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Lucky (Due di Picche)
view post Posted on 15/8/2009, 10:15 by: Lucky (Due di Picche)




L'attentato rivendicato dai talebani, obiettivi la base militare e l'ambasciata Usa
Kabul, attacco kamikaze alle forze Nato
Almeno 7 morti, tutti afghani, e un centinaio di feriti
al quartier generale dell'Isaf in Afghanistan



KABUL - Un attacco a cinque giorni dalle elezioni. In uno dei quartieri ritenuti più sicuri di Kabul. Ha provocato almeno sette morti e oltre 90 feriti l'attentato kamikaze sferrato contro il quartier generale dell'Isaf, la missione internazionale guidata dalla Nato in Afghanistan. L'attacco è avvenuto verso le 8.30 ora locale (le 6 in Italia). Nell'esplosione è stata distrutta una grande barriera di cemento costruita a protezione della base militare. I feriti sono stati portati all'ospedale militare di Kabul. La zona è stata isolata dalle forze di sicurezza afgane e dai soldati americani, che costituiscono la maggior parte delle truppe Isaf.

VITTIME CIVILI - L'attentato, realizzato con un lussuoso fuoristrada, è stato condannato dal presidente della repubblica, Hamid Karzai, secondo cui «i nemici dell'Afghanistan vogliono terrorizzare la popolazione alla vigilia delle elezioni» del 20 agosto. Un portavoce del ministero della Difesa ha precisato all'Ansa che le sette persone decedute davanti al quartiere generale delle forze Nato in Afghanistan «sono tutti civili afghani». «Non mi è noto - ha aggiunto - se ci siano morti stranieri». Da parte sua il comando generale dell'Isaf, le forze internazionali in Afghanistan sotto comando americano, ha diramato un comunicato in cui conferma le vittime civili, esclude vittime militari straniere, ma indica che «numerosi membri dell'Isaf sono rimasti feriti»

RIVENDICAZIONE - I talebani hanno rivendicato la responsabilità dell'attentato suicida, affermando che gli obiettivi erano la base militare e l'ambasciata Usa nella capitale afghana. Lo ha detto il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, in una telefonata alla Reuters fatta da una località sconosciuta.

ATTACCO ISOLATO - L'ultimo attentato suicida a Kabul risaliva a gennaio, quando fu l'ambasciata tedesca ad essere presa di mira. Un commando di guerriglieri talebani ha poi fatto irruzione in edifici governativi l'11 febbraio, uccidendo 19 persone in un'azione a sorpresa. L'autobomba contro la base Isaf sarebbe riuscita a superare due posti di blocco scarsamente sorvegliati, prima di cercare di superare un terzo check point, davanti al quale si è dovuta fermare. Il portavoce dell'Isaf Tremblay ha detto che l'attentatore «è entrato nel nostro sistema difensivo ed è stato fermato dall'esercito afghano». Poi ha deciso di farsi saltare in aria. «Si è trattato di un attacco isolato, non di una serie di attentati coordinati».


15 agosto 2009


Il leader dei militanti radicali, che vogliono un «emirato islamico», sarebbe morto
Scontri tra Hamas e militanti radicali
Almeno 20 morti nella Striscia di Gaza
Circondata una moschea a Rafah: all'interno un gruppo salafita islamico ispirato ad Al Qaeda


GAZA - È di almeno 20 morti e oltre 120 feriti il bilancio ufficioso dei sanguinosi scontri scoppiati a Rafah, nella striscia di Gaza, tra miliziani di Hamas, il movimento integralista che controlla il territorio, e quelli di un gruppo salafita islamico ispirato da al Qaeda, denominato Jund Ansar Allah. Lo hanno riferito fonti dei servizi di pronto soccorso palestinesi a Gaza.

GLI SCONTRI - Lo scontro è durato circa sette ore prolungandosi fino alla mezzanotte di venerdì. Tra le vittime, hanno precisato le fonti, c’è anche il capo dell'ala militare di Hamas nel sud della Striscia, Mohammed el Shamali. Lo scontro a fuoco è scoppiato nel pomeriggio, quando gli uomini di Hamas hanno circondato una moschea a Rafah al cui interno si trovavano un centinaio di membri del gruppo salafita armati anche con cinture esplosive. Secondo alcuni testimoni, il leader del gruppo Abdel-Latif Moussa, circondato da uomini armati, durante la preghiera aveva proclamato la nascita nella Striscia di Gaza di un "Emirato islamico", sfidando apertamente Hamas, giudicato troppo moderato. Poco dopo è scoppiata la sparatoria.

IL GRUPPO - Jund Anasar Allah ("I soldati dei partigiani di Dio") è un piccolo gruppo radicale, simpatizzante di al Qaeda, che vorrebbe imporre nella Striscia di Gaza una lettura ancora più intransigente della legge islamica. Un fotografo dell'Afp ha constatato che i poliziotti di Hamas hanno fatto saltare in aria con la dinamite la casa di Rafah di Abdel-Latif Moussa. Un rappresentante del gruppo integralista palestinese ha confermato che il leader di questo movimento islamico è stato ucciso.


15 agosto 2009


scontri a torino, milano, lamezia e gorizia
Immigrazione, scatta la rivolta nei Cie
La protesta contro le norme del pacchetto sicurezza
tra materassi bruciati e sciopero della fame



Milano, 14 arresti per le rivolte del Cie
Proteste e disordini al Cie di Torino (Ansa)
MILANO- Da Torino a Lamezia. Da Milano a Gorizia. Il passo della rivolta è breve. Materassi bruciati, sciopero della fame, lanci di oggetti. Così in quattro su 13 Centri di identificazione ed espulsione scatta la protesta. Gli immigrati puntano il dito contro le nuove norme del pacchetto sicurezza. Secondo la legge i clandestini possono essere trattenuti in questi centri fino a un massimo di 180 giorni. E loro no, non ci stanno.

LE RIVOLTE- Quindi al via i disordini. Una sommossa cominciata a Gorizia il fine settimana scorso, continuata a Milano e Torino giovedì notte per poi approdare a Lamezia venerdì. La rivolta contagia gli immigrati che distruggono gli edifici. Sotto la Madonnina 14 persone sono state arrestate a causa degli scontri con le forze dell'ordine. Il centro di via Corelli è stato devastato tanto da rendere necessario trasferimento di una cinquantina di clandestini. A Torino una sessantina di uomini hanno divelto porte, bruciato i materassi e distrutto i letti. Poi è stato cominciato lo sciopero della fame. Mentre a Lamezia in 45 hanno appiccato un incendio. Quattro stranieri sono stati identificati come i promotori della protesta.

LA LEGGE- Nel mirino delle rivolte ci sono le nuove normative approvate con il pacchetto sicurezza. La legge modifica il testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo 286 del 25 luglio 1998), nel punto in cui indica che la convalida dell'espulsione comporta la permanenza dell'immigrato nel Centro per 30 giorni, prorogabili per ulteriori 30. Trascorso questo termine il questore fino a 120 giorni. Insomma una permanenza che può durare fino a sei mesi. E loro no, non ci stanno.


14 agosto 2009




Autonomia veneta Le insofferenze verso Carroccio e Cavaliere
Le ribellioni del Doge Galan
«Liberale, libertario e libertino»


Il soldato Galan dice di sentirsi «liberale, libertario e libertino» («nel senso Settecentesco del termine», ammicca per smarcarsi da certe polemiche con un richiamo più a Casanova che al Cavaliere). Ma che si senta anche libero di fare un accordo con il centro e la sinistra, è un altro paio di maniche.

Cosa pensi di quel Partito democratico tra le cui file c’è chi, come Paolo Costa, lo vorrebbe alla guida di una «grosse koalition» per arginare la Lega, lo disse con parole accese dopo la vittoria di Prodi nel 2006, salutata come la vittoria dell’«orrido partito dei conservatori, l’inquietante partito estremista non eletto dal popolo e composto dagli ex presidenti della Repubblica, il misero partito degli assistiti in eterno, il partito delle cooperative e delle banche controllate dalla finanza rossa» destinato a «devastare l’economia e lo sviluppo industriale del nostro Paese». Un giudizio, diciamo, non lusinghiero. Ritoccato in questi giorni in varie interviste, dal Corriere del Veneto al Giornale : «Con quale dei tre Pd dovrei discutere? Con quello rozzo e ambiguo del sindaco di Padova Zanonato, quello umorale e lagunare del sindaco di Venezia Cacciari o quello serio del sindaco di Montebelluna Laura Puppato, che stimo molto?». Per non dire degli omaggi al presidente della provincia di Trento Lorenzo Dellai e all’ex governatore giuliano-friulano Riccardo Illy.

Possono bastare per suggerire una rottura traumatica da parte di quel «Galan Grande» che è ormai alla guida della Regione dal lontano 1995? «Difficile», dice chi lo conosce bene. «Escluso», dicono gli amici-nemici della Lega. A seminare un pizzico di inquietudine a destra sono due parole usate dal «Doge» padovano: «movimenti magmatici». Cosa vuol dire, quando ricorda che nella sua regione ci sono già stati «decine e decine di comuni, c’è chi dice addirittura cento, dove Pdl e Lega sono andati soli o si sono alleati con il Pd, ma non sono insieme» e che non si può «negare che in Veneto ci siano movimenti magmatici in corso»? E quando gigioneggia sui confini ideologici («Noi veneti non li abbiamo, siamo nati con Marco Polo che andava in giro per imparare») e butta lì che certo, lui è fiero di essere «tra i fondatori di Forza Italia» però «in politica, parafrasando Machiavelli, da cosa nasce cosa»? Il fatto è Giancarlo Galan non fa mistero di due insofferenze. La prima (sottile) è verso Berlusconi dal quale, rivendicando di avere garantito nel Veneto «vittorie a ripetizione, stabilità assoluta e quindici anni di governo senza uno scandalo», si aspetta una parola netta dopo l’ipotesi di cedere la regione alla Lega.

La seconda (dichiarata) è appunto verso la Lega. Una insofferenza quotidiana. Ribadita. Callosa. Certo, riottoso al karakiri il governatore non perde occasione per ribadire, anche in questi giorni, che «la convivenza tra Pdl, Lega e Udc è positiva, più che positiva ». Dietro l’ambiguità della definizione scelta (una cosa è la «convivenza», un’altra l’«alleanza») c’è però un progressivo accumulo di dissensi, bisticci, scontri frontali. Su un mucchio di temi diversi.

Primo fra tutti, la cultura. Scottato dall’esperienza precedente, quando il Carroccio aveva gestito l’assessorato con Ermanno Serrajotto manifestando più interesse per le «sagre del peocio» piuttosto che per il Giorgione, le canzoni popolari (tipo: «’e done de Rialto va via col taco alto / ’e done de San Polo ghe piase l’osocolo ») piuttosto che per l’Albinoni, non ha ceduto di un millimetro: «La delega me la tengo io». E se l’è tenuta. Non che al governatore non interessino le tradizioni e il dialetto. Basti dire che per il compleanno ha mandato a Napolitano una splendida poesia di Romano Pascutto: «Pò da veci se acorzemo / che la feliçità spetada / no gera altro che viver, / cussì, ogni zorno un toc...». Non ha mai fatto mistero, però, del fastidio che prova, lui che viene dal partito liberale di Giovanni Malagodi, per l’esasperazione caricaturale di un certo «venetismo», di certi vessilli, certi proclami identitari.

Non è passato mese, in questi anni, senza una baruffa. Sulle nomine dei direttori generali delle Asl, che ha preteso di fare da solo (tirandosi addosso anche le invettive di An, oltre che quelle leghiste) per «sottrarli alla lottizzazione». Sulla «procedura selettiva riservata» vo luta dal Carroccio (con l’appoggio del Pd) per assumere in Regione i portaborse: «È roba da stipendifici, mi ripugna ». Sulla cocciuta difesa di Malpensa: «Siamo la prima regione turistica d’Italia: è impensabile che un turista venga fino a Varese per andare a Venezia».

E poi ancora sulla necessità di una sanatoria per le badanti: «Una giusta quanto irrinunciabile politica di rigore nei confronti degli stranieri irregolari non deve trasformarsi Il governatore Giancarlo Galan A sinistra, il giorno delle sue nozze con Sandra Persegato in un danno per le famiglie che si prendono cura in casa propria di un anziano o di un disabile». Sui buoni scuola che i leghisti volevano dare solo a chi aveva più di 15 anni di residenza: «Questa legge non passerà. Non la voterò mai». Sullo sbandieramento del federalismo fiscale come se fosse una cosa già acquisita: «Ho 52 anni, non credo che vivrò abbastanza per vederlo sul serio». Sulla prima versione delle ronde «fai-da-te»: «Mostruose». E via così. Contro Zaia. Contro Gentilini: «Credo di avere più affinità con Cacciari che con lui». Contro quelli che strillano contro gli immigrati («usano a volte toni e parole di volgarità indegna, inaccettabile, a tratti bestiale») e contro i gay: «Ci vuole misura, comprensione, rispetto. In giro c’è una brutta aria che non mi piace».

Anni fa, per il compleanno, gli avevano regalato una specie di «remake» del film Il gladiatore nel quale lui, nei panni di Massimo Decimo Meridio, comanda le truppe contro le invasioni dei barbari guidati da un Massimo Cacciari dalla orrenda barba nera che barrisce: «Huantaskaullaaa!». Ecco, a distanza di un decennio, l’impressione è che il «Galan Grande», pur restando rocciosamente liberale, anti-comunista e ostile ai sinistrorsi, si senta anche sempre di più, come avrebbe confidato ad amici, una specie di «antemurale» contro la barbarie.

Stavolta, però, quella di un certo leghismo.

 
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