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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 8/9/2009, 17:29 by: Lucky (Due di Picche)




Boffo smentisce il settimanale Chi
"Mi attribuisce frasi grottesche"


MILANO - "Quelle che mi si attribuiscono sono
dichiarazioni semplicemente grottesche": "smentisco nel modo più categorico di aver rilasciato in questi giorni una qualsiasi intervista a Chi o a qualunque altro giornale". L'ex direttore dell'Avvenire Dino Boffo entra di nuovo in collisione con i media del premier. Tutto nasce quando le agenzie di stampa rilanciano le anticipazioni di un'intervista che il settimanale scandalistico avrebbe fatto a Boffo. Le frasi sono pesanti. L'ex direttore di Avvenire avrebbe detto "Non finisce qui ci saranno pesanti conseguenze politiche". Dopo qualche ora però nasce il giallo. Lo stesso Boffo chiama le agenzie e detta: "Quelle che mi si attribuiscono sono dichiarazioni semplicemente grottesche. Smentisco nel modo più categorico di aver rilasciato in questi giorni una qualsiasi intervista a Chi o a qualunque altro giornale".

(8 settembre 2009)


L'arcivescovo di Milano: "Importanti i principi del cristianesimo
ma il giudizio di Dio è basato anche su fiori e frutti"

Tettamanzi ammonisce la Lega
"Bene le radici, ma conta l'agire"

Caso Boffo: "C'è stata un'aggressione alla Chiesa"

MILANO - Le radici cristiane sono "importantissime", ma "il Signore ci giudica" non solo da queste, ma anche "dai fiori e dai frutti che queste radici realizzano e i fiori e i frutti chiedono di essere confrontati con il Vangelo e, per parlare in termini laici, con la dignità personale di ogni essere umano". Sono senza possibilità di equivoci le parole che il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, riserva a chi gli chiede qualsi siano i rapporti con la Lega e con il suo leader Umberto Bossi. Lo stesso Bossi che, la scorsa settimana, è andato in Vaticano "per ricordare le radici cristiane" del Carroccio, dopo le dure polemiche sull'immigrazione.

E al leader del carroccio, che continua ad accreditare la Lega come il partito più vicino ai principi cattolici, Tettamanzi manda un severo altolà. Quei principi, è il senso del cardinale, non possono essere solo mere enunciazioni ma devono essere messi in pratica con le azioni. E vista la politica della Lega in tema di immigrazione le due cose stridono parecchio.

Poi Tettamanzi torna al caso Boffo. E lo fa chiedendosi quale sia "il problema". Per poi parlare di una vicenda che nasconde "una qualche forma di reazione, di critica, di aggressione alla Chiesa come tale e alle sue prese di posizione".

Ultima battuta sulle affermazioni del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che ha definito "una barzelletta cattocomunista" gli attacchi alla libertà di stampa. "Queste aggettivazioni non mi toccano - replica Tettamanzi - a me interessa la sostanza, che è l'essere umano e cristiano. Prima di fare distinzioni parlo dell'uomo".





(8 settembre 2009)


Il direttore della terza rete: "Quel programma è un patrimonio utile per l'azienda"
Intanto Michele Santoro scrive al direttore generale Masi: "Annozero viene ostacolato"
Rai 3, Ruffini si schiera con Report
"La Rai gli dia assistenza legale"


ROMA - Aria sempre più tesa su due dei programmi di punta di Rai 2 e Rai 3. Da una parte Michele Santoro denuncia i ritardi che stanno mettendo a rischio Annozero, dall'altra il direttore di Rai 3 Paolo Ruffini, si schiera per sollecitare l'assistenza legale ai giornalisti di Report. "E' un programma che si base su una squadra di freelance. A questi giornalisti la Rai ha garantito copertura legale negli anni passati. Ora l'azienda vuole rivedere la clausola, nonostante il parere contrario della rete. Report è un patrimonio e quindi è utile alla Rai", dice Ruffini.

Il caso Annozero. A due settimane dalla partenza di AnnoZero, nessuno dei contratti dei collaboratori del programma è stato ancora firmato. Compreso quello di Marco Travaglio, uno dei nomi di punta del programma di Rai 2. Per questo Michele Santoro, che conduce la trasmissione, ha scritto una lettera al direttore generale della Rai, Mauro Masi e al direttore di Raidue, Massimo Liofredi. Santoro ricorda come gli spot non siano ancora partiti e sottolinea che "non intende rinunciare a quanto le sentenze stabiliscono". Un chiaro riferimento alla sentenza con cui Santoro è stato reintegrato alla Rai.

Per Santoro, "una simile situazione non si è mai verificata da quando lavoro in televisione, né era mai accaduto che obiezioni e perplessità in materia editoriale si presentassero sotto forma di impedimenti burocratici. Perché questo modo di fare non può che minare l'autonomia dell'azienda e le sue finalità produttive".

Il giornalista parla poi di "ripetute assicurazioni" avute dai vertici Rai, ma nonostante questo "la situazione non è sostanzialmente cambiata". Anche perché, a quanto scrive Santoro, quello di Annozero non è un caso isolato. "Mi risulta che anche altri programmi di punta del servizio pubblico, in particolare di Rai 3, abbiano gli stessi problemi e si trovino a dover superare ostacoli pretestuosi per la messa in onda".

Santoro ricorda gli elevati introiti pubblicitari e l'elevato share della trasmissione ("che con le entrate degli spot supera abbondantemente i costi del programma"). E conclude: "Un'eventuale soppressione del programma aprirebbe un buco difficilmente colmabile nella programmazione, arrecando un danno ai bilanci della Rai valutabile in decine di milioni di euro".

L'ex europarlamentare ricorda, infine, le voci che parlano di una sorta di diktat del presidente del Consiglio verso alcune trasmissioni di Rai 3, e nel farlo rammenta ancora la sentenza della magistratura che ha imposto alla Rai di farlo tornare in onda. "Vi comunico quindi - conclude Santoro - che io non intendo rinunciare a quanto le sentenze stabiliscono; e, nell'interesse dell'azienda, mi aspetto che si recuperi il tempo perduto siglando tutti i contratti".

(8 settembre 2009)


Fini come pericolo per Berlusconi, e parte la guerra interna nella coalizione
Il premier sospetta che l'alleato sia entrato nel Pdl per controllarne il potere
Contro l'ex delfino
i bagliori del fuoco amico




Il presidente della Camera Gianfranco Fini seduto accanto al premier Silvio Berlusconi
FRANCESCO Storace, che conosce i suoi polli e ha un modo piuttosto sbrigativo di leggere i fatti della politica e di anticiparne le brutali ripercussioni sul potere, ha detto ieri: "È cominciata l'operazione per far fuori Fini". Non è detto che vada in porto, in genere sono partite lente e complicate.

Ma certo vale quel che vale, e quindi molto poco, l'assai tardiva messa a punto del principale usufruttuario di quell'impresa. Il presidente Berlusconi non sapeva, "com'è ovvio", dell'articolone anti-Fini sul Giornale; e quanto alla stima e vicinanza espressa soltanto in serata al presidente della Camera, beh, l'esperienza insegna che non di rado la retorica delle formule nasconde l'esatto contrario di ciò che viene detto.

Da che mondo è mondo, ogni sovrano assoluto - e il Cavaliere lo è - si concede il graziosissimo lusso di incoraggiare o prendere le distanze a seconda delle convenienze. La chiacchiere, come si dice, stanno a zero e nei rapporti personali fra i potenti contano solo i fatti - e a volte nemmeno quelli.

Con tale premessa si può stare sicuri che, anche stavolta, il messaggio è arrivato a destinazione. Nella migliore delle ipotesi, Fini può e anzi deve velocemente rientrare "nei ranghi". Nella peggiore, esposta da Storace, si è dato inizio a una defenestrazione "dai ranghi" del Pdl. Mentre l'esito intermedio prevede un realistico dispiegamento di forze, atmosfere e obiettivi al centro del quale è oggi in palio non solo il rango, ma lo stesso futuro politico di Gianfranco Fini, antico alleato divenuto un serio pericolo per il berlusconismo reale e applicato.

La novità del caso è che in questa categoria si può comprendere non solo la Lega e l'intera entità che faceva riferimento a Forza Italia, con i due coordinatori del Pdl Bondi e Verdini, ma ormai anche la maggior parte degli ex colonnelli di An. Dagli arzigogoli di La Russa alla freddezza di Gasparri, dal tiepido argomentare di Alemanno al mutismo di Matteoli, per la prima volta si è capito quanto poco Fini possa contare su quelli che per un quindicennio, in verità, ha tenuto sotto come tacchini.

E sembra adesso, la loro, quasi una reazione psicologica e liberatoria, la fine di una lunga tutela. Tutti ieri si sono più o meno debolmente concentrati sulle accuse di Feltri, dimenticando Bossi che del loro ex leader aveva detto, lo stesso giorno: "Quello è matto". E anche qui, più delle parole, che nulla pesano quando sono formali, reticenti e insincere, pesano i silenzi.

Ma soprattutto pesa, a pensarci bene, quel senso di inconfessabile ineluttabilità, quella specie di conclusione annunciata, quel destino sfuggente, ma sufficientemente chiaro, che già s'indovinava al congresso fondativo del pdl, quando Fini fece da perfetto guastafeste al trionfo del Cavaliere. O forse prima ancora, nell'inverno del 2007, allorché per ragioni rimaste misteriose, eppure elettoralmente comprensibili, comunque si fece rientrare le più accese paturnie anti-berlusconiane - "siamo alle comiche finali", "ho menato come un fabbro" - e senza tante storie aderì al progetto del predellino.

Ecco. In una vita pubblica in cui da tempo le idee e i progetti lasciano un po' il tempo che trovano, un po' si fatica a entrare nella disputa se l'attuale presidente della Camera sia di destra o meno; se abbia tradito qualcuno o qualcosa in nome di qualche cos'altro. Certo il ruolo istituzionale ne preserva l'azione. Ma per chi delle istituzioni ha un'idea tutta privata e personale l'impressione, o il sospetto è che nel gioco incessante del potere, Quirinale o non Quirinale alle viste, è che Fini sia infine entrato nel Pdl proprio per controllare il potere del Cavaliere, per impedirgli di costruire una creatura a sua immagine e somiglianza. Per fargli, in definitiva, più male.

S'intende: non sono dinamiche che si vanno a certificare dal notaio; e gli stessi giornale ne scrivono con beneficio d'inventario, seppure onestamente. Eppure la guerra sorda che s'intravede nel campo del Pdl ha tutta l'aria di essere iniziata in questa tubolenta fine d'estate.

Quel che la segna fin d'ora è l'ampiezza del contenzioso che dai temi sensibili dell'immigrazione si sposta di continuo sul versante ora della laicità dello Stato ora del controllo della comunicazione. Senza per questo tralasciare le questioni ormai quasi prevalenti che investono la coerenza personale, gli stili di vita, i comportamenti anche minuti dei leader, dei loro collaboratori e famigliari.

Tutto, insomma, compresa forse l'idea di patria e la politica estera. Fini è certo - lo dice lui stesso - "in minoranza". Ma è difficile, in tale condizione, pensare a un Berlusconi pronto a dividere con lui il potere. Così come negli spazi fisici, palchi, tribune, podi e prosceni televisivi, il Cavaliere non tollera di avere alcuno alle spalle; così è impossibile che accetti anche solo la più remota possibilità che Fini sia una possibile alternativa, tanto più se biologica. E tutto in fondo è ancora pronto a perdonargli, ma non quel che all'ex leader di An sfuggì prima dell'ennesima riconciliazione: "Tanto con me dovrà fare i conti. Non è eterno e io ho vent'anni di meno".

(8 settembre 2009)


Dopo l'attacco di Feltri e la retromarcia del Cavaliere, duro commento sul giornale ex An
"Partito irriconoscibile". Avvenire: "Il direttore del Giornale chieda scusa"

Il Secolo d'Italia: "Pdl ormai becero
E' Feltri ad uscire fuori dai ranghi"



Il presidente della Camera Gianfranco Fini accanto al premier Silvio Berlusconi
ROMA - Il Secolo d'Italia difende Gianfranco Fini. Il quotidiano ex Alleanza Nazionale ribatte all'attacco lanciato dal Giornale e ricorda a Vittorio Feltri che in passato ha sostenuto l'attuale presidente della Camera perchè condivideva "la sua visione di un centrodestra di tipo europeo". E invece il "nuovo Feltri", scrive il direttore Flavia Perina nell'editoriale, invita a rientrare nei ranghi, "una gentile metafora dell'antico tornate nelle fogne".

Nell'editoriale pubblicato ieri dal Giornale, Feltri aveva giudicato "vergognoso" il "comportamento" del presidente della Camera "sulla vicenda Boffo" e, dopo averlo accusato di improvvise "virate" per arrivare al Quirinale, gli dava un "consiglio non richiesto: rientri nei ranghi". Un attacco che aveva sollevato una bufera nel Pdl e costretto Berlusconi a prendere le distanze dall'articolo: "Confermo al presidente Fini la mia stima e la mia vicinanza".

Nella replica, il Secolo d'Italia scrive oggi che il giochino all'attacco "sta quotidianamente snaturando il profilo del Pdl e tradendo la sua stessa denominazione con l'immagine di un partito becero, nevrastenico, con la bava alla bocca, che abbaia contro gli avversari e adesso - rileva l'editoriale - anche contro gli alleati con un furore non giustificato dai fatti".

Anche Avvenire torna ad attaccare Vittorio Feltri. In un editoriale del quotidiano della Cei intitolato "Una esemplare ingiustizia - Boffo e il male radicale", si legge: Boffo, "direttore galantuomo", vittima di "un'aggressione mediatica", "uomo giusto", ha "fatto prova del destino che aspetta chi pratica la giustizia".

Ampio spazio Avvenire riserva spazio anche allo scontro che ha opposto Feltri al presidente della Camera Gianfranco Fini: "Feltri ha spacciato per reati contro la legge e la morale ignobili insulti contenuti in una lettera anonima diffamatoria. Rilegga se stesso Feltri. Ci pensi e, se ne è capace, chieda scusa",

(8 settembre 2009)


Il Cavaliere non ha digerito le parole dell'alleato sul caso Boffo
Per il presidente della Camera l'attacco del Giornale è "un segno disperato
"
L'ira di Gianfranco contro il premier
"Vado avanti, non mi farò intimidire"




Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi

ROMA - Quel "tu" così provocatorio e irriverente. Il "compagno" Fini, bollato come "vergognoso", perfino "ridicolo". Al presidente della Camera è stata chiarissima - fin dalla prima lettura del quotidiano della famiglia del premier - la portata dell'avvertimento contenuto nel nuovo fondo al vetriolo firmato da Vittorio Feltri. Un'"intimidazione", si è sfogato Gianfranco Fini con chi lo ha sentito al telefono. Come dire, nella campagna di caccia d'autunno inaugurata col bombardamento dell'Avvenire e del suo ormai ex direttore Boffo, nessuno può sentirsi al sicuro, non solo giornali e oppositori esterni al Pdl. "È un attacco nella natura di Feltri", è stata la prima impressione della terza carica dello Stato. "Ma soprattutto una nuova puntata che conferma il clima di imbarbarimento nel quale siamo caduti e che avevo denunciato dal palco della festa Pd di Genova. Come mi sento io? Bisognerebbe chiedere a Berlusconi, come si sente". C'è stupore, c'è rabbia, per un colpo che raggiunge a freddo il presidente della Camera, ancora nel ritiro toscano.

Quasi a freddo. Le parole pronunciate da Fini alla festa democratica, compresa la presa di distanza dagli argomenti e i metodi berlusconiani, il presidente del Consiglio non le aveva gradite affatto. La diffidenza ormai è al culmine. "Giafranco non ha ancora capito che così diventa come Casini - commentava ancora ieri - Deve capire che il leader del partito sono io. Si ricorda cosa ha detto la scorsa settimana sulla libertà di informazione e sulle presunte ordalie?". Non è un caso se dall'alba al tramonto Silvio Berlusconi non abbia pronunciato una sola parola per dissociarsi dal "suo" Giornale, a differenze di quanto accaduto poche ore dopo l'attacco a Boffo. Lo farà solo nel pomeriggio, con un tiratissimo attestato di "stima" dopo insistenti pressioni e la lunga mediazione del coordinatore del Pdl Ignazio La Russa. Quando il clima si era fatto davvero pesante e le reazioni degli ex aennini fedeli a Fini sempre più insofferenti, indignate. Per non dire della rabbia del presidente della Camera, cresciuta di ora in ora man mano che la dissociazione del premier non arrivava. Nemmeno l'ormai rituale telefonata di Gianni Letta - raccontano - è riuscita ad attenuare la collera. Attorno al presidente della Camera c'è la percezione netta della natura personale dell'avvertimento, nello stile della nuova campagna d'attacco, ma anche una consapevolezza di fondo: che si tratti cioè di una "manovra disperata, perché solo chi si sente isolato, per la prima volta all'angolo, spara nel mucchio, senza distinzione".

Di certo, adesso Fini sente di avere le "mani libere" sulla legge sul fine vita e sul ddl per il diritto di cittadinanza degli immigrati promosso dal fedelissimo Granata. Si apre una nuova partita, in barba al premier ("No al diritto di voto agli immigrati") e al leader leghista Umberto Bossi che ormai sulla politica di accoglienza insulta il presidente della Camera ("Quello è matto").

Il clima nella maggioranza è questo qui. Ma il regolamento di conti tra Berlusconi e Fini appare ormai a una svolta. Con le divergenze su biotestamento e immigrazione a fare solo da sfondo, da pretesti. I due non si vedono e non si sentono dai primi di agosto. Torneranno a farlo, forse, salvo "impegni improvvisi del premier", sabato sera. A Villa Madama è in programma la cena organizzata dal presidente della Camera Fini con i colleghi che guidano i parlamenti dei paesi del G8. Per cortesia istituzionale, il padrone di casa ha esteso l'invito al premier Berlusconi. Il clima, neanche a dirlo, però resta tesissimo. "Sarebbe bene non continuino a tirare la corda" confida Benedetto della Vedova, insieme a Bocchino, Granata, Briguglio, Bongiorno, pronto a sposare fino all'estremo la battaglia di Fini, fosse pure fino alla creazione del partito-kadima in salsa italiana, voltando le spalle al Pdl. Su quella strada non lo seguirà affatto Pierferdinando Casini, impegnato a costruire il suo nuovo soggetto di centro. Tuttavia, la solidarietà che ha espresso ieri il leader Udc al presidente della Camera segna un ulteriore tassello nella ricostruzione di un asse moderato antiberlusconiano ora tornato in auge.

(8 settembre 2009)


PAPà DELLA TELEVISIONE ITALIANA E RE DEI QUIZ, STAVA PREPARANDO IL RIENTRO SU SKY
Tv in lutto, è morto Mike Bongiorno
Il popolare presentatore è stato stroncato da un infarto mentre si trovava in vacanza a Montecarlo


MILANO - La televisione italiana perde uno dei suoi padri più conosciuti e famosi: Mike Bongiorno. Il popolare presentatore è deceduto durante una breve vacanza a Montecarlo. A darne notizia è stato il telegiornale di Sky, l’emittente per la quale Bongiorno avrebbe dovuto condurre un nuovo telequiz, dopo aver recentemente abbandonato il gruppo Mediaset, di cui era stato da sempre uno dei principali volti. Il decano dei presentatori aveva 85 anni: è stato colto da un infarto all'hotel Metropole, dove era in vacanza con la moglie Daniela. Proprio lunedì il popolare conduttore era partito da Milano per trascorrere un breve periodo di riposo a Montecarlo prima di tuffarsi nella nuova avventura televisiva sulle reti di Rupert Murdoch. Appena si è diffusa la notizia, una piccola folla di persone commosse ha iniziato a formarsi davanti all'abitazione milanese di Bongiorno, in via Giovanni da Procida, in zona Sempione.

«SCOMPARE UN GRANDE AMICO» - «Mi dispiace molto, era un amico, scompare un grande protagonista della storia della tv italiana» ha commentato a caldo Silvio Berlusconi, che negli anni Ottanta riuscì ad ingaggiarlo strappandolo alla Rai. «Sognava di diventare senatore», ha aggiunto il premier. Unanime il cordoglio del mondo della politica, oltre che della televisione, della cultura e dello sport. «Mike era l’essenza della televisione italiana» è invece il ricordo di Maurizio Costanzo. «Mi colpiva di lui la sua capacità di costruire i suoi errori e le sue gaffes». «È stato il primo divo della tv» ha detto poi l'altro decano dei presenttori italiani, Pippo Baudo, mentre per Piero Chiambretti Bongiorno resta una «figura immortale».

Baudo: «Era un punto di riferimento, scherzavamo sulla nostra rivalità»


RE DEI QUIZ - Italoamericano nato a New York (il nonno paterno era emigrato dalla Sicilia), Mike Bongiorno è stato il papà della televisione italiana. È stato lui infatti a presentare la prima trasmissione in onda dalla TV di Stato italiana (RAI), cioè Arrivi e partenze. Il conduttore avrebbe dovuto condurre il prossimo autunno su Sky Uno il Riskytutto, a 54 anni dalla prima messa in onda del primo grande quiz della televisione italiana Lascia o raddoppia?. Seguiranno anche i quiz Rischiatutto e Scommettiamo. A partire dal 1963, ha condotto undici edizioni del Festival di Sanremo. Alla fine degli anni Settanta Bongiorno ha contribuito alla nascita della tv commerciale. Il suo ultimo programma Rai è stato Flash (1980-1982), poi il passaggio a Mediaset (Bis, Superflash,Telemike). Dal 1989 al 2003 conduce la Ruota della Fortuna. Nelle ultime stagioni ha condotto vari programmi su Retequattro ed è diventato testimonial di alcune campagne pubblicitarie con Fiorello (Wind), con il quale aveva instaurato uno stretto rapporto di lavoro e di amicizia.


LE ESEQUIE - Le salma di Bongiorno è stata composta all'obitorio della Societè Monegasque de Thanatologie (Somotha), in Avenue Pasteur a Montecarlo dove sono attesi i familiari per definire l'organizzazione della camera ardente. L'ambasciatore italiano a Monaco, Franco Mistretta, si è recato nel pomeriggio all'hotel Metropole per porgere le condoglianze alla vedova. L'ambasciata è in attesa di ricevere la documentazione medico legale dalla società di pompe funebri per la pratica burocratica per il rimpatrio in Italia della salma, una pratica che richiede normalmente alcuni giorni


08 settembre 2009
 
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