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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 1/9/2009, 09:51 by: Lucky (Due di Picche)




ITALIA-LIBIA, IL CASO
«Siamo italiani, no al fumo verde»
Prove cancellate per le Frecce

La risposta alle richieste dei libici per l'esibizione a Tripoli




TRIPOLI — «Shut down the engine, you have a delay». Per ben due volte il comandante delle Frecce Tricolori, Massimo Tammaro, che stava rullando sulla pista dell'aeroporto militare di Maitiga ha ricevuto dalla torre di controllo l'ordine di spegnere i motori degli Aermacchi. Con la terza comunicazione è giunto anche l'ordine di rientrare perché l'esercitazione era cancellata. Quella di ieri, sul cielo di Tripoli, doveva essere la prova generale della manifestazione acrobatica che la nostra pattuglia — che tutto il mondo ci invidia per la sua abilità — avrebbe dovuto fare per i festeggiamenti odierni in occasione dei 40 anni della rivoluzione verde che portò al potere il colonnello Muhammar Gheddafi. E il colore verde potrebbe essere all'origine della cancellazione. Da tempo, infatti, le autorità libiche chiedono che le Frecce scarichino scie di fumo verde durante le acrobazie previste per i festeggiamenti in onore dei 40 anni di potere del Raìs. Ma la risposta è sempre stata la stessa: un cortese ma fermo no. Anche ieri, durante il consueto briefing che precede un'esercitazione, Tammaro si è sentito fare la medesima richiesta. E anche ieri ha risposto: «Noi siamo italiani e abbiamo una disposizione ferrea. I fumi che possiamo scaricare sono bianchi o tricolori, come la nostra bellissima bandiera».

Insomma, tutto lascia intendere che potrebbe essere questo diniego all'origine della decisione libica di sospendere i voli acrobatici. Anche se ufficialmente nessuno vi fa riferimento, nemmeno gli italiani. Lo stesso Tammaro, in una improvvisata conferenza stampa nella nave albergo che ospita gli uomini della pattuglia, spiega che la ragione è «tecnica» dopo essersi consultato con lo stato maggiore dell'aeronautica militare italiana, l'ambasciatore Francesco Tupiano e il ministro della Difesa Ignazio La Russa. «In una zona della città, di fronte al mare, — dice l'ufficiale — è ancora in corso il vertice dei capi di Stato africani e quindi per motivi di sicurezza ci è stato comunicato che tutti i voli erano stati sospesi». Tutti i nostri, militari e politici, ne prendono atto. Ragioni di opportunità invitano ad accettare per buono quanto hanno sostenuto i libici perché è del tutto plausibile la loro tesi visto che sul lungomare, sotto una tensostruttura, la stessa che domenica ha ospitato la cena tra Gheddafi e Silvio Berlusconi, si svolge il vertice dei leader dell'Unione africana.

Dal punto di vista diplomatico si vogliono evitare incidenti perché si sa quanto siano imprevedibili i dirigenti libici e quanto talvolta paiono capricciose se non addirittura eccessive le loro richieste. Ecco perché si fa finta di credere a questa versione e ci si dimentica che ieri mattina, proprio sulla stessa porzione di cielo prospiciente la zona del summit panafricano hanno volteggiato per una buona mezzora tre aerei leggeri di fabbricazione francese. I rapporti di buon vicinato e la possibilità di fare buoni affari consigliano quindi di essere prudenti. Ecco perché, a meno di impreviste novità, il programma messo a punto per lo show delle nostre Frecce resta inalterato e si compone di sette «figure», alcune come il giro della morte «a triangolone» ripetuto due volte. I nove Aermacchi concluderanno con un passaggio spettacolare che mette i brividi per la sua bellezza. In formazione «Alona con carrello estratto» scaricheranno una fumata tricolore sulle note del «Vincerò» cantate da Luciano Pavarotti.


01 settembre 2009


La scelta Boffo ricorda anche i numerosi attestati di solidarietà ricevuti
In tre pagine la linea di difesa
Mossa del direttore di «Avvenire»

Nel mirino il documento anonimo spedito ai prelati


MILANO — Tre pagine per difendersi e contrattaccare. Sono quelle che il direttore di Avvenire Dino Boffo fa trovare oggi in edicola ai suoi lettori. Basta questo dettaglio numerico, in fondo, per riassumere il concetto centrale che quelle tre pagine rappresentano anche a prescindere dal loro stesso contenuto: qualunque sia stata l'origine delle «carte» pubblicate venerdì scorso sul conto di Boffo dal Giornale della famiglia Berlusconi il risultato è che ora del «caso Berlusconi» non si parla più. Si parla di Boffo, appunto. Ed è Boffo oggi a rispondere. Lo fa nelle pagine della posta dei lettori, nella rubrica «Il direttore risponde»: la stessa da cui, poco più di un mese fa, lasciò partire il primo attacco a Berlusconi sui doveri di dirittura morale di un premier.

Ora di nuovo esordisce replicando a quello che già l'altro ieri aveva definito, rivolgendosi al direttore del Giornale Vittorio Feltri, come il «foglio corsaro della famiglia del presidente del Consiglio, che ti paga credo lautamente». Poi Boffo prosegue dando conto della «solidarietà» espressagli da più parti attraverso un gran numero di lettere. Infine ribadisce il punto che ormai da giorni dovrebbe essere divenuto chiaro. E cioè che un conto in questa storia è la vicenda giudiziaria, la famosa multa per «molestie» patteggiata nel 2004 e per la quale lui stesso rinnova ora la propria spiegazione: l'autore delle molestie sarebbe stato un ragazzo che di Boffo usava il cellulare. Un conto invece è l'anonimo spedito già tre mesi fa a tutti vescovi d'Italia, scritto con uno stile sputato da servizi segreti ma pubblicato dal Giornale come «allegato agli atti giudiziari», e che sarebbe non solo — per dirla con Boffo — una «patacca» in punto di diritto ma soprattutto un «cumulo di menzogne» nel merito. Antonio Di Pietro, a questo proposito, ha annunciato ieri di aver presentato un esposto a nome dell'Italia dei Valori dicendo che «non bisogna prendersela con Feltri ma con il mandante e l'esecutore del dossieraggio: vorrei sapere chi è l'Eccellenza che lo ha ordinato e chi lo ha eseguito».

«Una perla cattiva tira l'altra», avvertiva Boffo già l'altro ieri. E qualcuno, già da qualche giorno, è andato a rileggersi l'intervista rilasciata dal direttore di Avvenire a Famiglia Cristiana nel dicembre scorso. Quando a chi gli chiedeva «cosa c'è nel suo futuro» Boffo rispondeva parlando della sua casa a Oné di Fonte, vicino a Treviso: «Lì spero di ritirarmi un giorno a scrivere qualcosa. Ho tenuto un diario e un'agenda del mio lavoro e del miei incontri. Di materiale ne ho tanto».


01 settembre 2009


La svolta: per i periti informatici Stasi lavorava alla tesi all'ora dell'omicidio di chiara
Alberto e la perizia sul pc:
«Ho sempre detto la verità»

Lo stupore della famiglia Poggi: perché a queste conclusioni si arriva solamente adesso?

MILANO — «Adesso finalmente capiranno che ho sempre detto la verità». Alberto Stasi gongola mentre il suo avvocato-amico Giulio Colli gli dice che i periti informatici confermano la sua versione: il 13 agosto del 2007, quando la sua fidanzata Chiara Poggi fu uccisa nella villetta di Garlasco, Alberto stava usando il suo computer portatile: dalle 9.36 alle 12.20. Quanto basta perché salti agli occhi di chiunque che così le cose non tornano più per l’accusa.

La procura di Vigevano, diretta dal procuratore Alfonso Lauro, ha sostenuto in questi due anni che l’ora più probabile del delitto è fra le 11. e le 11.30. E invece no. Il computer di Stasi dice che a quell’ora lui era davanti ai file di word della tesi di laurea, come ha sempre sostenuto. Ora: siccome il giudice dell’udienza preliminare Stefano Vitelli non ha preso per buona né la fascia oraria dell’accusa né quella dei consulenti di Alberto (per i quali l’ora della morte è fra le 9 e le 10), ha deciso di affidare a un perito di fiducia una nuova analisi sull’orario dell’omicidio. Quindi molto, per il gup, dipenderà da quello che dirà il professore al quale ha affidato l’incarico.

I giochi sono ormai fatti, invece, per il pubblico ministero Rosa Muscio. Che davanti a un risultato tecnico così in contraddizione con la sua tesi dovrà cercare di rivedere radicalmente l’impianto d’accusa per ciò che riguarda l’ora della morte. «Tutto mi sarei aspettata tranne un dato del genere....» ha commentato amaramente lei con chi ha cercato di parlarle del caso-Garlasco. Qualsiasi cosa «tranne uno stravolgimento sui dati del computer». Adesso sembra che in procura si stia ristudiando daccapo la ricostruzione del delitto per capire se è possibile posticipare a dopo le 12.20 o, più probabile, anticipare a prima delle 9.36, l’ora del delitto.

L’avvocato della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni, frena: «Per noi il risultato non è ancora definitivo e comunque il quadro indiziario era e rimane grave. Non mi risulta che sia stata depositata finora alcuna perizia. Aspetteremo che i consulenti completino i lavori e poi vedremo. Comunque resta il fatto che si tratta di un computer portatile che per definizione può essere usato ovunque». Sorpresi ma cauti anche i genitori di Chiara. La madre, Rita Poggi, superato lo stupore iniziale si è chiesta perché: «Com’è stato possibile non arrivare a questi risultati prima di adesso?» ha domandato. Poi una riflessione. «Chiara apriva sempre le persiane del bagno quando si alzava. In effetti mi sembrava strano che quella mattina non l’avesse fatto fino alle 11-11.30».

Se la superperizia sul computer segna un punto a favore di Alberto, quella sulle suole delle scarpe Lacoste color bronzo che indossava il giorno in cui entrò in casa Poggi e scoprì il cadavere, non sono dalla sua parte. Questo emergerebbe da un’altra delle perizia ordinate dal gup. Il giudice stavolta aveva chiesto ai suoi consulenti di sciogliere il dubbio avanzato dalla difesa di Alberto. E cioè che le scarpe del biondino di Garlasco non erano sporche di sangue malgrado lui avesse camminato sulla scena del delitto, perché avevano suole «idrorepellenti». Ora indiscrezioni sulla nuova perizia sembrano smentire quella tesi: nessuna idrorepellenza. Non mostrano esultanza i difensori di Alberto, i fratelli Giulio e Giuseppe Colli e il professor Angelo Giarda. E nessun commento: «Un po’ per scaramanzia un po’ perché niente è ancora nero su bianco» dice Giulio.



01 settembre 2009


La ripresa del programma rischia di slittare a ottobre
La redazione: "Ritardi sui contratti, problemi su Travaglio"
Santoro-Rai ai ferri corti
Annozero, avvio in forse



ROMA - Braccio di ferro tra Michele Santoro e la Rai per la ripresa di Annozero, che rischia di slittare a ottobre. "Non ci rinnovano i contratti. E siamo a venti giorni dalla partenza del programma. E' snervante, stiamo lavorando, ma senza certezze", rivela uno dei venti collaboratori della redazione che preferisce l'anonimato. Un boicottaggio? "Sembra che Berlusconi non voglia vedere sullo schermo la faccia di Marco Travaglio". Una cosa è certa: venerdì scorso Mauro Masi, direttore generale della Rai, si è incontrato con Michele Santoro alla presenza del nuovo direttore di RaiDue, Massimo Liofredi. Ma dall'incontro, franco se non ruvido, non è venuta fuori la soluzione del problema. Infatti oggi è previsto un nuovo round.

"Non c'è un "caso Travaglio". I ritardi sui contratti di Annozero? Nessun problema. Io sono direttore da un mese, in agosto è tutto difficile, ma ne ho già parlato con Santoro", spiega Liofredi, direttore di RaiDue da fine luglio, precisando come sui collaboratori di Santoro (vedi Travaglio) lui non ha giurisdizione: "Michele Santoro è un direttore, dipende dal direttore generale Mauro Masi. RaiDue ospita soltanto il suo programma".

E' possibile che un nuovo editto si abbatta su Annozero? "In tutte le vicissitudini giudiziarie con la Rai, Santoro ha sempre vinto. Non credo possano bloccare il suo programma", dichiara Giorgio Van Straten, consigliere Rai di area Pd, ricordando come "già nella passata edizione di Annozero quello di Travaglio era l'unico testo che doveva essere letto preventivamente dal direttore di rete, Antonio Marano. E, anche se ci sono state delle polemiche sugli interventi di Travaglio, alla fine l'unica sospensione di Mauro Masi ha colpito il vignettista Vauro".

Intanto, Massimo Liofredi cambia pezzi importanti di RaiDue, attingendo dalla sua esperienza di capostruttura di Domenica in. Dal 21 settembre, dopo il Tg2 il pomeriggio della rete si aprirà con una fascia affidata a Monica Setta. "Un approfondimento sui temi della attualità politica ed economica. Con vari collegamenti esterni. 50 minuti in assoluta par condicio" garantisce la Setta. Poi, Italia sul 2 nuova formula: alla conduzione ci sarà Lorena Bianchetti, in coppia con Milo Infante, tra le vibrate le proteste della disarcionata conduttrice Francesca Senette.

(1 settembre 2009)
 
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