WRESTLING WEB.IT (non solo wrestling & Divas, calcio, anime, musica, cucina, attualità, cinema & tv e tanto altro)

NEWS!, Ultime notizie!

« Older   Newer »
  Share  
Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 20/8/2009, 10:00 by: Lucky (Due di Picche)




seggi aperti dalle 7, HAMID KARZAI HA GIà VOTATO
Afghanistan, aperti i seggi con violenze
Razzi prima dell'alba su Kandahar e Kunduz, scontri a fuoco anche a Kabul. Sei morti e alcuni feriti




KABUL- Hamid Karzai è stato uno dei primi a votare. Forse per dimostrare che si può fare. Si può cambiare, si può guardare avanti. Seggi aperti in Afghanistan. Tra violenze e paura la gente si è messa in coda per eleggere il nuovo presidente del Paese. Una nazione dilaniata da violenze, tensioni e accuse. Perché con le prime schede compilate arrivano anche i primi razzi dai mujaheddin. Quattro le vittime, tra cui anche un bambino, e numerosi feriti. I seggi di Kandahar e Kunduz sono stati presi di mira nella speranza che la paura sia più forte della voglia di democrazia, arrestati due presunti kamikaze. E scontri a fuoco si sono verificati a Kabul, dove due talebani hanno cercato di portare a termine un attacco suicida e sono stati uccisi.


AL VOTO- Sono circa 17 milioni gli aventi diritto che potranno scegliere in oltre 6.000 seggi il presidente che guiderà il Paese nel prossimo quinquennio e i membri delle 34 assemblee provinciali del Paese. Questa è la terza volta dal 2001 che gli afghani sono chiamati alle urne dopo le presidenziali del 2004 e le legislative del 2005. I seggi sono stati aperti alle 7 (4.30 italiane). Ed è proprio nella zona dei nostri militari, quella di Herat, che già dalle prime ore dell'alba si sono formate lunghe code. Deludono, però, i dati sull'affluenza: nella provincia di Kandahar pare sia diminuita dle 40 per cento rispetto alle elezioni del 2004. Pochi elettori anche a Kabul.

LE MINACCE- Nelle scorse settimane i talebani hanno lanciato una campagna di boicottaggio del voto denunciando che esso fa parte di «una enorme frode orchestrata dagli Stati Uniti». Hanno minacciato la popolazione («a chi vota taglieremo orecchie e dita che andranno a votare»). E dimostrato che sono ben preparati alla guerra con continui attacchi e violenze. Così nella notte hanno distribuito volantini in cui, ancora una volta, hanno fanno nuove intimidazioni.


20 agosto 2009


I controlli della Guardia di Finanza, scoperti 44 evasori totali
Le vacanze? Un affare alle spalle del Fisco
Stabilimenti balneari abusivi, lavoratori in nero, camere e ombrelloni affittati senza emissione di scontrino

ROMA - Dal 1 luglio a ferragosto, la Guardia di Finanza ha eseguito, lungo le coste italiane, oltre 1.000 verifiche e controlli contro l'evasione fiscale e l'economia sommersa, nei confronti delle attività tipiche della stagione estiva: alberghi e affittacamere (256), ristoranti e pizzerie (237), bar e gelaterie (204), stabilimenti balneari (181), villaggi turistici (47), campeggi (26), discoteche e locali da ballo (24).

EVASORI TOTALI - Ben 44 di queste attività - fanno sapere le Fiamme Gialle - «pur operando alla luce del sole, erano evasori totali, vale a dire soggetti completamente sconosciuti al fisco, non avendo mai presentato alcuna dichiarazione dei redditi». Si tratta di 15 alberghi, 5 affittacamere, 11 fra ristoranti e pizzerie, 10 bar, 3 stabilimenti balneari, individuati in Campania (18 casi), Toscana (7), Sicilia (6), Lazio (8), Marche (3), Emilia Romagna (2), per un'evasione complessiva pari a circa 36 milioni di euro di redditi non dichiarati e a circa 13 milioni di Iva evasa. L'ammontare degli affitti in nero scoperti è in tutto pari a circa 700 mila euro, per lo più derivanti da locazioni stagionali o per brevi periodi.

ABUSIVI SULLA SPIAGGIA - Fra i casi più singolari, ricordano le Fiamme Gialle, quello di tre stabilimenti balneari abusivi scoperti sul litorale di Nettuno, che, oltre ad operare in evasione d'imposta, occupavano illegalmente un'area demaniale di oltre 1.800 mq, proponendo un affitto mensile di un ombrellone e lettino a prezzi assolutamente concorrenziali (70 euro) rispetto agli stabilimenti regolari, sottraendo diversi clienti a questi ultimi. Sono stati 1.563 i casi di mancata emissione di scontrini o ricevute fiscali riscontrati durante i controlli sui litorali, che hanno riguardato per 618 irregolarità altrettanti ristoranti e pizzerie, per 605 casi bar e gelaterie, nonchè 256 stabilimenti balneari e 73 alberghi e affittacamere.

LAVORO E AFFITTI IN NERO - Le verifiche ed i controlli sono stati estesi anche al riscontro della presenza di lavoratori in nero ed irregolari, che normalmente aumentano nella stagione estiva proprio nelle attività tipiche di questo periodo. 95 sono state in tutto le imprese che avevano fatto ricorso alla manodopera irregolare, individuate in Campania (21 casi), Puglia (17), Emilia Romagna (12), Calabria (10), Sicilia (8), Sardegna (6), Toscana (5), Lazio (5), Liguria (4), Friuli Venezia Giulia (3), Marche (2), Veneto (2). 315 sono stati i lavoratori irregolari nel complesso scoperti, di cui 271 completamente in nero. Fra le situazioni più eclatanti, i 7 stabilimenti balneari sul lungomare di Pozzuoli, Licola e Varcaturo, dove sono stati trovati ben 41 lavoratori irregolari, nonchè 2 pizzerie e una struttura alberghiera a Gallipoli in cui sono stati individuati in tutto 14 lavoratori in nero. Particolare attenzione, conclude la Gdf, è stata rivolta altresì al fenomeno degli affitti in nero: 414 sono i controlli effettuati nelle località balneari più rinomate, concentrati principalmente nel Lazio, in Sicilia, Emilia Romagna, Puglia, Campania, Liguria, Calabria, Sardegna e Toscana.


20 agosto 2009



Focus Occupazione e aziende
I 30 mila posti di lavoro che nessuno vuole
Si cercano falegnami, meccanici, parrucchieri, elettricisti Senza risposta un terzo delle ricerche delle piccole imprese

Va bene che molti giovani, dicono studi e sondaggi di ogni genere, sognano ancora il posto fisso. Meglio ancora se nella pubblica amministrazione. E va bene che quasi metà degli italiani, come afferma una recente ricerca dell’Eurobarometro, sono talmente restii all’idea del cambiamento da non riuscire nemmeno a scrollarsi di dosso l’idea che quel posto debba durare tutta la vita.

Ma con la produzione industriale che arranca, la disoccupazione che galoppa, la cassa integrazione che non dà tregua, tutto ci si potrebbe aspettare tranne che le piccole imprese, proprio quelle che dovrebbero rappresentare il cuore pulsante dell’economia italiana, fossero a corto di braccia. Eppure, a giudicare almeno dai risultati di una inchiesta della Confartigianato sul fabbisogno di manodopera condotta in base ai dati dei primi sei mesi dell’anno, è proprio quello che sta accadendo. L’organizzazione presieduta da Giorgio Guerrini stima che nel 2009, nonostante la crisi, il sistema delle piccole imprese e dell’artigianato potrà creare 94.670 posti di lavoro.



Quasi un terzo di questi, tuttavia, rischia di restare vacante: per quanto si cerchino persone in grado di occuparli, semplicemente non si trovano. Una emergenza al contrario, tanto più paradossale perché con l’imminenza dell’autunno si addensano nubi sempre più minacciose sul mondo del lavoro. Da Nord a Sud. In Piemonte ci sono 512 aziende in crisi, con 25 mila dipendenti in cassa integrazione. Anche in Emilia-Romagna i cassintegrati sono più di 20 mila nelle sole aziende metalmeccaniche. La Sicilia è in apprensione per lo stabilimento Fiat di Termini Imerese. Nel Lazio i posti a rischio sarebbero 70 mila.

E nelle Marche sono quasi 8 mila i lavoratori messi in mobilità nei primi sei mesi di quest’anno. Soprattutto, però, le conclusioni dell’indagine sembrano stridere apertamente con i timori di quanti sono convinti che gli immigrati tolgano il lavoro agli italiani. Un luogo comune che trova conforto prevalentemente negli ambienti politici di fede leghista, ma che i risultati di uno studio della Banca d’Italia reso noto martedì sembrano invece smentire categoricamente. All’appello, secondo la Confartigianato, mancano 30.750 persone. Per avere un’idea della dimensione di questo fenomeno basta considerare che si tratta di un numero addirittura superiore a quello dei lavoratori (circa 30 mila) che al giugno scorso in tutta la Lombardia, prendendo per buoni i dati della Cgil, avevano avuto accesso alla cassa integrazione in deroga. I dati elaborati dall’ufficio studi dell’organizzazione degli artigiani informano che la carenza maggiore è quella dei falegnami o comunque di persone esperte nella lavorazione del legno.

A fronte di un fabbisogno di 2.690 addetti, le piccole imprese ne cercano inutilmente 1.390, ovvero quasi il 52% del totale. Per non parlare poi dei parrucchieri e degli estetisti. In questo caso i posti di lavoro destinati con ogni probabilità a restare vuoti sono il 49% circa: ben 3.210. È in assoluto il buco numericamente maggiore fra tutti i comparti presi in esame dall’indagine. Ancora più grosso di quello che la Confartigianato denuncia per gli elettricisti. Rispetto alle esigenze dichiarate (9.850) ne mancherebbero infatti 2.840, pari al 28,8% del totale. Pesante risulterebbe anche la situazione delle officine per la riparazione delle auto, con un deficit di 1.640 meccanici. Problema di dimensioni più o meno simili a quello che viene accusato dalle piccole imprese informatiche (1.740) e dagli idraulici (ne mancano 1.560): mestiere, quest’ultimo, che ha fama di essere anche particolarmente redditizio una volta superata la fase dell’apprendistato. Soffre perfino l’edilizia, in assoluto il regno della flessibilità. Stando sempre ai dati della Confartigianato le piccole imprese sono riuscite a reclutare 3.160 carpentieri sui 4.500 che sarebbero necessari. Degli altri 1.340 ancora nessuna traccia.

Ma anche il numero dei disegnatori industriali disponibili è inferiore al fabbisogno di ben 1.110 unità. La medaglia della crisi economica ha tuttavia una doppia faccia. Se nelle piccole imprese un posto su tre rimane vuoto perché non si trova chi lo possa (o voglia) occupare, e nonostante sopravviva ancora il mito del posto fisso, nell’ultimo anno c’è pure chi ha reagito alle difficoltà economiche con una scelta opposta: mettendosi in proprio. Sintomo del fatto che, trovandosi di fronte all’alternativa fra andare a lavorare alle dipendenze in una piccola impresa, magari con un contratto da precario, e rischiare invece in prima persona, qualcuno sceglie questa seconda strada. Non moltissimi, per la verità: nell’annus horribilis per il Prodotto interno lordo la stessa Confartigianato ne ha censiti 8.134.

Ma con situazioni davvero curiose. Mentre infatti i parrucchieri cercavano inutilmente 3.210 dipendenti da avviare al lavoro, nei dodici mesi compresi fra la fine di giugno 2008 e la fine di giugno 2009 il numero dei barbieri e degli estetisti aumentava di 1.696 unità. Una crescita inferiore soltanto a quella del numero di quanti si sono buttati nella cosiddetta green economy (2.559) nonché del numero dei gelatai, dei panettieri e dei pasticcieri (2.082). Il bello è che alle gelaterie, alle pasticcerie e ai panifici artigianali mancano 1.140 dipendenti. C’è poi chi ha tentato l’avventura nell’informatica (462) o nei servizi di trasporto (800), oppure nelle piccole attività di restauro (104), o ancora nella tinteggiatura (681). I più creativi hanno scelto invece la strada della pubblicità e del design (119). E un pugno di temerari (39) ha messo la propria passione per gli animali al servizio del prossimo. Del resto, con questi chiari di luna tutto fa brodo.


20 agosto 2009


Solo oltre lo Stretto lo Stato incassa meno per sostenere la Regione
Quell’«aiutino» milionario
del Superenalotto alla Sicilia

Nelle prime settimane di agosto la norma contenuta in una legge del 1993 ha fatto entrare nelle casse di Lombardo 2,7 milioni di euro


Perché mai alla Sicilia (e solo alla Sicilia) va un ottavo di tutti gli incassi delle giocate al Superenalotto fatte nell’isola? Perché mai lo Stato non è altrettanto generoso con Lombardia, Toscana o Molise e neppure con le altre regioni a statuto speciale? La domanda, venata di irritazione, ha dilagato ieri on-line non appena è comparsa la notizia: l’erario lascia alla Regione il 12,25% della raccolta locale.

Un privilegio che ha consentito all’ente governato da Raffaele Lombardo di incassare soltanto in queste prime settimane d’agosto 2,7 milioni di euro. Quasi quanto il governo ha distribuito in tutto il 2008 alle organizzazioni di assistenza umanitaria con l’8 per mille. La notizia, a dire il vero, è l'ennesima dimostrazione di quanto sia stato geniale, a suo tempo, il lancio sulla Settimana enigmistica di una fortunatissima rubrica: «Forse non tutti sanno che...». Dove da decenni si diffondono alla rinfusa le cose più curiose: «Forse non tutti sanno che... il canguro può fare salti di nove metri!», «Forse non tutti sanno che... Antonio Gramsci era alto un metro e mezzo». «Forse non tutti sanno che... il tennista Rafael Nadal ha vinto su terra 60 partite consecutive». Cose così: note agli specialisti ma ignorate dal grande pubblico, che se le beve come ovetti freschi di giornata.

Spiegano dunque le agenzie che lo Stato incassa il 49,5% delle somme giocate agli sportelli Sisal di tutta l’Italia tranne al di là dello Stretto di Messina dove questa sua percentuale scende a poco più del 37% dato che in base all’articolo 6 della legge 599 del 1993 e del successivo decreto 11 giugno 2009 («Misure per la regolamentazione dei flussi finanziari connessi all’Enalotto») deve lasciare il 12,25% delle somme giocate nell’isola alla Regione. La quale incassa i soldi in aggiunta alla quota di diritto fisso (0,052 euro per ogni colonna giocata) e all’aggio delle ricevitorie (8% della raccolta). «Una somma non di poco conto, visto che dalla Sicilia arriva il 6,8% circa della raccolta nazionale», precisa l’Agi. Visto che da gennaio ad oggi i siciliani hanno giocato oltre 143 milioni, «a Palazzo d’Orléans sono arrivati circa 15,6 milioni nel 2009, e già 2,7 milioni nel solo mese di agosto». Eppure forse non tutti sanno che l’articolo 6 di quella legge del 1993, in realtà, non riguarda solo l’Enalotto ma tutte «le riscossioni dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato a norma dell’articolo 1 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496». Vale a dire che le pubbliche casse girano alla Regione, stando alle norme, un ottavo di tutti gli incassi siciliani di tutti i giochi di questo genere.

C’è chi dirà che è giusto. Che si tratta di una cosa che alla Sicilia spetta perché il parlamento isolano «è il più antico d’Europa», perché lo Statuto di Autonomia è nato prima della Costituzione italiana e magari perché la Sicilia «avrebbe potuto diventare la 49 a stella della bandiera americana» come voleva il Partito per la Ricostruzione, che verso la fine della Seconda Guerra mondiale era arrivato ad avere oltre 40.000 iscritti dando battaglia per l’annessione della Sicilia agli Stati Uniti. Per non dire del «risarcimento» storico che sarebbe dovuto all’isola per lo sbarco di Garibaldi e dei Savoia, che qualche sicilianista fanatico ha ribattezzato sul web «nazi- piemontesi».

Che la Sicilia sia economicamente nei guai è difficile da contestare. Il tasso di disoccupazione è doppio rispetto a quello nazionale, il 39, 3% dei giovani sotto i 24 anni non riesce a trovare lavoro, il tasso di attività (51,2%) è il più basso in Italia, le famiglie che secondo l’Istat sono ai limiti dell’indigenza sono quasi una su tre e perfino il turismo, che secondo prima Prodi e poi Berlusconi avrebbe dovuto fare della Trinacria «la Florida d’Europa », riusciva ad offrire nel 2007, ha scritto Maria Marchese, «appena 36,1 posti letto su 1.000 abitanti contro i 75,2 posti offerti dall’Italia, e ad attrarre appena 2,9 giornate di presenze annue per abitante, contro una media nazionale di 6,2». La scoperta di quella «quota superEnalotto» unica ed esclusiva, tuttavia, per quanto fosse già nota alla cerchia ristretta degli addetti ai lavori, rischia di rilanciare una polemica che in questi mesi si è fatta via via più accesa non solo con il Nord (dove gli anti-meridionalisti hanno ora un nuovo spunto di polemica) ma con le altre regioni del Sud. Regioni che per bocca di vari amministratori, dal campano Antonio Bassolino al pugliese Nichi Vendola, dal calabrese Agazio Loiero al lucano Vito De Filippo hanno già storto il naso su troppi «aiutini» fatti avere negli ultimi mesi dal governo di destra alla sua roccaforte isolana capace di regalarle anni fa il famoso «cappotto» di 61 parlamentari su 61.

Prima il regalo di 140 milioni a Catania per tamponare la catastrofe finanziaria comunale... Poi i 180 milioni a fondo perduto per ripianare i debiti di Palermo... Poi il via libera di Roberto Calderoli alla pretesa della Regione («o passa la norma, o facciamo saltare il tavolo», chiarì l’allora assessore al bilancio) di trattenere sull’isola il gettito delle accise sui prodotti petroliferi, cosa che per ora è sospesa ma garantirebbe alla Sicilia nuovi introiti per circa 8 miliardi l’anno... Poi lo sblocco dei famosi 4 miliardi di fondi Fas, sblocco deciso per arginare l’offensiva sul Partito del Sud ma non concesso alle altre regioni che reclamano lo stesso trattamento... Non sarà facile, per Raffaele Lombardo, spiegare ai suoi stessi colleghi perché la sua regione deve avere questo trattamento «speciale ».


20 agosto 2009


L'ultima merita il topic direi!

Raffica di esplosioni a ridosso della Zona verde. In due casi sono stati utilizzati camion bomba
L'attacco più devastante sulla superstrada che costeggia il ministero delle Finanze
Attacco al cuore di Bagdad
almeno 95 morti, 563 feriti

Il premier Al Maliki: "Da rivedere le misure di sicurezza in tutto in Paese"


BAGDAD - Un bagno di sangue. Torna il terrore nel centro di Bagdad, con una catena di esplosioni che scuotono la città. Colpita la Zona verde, quella dei ministeri e delle ambasciate. Il bilancio delle vittime è di almeno 95 morti e 563 feriti. E il premier Nouri Al Maliki chiede che vengano "riviste le misure di sicurezza", in tutto il Paese.

Secondo quanto riferito dal ministero dell'Interno, in due degli attaccchi sono stati utilizzati camion bomba. L'attentato più devastante è stato messo a segno sulla superstrada che costeggia il ministero delle Finanze, nel quartiere Wasiriya, dove è stato utilizzato, appunto, un camion carico di esplosivo. Lo scoppio ha provocato il crollo di una cinquantina di metri del viadotto della superstrada.

L'area delle ambasciate e degli uffici governativi è stata raggiunta anche da almeno due colpi di mortaio. Altre esplosioni sono avvenute nei pressi del ministero degli Esteri e hanno provocato "gravi danni al ministero stesso e al vicino hotel Rashid", di solito frequentato da funzionari governativi e uomini d'affari, che oggi ospitava una riunione di capi tribali. E ancora, esplosioni sono avvenute nei quartieri Karrada, Baija, Saliya, Hafid al Kaadi, Bab al Muhadan, dove ancora non è chiaro se si sia trattato di ordigni o colpi di mortaio.

Finora non ci sono state rivendicazioni, ma il portavoce del comando delle operazioni di sicurezza a Bagdad, generale Qassim Atta, ha attribuito la responsabilità degli attacchi "all'alleanza" tra Al Qaeda e nostalgici del disciolto partito Baath di Saddam Hussein.

Gli attacchi arrivano nel sesto anniversario dell'attentato al quartier generale dell'Onu nella capitale irachena che fece 22 morti, tra i quali l'ex Alto commissario per i rifugiati e capo della missione in Iraq, Sergio Vieira de Mello.

(19 agosto 2009)
 
Top
96 replies since 6/8/2009, 10:36   4895 views
  Share