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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 29/8/2009, 09:47 by: Lucky (Due di Picche)




il segretario di Stato vaticano: «L'assenza del premier? Non chiedete a me»
Festa della Perdonanza: salta la prevista cena tra Berlusconi e il cardinal Bertone
Il presidente del Consiglio delega Gianni Letta per rappresentare il governo alle celebrazioni dell'Aquila


MILANO - Un cambio di programma dell'ultimo minuto. La sala stampa vaticana ha comunicato che è stata allullata la cena della Perdonanza annunciata per venerdì sera all'Aquila, alla quale avrebbero dovuto partecipare, fra gli altri, il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, e il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Alla domanda sui motivi dell'assenza del premier all'Aquila, il card. Bertone ha risposto: «A me lo chiedete?». Berlusconi ha delegato quale rappresentante del governo alle celebrazioni il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta «per evitare strumentalizzazioni». Letta e Bertone si sono intrattenuti per qualche momento in una tenda vicino al palco dove il cardinale alle 18 ha celebrato la Messa davanti alla basilica di Collemaggio, molto danneggiata nel terremoto di aprile.

LA NOTA - «Al termine della celebrazione - ha aggiunto il portavoce vaticano - l'arcivescovo aveva pensato, in un primo momento, di organizzare una cena quale segno di ringraziamento al segretario di Stato, ai vescovi e alle autorità per la loro presenza e per la loro opera a favore delle vittime del terremoto. In un secondo tempo si è preferito cancellare la cena e devolverne il costo a beneficio dei terremotati».

TENSIONI - Occorre segnalare che, dopo che negli scorsi giorni la polemica politica era stata animata dalle tensioni tra la Lega e gli ambiti ecclesiastici, la decisione di annullare l'incontro tra Berlusconi e Bertone arriva nel giorno dell'esplosione delle polemiche tra la Cei e il direttore del Giornale, Vittorio Feltri, (il cui editore è Paolo Berlusconi, fratello del presidente del Consiglio) a seguito di un duro attacco al direttore di Avvenire (quotidiano della Conferenza episcopale italiana) Dino Boffo.

VERTICE A PALAZZO GRAZIOLI - Prima che Letta si recasse all'Aquila e dopo l'annuncio dell'annullamento dell'incontro tra Berlusconi e Bertone, a Palazzo Grazioli, residenza romana di Berlusconi, si è tenuto un incontro di due ore tra il sottosegretario e il presidente del Consiglio, presente anche l'altro il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti.

OSSERVATORE ROMANO - In un editoriale sull'Osservatore Romano a firma di Lucetta Scaraffia, il giornale del Vaticano risponde al teologo Vito Mancuso che su Repubblica contestava l'opportunità dell'incontro dell'Aquila tra il cardinale Bertone e Berlusconi, poi annullato. «Anche nella Chiesa di oggi la penitenza è una cosa seria, tanto da non dover venire confusa con polemiche contingenti come quelle a cui sono usi i giornali». Invece «c'è chi vorrebbe una Chiesa sempre pronta alle pubbliche condanne, invece che alla cura individuale delle coscienze. La Chiesa, che pure vive nel mondo, pensa soprattutto alla carità e alla salute delle anime», conclude la docente di storia contemporanea alla Sapienza di Roma.



28 agosto 2009


Stampa e media seguono le vicende italiane
Berlusconi riempie le prime pagine
dei giornali stranieri

Al centro dell'attenzione lo scontro con i media e la crisi tra il premier e i vertici ecclesiastici

ROMA - La stampa internazionale torna a occuparsi in modo capillare delle vicende italiane e in particolare del premier Berlusconi, impegnato - osservano la maggior parte dei titoli - in un duro scontro con la stampa mentre i suoi rapporti con la chiesa "raggiungono un nuovo punto critico" (ma della Chiesa, ammonisce il Times, Berlusconi ha ancora bisogno, come tutti i governanti italiani e forse anche di più). La Bbc titola: "Berlusconi porta in giudizio dei media" e sottolinea come la scelta del premier italiano riguardi testate di tutta Europa. «Anche se il caso non è senza precedenti», nota l’emittente, «l’ampiezza e l’ambizione della risposta di Berlusconi sono rare». Sul tema dello scontro con i media insiste anche il Guardian: «Berlusconi dichiara guerra ai media europei dopo i servizi sugli scandali sessuali». Il quotidiano accenna anche al duro attacco del Giornale, quotidiano di proprietà del fratello del premier, contro il direttore di Avvenire e osserva come «Il Vaticano ha annunciato con uno scarno comunicato l’annullamento di un incontro tra Berlusconi e un suo alto rappresentante» (il Cardinal Bertone). Alla vicenda dedica l’apertura della prima pagina anche il Financial Times: «Berlusconi fa causa dopo le accuse di scandalo»: «duramente colpito dalla pubblicazione di notizie sui suoi rapporti con prostitute e minorenni, il premier italiano, ha cercato ieri di mettere il silenziatore ai suoi critici dando incarico ai suoi legali di far causa ad almeno tre media in Italia, Francia, Spagna».

SCONTRO CON LA CHIESA - La crisi dei rapporti tra il premier e la chiesa cattolica è invece al centro dei titoli scelti da altri giornali. Il Times parla di una "spaccatura tra Berlusconi e il Vaticano dopo un attacco al direttore di giornale cattolico" mentre il tabloid Mail scrive: "Berlusconi porta in giudizio i media dopo le accuse mentre i suoi rapporti con la chiesa cattolica giungono a un nuovo minimo". Il Times, oltre alla cronaca, affronta la questione in un commento che sottolinea come "Silvio Berlusconi non può ignorare facilmente l’influenza di Papa Benedetto XVI". Nel caso di Berlusconi, nota il quotidiano, "In Italia ogni governo ha bisogno di corteggiare la chiesa... E l’approvazione dei cattolici è ancora più acuta per Berlusconi" visti i numerosi "scandali relativi alla sua vita privata, scandali che sono continuati ad emergere nonostate che il premier controlli i media".

IN GERMANIA E IN FRANCIA - In Germania Die Welt titola "Berlusconi furioso per le imbarazzanti domande sul sesso" mentre la Bild sottolinea che "Il premier italiano chiede risarcimenti per un milione di euro". In Francia l'Express scrive che "Silvio Berlusconi fa causa a media in Italia e all’estero". Europre 1 evidenzia che "Berlusconi fa causa a LeNouvel Observateur " mentre con understatement lo stesso settimanale nel mirino titola sobriamente: "Berlusconi fa causa ad alcuni giornali europei per diffamazione". France info dal canto suo sceglie un taglio leggermente diverso e più diretto: "Vita privata: Silvio Berlusconi attacca la stampa". Liberation si concentra sull’offensiva del premier contro il quotidiano Repubblica: "Silvio Berlusconi cita in giudizio La Repubblica".

IN SPAGNA - In Spagna Abc riferisce che "Berlusconi denuncia media italiani, spagnoli e francesi per diffamazione" mentre El Pais scrive: "Belusconi lancia un’offensiva contro la stampa e la Chiesa" il premier, nota il quotidiano, "torna dalle vacanze alla grande attaccando frontalmente la stampa e la chiesa, i due poteri che osano disturbare i suoi deliri di impunità".


29 agosto 2009


STATI UNITI
Il controllo del web a Obama
Bozza di legge: in caso di emergenza nazionale il presidente può sconnettere i computer privati


WASHINGTON - In caso di emergenza nazionale il presidente degli Stati Uniti potrebbe avere il potere di controllare internet, sconnettendo i computer privati dalla rete. È quanto prevede un progetto di legge non ancora discusso al Senato che però già sta allarmando le aziende che operano nel web e gruppi a difesa dei diritti civili. Nelle 55 pagine del testo redatto da Jay Rockefeller, senatore democratico della West Virginia, anticipato dal sito Cnet, si legge che l'inquilino della Casa Bianca, dopo aver dichiarato «lo stato d'emergenza nazionale sul fronte della cybersicurezza», è autorizzato a «prendere il controllo temporaneo» dei computer «non governativi».

La legge prevede anche l'introduzione di una certificazione di «professionisti sulla cybersicurezza» e la richiesta che i sistemi informatici del settore privato debbano essere gestiti da personale che abbiano ottenuto questa licenza. La proposta punta a risolvere un problema che da tempo preoccupa gli stati Uniti, ovvero quale debba essere la strategia del governo di fronte a un attacco informatico.

Già nel maggio scorso, lo stesso Obama aveva riconosciuto che gli Stati Uniti «non sono preparati come dovrebbero» ad affrontare minacce che possono venire dalla rete, così pericolose per la sicurezza nazionale. All'epoca annunciò la creazione di un coordinatore per la cybersicurezza da inserire nello staff presidenziale. Ma a tre mesi di distanza quel posto è ancora vacante. Per questa ragione c'è chi oggi contesta il governo, chiedendosi perchè un'amministrazione cosi manchevole sul tema della sicurezza informatica dovrebbe essere tanto credibile da indicare ai privati cosa fare in caso di emergenza.





i risultati dell'autopsia
Il coroner: «Jackson, è stato omicidio»
Il medico legale: il re del pop ucciso da un'intossicazione acuta di anestetico e un sedativo


NEW YORK - È ufficiale. Michael Jackson è stato ammazzato e la sua morte non è dunque da intendersi come accidentale. A confermare le voci che circolano ormai da giorni sul web è stato lo stesso medico legale di Los Angeles, che ha diretto l'esame tossicologico per determinare le cause dell’improvvisa morte del King of Pop, stroncato da un arresto cardiaco nella sua villa di Los Angeles, lo scorso 25 giugno, a soli 50 anni. «È stato stabilito che il decesso è avvenuto a causa di una acuta intossicazione da Propofol e Lorazepam», ha spiegato il coroner in un comunicato ufficiale. «La morte verrà trattata pertanto come un omicidio». «Un omicidio» realizzato con forti dosi di anestetico. Il verdetto del coroner di Los Angeles sulla morte di Michael Jackson è quasi una sentenza di condanna immediata per il medico che nei momenti fatali era accanto al cantante. «Acuta intossicazione da Propofol e Lorazepam», dice il medico legale incaricato dai magistrati. Il primo di questi medicinali è un anestetico, il secondo è un sedativo. L'esame dell'autopsia ha rivelato anche la presenza di altre molecole nel cadavere di Jackson: Midazolam, Diazepam, Lidocaina e efedrina.

OMICIDIO - Il j’accuse del coroner – la prima dichiarazione ufficiale delle autorità californiane che la morte del cantante verrà trattata come un omicidio - dovrebbe portare in breve tempo all’arresto di Conrad Murray, il cardiologo di Las Vegas che gli avrebbe somministrato l’ormai famigerato «cocktail letale». La lista di farmaci, alcuni incompatibili tra loro, rinvenuti dal medico legale nel cadavere del cantante contraddice ogni elementare buon senso ippocratico. Jackson – sempre secondo il rapporto reso noto ieri - aveva in corpo un miscuglio micidiale di sedativi, antidolorifici e stimolanti. Dal Midazolam (un narcotico simile al Propofol, usato per calmare i pazienti senza però addormentarli durante le colonscopie) al Diazepam, la versione generica del Valium e dall’analgesico Lidocaina all’efedrina, un forte eccitante.

RAPPORTO - Il coroner ha precisato che il rapporto completo dell'autopsia di Jackson «rimarrà ancora nelle mani della polizia di Los Angeles e del procuratore generale della contea» anche se a questo punto tutte le indagini passano alla procura che presto potrebbe spiccare i primi mandati di arresto. L’ipotesi di un processo, che si preannuncia già come l’ennesimo circo mediatico mondiale, sembra ormai una certezza per il dottor Murray. Interrogato più volte dalla polizia, il cardiologo ha ammesso di aver iniettato l’anestetico Propofol al suo celebre paziente verso le 10 e 40 di mattina dello scorso 25 giugno, dopo aver trascorso un’intera notte nel vano tentativo di farlo addormentare, somministrandogli ben quattro iniezioni di Lorazepam e Midazolam, due potenti sedativi. «Alla fine sono stato costretto a cedere alle sue insistenti richieste», ha testimoniato il medico, ammettendo però di avergli iniettato lo stesso anestetico «tutte le notti, per ben sei settimane». Ma il Propofol può essere usato soltanto in ospedale e dagli anestesisti che, in virtù della sua potenza, sono costretti a monitorare in continuazione la reazione del paziente al farmaco. È chiaro, insomma, che usarlo come sonnifero è, non solo illegale, ma in questo caso anche un atto criminoso.

COMPLEANNO - Proprio oggi Jackson avrebbe compiuto 51 anni e in tutti gli Usa si moltiplicano gli eventi per ricordarlo. Al Nethermead Meadow di Prospect Park, a Brooklyn, ci sarà una grande festa in suo onore, organizzata dal regista nero Spike Lee dove sono attese fino a 40 mila persone. In occasione della kermesse il presidente del quartiere Marty Markowitz proclamerà il 29 agosto Michael Jackson Day.





i CORPI DELLE VITTIME ERANO STATE TUTTE GETTATE NEI CANALI
Ragazza rapita, si allarga l'inchiesta:
si indaga su 10 omicidi di prostitute

Tutte assassinate nell’area di Pittsburg, non lontano da dove viveva Garrido, il sequestratore di Jayceen Dugard


WASHINGTON – Phil Garrido, il rapitore di Jayceen Dugard, potrebbe essere legato ad una serie di omicidi. Per ora è solo un sospetto e gli uomini dello Sceriffo si sono recati di nuovo nella casa-prigione per cercare eventuali elementi di prova. Tra il 1998 e il ’99, una decina di donne – in gran parte prostitute - sono state assassinate nell’area di Pittsburg, località non lontano da Antioc, la cittadina californiana dove Garrido viveva.

CADAVERI NEI CANALI - Un killer, rimasto senza nome, le aveva strangolate e ne aveva poi gettato i cadaveri lungo dei canali. Le vittime erano delle “lucciole”, con l’eccezione di Lisa Norrell, una quindicenne scomparsa al ritorno da una festa ad Antioc. Un caso sul quale avevano indagato anche gli studenti della Facoltà di giornalismo dell’università di Berkeley. All’epoca la polizia aveva interrogato Garrido, che lavorava nella zona, ma lo aveva rilasciato perché non era emerso nulla di compromettente. Ma adesso, alla luce anche della scoperta – tardiva – del sequestro di Jayceen gli investigatori vogliono rivedere il file.


GLI ERRORI DELLA POLIZIA - Il “mostro” si è rivelato un criminale abile riuscendo a tenere in ostaggio per 18 anni la ragazza e, in seguito, anche le sue due figlie. Una lunga prigionia resa possibile anche dall’incompetenza degli investigatori della Contea. C’erano state segnalazioni sulla presenza di due minori nella casa, l’uomo aveva precedenti penali per stupro, il suo nome compariva nel registro dei predatori sessuali, ma gli agenti non sono stati capaci di scoprire il nascondiglio che aveva creato nel cortile. Lo Sceriffo, contrito, ha ammesso l’errore ed ha riconosciuto che nel 2006 i suoi collaboratori avrebbero potuto salvare gli ostaggi se fossero stati “più curiosi, attenti” e professionali. Infatti, invece di condurre una perquisizione - possibile anche senza mandato visto che Garrido era in libertà vigilata -, si erano limitati a parlare con Phil sulla porta di ingresso. Un comportamento che è stato definito da molti esperti “non scusabile”.

29 agosto 2009


Quattro gli arrestati, tutti tra i 18 e i 24 anni
«Calciatrice uccisa perché gay»
Processo-choc in Sudafrica
Eudy Simelane era capitano della nazionale femminile



Non solo tra le «Banyana Banyana», le ragazze della nazionale di calcio, ci era arrivata. Alla fine, inseguendo palloni a centrocampo e facendo ripartire l’azione, si era anche guadagnata la fascia di capitano della squadra femminile sudafricana. Il sogno però si è spezzato, su un campo che non era rettangolare.

Il corpo di Eudy Simelane, 31 anni, lesbica, è stato trovato seminudo in un parco di KwaThema, la sua cittadina natale alle porte di Johannesburg. Violentata e uccisa nell’aprile dell’anno scorso con 25 coltellate al volto, al seno, alle gambe.
Uno «stupro correttivo » finito in omicidio, secondo le organizzazioni sudafricane per i diritti di gay e lesbiche. Vale a dire, una violenza deliberatamente inflitta per cambiare l’orientamento sessuale della vittima. Quattro gli arrestati, tutti tra i 18 e i 24 anni. Per tre di loro il processo si è aperto lo scorso mercoledì a Delmas, nella provincia settentrionale del Mpumalanga.

Eudy era stata una delle prime donne di KwaThema a vivere apertamente la sua omosessualità ed era impegnata in prima linea per i diritti dei gay. «Perché hanno fatto questo gesto orribile? Per quello che lei era?» ripete la madre Mally ai media africani: «Era solo una donna dolce, che non ha mai fatto del male a nessuno». Alla nazionale Eudy era arrivata giocando nelle «Springs Home Sweepers», la squadra del suo paese, che ricambiava con l’affetto la notorietà regalata dalle convocazioni della concittadina.
Adesso però la corte di Delmas deve giudicare Themba Mvubu, Khumbulani Magagula e Johannes Mahlangu, i tre ragazzi di quella stessa comunità accusati di aver stuprato, ucciso e derubato Eudy. Si dichiarano innocenti mentre Thato Mphiti, il quarto uomo della presunta gang, ha confessato ed è già stato condannato a 32 anni in un processo separato. Nessun reato di stupro, però. Con la precisazione del giudice che «l’orientamento sessuale della vittima non ha rilevanza nel caso».

«È un modo per non ammettere che le donne lesbiche in Sudafrica vanno incontro a stupri e omicidi» denuncia sul quotidiano Telegraph Phumi Mtetwa, la direttrice della ong di Johannesburg Lesbian and gay equality project . «La violenza sulle donne omosessuali per renderle 'normali' è semprepiùfrequente»conferma al Corriere Stephanie Ross, funzionario dell’agenzia internazionale Action Aid e curatrice del report 2009 «Crimini d’odio: la crescita dello 'stupro correttivo' in Sudafrica». «Solo a Johannesburg almeno 10 lesbiche subiscono ogni settimana aggressioni di questo tipo e il numero reale è probabilmente molto più alto », aggiunge. Un paradosso in un Paese dove dal 2006 la Costituzione consente anche il matrimonio tra gay: «Alla fine gli 'stupri correttivi' aumentano proprio perché le donne si sentono incoraggiate dalle legge a vivere apertamente la loro omosessualità ma si scontrano con una violenza reale radicata e impunita. Pochi casi arrivano a processo e raramente i colpevoli sono catturati e condannati». Anche per questo oltre 250 attivisti sono accorsi mercoledì al processo per Eudy. A chiedere con i loro striscioni «giustizia per lei e per tutte le donne».







La società italiana ha incassato 30 multe a luglio e altrettante sono in arrivo
L’Enac e la sanzione contro Alitalia:
a rischio la licenza per i bagagli

L’agosto nero a Fiumicino: voli e consegna valigie, ritardi fino al 56% per la compagnia

ROMA — Stop al caos negli aeroporti. L’Enac, l’autorità che vigila sul trasporto aereo, guidata da Vito Riggio, si avvia a aprire un procedimento di revoca della licenza per i bagagli nei confronti di Alitalia e di revoca totale verso uno degli operatori minori di handling (servizi di terra) di Fiumicino: Flightcare che avrebbe 5 mila bagagli in giacenza. Le compagnie avranno 1-2 mesi per ripristinare il servizio. Nella prima settimana di agosto, a Fiumicino, solo il 46,5% delle valigie imbarcate da Alitalia è stato riconsegnato nei tempi, contro uno standard richiesto del 90%. Anche ieri i ritardi dei voli hanno toccato il massimo di 60 minuti. Alitalia ha già subito dall’Enac 30 multe a luglio, da 2 mila euro. E altre 30 ne avrà a agosto, per totali 120 mila euro. Oggi un’ispezione dell’Enac riguarderà il principale scalo romano.

Certo, ormai l’estate sta finendo ed è probabile che nei prossimi mesi le cose andranno a posto da sole. Già, perché i servizi non sempre sono tarati sul picco del traffico estivo. Per capire cosa sia successo, abbiamo provato a seguire l’iter di un normale bagaglio da stiva a Fiumicino. La valigia, posizionata sul nastro dall’hostess della compagnia, con l’etichetta di riconoscimento, finisce in un sistema che si chiama Bhs (baggage handling system) a cura del gestore (Adr). Il problema, a sentire le compagnie, è che questo sistema a Roma non è a riconoscimento automatico. Cioè tutte le valigie, quando arrivano nell’unica stanza di compensazione, verrebbero smistate manualmente verso la loro destinazione, con notevole perdita di tempo. Adr si difende dicendo che il sistema è a posto, semmai gli manca il back up in caso di guasti.

Il potenziamento è previsto nel 2012. Una volta indirizzato, il bagaglio viene caricato su un carrello. Alitalia lo fa tramite i propri dipendenti dell’ex Az Airport o di Eas, la compagnia di handling di AirOne, che adesso è nel gruppo Alitalia. Il carrello arriva sottobordo e viene scaricato nella stiva, sempre a cura del vettore. In queste fasi, dunque, come anche in quella dello sbarco/imbarco dei passeggeri con scaletta e autobus, la responsabilità è di Alitalia. A sentire il personale che ci lavora, in parte stagionale, il problema è di mancanza di risorse o scarsa qualificazione. Dice una fonte che preferisce l’anonimato: «A caricare le valigie sui nastri mediamente ci sono tre persone, a turno, per sei ore. Mentre sono 6-7 quelle che caricano i bagagli sui carrelli. Quanto al servizio lost and found (smarrimento bagagli), la media è di tre: pochissime, perché qui fanno servizio molti sindacalisti assenti per i distacchi».

Il lavoro non viene svolto solo per Alitalia ma anche per altre compagnie che la Eas, quando era di AirOne, aveva preso in appalto. «Il fatto è — spiega la fonte — che gli operai di Eas hanno tuttora un contratto diverso da quello di Alitalia: sono pagati meglio, almeno di 200 euro, e sono flessibili. La gente di Alitalia invece è abituata a svolgere solo il proprio lavoro. E non c’è nemmeno da stupirsi, visto che prendono al massimo 800 euro». La paga negli ultimi anni è scesa molto a causa del subentro di piccoli concorrenti, Flightcare e Avia Partner, che gareggiando al ribasso hanno peggiorato la qualità dei servizi e i contratti di lavoro. Tra i problemi emersi in Alitalia, secondo i sindacati, c’è la riduzione dell’orario: la nuova compagnia guidata da Rocco Sabelli, nel rinnovare i contratti, avrebbe compresso gli orari da sei a 4-5 ore ma ogni giorno chiederebbe al personale di allungare i turni o di saltare un giorno di riposo.

Una richiesta spesso non accolta (tanti hanno un secondo lavoro), con la conseguenza che alcuni turni, specie nelle ore di punta, rimarrebbero sguarniti. Per rimediare al caos bagagli, Alitalia ha appena adottato il Brs (Baggage riconciliation system) su 60 voli (240 entro novembre) che riduce i tempi del ritrovamento di una bagaglio in stiva o di una valigia cosiddetta «disguidata ». La compagnia rivendica miglioramenti sulla regolarità dei voli (99,79% a agosto) e sulla puntualità in arrivo su tutta la rete (75,72% a agosto), mentre ritiene che il dato della puntualità in partenza (43,8%) da Fiumicino, vada corretto in un 52,8%, depurato dai 60 voli charter. Dall’aeroporto di Torino confermano che la situazione dei ritardi di Alitalia è migliorata da quando un aereo è stato dedicato allo scalo. Da Venezia il presidente di Save, Enrico Marchi, nel precisare che la società di gestione non si occupa di handling , riconosce che «con Alitalia non ci sono particolari problemi». Dalla Sea, il gestore degli scali milanesi, si fa notare, forse con un po’ d’ironia, visto che Alitalia ha scelto Roma come hub , che la puntualità ormai supera l’80%. «Mi auguro che Alitalia migliori anche a Roma e che Adr assuma le proprie responsabilità, visto che è anche coordinatore dello scalo» è l’auspicio di un minaccioso Vito Riggio.



Ventiquattro anni, insieme a 13 connazionali percorreva una pista battuta
Feriti 4 compagni. I genitori di Sulbiate, Brianza, in viaggio verso la capitale africana
Namibia, ribalta la jeep nel deserto


ROMA - Correvano nel deserto della Namibia su tre jeep. Un dosso improvviso ha fatto ribaltare un'auto. E' morto così Matteo Brambilla, 24 anni di Sulbiate, piccolo comune in Brianza. I quattro amici che erano con lui sul fuoristrada sono rimasti feriti ma in maniera leggera e già oggi rientreranno in Italia.

Nel paese africano resta la salma del giovane composta in un ospedale della capitale in attesa che i genitori raggiungano Windhoek per sbrigare le formalità burocratiche utili per rimpatriare il feretro.

Erano partiti da diversi aeroporti italiani assistiti da un tour operator specializzato in viaggi avventurosi. In quattordici si erano ritrovati in Namibia per un tour che si sarebbe concluso lunedì prossimo. Un paio di giorni fa, seduti su tre fuoristrada, hanno affrontato il deserto lungo una pista battuta ma qualcosa è andato storto. Una duna improvvisa ha capovolto la jeep fuori strada: Matteo è morto sul colpo. Gli altri compagni d'avventura sono stati accompagnati in un posto di primo soccorso e quindi trasferiti nella capitale, assistiti dal consolato italiano a Pretoria, competente anche in Namibia.

(28 agosto 2009)


La decisione di far saltare l'incontro all'Aquila tra il cardinale Tarcisio Bertone
e il premier sarebbe stata presa ieri mattina direttamente dal Segretario di Stato
"Non possumus". E dalla Curia
arriva lo schiaffo a Berlusconi

L'assalto al direttore di Avvenire per la Cei è un attacco a tutto il vertice della Chiesa italiana



CITTÀ DEL VATICANO - Lo "schiaffo" al premier Berlusconi arriva direttamente dal Palazzo Apostolico, in Vaticano, subito dopo la lettura della prima pagina del Giornale. Secondo le voci filtrate riservatamente dai monsignori della Curia papale, la decisione di far saltare l'incontro all'Aquila tra il cardinale Tarcisio Bertone e il premier Silvio Berlusconi sarebbe stata presa ieri mattina direttamente dal Segretario di Stato. Ma secondo altre fonti, la telefonata a Palazzo Chigi con cui Oltretevere si annunciava il non possumus pontificio sarebbe stata fatta nel corso della nottata, sull'onda delle prime anticipazioni arrivate in Vaticano relative agli articoli del quotidiano di casa Berlusconi.

Tempi a parte, l'attacco sferrato dal foglio diretto da Vittorio Feltri al collega direttore di Avvenire Dino Boffo viene subito giudicato dagli uomini di papa Ratzinger come uno "sfregio" fatto a tutta la gerarchia ecclesiale al di qua e al di là del Tevere. Uno "sgarbo" messo a segno dal direttore del giornale berlusconiano nel maldestro tentativo - commentano in Segreteria di Stato - di creare una sorta di spaccatura tra la Santa Sede e i vertici della Conferenza episcopale italiana, vale a dire gli editori di riferimento del quotidiano cattolico Avvenire, "colpevole" di aver sollevato dubbi ed interrogativi sulle vicende private del premier. "Uno sfregio ed uno sgarbo" che il primo a non mandare giù è proprio il più stretto collaboratore di papa Ratzinger, il cardinale segretario di Stato Bertone, in procinto di partire alla volta dell'Aquila dove, oltre a presiedere la Perdonanza celestiniana, in serata si sarebbe dovuto incontrare a cena proprio con Berlusconi. Una circostanza che - si apprende in Vaticano - il Segretario di Stato della Santa Sede non aveva gradito molto, ma che alla fine aveva deciso di accettare a malincuore "solo per una forma di rispetto verso le istituzioni italiane". E certamente anche per questo, lo stesso cardinale Bertone ieri aveva concesso una esclusiva intervista al quotidiano della Santa Sede, l'Osservatore Romano, dal titolo "Il progetto di Chiesa e di società di Benedetto XVI", dedicata alle novità del pontificato ratzingeriano e, soprattutto, al significato della sua partecipazione alle celebrazioni della Perdonanza celestiana, invitando, tra l'altro, uomini di Chiesa, rappresentanti delle istituzioni e mass media ad "un più profondo senso di responsabilità" nell'esercizio delle loro funzioni.

Consigli ed esortazioni - agli occhi di Bertone e dei suoi collaboratori - completamente vanificate dall'attacco di Feltri al direttore di Avvenire. Da qui la decisione - presa dal cardinale "senza indugi e con estrema decisione", giurano nel Palazzo Apostolico - di disdire l'incontro all'Aquila con Berlusconi con una "ferma" telefonata a Palazzo Chigi al sottosegretario Gianni Letta, che avrebbe tentato di convincere il porporato a fare marcia indietro, ma senza successo.

I primi ad accogliere con "un sospiro di sollievo" lo notizia sono stati gli uomini di Angelo Bagnasco, il cardinale presidente della Cei che, oltre ad essere proprietaria di Avvenire, nei giorni scorsi non ha risparmiato critiche all'operato di Berlusconi sia col segretario generale, il vescovo Mariano Crociata che con lo stesso Bagnasco. Alla Cei - si apprende in ambienti vicini ai vertici episcopali - hanno visto negli articoli del Giornale "un tentativo di colpire non solo Boffo, ma tutto il vertice della Chiesa italiana". Ed un incontro tra Bertone e Berlusconi, proprio nel giorno del grande attacco al direttore del quotidiano cattolico, sarebbe stato visto come una sorta di delegittimazione della stessa gerarchia ecclesiale italiana da parte del Vaticano. Non è stato così. Ed ora alla Cei - anche se nessuno lo dice apertamente - fanno capire che "tanta acqua dovrà passare sotto i ponti" se il premier vorrà riannodare i rapporti con i capi dell'episcopato italiano: specialmente se la direzione del quotidiano berlusconiano continuerà ad essere in mano a Vittorio Feltri.

(29 agosto 2009)


"Manifestazione a settembre". Bersani: atto sconsiderato
Il segretario Pd: "Un'indegna strategia di intimidazione"
Causa a Repubblica, raffica di proteste
Franceschini: il premier ci denunci tutti

L'Udc: "Chi guida il Paese non può essere allergico alle critiche"




ROMA - Lo slogan c'è già: "Denunciaci tutti", stampato sulle magliette alla Festa del Pd di Genova, preludio della manifestazione in difesa della libertà di stampa che ci sarà a settembre. La citazione in giudizio di Silvio Berlusconi contro Repubblica per le 10 domande provoca una mobilitazione che va dai partiti d'opposizione (Pd, Idv e Udc) fino alla società civile. Mentre le 10 domande poste al premier da Giuseppe D'Avanzo e definite da Berlusconi "diffamatorie", vengono replicate infinite volte sul web, dai blog a Facebook.

Ieri sono state numerosissime le reazioni alla decisione del premier e del suo avvocato Niccolò Ghedini di fare causa al nostro giornale, chiedendo un risarcimento per un milione di euro perché, sta scritto nell'atto di citazione, "il danno arrecato al Dottor Berlusconi è enorme". Tutto il Pd si è mosso testimoniando solidarietà al direttore Ezio Mauro. Il segretario Dario Franceschini lancia la parola d'ordine: "Il premier non denunci solo Repubblica. Ci denunci tutti". Quella di Berlusconi, per il segretario Pd, "è un'indegna strategia di intimidazione nei confronti di un singolo giornale, dell'opposizione e di chiunque difenda i principi di un paese libero. Settembre dovrà essere il mese di una grande mobilitazione, al di là dei colori politici, per la difesa della libertà di stampa e del diritto all'informazione". Pierluigi Bersani è durissimo: "Alle dieci domande si risponde. È un fatto inedito e dieci volte sconsiderato. È meglio che Berlusconi rifletta e che si dia una calmata, perché di questo passo deve portare in tribunale mezzo mondo". E Ignazio Marino afferma che "la libertà di stampa va difesa come fa Repubblica".

Di tutt'altro tenore le reazioni del centrodestra che, invece, attacca il quotidiano e il suo direttore. "Avvelena i pozzi della vita civile", dice Osvaldo Napoli, vice presidente dei deputati Pdl. Per Giorgio Lainati, membro della commissione di Vigilanza, "il tradizionale conformismo del mondo dell'informazione fa scattare una solidarietà di parte a chi attacca, negando di fatto a chi è attaccato il diritto di difendersi". Fabrizio Cicchitto, capogruppo a Montecitorio del Pdl, chiede al Pd di "prendere le distanze da Repubblica".

Anche l'Udc si schiera contro il premier: "Chi guida il Paese - spiega il segretario Lorenzo Cesa - non può essere allergico alle critiche, anche alle più dure". Anna Finocchiaro, presidente dei senatori Pd, mette insieme la causa a Repubblica e le critiche al Tg3 per dire che "siamo di fronte ad un attacco concentrico da parte del premier nei confronti della stampa che esprime e dà voce alle posizioni critiche nei confronti del suo operato". E Piero Fassino incalza: "Rispettare la libertà di stampa e la funzione critica dell'informazione è un dovere di chiunque ricopre incarichi politici e istituzionali". Così Paolo Gentiloni che ritiene "urgente una risposta di chi crede nell'articolo 21 della Costituzione. Perché Berlusconi ha superato un nuovo limite". Mentre Vincenzo Vita parla chiaramente di "un'ansia di regime mediatico che ha preso il sopravvento".

Al porto antico di Genova, Festa del Pd, si parla della denuncia del premier a Repubblica. Francesco Rutelli, presidente del Copasir, dal palco nota come "Berlusconi doveva rispondere alle 10 domande". "Un fatto grave", definisce Enrico Letta l'attacco a Repubblica. E Antonio Di Pietro, sceglie Twitter, diffusissimo social network, per lanciare nella rete il suo breve messaggio: "Pravda Berlusconi denuncia Repubblica per le 10 domande. Gli pongo allora l'undicesima: "Ma quando, lei, si toglierà di torno?"".

(29 agosto 2009)


Tesa la riunione tra Letta e il premier "Guarda Silvio che così non duriamo"
Il sottosegretario alla presidenza trascina il premier in Vaticano per un incontro notturno
La giornata nera del Cavaliere
rincorsa per ricucire con la Chiesa

Ma al Vaticano non basta la dissociazione da Feltri. Timori per una crisi





ROMA - Per un presidente del Consiglio che si vanta a ogni piè sospinto di avere con la Santa Sede "i migliori rapporti di sempre", la giornata di ieri è stata da incubo. Per Silvio Berlusconi ma soprattutto per Gianni Letta, che da settimane stava lavorando di fino per ricucire gli strappi con Oltretevere prodotti dalle uscite dei ministri della Lega. Sapeva Berlusconi cosa si stava cucinando al Giornale contro il direttore dell'Avvenire? Sapeva, ma forse non tutto e sicuramente non aveva previsto l'uscita dello "scoop" del quotidiano di famiglia nello stesso giorno del suo sudatissimo incontro con il segretario di Stato. Era infatti da prima del G8 dell'Aquila che palazzo Chigi aveva chiesto un incontro al numero due del Vaticano. Finora senza successo, anzi una prima volta Bertone si era negato per ragioni di "opportunità". Senza contare il rifiuto di papa Ratzinger di incontrare Berlusconi a Viterbo il prossimo 6 settembre, in occasione dell'esposizione della "machina" di Santa Rosa.

A voler ricostruire lo svolgersi dell'operazione dietro le quinte, appare comunque chiaro che già da tempo Dino Boffo era finito nel mirino del Cavaliere, che meditava vendetta per le critiche ricevute questa estate sulla sua "condotta morale". "Un attacco gratuito e a freddo, ha dato credito a tutte le menzogne che scrivono su di me", aveva confidato con rabbia Berlusconi nei giorni scorsi.

Boffo era finito nella lista nera dei nemici da colpire, nonostante le rassicurazioni private fornite anche di recente al premier dai vertici della Cei sulla non ostilità pregiudiziale della Chiesa italiana rispetto al suo governo. L'operazione contro Boffo dunque doveva scattare, Berlusconi l'aveva avallata politicamente, ma il premier ha sottovalutato l'imprevedibilità di Vittorio Feltri: obiettivo giusto, tempi e modi sbagliati. E così la bomba è scoppiata in casa dell'attentatore.

Raccontano che le colombe di palazzo Chigi, Gianni Letta e Paolo Bonaiuti, informati solo a tarda sera di quanto stava per accadere, abbiano fatto il diavolo a quattro per tentare di bloccare la prima pagina del Giornale. Inutilmente. Compresa la gravità della situazione, giovedì sera Letta ha convinto Berlusconi, appena atterrato a Ciampino da Arcore, a filare dritto in Vaticano per un incontro notturno e segreto con il cardinale Bertone. Un faccia a faccia per tentare di spiegare di essere stati entrambi "assolutamente all'oscuro" dell'attacco di Feltri e per cercare di attutire le inevitabili conseguenze, provando a salvare la cena all'Aquila. Un'opera di diplomazia che si ripetuta ieri al telefono, ma inutilmente. Anche perché i vescovi non si accontentavano del comunicato con cui il Cavaliere prendeva le distanze dal Giornale, ma pretendevano la testa del direttore Feltri.

Il secondo atto del dramma è andato in scena invece a palazzo Grazioli, tra Gianni Letta e Berlusconi. Un incontro di due ore a tratti molto teso, con il braccio destro del Cavaliere arrivato a un passo dalle dimissioni. Un disagio condiviso dal portavoce Paolo Bonaiuti, che da mesi sta cucendo rapporti stretti e cordiali con i direttori dei media cattolici. "Guarda Silvio che un governo che fa la guerra alla Chiesa non dura molto", ha spiegato con tono fermo "l'eminenza azzurrina" al premier. Indispettito per aver visto finire in fumo un paziente lavoro di tessitura, Letta ha preteso da Berlusconi una smentita di Feltri. Quella che ha partorito Berlusconi, con il consiglio di Niccolò Ghedini, è stata invece una dissociazione a metà, di cui il Cavaliere ha approfittato per ribadire in toto le sue ragioni: "Ho reagito con determinazione a quello che in questi mesi è stato fatto contro di me usando fantasiosi gossip che riguardavano la mia vita privata presentata in modo artefatto e inveritiero".

Per salvare il salvabile, con l'ala cattolica del Pdl sempre più in fermento, Berlusconi adesso pensa a come trovare una via d'uscita, mentre nel governo si agitano gli spettri di una crisi improvvisa, di un "complotto" per far fuori Berlusconi, come titolava ieri Libero in prima pagina dando voce al leghista Calderoli. Tra le mosse del premier c'è, al primo punto, il tentativo di accordo con l'Udc per le prossime regionali. Il problema è che Pier Ferdinando Casini non vuole sentire parlare di un'intesa nazionale con il Pdl. "Vuol dire che parlerò con Caltagirone", ha scrollato le spalle Berlusconi.

(29 agosto 2009)
 
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