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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 21/8/2009, 10:03 by: Lucky (Due di Picche)




Pd: «Il governo riferisca». Il Pdl: «Accertare la verità»
Lampedusa, sbarcano cinque eritrei:
«Eravamo in 80, gli altri sono morti»

Sarebbero rimasti in mare 23 giorni su un gommone dopo la partenza dalle coste nordafricane


LAMPEDUSA - Potrebbe essere un'altra tragedia del mare. Più di settanta uomini e donne morti durante un viaggio della speranza. Il racconto dei cinque eritrei che si trovavano su un gommone soccorso dalla Guardia di finanza a dodici miglia da Lampedusa e portati sull'isola è drammatico (anche se ancora da verificare): «Siamo partiti il 28 luglio da Tripoli - hanno raccontato a uno dei mediatori culturali dell'organizzazione Save the children. - Eravamo in 78, per lo più eritrei e solo in minima parte etiopi. Dopo una settimana sono terminati cibo, acqua e benzina, i cellulari erano scarichi. Il gommone è andato alla deriva, spinto dal vento e dalle correnti. Le persone che morivano venivano gettate in mare».

«INDIFFERENZA» - Le autorità maltesi negli ultimi giorni hanno recuperato sette cadaveri. Potrebbe trattarsi di persone che si trovavano sul gommone degli eritrei. Oltre a una giovane donna, dice l'organizzazione, tra i sopravvissuti vi sono anche due minorenni. «Durante la traversata - prosegue il racconto - abbiamo incrociato almeno dieci imbarcazioni, alle quali abbiamo chiesto inutilmente aiuto. Solo nei giorni scorsi un pescatore ci ha offerto acqua e cibo». Carlotta Bellini, responsabile protezione di Save the Children Italia, definisce «inaccettabile l'indifferenza crescente nei confronti dei migranti. È fondamentale - aggiunge - che principi quale quello del soccorso a migranti che rischiano la vita, in mare, tornino a essere rispettati. È altrettanto importante che l'Italia e l'Unione Europea adottino adeguate ed efficaci politiche di gestione dei flussi migratori misti, ossia composti da persone con bisogni di protezione differenti. Solo con queste politiche - conclude Bellini - è possibile prevenire queste tragedie».

MARONI - Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha chiesto una relazione al prefetto di Agrigento. L'obiettivo, spiega la portavoce di Maroni, Isabella Votino, «è sapere come si sono svolti i fatti, perché la vicenda presenta aspetti da chiarire e la versione fornita dai migranti è da verificare in quanto stanno emergendo elementi che contrastano con quanto riportato dai superstiti. L'unica cosa certa è che grazie all'intervento della Guardia di finanza sono state salvate cinque vite».

PD - Il Pd chiede che il governo riferisca alle Camere. «Provo orrore davanti al racconto dei cinque eritrei sopravvissuti al lungo viaggio disperato verso l'Italia - afferma il segretario, Dario Franceschini. - Una nuova terribile strage nei nostri mari. Se, come tutto lascia prevedere, ci sarà la conferma dei 75 annegati, dei venti giorni passati alla deriva nella battutissima e sorvegliatissima zona del canale di Sicilia si porranno terribili domande». «Una cosa - evidenzia Franceschini - è il contrasto all'emigrazione clandestina, tutt'altra è il mancato rispetto dei diritti umani e delle regole internazionali, dell'obbligo al soccorso in mare a chi rischia la morte. Deve far riflettere tutti il richiamo della responsabile italiana dell'Unhcr quando sottolinea come il mancato soccorso dimostri come sia passata l'idea che, per usare le sue parole, 'Chi arriva via mare è un vuoto a perdere'. L'Italia, tutti noi non possiamo girare la testa dall'altra parte davanti a simili tragedie. Il governo deve riferire rapidamente e chiarire in Parlamento quello che è successo».

PDL - Pronta la replica del Pdl: «Se, e ripeto 'se', la storia raccontata dai superstiti, accolti e soccorsi oggi a Lampedusa, è vera, ci troviamo di fronte a una vicenda che non può non suscitare grande dolore», dice Isabella Bertolini. «Questo episodio, però - aggiunge- non può consentire alcuna speculazione da parte dell'opposizione. Tentare di far passare il concetto che naufraghi siano stati volutamente lasciati al loro destino da parte delle forze adibite ai pattugliamenti è inaccettabile». Bertolini conclude: «Mi auguro che sia appurata la verità quanto prima e che la lotta politica non arrivi a coinvolgere gli uomini e le donne che, con abnegazione, controllano i nostri mari. Sarebbe una speculazione che deve essere respinta fermamente».

INCHIESTA - La Procura di Agrigento ha aperto un'inchiesta sulla presunta tragedia. Lo conferma ad Apcom il procuratore Renato Di Natale. «Di 73 morti durante la traversata - dice Di Natale - ha parlato uno solo dei 5 eritrei soccorsi a Lampedusa. Stiamo facendo accertamenti e stanno sentendo, con l'ausilio di un traduttore, gli altri quattro che non sono in buone condizioni di salute».

SBARCHI - Intanto proseguono gli sbarchi a Lampedusa: un barcone con una quarantina di migranti a bordo è stato intercettato dalle motovedette della Capitaneria di porto e circa un miglio e mezzo dall'isola: si tratta di 45 uomini, in buone condizioni di salute. Nel pomeriggio cinque tunisini, riusciti ad approdare a Cala Croce con una piccola barca in vetroresina, sono stati bloccati a terra dai carabinieri.






Oltre 100 attacchi talebani, almeno 26 morti
Afghanistan, l'affluenza al 40-50%
Ma sul risultato è scontro tra i leader
Karzai: «Successo al primo turno». La Commissione elettorale smentisce. Abdullah: «Abbiamo vinto noi»

Afghanistan, voto con paura Karzai: «È stato un successo»
KABUL - È scontro tra i due principali candidati alle elezioni presidenziali svoltesi giovedì in Afghanistan sul risultato del voto. Sia Hamid Karzai che Abdullah Abdullah hanno proclamato di avere vinto la sfida al primo turno, mentre la Commissione elettorale indipendente ha annunciato di avere concluso il conteggio provvisorio dei voti. Tutto questo all'indomani di una giornata elettorale in cui l'affluenza alle urne è stata stimata al 40-50%, con maggiore affluenza nelle regioni afghane del centro e del nord, e minore in quelle del sud e dell'est. È stato il quartier generale della campagna elettorale del presidente uscente Hamid Karzai a rompere gli indugi annunciando una vittoria al primo turno: «Non andremo al ballottaggio», ha detto Deed Mohammad, collaboratore di Karzai. Non appena la notizia è divenuta di pubblico dominio, è giunta esplicita la risposta da parte della squadra dell'ex ministro degli Esteri, Abdullah Abdullah. «Quell'annuncio è una menzogna - ha replicato il portavoce del candidato, San Charaki - siamo noi che abbiamo vinto al primo turno, e con il 61%». Da parte sua il vicepresidente della Commissione elettorale indipendente, Zikria Barakzai, ha confermato che un primo conteggio delle presidenziali «è terminato» e che comunque i risultati ufficiali potranno essere ufficializzati «dopo il 25 agosto». Questo perché, come ha ricordato il responsabile della Commissione elettorale per i reclami, Grant Kippen, prima si dovranno esaminare tutte le denunce di brogli. «Solo per la giornata elettorale di ieri - ha sottolineato - ne abbiamo ricevute 100».


CON CONFERMATA LA VITTORIA DI KARZAI - Dopo-elezioni incandescente dunque in Afghanistan. Tra Karzai che Abdullah è guerra aperta anche se la Commissione Elettorale Indipendente ha fatto sapere di non poter confermare la rivendicazione del comitato elettorale del presidente uscente, secondo cui quest'ultimo avrebbe ottenuto la maggioranza assoluta al primo turno, dunque senza alcun bisogno di andare al ballottaggio all'inizio di ottobre. «Non siamo in grado di confermare tali affermazioni», ha tagliato corto Zekria Barakzai. «Spetta alla Commissione Elettorale rendere noti i risultati», ha puntualizzato ancora la numero due della commissione «e per farlo aspetteremo le copie stampate dei registri».

«UN SUCCESSO» - In giornata la Commissione elettorale indipendente dovrebbe raccogliere le informazioni dalle differenti province per mettere a punto il dato riassuntivo sulla partecipazione degli afgani al voto. Con il 95% dei seggi operativi, la partecipazione è stata comunque buona, nonostante i 135 attacchi talebani che hanno causato almeno 26 morti: una giornata elettorale definita «un successo» dallo stesso Karzai, ma anche dal presidente americano Barack Obama e, in pratica, dall'intera comunità internazionale.


21 agosto 2009


Le richieste del leader di confindustria
Crisi, Marcegaglia: «Nuove misure
dal governo o l'autunno sarà difficile»

Al Tg1:rifinanziare gli ammortizzatori sociali, abbassare tasse e contributi sui salari aziendali, rendere più forti finanziariamente le imprese

ROMA - Il peggio sembra passato, ma il percorso per uscire dalla crisi è ancora «lungo è difficile»: il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, sollecita così il Governo a varare nuove misure, a fare a settembre «cose indispensabili se vogliamo evitare di avere un autunno davvero difficile». «Ci sono ancora molte cose da fare», dice la leader degli industriali. «Bisogna rifinanziare gli ammortizzatori sociali a sostegno di chi perde il posto di lavoro, bisogna abbassare tasse e contributi sui salari aziendali per dare più soldi in tasca ai lavoratori e più efficienza alle imprese, e infine dobbiamo anche rendere più forti finanziariamente le imprese». Il peggio sembra alle spalle e «probabilmente cominceremo lentamente a risalire, ma ci vorranno alcuni anni per tornare ai livelli di produzione che avevamo prima della crisi. Abbiamo ancora davanti un percorso lungo e difficile».

"SERIETA'" - Il nostro Paese, ha indicato la leader degli industriali in una intervista al Tg1, «sta peggio di Francia e Germania: quest'anno perderemo il 5% del Pil, e ci sono tante aziende che chiuderanno l'anno con cali di fatturati del 30, del 40, e perfino del 50%, con conseguenze gravi sull'occupazione». Servono «molta serietà» ed «un grande senso di responsabilità da parte di tutti».

ALTRE VOCI - Anche la Cgil sollecita un rafforzamento degli ammortizzatori sociali, raddoppiando a 104 settimane la cassa integrazione ordinaria. Una scelta «necessaria, visto che in molti casi si sta arrivando al limite», per il sindacato di Corso d'Italia che calcola in 770mila i lavoratori coinvolti nei processi di cassa integrazione nei primi sei mesi del 2009.
Per l'eurobanchiere Lorenzo Bini Smaghi con la crisi l'Italia è tornata indietro di dieci anni: intervenendo a CortinaIncontra, il componente del comitato esecutivo della Bce ha sottolineato il rischio che dalla crisi escano «paesi più indebitati: per questo - avverte - bisogna dedicare tutte le risorse che risparmiamo per abbattere il debito pubblico».
Per il presidente di Fiat, Luca Cordero di Montezemolo, «ci vuole uno Stato più snello, rapido e competitivo. Il Governo ha fato di tutto per evitare guai maggiori ma c'è una sfida per questa legislatura, al riforma dello Stato, perchè non possiamo competere con le mani legate». Mostra fiducia l'amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni: «Dopo un autunno difficile nei prossimi sei-nove mesi ci sarà ripresa perchè abbiamo i mezzi per superare le difficoltà».





Mille ispezioni su imprese balneari, oltre 1.500 per mancati scontrini
Controlli su yacht e fuoriserie
Scoperti 44 evasori totali
Verifiche della Finanza: sottratti al fisco 49 milioni di euro

ROMA — Un bottino da 36 milioni di euro più 13 milioni di Iva sottratti al Fisco da 44 evasori totali. E’ questo il primo risultato dei capillari controlli sulle coste italiane svolti dagli uomini della Guardia di Finanza tra il primo luglio a ferragosto. E non è che l’inizio. Nel mirino delle fiamme gialle, assieme a spiagge, ristoranti e hotel, sono finiti anche i vip. I finanzieri hanno infatti controllato quasi mille proprietari di yacht e imbarcazioni di lusso, e 13.673 persone trovate alla guida di auto di lusso. Quelli più a «rischio» evasione, ovvero per i quali la sproporzione fra beni posseduti e redditi dichiarati risulterà maggiore di centomila euro, saranno sottoposti a settembre ad approfondimenti ulteriori per fugare il sospetto che si tratti di proventi di riciclaggio o di altra attività criminale. Quindi verranno segnalati all’agenzia delle entrate per l’applicazione del redditometro e, in caso di intestazioni di comodo, per l’avvio di verifiche fiscali. Il sospetto che i ricchi spesso eludano le tasse è antico.

E nell’estate del varo dello scudo fiscale che consentirà di far rientrare in Italia il denaro finora sottratto al fisco, l’associazione «Contribuenti.It» lo rafforza con un allarme: il numero di «poveri possidenti » (quelli con il portafogli pieno e la dichiarazione dei redditi da miseria) sale del 3 per cento rispetto all’anno scorso. Al punto che il 61 per cento degli yacht di lusso, delle barche a vela e delle auto più esclusive sono intestati a nonnetti o a nullatenenti. Ovviamente prestanome. Secondo la ricerca, presentata ieri a Capri, un italiano su due dichiara un reddito inferiore ai 15mila euro, contro lo 0,2 per cento che ne dichiara più di 200mila. Dati relativi al 2007 quando sono state immatricolate 146mila auto di lusso e rilasciate 23mila patenti nautiche. «Contribuenti.it» chiede l’intervento dei prefetti nei controlli. Intanto ci pensa la Guardia di Finanza che dall'inizio dell'anno ha recuperato 20 miliardi della base imponibile sottratta al Fisco. Da inizio luglio a metà agosto sono state mille le verifiche su imprese e attività balneari, oltre 1.500 controlli per mancati scontrini e più di 110 interventi a caccia del lavoro sommerso (95 dei quali hanno dato esito positivo). Controllati 204 bar e gelaterie, 181 stabilimenti balneari, 47 villaggi turistici, 26 campeggi, 24 discoteche e locali da ballo.

Così sono stati pizzicati gli evasori totali. Come i tre stabilimenti di Nettuno che occupavano un’area demaniale di quasi due chilometri in modo totalmente abusivo. Ma anche 15 alberghi, cinque affittacamere, 11 fra ristoranti e pizzerie, 10 bar, 3 stabilimenti balneari. Le irregolarità sono state accertate soprattutto in Campania (18 casi), Toscana (7), Sicilia (6), Lazio (8), Marche (3), Emilia Romagna (2). L'ammontare degli affitti in nero scoperti è stata di circa 700 mila euro. Circa due milioni i prodotti falsi sequestrati in spiaggia. A Napoli, a fine luglio, il sequestro record: 175mila giocattoli e gonfiabili per bambini non conformi alle norme di tutela della salute. Virginia Piccolillo


21 agosto 2009



Il libico al-Megrahi, malato terminale, nel 2001 venne condannato all'ergastolo
Scozia: liberato l'attentatore di Lockerbie Obama: «Il suo rilascio è un errore»
Il figlio di Gheddafi lo va a prendere, Tripoli lo accoglie da eroe. Freddo diplomatico tra Usa e governo scozzese


EDINBURGO - La liberazione di Abdel Basset al-Megrahi, ex agente dei servizi segreti libici, condannato all'ergastolo per l'attentato di Lockerbie e malato terminale di cancro alla prostata, rilasciato dalla Scozia «per ragioni umanitarie» e tornato in Libia, ha creato un'inaspettata polemica tra Stati Uniti e governo regionale scozzese, dietro la quale appare un'inusuale tensione tra Washington e Londra. La liberazione di al-Megrahi ha infatti suscitato vibranti proteste negli Usa, tanto che il presidente Barack Obama è intervenuto personalmente parlando di «un errore» da parte delle autorità scozzesi, dopo che la Casa Bianca in un comunicato aveva già espresso «profondo rammarico» e aveva invitato la Libia a non accoglierlo in patria «come un eroe». «Una semplice congettura della stampa», aveva commentato il governo scozzese la scorsa settimana le notizie dell'imminente rilascio di al-Megrahi, riconosciuto colpevole per la strage di Lockerbie del 21 dicembre 1988, quando il volo Pan Am 103 Londra-New York esplose in volo sui cieli scozzesi provocando 270 morti (259 a bordo e undici al suolo), di cui 189 americani.

RAGIONI - Il ministro della Giustizia scozzese, Kenny MacAskill, ha reso noto che al-Megrahi, 57 anni, è stato «rilasciato per ragioni umanitarie», spiegando poi di comprendere le ragioni di chi era contrario - le famiglie delle vittime e il governo Usa - e di essersi a lungo consultato con le parti in causa. Secondo MacAskil i medici hanno dato al terrorista libico non più di tre mesi di vita. «È stato condannato da un'autorità più alta e morirà», ha affermato. Il ministro ha inoltre detto che la prima richiesta di scarcerazione è stata respinta, ma la seconda è stata accettata. Al-Megrahi, condannato all'ergastolo nel 2001, avrebbe dovuto passare in carcere non meno di 27 anni, secondo la legge britannica.


La moglie di al-Megrahi davanti a un tribunale scozzese per chiedere la liberazione del marito (Afp)
RITORNO - L'ex agente dei servizi segreti è salito a bordo di un aereo libico e il figlio di Gheddafi, Seif al-Islam, è andato personalmente a prenderlo. Al-Megrahi in Libia è considerato un eroe il cui «sacrificio» ha permesso la revoca dell’embargo. Obama ha chiesto che venga messo agli arresti domiciliari, ma all'aeroporto di Tripoli è stato accolto da migliaia di persone in tripudio e ha poi partecipato a una manifestazione nel centro della capitale libica. Secondo gli analisti britannici il rilascio del terrorista, la sera prima dell'inizio del ramadan, costituirebbe un «regalo» per il quarantesimo anniversario (1° settembre) dell’ascesa al potere del rais libico. La liberazione potrebbe inoltre consentire alla britannica Bp di avviare le ricerche pretrolifere, ferme nonostante l'accordo firmato con Tripoli nel 2007.

DICHIARAZIONE - Al-Megrahi, uscendo dal carcere in Scozia, ha ribadito la sua innocenza e il suo «sincero cordoglio» alle famiglie delle vittime. «Per quei familiari che ce la fanno ad ascoltarmi: continuate ad avere il mio sincero cordoglio per l'inimmaginabile perdita che avete subito. Per quelli che mi vogliono male, io non ve ne voglio», ha detto. «Questo orribile tormento non finirà con il mio ritorno in Libia, probabilmente non finirà mai per me. Per me l'unica liberazione avverrà con la mia morte».





La battaglia è esplosa all'alba, nella zona strategica del K4, il quarto chilometro
Le vittime sono soprattutto civili, il bilancio potrebbe ancora aggravarsi
Scontri a Mogadiscio: 22 morti
I ribelli attacco i peacekeeper dell'Ua

MOGADISCIO - Violenti scontri nella capitale somala fra ribelli islamici, truppe governative e i peacekeeper dell'Unione africana (Ua): 22 i morti, molti dei quali civili. La battaglia è esplosa nell'incrocio strategico del K4 (il quarto chilometro di Mogadiscio sud), dopo che i ribelli avevano lanciato un attacco prima dell'alba contro la base dell'Unione Africana e le truppe governative. Secondo diversi testimoni, gli scontri si sono estesi ad altri tre distretti, e la maggior parte dei morti sono civili.

Il bilancio delle vittime è provvisorio, e ci si aspetta che salga, se, come sembra, gli scontri proseguiranno. I residenti si sono chiusi in casa terrorizzati, mentre le granate esplodevano intorno a loro, e i proiettili squarciavano i muri. "Abbiamo visto 17 morti e portato altre 40 persone in ospedale", ha detto un funzionario responsabile delle ambulanze, Ali Musa, all'agenzia Reuters.

Un altro testimone, un imprenditore che opera nell'affollato Bakara Market, ha detto di aver visto altri cinque morti, in seguito all'esplosione di una bomba in un ristorante.

La Somalia, teatro da 18 anni di una sanguinosa guerra civile, è diventata un punto di ritrovo per gli estremisti islamici, che si rifugiano nel Paese per poter mettere a punto attacchi nel Corno d'Africa, e anche oltre.

Mentre la comunità internazionale sta cercando di sostenere il governo del presidente Sheikh Sharif Ahmed, appoggiato anche dagli Stati Uniti, affiancandolo nella lotta contro i ribelli, incluso il movimento al Shabab, la cellula di al Qaeda in Somalia.
(21 agosto 2009)


Dalla Francia all'Irlanda, la rassegna stampa sul premier
E Il Times prende in giro anche Franco Zeffirelli
"Berlusconi come Pinocchio"



LONDRA - "Forza La Repubblica" è il titolo della rivista francese Telerama, sopra una foto di Berlusconi con il naso di Pinocchio. Il settimanale descrive La Repubblica come "l'ultimo baluardo di resistenza in un paesaggio mediatico ai piedi del Cavaliere" e racconta l'iniziativa di porre dieci domande al presidente del consiglio.

Il quotidiano irlandese Irish Examiner riprende oggi la risposta di Berlusconi agli attacchi dei vescovi apparsa sul settimanale Chi. Il giornale sottolinea che il rotocalco al quale il presidente dle consiglio ha affidato la sua difesa è di sua proprietà e pone l'accento sul fatto che Berlusconi accusa i vescovi di essere caduti nella trappola dei suoi dettrattori.

Il britannico Times ha invece un commento ironico SU Zeffirelli, nel suo ruolo di difensore di ufficio di Berlusconi. Adam Sherwin inizia proprio dicendo che "Berlusconi ha un nuovo sostenitore", nel rimarcare la frase di Zeffirelli a proposito dei comportamenti del presidente del consiglio. Il regista ha infatti affermato di non vedere uno scandalo nel comportamento di Berlusconi, "un uomo al quale piacciono molto le donne", che Zeffirelli si vanta di aver conosciuto nel lontano '70 quando era "un ragazzo molto carino che non resisteva a fare sesso in ogni occasione". Il Times sottolinea che Zeffirelli fu senatore con Berlusconi nel '94 e, visto che il regista palesa la sua avversione per BenedettoXVI, conclude: "Forse Berlusconi dovrebbe diventare Papa".

(20 agosto 2009)


il 25 settembre del 2007 l'inizezione letale a Michael Wayne Richard
«Non ho tempo per l'appello»
Non fermò il boia: giudice a processo

Sharon Keller, detta "Killer" rifiutò l'ultimo appello di un condannato rispettando alla lettera l'orario d'ufficio


MILANO - «Non c'è tempo. Chiudiamo alle cinque». Il giudice texano Sharon Keller (ora soprannominata «Sharon Killer» dai suoi detrattori) non ci pensò due volte. Era il settembre del 2007 quando rifiutò l'appello in extremis di un condannato a morte per far rispettare alla lettera l'orario di ufficio. Per questo è ora sotto processo in uno dei casi più gravi di «giustizia sbagliata» nella storia del suo Stato. La donna è accusata di cattiva condotta per aver deliberatamente ordinato la chiusura degli uffici pur sapendo che gli avvocati dell’imputato attendevano impazientemente di sottoporre i documenti per avviare il ricorso.

RISCHIA DI ESSERE RADIATA - Lunedì la Keller è comparsa davanti a una commissione statale incaricata di valutare la condotta dei giudici. Rischia di essere radiata dalla magistratura per non aver rispettato i diritti di un condannato a morte. Il caso risale al settembre del 2007. E riguarda Michael Wayne Richard, 49enne condannato per stupro e omicidio. I legali dell'uomo cercarono la mattina stessa del giorno in cui era stata fissata l’esecuzione, il 25 settembre del 2007, di fermare la condanna appellandosi alla procedura con cui è condotta l’iniezione letale. Quella stessa mattina infatti la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva deciso di valutare se quel metodo di esecuzione rappresentasse una forma di punizione inusuale e crudele e fosse pertanto incostituzionale. La Keller quel giorno aveva gli operai in casa e lasciò il lavoro prima della fine dell'orario prestabilito. Gli avvocati di Richard, approfittando della finestra aperta dalla Corte Suprema, si affrettarono a fare ricorso ma ebbero problemi al computer. Quando finalmente alle 16:45 riuscirono a far arrivare la pratica in tribunale chiedendo il rinvio dell'esecuzione, non ci fu nulla da fare. «Si chiude alle 17», si sentirono rispondere.

ESECUZIONE E PROTESTE - Alle 20:23 di quella stessa sera fu eseguita la condanna a morte di Richard. Di lì a poco lo stato del Texas dichiarò una moratoria delle esecuzioni: il 49enne fu l'ultimo condannato messo a morte prima dell'inizio della moratoria. La vicenda all'epoca suscitò proteste negli Usa e titoli sui giornali di mezzo mondo. Nonostante abbia sempre respinto le accuse la giudice è da allora al centro di violentissime critiche e le associazioni che si battono contro la pena di morte l’hanno soprannominata «Sharon Killer», storpiando il suo cognome. «Se avessi saputo che avevano chiesto più tempo lo avrei concesso - ha detto più volte la donna -. Si tratta di un’esecuzione». La donna è considerata uno dei giudici più inclini alla pena capitale ed è il più alto magistrato messo sotto accusa da 15 anni a questa parte. Il Texas registra ancora oggi il più affollato braccio della morte di tutti gli Stati Uniti.

IL CASO DAVIS - In parallelo al caso Keller, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha accordato un rinvio all'esecuzione di Troy Davis, detenuto afroamericano della Georgia, da 18 anni in carcere dopo essere stato condannato a morte per l'omicidio di un poliziotto. Davis, che si è sempre proclamato estraneo al delitto, aveva chiesto più tempo per raccogliere prove della sua innocenza. Il giudice della Corte Suprema Paul Stevens ha accolto la sua richiesta, stabilendo che un giudice federale «indaghi sulla possibilità che esistano prove non considerate ai tempi del processo in grado di dimostrare l'innocenza del prigioniero».




 
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