Spaccarotella come uno smacco per essere stata la serietà della propria iniziativa - ovvero esibire l'arma per costringerli a fermarsi - oggetto non solo di mancata adeguata attenzione ma addirittura come dileggio da parte di quei giovani che di fatto non lo avevano neppure preso in considerazione».


11 settembre 2009

VERGOGNA!
VERGOGNA!
VERGOGNA!




Giuliano Tuzi era stato arrestato con l'accusa di ave molestato la piccola di otto anni
Il suo avvocato, Flavio Jacinto: "E' stato vittima di un errore grossolano"
Italiano arrestato per un bacio alla figlia
Il tribunale brasiliano concede la libertà


BRASILIA - Sarà rilasciato nelle prossime ore Giuliano Tuzi, l'imprenditore italiano arrestato a Fortaleza, in Brasile, con l'accusa di aver molestato la figlia di otto anni. E' quanto ha deciso il giudice Cristinane Maria Martins Pinto de Faria che ha concesso all'uomo la libertà provvisoria.

Nella motivazione della sentenza, secondo quanto riferito dal quotidiano on-line 'Folha de San Paulo', il giudice ha stabilito che l'uomo, tornato in Italia, debba informare il giudice su eventuali cambi di residenza o sull'allontanamento da casa per più di otto giorni.

Tuzi è stato "vittima di un errore grossolano", ha sottolineato il suo legale, Flavio Jacinto, citato dalla stampa brasiliana, precisando che l'intera vicenda è il frutto di "una spiacevole confusione".

L'imprenditore, che nei giorni scorsi era stato ricoverato a causa di un malore, dovrà essere presente a Fortaleza a tutti i procedimenti giudiziari relativi al suo caso fino alla fine del processo.

(10 settembre 2009)


Dopo il caso Gabanelli, contratto in ritardo per Fazio. Rinvii e direzione sotto scacco
Il direttore della rete: "Puntano su una tv McDonald, tutta uguale. Ed è un grave errore"
La destra all'assedio finale
del fortino rosso di Raitre

L'ironia della Littizzetto: "Non capisco dove Silvio veda da noi tutto 'sto comunismo"


ROMA - Un editto soft, una goccia cinese che scava la roccia fino all'obiettivo finale: addomesticare la Gabanelli, Fazio, la Littizzetto, Bertolino, "Parla con me", ridimensionare, cancellare forse. Silvio Berlusconi l'ha anche detto: quei programmi di Raitre non mi piacciono.
Senza i toni concitati di Sofia, ma l'ha detto. E da tempo il direttore generale Mauro Masi lavora per trovare un sostituto di chi Raitre la dirige con quei volti, con quegli artisti. Gioca di sponda, propone nomi su nomi, cerca professionisti dal curriculum impeccabile. Non spiega esattamente per quale motivo, ma va sostituito Paolo Ruffini, che gestisce la baracca da sette anni. Il resto, la normalizzazione dei programmi sgraditi, verrà da sé. "Dove lo vede Silvio tutto questo comunismo a Raitre, cosa c'è di anormale? Se il problema è che Fazio è un uomo e io una donna, ci operiamo. Così rientriamo nei loro canoni di normalità", scherza Luciana Littizzetto, appuntamento fisso del week-end di Che tempo che fa, pubblico trasversale, risate a sinistra e a destra. Magari questo dà fastidio.

La Rai della nuova era Berlusconi non vuole mandare nessuno a Casablanca, ma qualcuno a casa sì. Il pressing sul Partito democratico per avvicendare i vertici di Tg3 e Raitre e incrinare un'identità non è solo un'indiscrezione. Comunque ci sono anche gli indizi, i dati di fatto: l'intenzione resa esplicita da Masi di togliere la tutela legale a un programma di inchiesta che giocoforza si porta dietro grane su grane come "Report". E un giallo finora rimasto sottotraccia su "Che tempo che fa". Il contratto tra Rai e Endemol, la produzione del programma, non è ancora stato firmato. Un ritardo che appare poco tecnico e molto politico a sole tre settimane dalla messa in onda (3 ottobre).

Il senso di Raitre secondo Fazio è "mettere in luce la vera funzione del servizio pubblico: che è somma di voci, non sottrazione. È scambio di idee, pluralità, polifonia in una grande azienda culturale". L'idea di chiudere qualche bocca (e qualche programma) "mi sembra ancora prima che sbagliata anti-moderna. La televisione di tutti deve far parlare tutti anziché limitarsi a non dire niente".

Semmai la critica rivolta a Fazio è quella di essere troppo moderato, poco cattivo, accomodante. "Ma capisco l'imbarazzo di alcuni. Da noi si respira un'aria di libertà, per altri invece è scontato che i programmi si costruiscano sentendo le segreterie dei partiti".

Il paradosso dello scontro campale giocato sulla pelle di Raitre è che tutti i programmi sono ormai in rampa di lancio. "Parla con me" scatta il 29 settembre, "Report" cascasse il mondo, anche senza copertura legale, l'11 ottobre, Fazio la settimana prima. Ruffini gira come una trottola per le conferenze stampa della nuova stagione. Poi torna in trincea, nell'ufficio al primo piano di Viale Mazzini. Non pronuncia mai la parola censura, ma difende il carattere della rete che fu del maestro Guglielmi, il suo essere portabandiera del servizio pubblico. "Un'offerta multipla arricchisce la Rai, non la penalizza.

Il pluralismo è patrimonio collettivo", dice Ruffini. E se la direzione generale la pensa diversamente, commette un errore. "Perché fare delle tre reti un indistinto omogeneizzato? Avremmo l'effetto McDonald, che ha gli stessi panini in tutte le parti del mondo".

Dicono le malelingue che un ottimo uomo Rai come Giovanni Minoli sarebbe disposto a ridimensionare i volti noti e di successo della rete, sbarcando al posto di Ruffini. Dicono che non si preoccupi dell'opposizione dei consiglieri del Pd, pronto a incassare soltanto i voti della maggioranza. Ma dagli artisti, ai dirigenti e ai 100 lavoratori della terza rete, Ruffini continua a ottenere in queste ore sostegno e riconoscimenti che superano persino la prova del settimo anno di vita in comune.

Il direttore di Raitre sarà in piazza il 19 per la libertà di stampa. Anche Milena Gabanelli parteciperà. Con l'occhio sempre attento allo sviluppo della trattativa con la Rai per la tutela legale. "Report" punta allo scudo di Viale Mazzini perché se si crede in un prodotto lo si difende, altrimenti lo si cancella. E la filosofia della stakanovista Gabanelli è che delle due l'una: o si lavora pancia a terra a caccia di scoop o si perde la giornata a parlare con gli avvocati. "Ruffini - racconta Fazio - ha sempre garantito a me e alla mia squadra condivisione del progetto e assoluta autonomia. Sono elementi essenziali di qualsiasi lavoro, compreso il nostro".

Eppoi gli ascolti di Raitre vanno bene, dunque la "prima domanda non è chi al posto di chi, ma perché. Perché bisogna cambiare?". Per creare un coro monocorde al servizio del pensiero unico berlusconiano? "Nel servizio pubblico devono esserci tante verità - dice Ruffini - . Questa è la sua missione, nel rispetto degli spettatori, dell'editore, delle persone. Si vuole invece una verità di Stato? Allora siamo in Unione sovietica".

La Littizzetto, con la sua leggerezza, spiega bene cosa non va nell'assedio al fortino di Raitre. Per la comica c'entra la politica sì, ma anche "una grande confusione del Paese in cui nessuno si fida di nessuno e proliferano i più realisti del re". Gli ospiti di "Che tempo che fa" davvero importanti, davvero graditi dal pubblico non sono i Prodi, i Veltroni, gli esponenti della sinistra che secondo i falchi del Pdl occupano le poltrona bianca di fronte a Fazio senza contraddittorio e senza un bilanciamento di ospiti a destra. "Il nostro merito è di mettere in onda volti nuovi, assolutamente spiazzanti. Ceronetti non ha niente di televisivo, è un personaggio inconsueto, fuori dal coro e dal circuito. Eppure la sua presenza dà i brividi". L'"alto" dello scrittore torinese, il "basso" delle battute fulminanti della Littizzetto pochi minuti dopo. Anche questa è Raitre. "A Ruffini darei il Telegatto", esclama Luciana. Ma i vertici della Rai appoggeranno la candidatura?

(11 settembre 2009)
 
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96 replies since 6/8/2009, 10:36   4895 views
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