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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 28/8/2009, 12:05 by: Lucky (Due di Picche)




LA POLEMICA
I direttori di Tg3 e RaiTre sono ritenuti da tutti ottimi professionisti
ma non piacciono a Berlusconi: per questo ha dato l'ordine di farli fuori
L'assalto finale
al fortino di RaiTre







GLI attuali direttori di Tg3 e RaiTre, Antonio Di Bella e Paolo Ruffini, sono ritenuti da tutti ottimi professionisti, fra i migliori della Rai. Hanno ottenuto del resto, sia in qualità che in quantità d'ascolti, molti eccellenti risultati. Tranne l'unico che conti nell'Italia di oggi: piacere a Berlusconi. Per questo il sultano ha dato ai vertici di viale Mazzini l'ordine di farli fuori, trovando una scusa. Compito non facile, perché di ragioni davvero non ce ne sono. Ma quando non esistono spiegazioni logiche, di solito basta inventarsi un complotto e un colpevole.

I vertici Rai, che invece non brillano né per doti professionali né per fantasia, hanno infine convenuto d'indicare all'opinione pubblica il colpevole più banale: la sinistra. È ormai come dire che l'assassino è il maggiordomo, ma funziona sempre. Sarebbe il Pd a volere il caos della terza rete per poter lottizzare dopo il congresso, secondo il volere del vincitore. L'ipotesi sembra troppo cretina perfino per gli elevati standard di autolesionismo del centrosinistra. Ma Antonio Di Pietro, per esempio, ci crede e dà una mano ad addossare alla sinistra la colpa dell'epurazione voluta da Berlusconi.

Naturalmente ai tre candidati alla segreteria del Pd, Pierluigi Bersani, Dario Franceschini e Ignazio Marino, basterebbero dieci minuti per smontare la vicenda. Il tempo di prendersi un caffè insieme e annunciare il via libera alle nomine di RaiTre. Ma evidentemente i tre non sono in grado di prendere insieme neppure un caffè, oppure non capiscono la portata della minaccia.

Nel mirino di Berlusconi non ci sono tanto questa o quella poltrona Rai, le ha già quasi tutte. Se così fosse, non varrebbe neppure la pena di parlarne. Ma al premier interessa piuttosto eliminare un gruppo di programmi amati e, per lui, pericolosi. Si tratta anzitutto di "Che tempo che fa" di Fabio Fazio e di "Report" di Milena Gabanelli, fiori all'occhiello della rete, quindi dei salotti di Serena Dandini e di Daria Bignardi, "Parla con me" e "L'era glaciale".

Un bouquet di trasmissioni che ha molti meriti o demeriti, dipende dai punti di vista. Riescono a coniugare qualità e popolarità, danno un senso al concetto di servizio pubblico e tengono attaccato alla Rai un pezzo d'Italia moderna e intelligente, assai ambita dai pubblicitari, la quale altrimenti sarebbe già del tutto emigrata sul satellite. L'obiettivo del premier e padrone di Mediaset è di cancellarli. Stavolta con calma, senza editti, lavorando di cesello sul palinsesto e tagliando i fondi.

Il direttore Ruffini, degno erede di Angelo Guglielmi, non accetterebbe mai di sottoscrivere una simile sterilizzazione della rete. Occorre dunque uno spaventapasseri di sinistra disposto alla bisogna, in cambio della poltrona. Se ne trovano a mazzi, basta fare un fischio e si forma la coda davanti a Palazzo Grazioli. I nuovi direttori di Tg3 e RaiTre faranno tanti complimenti a Fazio e Gabanelli, Littizzetto e Dandini, ma diranno che è venuto il tempo di cambiare, innovare. In peggio, aggiungiamo pure.

Può stupire che Berlusconi, con tutto il potere di cui dispone, si concentri su questa battaglia. Ma il risultato alle elezioni europee di giugno l'ha ormai convinto che anche le riserve indiane debbano essere bonificate e gli ultimi professionisti della comunicazione vadano sostituiti con burattini pubblicitari manovrati da Palazzo Chigi.

Il piano d'assalto all'ultima roccaforte indipendente dall'egemonia berlusconiana è astuto e probabilmente andrà in porto. A meno che Franceschini, Bersani e Marino non trovino quei dieci minuti per disinnescarlo. Ma sono troppo impegnati a discutere sulla forma del partito e il suo radicamento nel territorio. L'ipotesi che l'attuale RaiTre sia ormai il principale radicamento nel territorio della cultura progressista in Italia sopraggiungerà soltanto fra qualche anno, come si dice in questi casi: a babbo morto.

(27 agosto 2009)


Anche da Mediaset no allo spot del film che racconta l'ascesa delle tv di Berlusconi
La tv di Stato esigeva un contraddittorio per rispettare il pluralismo
La Rai rifiuta il trailer di Videocracy
"E' un film che critica il governo"


ROMA - Nelle televisioni italiane è vietato parlare di tv, vietato dire che c'è una connessione tra il capo del governo e quello che si vede sul piccolo schermo. La Rai ha rifiutato il trailer di Videocracy il film di Erik Gandini che ricostruisce i trent'anni di crescita dei canali Mediaset e del nostro sistema televisivo.

"Come sempre abbiamo mandato i trailer all'AnicaAgis che gestisce gli spazi che la Rai dedica alla promozione del cinema. La risposta è stata che la Rai non avrebbe mai trasmesso i nostri spot perché secondo loro, parrà surreale, si tratta di un messaggio politico, non di un film", dice Domenico Procacci della Fandango che distribuisce il film. Netto rifiuto anche da parte di Mediaset, in questo caso con una comunicazione verbale da Publitalia. "Ci hanno detto che secondo loro film e trailer sono un attacco al sistema tv commerciale, quindi non ritenevano opportuno mandarlo in onda proprio sulle reti Mediaset".

A lasciare perplessi i distributori di Fandango e il regista sono infatti proprio le motivazioni della Rai. Con una lettera in stile legal-burocratese, la tv di Stato spiega che, anche se non siamo in periodo di campagna elettorale, il pluralismo alla Rai è sacro e se nello spot di un film si ravvisa un critica ad una parte politica ci vuole un immediato contraddittorio e dunque deve essere seguito dal messaggio di un film di segno opposto.

"Una delle motivazioni che mi ha colpito di più è quella in cui si dice che lo spot veicola un "inequivocabile messaggio politico di critica al governo" perché proietta alcune scritte con i dati che riguardano il paese alternate ad immagini di Berlusconi", prosegue Procacci "ma quei dati sono statistiche ufficiali, che sò "l'Italia è al 67mo posto nelle pari opportunità"".

A preoccupare la Rai sembra essere questo dato mostrato nel film: "L'80% degli italiani utilizza la tv come principale fonte di informazione". Dice la lettera di censura dello spot: "Attraverso il collegamento tra la titolarità del capo del governo rispetto alla principale società radiotelevisiva privata", non solo viene riproposta la questione del conflitto di interessi, ma, guarda caso, si potrebbe pensare che "attraverso la tv il governo potrebbe orientare subliminalmente le convinzioni dei cittadini influenzandole a proprio favore ed assicurandosene il consenso". "Mi pare chiaro che in Rai Videocracy è visto come un attacco a Berlusconi. In realtà è il racconto di come il nostro paese sia cambiato in questi ultimi trent'anni e del ruolo delle tv commerciali nel cambiamento. Quello che Nanni Moretti definisce "la creazione di un sistema di disvalori"".

Le riprese del film, se pure Villa Certosa si vede, è stato completato prima dei casi "Noemi o D'Addario" e non c'è un collegamento con l'attualità. Ma per assurdo, sottolinea Procacci, il collegamento lo trova la Rai. Nella lettera di rifiuto si scrive che dato il proprietario delle reti e alcuni dei programmi "caratterizzati da immagini di donne prive di abiti e dal contenuto latamente voyeuristico delle medesime si determina un inequivocabile richiamo alle problematiche attualmente all'ordine del giorno riguardo alle attitudini morali dello stesso e al suo rapporto con il sesso femminile formulando illazioni sul fatto che tali caratteristiche personali sarebbero emerse già in passato nel corso dell'attività di imprenditore televisivo".

"Siamo in uno di quei casi in cui si è più realisti del re - dice Procacci - Ci sono stati film assai più duri nei confronti di Berlusconi come "Viva Zapatero" o a "Il caimano", che però hanno avuto i loro spot sulle reti Rai. E il governo era dello stesso segno di oggi. Penso che se questo film è ritenuto così esplosivo vuol dire che davvero l'Italia è cambiata".

(27 agosto 2009)
 
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96 replies since 6/8/2009, 10:36   4895 views
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