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Lucky (Due di Picche)Posted: 8/10/2009, 16:54
Lodo Alfano, Berlusconi attacca
"Vedrete di che pasta sono fatto"

Fini e Schifani al Quirinale

Il premier dopo gli attacchi alla Consulta e a Napolitano ("Mi sento preso in giro dal presidente") dice: "Il governo andrà avanti con più grinta di prima". Ma Fini: "Rispettare Napolitano e Consulta". Esplode il caso Bindi. I presidenti di Camera e Senato a colloquio con Napolitano: l'incontro è durato circa un'ora




17:37 Terminato l'incontro al Quirinale
E' terminato l'incontro al Quirinale dei presidenti di Senato e Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini, con il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il colloquio è durato circa un'ora



17:33 Di Pietro: "Berlusconi dica in Parlamento chi lo ha tradito"
"Il presidente del Consiglio venga subito in Parlamento per spiegare il senso delle dichiarazioni e allusioni fatte ieri sera, e riportate oggi dal quotidiano 'La Repubblica', in merito all'ipotetico inganno perpetrato nei suoi confronti". E' quanto chiede il leader di Idv Antonio Di Pietro in un'interrogazione alla Camera. "Berlusconi a chi si riferiva? Chi aveva dato rassicurazioni sull'esito del voto della Consulta? Da chi pensa di essere stato tradito?


17:32 A Palazzo Grazioli ufficio politico del Pdl
E' iniziato da pochi minuti a palazzo Grazioli l'ufficio politico del Pdl. Alla riunione presieduta dal premier Silvio Berlusconi partecipano i coordinatori del partito, i ministri del Popolo della libertà, i governatori regionali, i capigruppo di Camera e Senato e i loro vice.



16:54 Bonanni: "Ricomporre conflitto istituzionale"
"Occorre ricomporre il conflitto istituzionale per tornare ad occuparsi, ciascuno per le proprie responsabilità, dei problemi veri del paese che stanno a cuore ai lavoratori ed ai cittadini italiani''. E' questo l'appello del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni.



16:28 Fini e Schifani da Napolitano
I presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani, si stanno recando al Colle per un colloquio con il Capo dello Stato Giorgio Napolitano. E' quanto si apprende da fonti parlamentari.



16:16 Draghi: "Nessuna ricaduta economica"
"La bocciatura del Lodo Alfano non avrà conseguenze sull'economia" dice il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi.


16:05 Bersani: "No alle picconate della convivenza civile"
No alle "picconate alle mura portanti della nostra convivenza civile. Bisogna richiamare tutti, l'opinione pubblica, ad un presidio fondamentale della nostra Costituzione" e con essa alla Corte costituzionale, al Parlamento, al presidente della Repubblica". Lo ha detto Pier Luigi Bersani candidato alla segretaria del Pd,


15:40 Franceschini: "Solidarietà a Rosy Bindi"
Questa mattina il segretario del Pd Dario Franceschini ha telefonato a Rosy Bindi per esprimere alla vicepresidente della Camera la sua solidarietà "per le offese volgari e maleducate a lei rivolte dal presidente del consiglio Berlusconi" durante la puntata di 'Porta a porta' andata in onda ieri sera.


15:33 Monaca (Pd): "Aprire gli occhi"
"Di che altro c'è bisogno perchè centristi e terzisti aprano gli occhi?" Così Franco Monaco, ulivista del Pd.



15:23 Cacciari: "Solidarietà a Napolitano"
Massimo Cacciari ha inviato un telegramma di solidarietà al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. "Il Paese ha bisogno di lei più che mai" scrive il sindaco di Venezia. "Carissimo Presidente - prosegue Cacciari - per quel che vale, vorrei esprimerle la mia piena solidarietà di fronte ai vergognosi attacchi di cui è stato fatto oggetto in questi ultimi giorni".


15:15 Bondi a Fini: "Non capisce la sostanza del problema"
"La posizione espressa dal presidente della Camera è ineccepibile dal punto di vista formale, ma al pari di quella resa nota dal Capo dello Stato, appare a mio avviso incapace di comprendere la sostanza dei problemi storici e politici che stiamo vivendo da oltre un decennio". Lo dice il coordinatore nazionale del Popolo della libertà, Sandro Bondi, che aggiunge: "Le posizioni freddamente istituzionali a contatto con una realtà incandescente, che vive drammaticamente nella coscienza dei milioni di uomini e di donne, rischiano di tradire una forte assunzione di responsabilità non solo dal punto di vista politico, ma ancor più istituzionale".


14:52 Sinistra e libertà: "Emergenza democratica, opposizione sia unita"
''Di fronte ad un'emergenza democratica, nessun partito dell'opposizione si muova da solo''. Lo afferma Claudio Fava del Coordinamento Nazionale di Sinistra e Liberta'. ''Sinistra e Liberta' - prosegue Fava - chiede a Franceschini, Di Pietro, Casini, alle altre forze politiche fuori dal Parlamento, di incontrarsi subito per lanciare una mobilitazione nazionale in difesa della Costituzione''




14:38 Bonaiuti: "Oggi Pdl decide la linea"
"Oggi c'è un comitato di presidenza del Pdl che deciderà la linea per i prossimi giorni. Parteciperanno certamente anche gli ex-An. Ieri prima della sentenza Fini aveva parlato con Bossi, che in seguito è venuto da Berlusconi e tra i tre c'era un'assoluta concordia, come del resto hanno scritto tutti i giornali". Lo afferma il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti, alla trasmissione '28 minuti'.


14:18 Soro: "Parole incivili sulla Bindi"
"Le rozze e incivili parole con cui il presidente del consiglio e il sottosegretario Castelli si sono rivolti all'on. Rosy Bindi sono segno ulteriore della degenerazione di una stagione politica in cui al governo siedono persone prive di equilibrio e di senso delle istituzioni".


13:50 Donne Pd: "Indignate con Berlusconi"
"Grande è lo sgomento, grande è l'indignazione, ma ancor più grande è la nostra convinzione: la democrazia è un bene non disponibile per Berlusconi, così come non lo è la dignità delle donne". Insorgono le donne del Pd dopo gli insulti in diretta a Porta a Porta del premier a Rosy Bindi.


13:22 Donadi: "Berlusconi antidemocratico"
"Il nostro presidente del consiglio esprime il vero volto di una cultura antidemocratica e crede di poter fare ciò che vuole solo perché è stato votato dagli italiani". Lo ha detto Massimo Donadi dell'Idv


13:18 Calderoli: "Rispetto la sentenza"
Non si deve necessariamente stare da una parte o dall'altra, si può stare da tutte o da nessuna. Rispetto la sentenza di ieri e dico che è giusto che tutti, come dice l'articolo 3 della Costituzione, siano uguali davanti alla legge ma la legge deve anche essere uguale per tutti". Lo ha detto il ministro della Semplificazione normativa, Roberto Calderoli. 'Se vedo una
persona presa in giro, devo dire che e' il presidente della Repubblica, anzi diciamo che è 'fifty - fifty''.


13:16 Rotondi: "No alle elezioni anticipate"
"Nè elezioni nè manifestazioni di piazza: i nostri elettori ci chiedono di attuare integralmente il nostro programma, a cominciare dalla riforma di una giustizia divenuta la culla del conservatorismo anzichè la garanzia dei cittadini". Lo afferma il ministro per l'attuazione del Programma Gianfranco Rotondi.



13:12 Sacconi: "Andiamo avanti"
"Andiamo avanti forti di un indiscutibile mandato popolare nella consapevolezza di avere il dovere di guidare il Paese in un momento di crisi globale". Lo ha detto il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi


13:04 Franceschini: "Risponderemo con le primarie"
Il Pd è pronto a dare una risposta di "popolo" agli attacchi del premier agli organi costituzionali, e cioè con i propri elettori che si recheranno ai gazebo il 25 ottobre alle primarie. Lo ha detto Dario Franceschini durante una conferenza stampa nella sede del suo comunicato.



12:56 Chiti: "Grave l'attacco di Berlusconi"
"E' gravissimo l'attacco che il presidente del Consiglio muove al presidente della Repubblica: Berlusconi è l'uomo della divisione. Per tutelare i suoi interessi sarebbe pronto a distruggere il Paese. Le sue parole e quelle dei suoi corifei non offendono soltanto Napolitano ma la maggioranza dei cittadini italiani, che vede e apprezza il ruolo di equilibrio, di garanzia della Costituzione, di imparzialità svolto dal Presidente. Ritengo giusta e importante a questo proposito l'autorevole dichiarazione del presidente della Camera Fini" dice il vicepresidente del Senato Vannino Chiti.



12:20 Anm: "Sentenza da rispettare"
"Le sentenze della Corte Costituzionale si rispettano e l'ANM non intende commentarle". Lo ha detto il Presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati Luca Palamara, interpellato da Sky TG24


12:18 Di Pietro: "In piazza per far dimettere Berlusconi"
Una grande manifestazione, una piazza Navona 2 per chiedere a gran voce le dimissioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dopo la bocciatura del lodo Alfano. Ad annunciarla è stato questa mattina Antonio Di Pietro, nel corso di una conferenza stampa. "Organizzeremo una manifestazione di piazza per chiedere che si vada alle urne", ha detto, e "per chiedere a gran voce al Silvio Berlusconi di andare davanti al suo giudice".


12:02 Epifani: "Serve serenità"
"Serve serenità ma ora è arrivato il momento che il Governo affronti i problemi del Paese". A dirlo è il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, commentando il lodo Alfano


12:00 Lombardo: "Stima per Berlusconi"
Sono venuto a trovare Berlusconi per esprimergli la mia stima incondizionata, la nostra grande amicizia e vicinanza, e per fargli sapere che può contare su di noi". Lo ha detto il governatore siciliano, Raffaele Lombardo, dopo un colloquio a palazzo Grazioli con il presidente del Consiglio.


11:49 Lupi: "Si torni alla normalità"
"In questi giorni abbiamo assistito ad attacchi del 'tutti contro tutti'. Mi auguro che il nostro Paese democratico torni alla normalità". Lo ha detto il vice presidente della Camera Maurizio Lupi.


11:40 Finocchiaro: "Attacchi eversivi"
"Chi è stato legittimamente nominato presidente del consiglio (non eletto direttamente) ha il diritto di governare e tutti i doveri che derivano dalla sua funzione e che sono stabiliti dalla nostra costituzione. Berlusconi invece ritiene di avere solo diritti" dice la presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro. "Questo suo modo di concepire il ruolo di presidente del consiglio - prosegue in una nota - è fuori dai limiti previsti dalla nostra carta. E' da questa sua concezione del suo ruolo che deriva l'attacco eversivo a napolitano e alla Corte che in nessun paese democratico sarebbe consentito e che noi non consentiremo".


11:15 Soro: "Berlusconi preda di una crisi di nervi"
E' evidente che il presidente del Consiglio è in preda a una crisi di nervi e che ha bisogno di riposo" dice Antonello Soro, presidente deputati Pd.


11:00 Mancino: "Nessuna ricaduta politica"
"Gli effetti di questa sentenza non sono riproducibili sul terreno politico - continua manicno - C'è una maggioranza espressa dal corpo elettorale, che va avanti con le proposte contenute nel suo programma"


10:58 Mancino: "Giudici di destra o celestiali?"
I giudici della Corte costituzionale sono di sinistra? "Che devono essere di destra, o celestiali?". Così il vice presidente del Csm Nicola Mancino commenta le dichiarazioni del presidente del consiglio Silvio Berlusconi che, dopo la sentenza sul lodo Alfano, ha detto che i giudici della Consulta sono di sinistra. "La corte svolge il suo ruolo - rileva Mancino - i giudici hanno le loro convinzioni e dire che giudicano politicizzando le questioni in loro esame mi sembra un ritornello".


10:48 Franceschini: "Farneticazioni inqualificabili"
"Ieri sera è stato un elenco di farneticazioni inqualificabili" da parte del presidente del Consiglio contro la Consulta e Napolitano che è invece stato "ineccepibile". Lo dice Dario Franceschini, segretario del Pd, criticando anche le parole "giuridicamente sbagliate e politicamente suicide" di Antonio Di Pietro contro il capo dello Stato.


10:45 Letta, Romani e Confalonieri a palazzo Grazioli
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il viceministro con delega alle Comunicazioni, Paolo Romani, e il presidente di mediaset, Fedele Confalonieri, sono usciti da palazzo Grazioli



10:38 Schifani: "Maggioranza e opposizione decise dal popolo"
"La maggioranza e l'opposizione sono decise dal voto del popolo. Via di fuga parallele non sono praticabili: opporsi alla maggioranza è innanzitutto compito dell'opposizione parlamentare, che si esprime con l'autorevolezza che le ha conferito l'esito elettorale" dice il presidente del Senato Renato Schifani.


10:37 Mancino: "Da Berlusconi accuse rozze"
"La rozzezza delle accuse stavolta non ha proprio avuto un limite". Lo dice il vice presidente del Csm Nicola Mancino a proposito dell'attacco rivolto ieri da Silvio Berlusconi al Presidente della Repubblica dopo la sentenza sul 'lodo Alfano'.


10:29 Fini: "Sostengo il premier ma rispetti la Consulta e Napolitano"
"L'incontestabile diritto politico di Silvio Berlusconi di governare, conferitogli dagli elettori, e di riformare il Paese, non può far venir meno il suo preciso dovere costituzionale di rispettare la Corte Costituzionale e il Capo dello Stato". Lo dice il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, in una nota.



10:28 Scajola: "Intralci contro Berlusconi"
"Nulla fermerà il dovere del governo di governare il Paese. Tanto più in un momento di difficoltà, nonostante gli intralci che molti mettono sul cammino dell'esecutivo Berlusconi" lo ha detto il ministro delle Attività produttive Claudio Scajola.



10:20 Di Pietro: "Il premier si dimetta"
Chiedo le dimissioni di Berlusconi per ragioni tecniche, non per odio personale. Berlusconi o si difende o fa il premier. Da domani succederà che tra un rinvio e l'altro i processi non si faranno e non sapremo se è colpevole o innocente. Quindi si dimetta e vada a fare ciò che da 15 anni sfugge, l'imputato". Lo ha detto Antonio Di Pietro, leader dell'Idv, ospite di Radio 24,


10:17 Schifani e Bagnasco: "La sentenza? No comment"
"No comment, no comment": così il presidente del Senato, Renato Schifani, ha risposto alla richiesta di un commento sul verdetto della Consulta sul Lodo Alfano. Nessun commento nemmeno dal presidente della Cei, Angelo Bagnasco, presente all'incontro.


10:04 Gasparri: "La Consulta sezione di partito di sinistra"
La Corte Costituzionale ''da ieri non e' piu' un organo di garanzia'', ''ha ingannato il Capo dello Stato facendo una scelta gravissima''. Insomma, ''ci troviamo di fronte ad una Corte Costituzionale che e' una sezione di partito di sinistra''. Lo ha detto il presidente del gruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri, intervenendo a 'La Telefonata' su Canale 5.


09:56 Di Pietro: "Dal Lodo bocciato una vittoria per Berlusconi"
Il lodo Alfano e' stato bocciato dalla Consulta ma questa legge incostituzionale ha permesso a Silvio Berlusconi di ''portare a casa un risultato'' e cioe' la quasi certa prescrizione del premier nel processo Mills. Lo ha detto il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, a Radio anch'io. ''Berlusconi ha gia' vinto'', ha detto Di Pietro, ricordando che l'introduzione del lodo Alfano obbligo' i giudici del Tribunale di Milano a stralciare la posizione del premier. Ora, decaduto lo 'scudo', il processo deve ricominciare da capo, spiega Di Pietro e ''non si fara' certo in tempo a concluderlo entro il termine" della prescrizione.


09:47 La Ue: "Sentenza prova che Paesi tutelano diritti fondamentali"
La Commissione europea non è l'unica istanza a tutelare i diritti fondamentali nell'Ue, lo fanno anche gli stati membri come dimostra la sentenza della Consulta sul Lodo Alfano. Lo ha detto il commissario europeo per l'informazione, Viviane Reding, durante il dibattito al Parlamento Europeo sulla libertà d'informazione in Italia. "La Commissione - ha detto - non ha competenza sull'intera tutela dei diritti fondamentali. Gli stati membri dispongono di Corti costituzionali, corti di appello, tribunali, che garantiscono i diritti fondamentali. Proprio ieri in Italia abbiamo avuto un esempio" con la sentenza della Consulta sul Lodo.


09:38 Di Pietro: "Napolitano si è messo in imbararazzo da solo"
Antonio Di Pietro torna a criticare Giorgio Napolitano dopo la pronuncia della Corte Costituzionale sul lodo Alfano. ''E' il Capo dello Stato che si e' messo in imbarazzo - dice il leader dell'Idv intervenendo a Radio anch'io - non solo firmando una legge incostituzionale ma dicendo che questa era costituzionale''. Tornando al premier, Di Pietro ribadisce la sua posizione: "Berlusconi deve dimettersi e vada a fare l'imputato nei processi che lo attendono''.



09:32 Avvenire: "Istituzioni sull'orlo del baratro"
Il quotidiano dei vescovi critica il premier Berlusconi per i commenti sulla bocciatura del Lodo Alfano da parte della Consulta e per le accuse al presidente Napolitano. Scrive Avvenire: "Una giornata tra le più difficili della storia repubblicana, presenta tinte talmente fosche da alimentare paradossalmente un`unica speranza: che tutti si rendano conto del rischio di avvitamento istituzionale che si sta correndo. E che in un soprassalto di saggezza si arrestino sull`orlo del precipizio che si affaccia davanti ai loro piedi".


09:05 Gasparri: "Consulta occupata da militanti di parte"
"C'è un'occupazione politica della Corte costituzionale, un vulnus. La Corte è occupata da militanti di parte". Lo ha detto il capogruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, nel programma "Mattino Cinque".


08:45 Berlusconi: "Meno male che Silvio c'è, se no Paese alle sinistre"
"Per fortuna che Silvio c'è, altrimenti il Paese sarebbe nelle mani della sinistra" che "usa il potere giudiziario ai fini di lotta politica". Lo ha detto Silvio Berlusconi al Gr1 Rai. Il premier è tornato ad attaccare la stampa: "E' tutta di sinistra con in testa 'Repubblica' e gli altri giornali"; la sinistra, ha aggiunto il prmeier, "ha tutti i programmi di approfondimento politico con la tv pubblica".


08:39 Berlusconi: "Mi difenderò in tribunale e in tv"
Berlusconi conferma che "il governo va avanti tranquillamente, se possibile con più grinta di prima, perchè si sente assolutamente indispensabile alla democrazia". Quanto al suo ruolo di imputato, il premier ha detto: "Ci sono due processi farsa, risibili, assurdi, che illustrerò agli italiani, anche andando in tv. Mi difenderò nelle aule dei tribunali, mostrando agli italiani di che pasta sono fatto".



08:31 Berlusconi: "Napolitano è di sinistra"
"C'è un capo dello Stato di sinistra e c'è una Corte Costituzionale con undici giudici di sinistra che non è certamente un organo di garanzia, ma è un organo politico come si è visto in questa occasione". Lo afferma il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al Gr Rai. Su Napolitano il premier aggiunge: "E' stato eletto da una maggioranza di sinistra che non è più maggioranza nel Paese, e ha le radici della sua storia nella sinistra. Credo che anche l'ultimo atto di nomina di un magistrato della Corte dimostri da che parte sta"


08:29 Palamara: "Rispetto per la Corte"
"Rispetto per la Corte costituzionale": lo chiede Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati, nel corso di un'intervista a Sky Tg24


08:17 Berlusconi: "Andiamo avanti"
Silvio Berlusconi: "Il governo andrà avanti con più grinta di prima"


08:15 Berlusconi: "Vedrete di che pasta sono fatto"
"Ci sono due processi-farsa, assurdi. Farò esporre al ridicolo i miei accusatori e farò vedere a loro e agli italiani di che pasta sono fatto". Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in una intervista al Gr1 mandata in onda questa mattina.








17:37 Terminato l'incontro al Quirinale
E' terminato l'incontro al Quirinale dei presidenti di Senato e Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini, con il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il colloquio è durato circa un'ora



17:33 Di Pietro: "Berlusconi dica in Parlamento chi lo ha tradito"
"Il presidente del Consiglio venga subito in Parlamento per spiegare il senso delle dichiarazioni e allusioni fatte ieri sera, e riportate oggi dal quotidiano 'La Repubblica', in merito all'ipotetico inganno perpetrato nei suoi confronti". E' quanto chiede il leader di Idv Antonio Di Pietro in un'interrogazione alla Camera. "Berlusconi a chi si riferiva? Chi aveva dato rassicurazioni sull'esito del voto della Consulta? Da chi pensa di essere stato tradito?


17:32 A Palazzo Grazioli ufficio politico del Pdl
E' iniziato da pochi minuti a palazzo Grazioli l'ufficio politico del Pdl. Alla riunione presieduta dal premier Silvio Berlusconi partecipano i coordinatori del partito, i ministri del Popolo della libertà, i governatori regionali, i capigruppo di Camera e Senato e i loro vice.



16:54 Bonanni: "Ricomporre conflitto istituzionale"
"Occorre ricomporre il conflitto istituzionale per tornare ad occuparsi, ciascuno per le proprie responsabilità, dei problemi veri del paese che stanno a cuore ai lavoratori ed ai cittadini italiani''. E' questo l'appello del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni.



16:28 Fini e Schifani da Napolitano
I presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani, si stanno recando al Colle per un colloquio con il Capo dello Stato Giorgio Napolitano. E' quanto si apprende da fonti parlamentari.



16:16 Draghi: "Nessuna ricaduta economica"
"La bocciatura del Lodo Alfano non avrà conseguenze sull'economia" dice il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi.


16:05 Bersani: "No alle picconate della convivenza civile"
No alle "picconate alle mura portanti della nostra convivenza civile. Bisogna richiamare tutti, l'opinione pubblica, ad un presidio fondamentale della nostra Costituzione" e con essa alla Corte costituzionale, al Parlamento, al presidente della Repubblica". Lo ha detto Pier Luigi Bersani candidato alla segretaria del Pd,


15:40 Franceschini: "Solidarietà a Rosy Bindi"
Questa mattina il segretario del Pd Dario Franceschini ha telefonato a Rosy Bindi per esprimere alla vicepresidente della Camera la sua solidarietà "per le offese volgari e maleducate a lei rivolte dal presidente del consiglio Berlusconi" durante la puntata di 'Porta a porta' andata in onda ieri sera.


15:33 Monaca (Pd): "Aprire gli occhi"
"Di che altro c'è bisogno perchè centristi e terzisti aprano gli occhi?" Così Franco Monaco, ulivista del Pd.



15:23 Cacciari: "Solidarietà a Napolitano"
Massimo Cacciari ha inviato un telegramma di solidarietà al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. "Il Paese ha bisogno di lei più che mai" scrive il sindaco di Venezia. "Carissimo Presidente - prosegue Cacciari - per quel che vale, vorrei esprimerle la mia piena solidarietà di fronte ai vergognosi attacchi di cui è stato fatto oggetto in questi ultimi giorni".


15:15 Bondi a Fini: "Non capisce la sostanza del problema"
"La posizione espressa dal presidente della Camera è ineccepibile dal punto di vista formale, ma al pari di quella resa nota dal Capo dello Stato, appare a mio avviso incapace di comprendere la sostanza dei problemi storici e politici che stiamo vivendo da oltre un decennio". Lo dice il coordinatore nazionale del Popolo della libertà, Sandro Bondi, che aggiunge: "Le posizioni freddamente istituzionali a contatto con una realtà incandescente, che vive drammaticamente nella coscienza dei milioni di uomini e di donne, rischiano di tradire una forte assunzione di responsabilità non solo dal punto di vista politico, ma ancor più istituzionale".


14:52 Sinistra e libertà: "Emergenza democratica, opposizione sia unita"
''Di fronte ad un'emergenza democratica, nessun partito dell'opposizione si muova da solo''. Lo afferma Claudio Fava del Coordinamento Nazionale di Sinistra e Liberta'. ''Sinistra e Liberta' - prosegue Fava - chiede a Franceschini, Di Pietro, Casini, alle altre forze politiche fuori dal Parlamento, di incontrarsi subito per lanciare una mobilitazione nazionale in difesa della Costituzione''




14:38 Bonaiuti: "Oggi Pdl decide la linea"
"Oggi c'è un comitato di presidenza del Pdl che deciderà la linea per i prossimi giorni. Parteciperanno certamente anche gli ex-An. Ieri prima della sentenza Fini aveva parlato con Bossi, che in seguito è venuto da Berlusconi e tra i tre c'era un'assoluta concordia, come del resto hanno scritto tutti i giornali". Lo afferma il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti, alla trasmissione '28 minuti'.


14:18 Soro: "Parole incivili sulla Bindi"
"Le rozze e incivili parole con cui il presidente del consiglio e il sottosegretario Castelli si sono rivolti all'on. Rosy Bindi sono segno ulteriore della degenerazione di una stagione politica in cui al governo siedono persone prive di equilibrio e di senso delle istituzioni".


13:50 Donne Pd: "Indignate con Berlusconi"
"Grande è lo sgomento, grande è l'indignazione, ma ancor più grande è la nostra convinzione: la democrazia è un bene non disponibile per Berlusconi, così come non lo è la dignità delle donne". Insorgono le donne del Pd dopo gli insulti in diretta a Porta a Porta del premier a Rosy Bindi.


13:22 Donadi: "Berlusconi antidemocratico"
"Il nostro presidente del consiglio esprime il vero volto di una cultura antidemocratica e crede di poter fare ciò che vuole solo perché è stato votato dagli italiani". Lo ha detto Massimo Donadi dell'Idv


13:18 Calderoli: "Rispetto la sentenza"
Non si deve necessariamente stare da una parte o dall'altra, si può stare da tutte o da nessuna. Rispetto la sentenza di ieri e dico che è giusto che tutti, come dice l'articolo 3 della Costituzione, siano uguali davanti alla legge ma la legge deve anche essere uguale per tutti". Lo ha detto il ministro della Semplificazione normativa, Roberto Calderoli. 'Se vedo una
persona presa in giro, devo dire che e' il presidente della Repubblica, anzi diciamo che è 'fifty - fifty''.


13:16 Rotondi: "No alle elezioni anticipate"
"Nè elezioni nè manifestazioni di piazza: i nostri elettori ci chiedono di attuare integralmente il nostro programma, a cominciare dalla riforma di una giustizia divenuta la culla del conservatorismo anzichè la garanzia dei cittadini". Lo afferma il ministro per l'attuazione del Programma Gianfranco Rotondi.



13:12 Sacconi: "Andiamo avanti"
"Andiamo avanti forti di un indiscutibile mandato popolare nella consapevolezza di avere il dovere di guidare il Paese in un momento di crisi globale". Lo ha detto il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi


13:04 Franceschini: "Risponderemo con le primarie"
Il Pd è pronto a dare una risposta di "popolo" agli attacchi del premier agli organi costituzionali, e cioè con i propri elettori che si recheranno ai gazebo il 25 ottobre alle primarie. Lo ha detto Dario Franceschini durante una conferenza stampa nella sede del suo comunicato.



12:56 Chiti: "Grave l'attacco di Berlusconi"
"E' gravissimo l'attacco che il presidente del Consiglio muove al presidente della Repubblica: Berlusconi è l'uomo della divisione. Per tutelare i suoi interessi sarebbe pronto a distruggere il Paese. Le sue parole e quelle dei suoi corifei non offendono soltanto Napolitano ma la maggioranza dei cittadini italiani, che vede e apprezza il ruolo di equilibrio, di garanzia della Costituzione, di imparzialità svolto dal Presidente. Ritengo giusta e importante a questo proposito l'autorevole dichiarazione del presidente della Camera Fini" dice il vicepresidente del Senato Vannino Chiti.



12:20 Anm: "Sentenza da rispettare"
"Le sentenze della Corte Costituzionale si rispettano e l'ANM non intende commentarle". Lo ha detto il Presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati Luca Palamara, interpellato da Sky TG24


12:18 Di Pietro: "In piazza per far dimettere Berlusconi"
Una grande manifestazione, una piazza Navona 2 per chiedere a gran voce le dimissioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dopo la bocciatura del lodo Alfano. Ad annunciarla è stato questa mattina Antonio Di Pietro, nel corso di una conferenza stampa. "Organizzeremo una manifestazione di piazza per chiedere che si vada alle urne", ha detto, e "per chiedere a gran voce al Silvio Berlusconi di andare davanti al suo giudice".


12:02 Epifani: "Serve serenità"
"Serve serenità ma ora è arrivato il momento che il Governo affronti i problemi del Paese". A dirlo è il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, commentando il lodo Alfano


12:00 Lombardo: "Stima per Berlusconi"
Sono venuto a trovare Berlusconi per esprimergli la mia stima incondizionata, la nostra grande amicizia e vicinanza, e per fargli sapere che può contare su di noi". Lo ha detto il governatore siciliano, Raffaele Lombardo, dopo un colloquio a palazzo Grazioli con il presidente del Consiglio.


11:49 Lupi: "Si torni alla normalità"
"In questi giorni abbiamo assistito ad attacchi del 'tutti contro tutti'. Mi auguro che il nostro Paese democratico torni alla normalità". Lo ha detto il vice presidente della Camera Maurizio Lupi.


11:40 Finocchiaro: "Attacchi eversivi"
"Chi è stato legittimamente nominato presidente del consiglio (non eletto direttamente) ha il diritto di governare e tutti i doveri che derivano dalla sua funzione e che sono stabiliti dalla nostra costituzione. Berlusconi invece ritiene di avere solo diritti" dice la presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro. "Questo suo modo di concepire il ruolo di presidente del consiglio - prosegue in una nota - è fuori dai limiti previsti dalla nostra carta. E' da questa sua concezione del suo ruolo che deriva l'attacco eversivo a napolitano e alla Corte che in nessun paese democratico sarebbe consentito e che noi non consentiremo".


11:15 Soro: "Berlusconi preda di una crisi di nervi"
E' evidente che il presidente del Consiglio è in preda a una crisi di nervi e che ha bisogno di riposo" dice Antonello Soro, presidente deputati Pd.


11:00 Mancino: "Nessuna ricaduta politica"
"Gli effetti di questa sentenza non sono riproducibili sul terreno politico - continua manicno - C'è una maggioranza espressa dal corpo elettorale, che va avanti con le proposte contenute nel suo programma"


10:58 Mancino: "Giudici di destra o celestiali?"
I giudici della Corte costituzionale sono di sinistra? "Che devono essere di destra, o celestiali?". Così il vice presidente del Csm Nicola Mancino commenta le dichiarazioni del presidente del consiglio Silvio Berlusconi che, dopo la sentenza sul lodo Alfano, ha detto che i giudici della Consulta sono di sinistra. "La corte svolge il suo ruolo - rileva Mancino - i giudici hanno le loro convinzioni e dire che giudicano politicizzando le questioni in loro esame mi sembra un ritornello".


10:48 Franceschini: "Farneticazioni inqualificabili"
"Ieri sera è stato un elenco di farneticazioni inqualificabili" da parte del presidente del Consiglio contro la Consulta e Napolitano che è invece stato "ineccepibile". Lo dice Dario Franceschini, segretario del Pd, criticando anche le parole "giuridicamente sbagliate e politicamente suicide" di Antonio Di Pietro contro il capo dello Stato.


10:45 Letta, Romani e Confalonieri a palazzo Grazioli
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il viceministro con delega alle Comunicazioni, Paolo Romani, e il presidente di mediaset, Fedele Confalonieri, sono usciti da palazzo Grazioli



10:38 Schifani: "Maggioranza e opposizione decise dal popolo"
"La maggioranza e l'opposizione sono decise dal voto del popolo. Via di fuga parallele non sono praticabili: opporsi alla maggioranza è innanzitutto compito dell'opposizione parlamentare, che si esprime con l'autorevolezza che le ha conferito l'esito elettorale" dice il presidente del Senato Renato Schifani.


10:37 Mancino: "Da Berlusconi accuse rozze"
"La rozzezza delle accuse stavolta non ha proprio avuto un limite". Lo dice il vice presidente del Csm Nicola Mancino a proposito dell'attacco rivolto ieri da Silvio Berlusconi al Presidente della Repubblica dopo la sentenza sul 'lodo Alfano'.


10:29 Fini: "Sostengo il premier ma rispetti la Consulta e Napolitano"
"L'incontestabile diritto politico di Silvio Berlusconi di governare, conferitogli dagli elettori, e di riformare il Paese, non può far venir meno il suo preciso dovere costituzionale di rispettare la Corte Costituzionale e il Capo dello Stato". Lo dice il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, in una nota.



10:28 Scajola: "Intralci contro Berlusconi"
"Nulla fermerà il dovere del governo di governare il Paese. Tanto più in un momento di difficoltà, nonostante gli intralci che molti mettono sul cammino dell'esecutivo Berlusconi" lo ha detto il ministro delle Attività produttive Claudio Scajola.



10:20 Di Pietro: "Il premier si dimetta"
Chiedo le dimissioni di Berlusconi per ragioni tecniche, non per odio personale. Berlusconi o si difende o fa il premier. Da domani succederà che tra un rinvio e l'altro i processi non si faranno e non sapremo se è colpevole o innocente. Quindi si dimetta e vada a fare ciò che da 15 anni sfugge, l'imputato". Lo ha detto Antonio Di Pietro, leader dell'Idv, ospite di Radio 24,


10:17 Schifani e Bagnasco: "La sentenza? No comment"
"No comment, no comment": così il presidente del Senato, Renato Schifani, ha risposto alla richiesta di un commento sul verdetto della Consulta sul Lodo Alfano. Nessun commento nemmeno dal presidente della Cei, Angelo Bagnasco, presente all'incontro.


10:04 Gasparri: "La Consulta sezione di partito di sinistra"
La Corte Costituzionale ''da ieri non e' piu' un organo di garanzia'', ''ha ingannato il Capo dello Stato facendo una scelta gravissima''. Insomma, ''ci troviamo di fronte ad una Corte Costituzionale che e' una sezione di partito di sinistra''. Lo ha detto il presidente del gruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri, intervenendo a 'La Telefonata' su Canale 5.


09:56 Di Pietro: "Dal Lodo bocciato una vittoria per Berlusconi"
Il lodo Alfano e' stato bocciato dalla Consulta ma questa legge incostituzionale ha permesso a Silvio Berlusconi di ''portare a casa un risultato'' e cioe' la quasi certa prescrizione del premier nel processo Mills. Lo ha detto il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, a Radio anch'io. ''Berlusconi ha gia' vinto'', ha detto Di Pietro, ricordando che l'introduzione del lodo Alfano obbligo' i giudici del Tribunale di Milano a stralciare la posizione del premier. Ora, decaduto lo 'scudo', il processo deve ricominciare da capo, spiega Di Pietro e ''non si fara' certo in tempo a concluderlo entro il termine" della prescrizione.


09:47 La Ue: "Sentenza prova che Paesi tutelano diritti fondamentali"
La Commissione europea non è l'unica istanza a tutelare i diritti fondamentali nell'Ue, lo fanno anche gli stati membri come dimostra la sentenza della Consulta sul Lodo Alfano. Lo ha detto il commissario europeo per l'informazione, Viviane Reding, durante il dibattito al Parlamento Europeo sulla libertà d'informazione in Italia. "La Commissione - ha detto - non ha competenza sull'intera tutela dei diritti fondamentali. Gli stati membri dispongono di Corti costituzionali, corti di appello, tribunali, che garantiscono i diritti fondamentali. Proprio ieri in Italia abbiamo avuto un esempio" con la sentenza della Consulta sul Lodo.


09:38 Di Pietro: "Napolitano si è messo in imbararazzo da solo"
Antonio Di Pietro torna a criticare Giorgio Napolitano dopo la pronuncia della Corte Costituzionale sul lodo Alfano. ''E' il Capo dello Stato che si e' messo in imbarazzo - dice il leader dell'Idv intervenendo a Radio anch'io - non solo firmando una legge incostituzionale ma dicendo che questa era costituzionale''. Tornando al premier, Di Pietro ribadisce la sua posizione: "Berlusconi deve dimettersi e vada a fare l'imputato nei processi che lo attendono''.



09:32 Avvenire: "Istituzioni sull'orlo del baratro"
Il quotidiano dei vescovi critica il premier Berlusconi per i commenti sulla bocciatura del Lodo Alfano da parte della Consulta e per le accuse al presidente Napolitano. Scrive Avvenire: "Una giornata tra le più difficili della storia repubblicana, presenta tinte talmente fosche da alimentare paradossalmente un`unica speranza: che tutti si rendano conto del rischio di avvitamento istituzionale che si sta correndo. E che in un soprassalto di saggezza si arrestino sull`orlo del precipizio che si affaccia davanti ai loro piedi".


09:05 Gasparri: "Consulta occupata da militanti di parte"
"C'è un'occupazione politica della Corte costituzionale, un vulnus. La Corte è occupata da militanti di parte". Lo ha detto il capogruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, nel programma "Mattino Cinque".


08:45 Berlusconi: "Meno male che Silvio c'è, se no Paese alle sinistre"
"Per fortuna che Silvio c'è, altrimenti il Paese sarebbe nelle mani della sinistra" che "usa il potere giudiziario ai fini di lotta politica". Lo ha detto Silvio Berlusconi al Gr1 Rai. Il premier è tornato ad attaccare la stampa: "E' tutta di sinistra con in testa 'Repubblica' e gli altri giornali"; la sinistra, ha aggiunto il prmeier, "ha tutti i programmi di approfondimento politico con la tv pubblica".


08:39 Berlusconi: "Mi difenderò in tribunale e in tv"
Berlusconi conferma che "il governo va avanti tranquillamente, se possibile con più grinta di prima, perchè si sente assolutamente indispensabile alla democrazia". Quanto al suo ruolo di imputato, il premier ha detto: "Ci sono due processi farsa, risibili, assurdi, che illustrerò agli italiani, anche andando in tv. Mi difenderò nelle aule dei tribunali, mostrando agli italiani di che pasta sono fatto".



08:31 Berlusconi: "Napolitano è di sinistra"
"C'è un capo dello Stato di sinistra e c'è una Corte Costituzionale con undici giudici di sinistra che non è certamente un organo di garanzia, ma è un organo politico come si è visto in questa occasione". Lo afferma il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al Gr Rai. Su Napolitano il premier aggiunge: "E' stato eletto da una maggioranza di sinistra che non è più maggioranza nel Paese, e ha le radici della sua storia nella sinistra. Credo che anche l'ultimo atto di nomina di un magistrato della Corte dimostri da che parte sta"


08:29 Palamara: "Rispetto per la Corte"
"Rispetto per la Corte costituzionale": lo chiede Luca Palamara, presidente dell'Associazione nazionale magistrati, nel corso di un'intervista a Sky Tg24


08:17 Berlusconi: "Andiamo avanti"
Silvio Berlusconi: "Il governo andrà avanti con più grinta di prima"


08:15 Berlusconi: "Vedrete di che pasta sono fatto"
"Ci sono due processi-farsa, assurdi. Farò esporre al ridicolo i miei accusatori e farò vedere a loro e agli italiani di che pasta sono fatto". Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in una intervista al Gr1 mandata in onda questa mattina.





Reazioni dopo l'intervento di Berlusconi a Porta a Porta
Le democratiche rilanciano: "Il premier più alto che educato"
Insulti alla Bindi, insorge il Pd
"Sgomento e indignazione"

Emma Bonino: "Uno spettacolo impressionante"

ROMA - "Grande è lo sgomento, grande è l'indignazione, ma ancor più grande è la nostra convinzione: la democrazia è un bene non disponibile per Berlusconi, così come non lo è la dignità delle donne". Insorgono le donne del Pd dopo gli insulti in diretta a Porta a Porta del premier a Rosy Bindi nel giorno in cui la Consulta ha dichiarato incostituzionale il Lodo Alfano. "Lei è più bella che intelligente", ha detto il premier all'allibita parlamentare, che ha subito replicato: "Evidentemente io sono una donna che non è a sua disposizione". E oggi la Bindi puntualizza il senso delle sue parole: "Ci tengo a precisare che ho reagito non per difendere me dalle offese di Berlusconi che non mi sfiorano minimamente, mi sono sentita di reagire perché penso di doverlo fare in nome di tutte le donne, questo Presidente del Consiglio ha una concezione strumentale delle donne, veicola messaggi pericolosi a questo paese ed è arrivato il momento che le donne reagiscano davvero"

L'insulto del premier fa scoppiare un vero e proprio caso tanto che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti tenta un'improbabile difesa: "Questi sono momenti di estrema concitazione, sono cose che possono succedere".

GUARDA IL VIDEO

"Più alto che educato" - Le prime repliche al premier arrivano in mattinata. Giovanna Melandri, responsabile Cultura del Pd, non usa mezzi termini e risponde a tono a Silvio Berlusconi: "Questa volta, il presidente del Consiglio ha dimostrato di essere più alto che educato", dice aggiungendo che "una giornata non proprio felice" ha fatto perdere al premier "ogni freno inibitorio". Ma l'ex ministro delle Politiche Giovanili non è la sola a intervenire. Marina Sereni, vicepresidente dei parlamentari del PD, alza il tiro, sottolineando che le offese di Berlusconi sono "un insulto alla buona educazione, alla vicepresidente della Camera, a una democratica e alle donne". Offese gratuite che "dimostrano ancora una volta, semmai ce ne fosse stato bisogno, tutta la pochezza della concezione che Berlusconi ha delle donne", commenta Anna Finocchiaro, aggiungendo che "la profonda volgarità dell'attacco a Rosy Bindi parla da sola". Un Berlusconi semplicemente "sguaiato", per Barbara Pollastrini.

La telefonata di Franceschini - Il segretario del Pd Dario Franceschini ha telefonato stamattina alla Bindi esprimendo la sua solidarietà "per le offese volgari del presidente del Consiglio". Per Antonello Soro, capogruppo del Pd a Montecitorio, le parole del premier sono un "segno ulteriore della degenerazione di una stagione politica in cui al governo siedono persone prive di equilibrio e di senso delle istituzioni''.

Emma Bonino, "Modi inaccettabili" - Per Emma Bonino le parole di Berlusconi e Castelli sono state "uno spettacolo impressionante". Ma la leader dei Radicali non si stupisce e in un'intervista all'Agenzia Radiofonica Econews dichiara: "Questo modo inaccettabile di rivolgersi alle donne esprime una visione di fondo che si ha del mondo femminile".

La solidarietà su Facebook - Sulla pagina Facebook di Rosy Bindi le attestazioni di stima e solidarietà da parte delle donne italiane sono centinaia. E migliaia di utenti scandalizzati postano sulle loro pagine messaggi contro le parole del premier. Sul sito di Democratici Davvero, l'associazione della Bindi, nessun commento ufficiale. Solo un link al video che riprende le affermazioni di Berlusconi e Castelli a Porta a Porta. Le immagini parlano da sole.

(8 ottobre 2009)



Cambiò cura tradizionale con ayurvedica
Medico accusato di omicidio volontario



BOLOGNA - Per la morte di un bambino di 6 anni affetto da fibrosi cistica, un medico bolognese è stato incriminato di omicidio volontario. E' la prima volta che un giudice porta alla sbarra un dottore per un reato così grave. Generalmente l'imputazione è omicidio colposo. L'accusa sostiene invece che il medico sapeva che interrompere la terapia tradizionale e sostituirla con prescrizioni a base di erbe medicinali e polveri minerali secondo la medicina ayurvedica, avrebbe portato alla morte il piccolo paziente.

Nega l'accusa il medico bolognese, 52 anni. "Quando i genitori del bimbo si sono rivolti a me - ha spiegato lo specialista al giudice - avevano già interrotto la terapia tradizionale perchè il trattamento a base di cortisone e antibiotici, oltre a debilitare il bambino, non portava né miglioramenti né benefici".

I genitori del bambino (prima indagati ma poi prosciolti) erano venuti a conoscenza della medicina alternativa praticata dal medico bolognese tramite una farmacista. Fino ad allora, ed era il settembre del 2005, curavano il bambino i medici di un centro specializzato di Verona. Ma i risultati erano scarsi e il bimbo continuava a soffrire. Nella disperata ricerca di qualcosa che potesse alleviare le sofferenze a cui la malattia aveva condannato il loro bambino, i genitori consultarono il medico bolognese che prescrisse erbe e polveri minerali, confezionati - legittimamente - dalla moglie che ha una erboristeria.

Sperando che potesse giovare alla salute del bambino, la famiglia si trasferì pure dalla montagna al mare, da Cavalese in Trentino, in una località sul mare in provincia di Teramo. Ma dopo nove mesi le condizioni del piccolo non era cambiate anzi, erano molto peggiorate. Quando i genitori decisero di portare il bambino al pronto soccorso era ormai troppo tardi: morì tra le braccia della madre.

La fibrosi cistica è una malattia genetica devastante che attacca gli organi interni, dal polmone, al pancreas, fino al fegato e all'intestino, ma una consulenza fatta fare dalla Procura di Teramo, indicò in 30 anni la prospettiva di vita di un caso come quello del bambino.
(8 ottobre 2009)
Lucky (Due di Picche)Posted: 7/10/2009, 15:59
Il presidente della Fiat: "Nulla a che fare con un partito"
Alla presentazione anche Gianfranco Fini ed Enrico Letta
Montezemolo lancia Italia Futura
"Inaccettabili le accuse di complotto"
"Auspico che il governo completi la legislatura"


ROMA - "E' francamente inaccettabile che si rivolgano accuse di complotto contro chi vuole rendere più ricco e vivace il dibattito di idee". Con queste parole Luca Cordero di Montezemolo dà il via al convegno di presentazione della sua nuova creatura, la fondazione Italia Futura. A Palazzo Colonna, Roma, ci sono anche il presidente della Camera Gianfranco Fini, il deputato del Pd Enrico Letta e il presidente della Comunità di Sant'Egidio Andrea Riccardi. E durante il convegno viene presentato il primo rapporto di Italia Futura, dedicato alla mobilità sociale.

L'intervento di Montezemolo - "Non abbiamo nulla a che fare con un partito o con un movimento politico", scandisce Montezemolo due volte, rivolgendosi a Letta e a Fini. Quasi per liberare il campo dalle voci che si rincorrono sulla connotazione politica della nuova fondazione del presidente della Fiat. Da più di un mese, Montezemolo è tirato in ballo per un'eventuale nuova forza di centro o addirittura per guidare un "governo del Presidente". "Ma Italia Futura è solo "un luogo di idee e di proposte per sbloccare il Paese", afferma parlando di progetto ambizioso che darà alla luce, ogni tre mesi, uno studio e delle proposte per migliorare l'Italia.

La priorità di Montezemolo è dimenticare "per un anno le polemiche, le accuse e le controversie giudiziarie" e porsi "una domanda molto semplice: come immaginiamo l'Italia tra cinque anni?". Solo in questa prospettiva è possibile, per l'ex presidente di Confindustria, liberare "le tante eccellenze che costituiscono il capitale umano del Paese". Un think tank all'italiana il cui compito è "fare proposte". Per poi cercare il sostegno "in modo trasversale nell'opinione pubblica e nei partiti". Montezemolo analizza anche l'attualità politica e formula l'auspicio che "il governo completi la legislatura e che l'opposizione trovi la sua strada", bollando come "ipotesi fantasiose" quelle che lo vogliono alla guida del governo nel caso di crisi nel centrodestra.
(7 ottobre 2009)



Accusati di induzione a falsa testimonianza a proposito delle violenze alla scuola durante il G8
Soddisfatti l'ex capo della polizia, oggi direttore del Dis, e l'ex capo Digos, vicario a Torino
Diaz, assolti De Gennaro e Mortola
L'ex questore Colucci rinviato a giudizio

L'amarezza dei rappresentanti delle parti civili. Heidi Giuliani: "E' un intoccabile"



GENOVA - Assolti per "non aver commesso il fatto" l'ex capo della polizia Gianni De Gennaro e l'ex dirigente della Digos di Genova Spartaco Mortola, accusati di aver indotto alla falsa testimonianza l'ex questore di Genova Francesco Colucci. Secondo il giudice di primo grado, la retromarcia di Colucci che in un primo tempo aveva fatto intendere che "il capo" fosse informato della sanguinosa irruzione nella scuola Diaz durante il G8 del 2001, non è attribuibile a loro.

I pm avevano chiesto due anni di reclusione. La decisione è stata presa dal gup di Genova Silvia Carpanini, dopo solo un quarto d'ora di camera di consiglio. Lo scorso luglio i pm Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini, titolari dell'inchiesta sulle violenze contro i giovani che si trovavano nella scuola, avevano chiesto due anni di reclusione per De Gennaro e un anno e quattro mesi per Mortola. Usciti di scena loro, rimane alla sbarra Colucci, rinviato a giudizio perché, a differenza degli altri due imputati, ha preferito il rito ordinario a quello abbrevitato.

Le due versioni di Colucci. La vicenda nasce da un interrogatorio dell'allora questore di Genova. Inizialmente ammise un coinvolgimento indiretto dell'ex capo della polizia nei fatti della Diaz, ma in seguito, durante il dibattimento, Colucci fece un passo indietro e sostenne che De Gennaro era all'oscuro di quelle violenze. Da qui la richiesta dei pm di falsa testimonianza per Colucci e di istigazione alla falsa testimonianza per De Gennaro e Mortola che avrebbero indotto l'ex questore a ritrattare.

L'intercettazione: "Ho parlato con il capo". L'accusa si fondava su una telefonata registrata tra la prima e la seconda versione dell'ex questore. Colucci chiamò Mortola e gli disse: "Ho parlato con il capo. Devo fare marcia indietro". Il "capo" cui fa riferimento sarebbe stato proprio De Gennaro. Ma il giudice non ha creduto a questa tesi e ha formulato una piena assoluzione.

Imputati soddisfatti. "Siamo molto soddisfatti per l'esito della sentenza, ma anche anche per la serenità con cui si è svolto il processo". E' il primo commento dell'avvocato Carlo Biondi, difensore, insieme a Franco Coppi, dell'ex capo della polizia, attuale direttore del Dipartimento della Informazioni per la Sicurezza Dis. Il verdetto è stato accolto con soddisfazione anche dal legale dell'ex capo della Digos di Genova, promosso nel frattempo a questore vicario di Torino.

Il governo: "Crolla il teorema del complotto". Commenti positivi sono stati espressi da componenti della maggioranza e del Pd. Per il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano, la sentenza di oggi "è l'ennesima smentita del teorema del complotto, costruito da qualche pm". Simili parole ha usato il presidente dei senatori Pdl Maurizio Gasparri: "Crolla l'immotivata campagna di denigrazione delle forze dell'ordine". Soddisfazione per l'esito della vicenda è stata espressa anche dal responsabile della sicurezza del Pd Marco Minniti che ha telefonato a De Gennaro per congratularsi.

Heidi: "De Gennaro intoccabile". Molto diverso il commento di Laura Tartarini, avvocato di parte civile: "La cosa non ci stupisce ma non si capisce dove, come e perché il questore Colucci abbia deciso di fare una falsa testimonianza senza essere indotto: ci sono intercettazioni telefoniche dove Mortola istruisce Colucci; come il giudice possa aver ritenuto che non ci fossero le prove di induzione alla falsa testimonianza lo scopriremo nelle motivazioni". Ancora più dura Heidi Giuliani, madre di Carlo, vittima degli scontri di piazza quell'estate a Genova: "Nessun stupore. De Gennaro fa parte della categoria degli intoccabili del nostro Paese".

(7 ottobre 2009) Tutti gli articoli di cronaca



Il quotidiano britannico paragona la difesa di Ghedini alla famosa frase
della "Fattoria": "Tutti gli animali sono uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri"
Il Times sugli avvocati del premier
"Come il doppio pensiero di Orwell"

Una citazione tratta dall'altro capolavoro dello scrittore, "1984"





LONDRA - "Gli avvocati di Berlusconi usano una difesa da 'Fattoria degli animali' per chiedere che il premier sia messo al di sopra della legge". E' questo il titolo del Times di Londra sulla seduta della Corte Costituzionale che esamina la legalità della legge sull'immunità giudiziaria per il presidente del Consiglio italiano. Il quotidiano londinese allude ai commenti di leader dell'opposizione che hanno paragonato al messaggio del romanzo di George Orwell, La fattoria degli animali, il ragionamento dell'avvocato Niccolò Ghedini, uno dei difensori di Berlusconi, il quale ha notato che il primo ministro va considerato "primus super partes", ovvero al di sopra degli altri. Il paragone con Orwell era già stato fatto ieri dal capogruppo dell'Idv alla Camera, Massimo Donadi. Il romanzo, uno dei capolavori dello scrittore britannico, è una spietata metafora del totalitarismo, in una società che predica che gli animali sono tutti uguali, ma qualcuno di loro è in realtà al di sopra di tutti gli altri.

"Un interessante esempio di duplicità del pensiero", lo definisce un commento di Richard Owen, sempre sul Times, notando che per il "cadaverico" avvocato Ghedini, un conto è la legge e un altro conto è "l'applicazione della legge". L'editoriale rammenta che si tratta dello stesso avvocato che definì Berlusconi come "l'utilizzatore finale", dunque non passibile di conseguenze legali, a proposito della sua notte a letto con la escort Patrizia D'Addario; e l'articolo ricorda anche che, subito dopo questo commento, un progetto di legge per punire i clienti delle prostitute fu quietamente rinviato. Il giornale osserva anche che nessuno ha trovato da ridire sul fatto che l'avvocato Ghedini, oltre a difendere Berlusconi davanti alla Corte Costituzionale, è un deputato del partito di Berlusconi e ha un ruolo nel preparare le leggi passate dal suo governo: "Un ovvio conflitto di interessi".

Il Times ricorda poi che due dei giudici della Corte cenarono con Berlusconi e con il ministro della Giustizia Alfano, autore della legge sull'immunità, nel maggio scorso, suscitando le critiche dell'opposizione per un apparente tentativo di influenzare la Corte. L'articolo nota quindi che solo uno dei giudici è una donna, Maria Rita Saulle, 73 anni, e si chiede se essa "condivide il disgusto suscitato dagli scandali di sesso di Berlusconi".

L'editoriale si conclude considerando la linea adottata dal premier e dai suoi alleati, secondo cui c'è "un complotto sovversivo" per cercare di togliergli il potere contro la volontà espressa dal popolo alle urne. Ma "nessun cospiratore obbligò Berlusconi ad andare alla festa dei 18 anni di Noemi Letizia", afferma il Times. "Nessun complottatore lo costrinse ad andare a letto con Patrizia D'Addario". E allo stesso modo i processi che gli verrebbero intentati per corruzione ed evasione fiscale, se l'immunità venisse tolta dalla Corte, "derivano dalle sue stesse azioni, e dalla convinzione dei magistrati che egli abbia violato la legge".

Anche il Guardian dedica un ampio articolo alla decisione della Corte, notando che Berlusconi, "già sulla difensiva per un orrendo scandalo di sesso e droga", rischia di essere imputato in due processi, se i giudici costituzionali annullano l'immunità. Il quotidiano londinese sottolinea che il Lodo Alfano, ufficialmente passato per proteggere le quattro più alte cariche dello stato, "è in effetti fatto apposta soltanto per Berlusconi", perché il presidente della repubblica gode già di ampia immunità e i presidenti delle camere non l'hanno chiesta. Il giornale ricorda inoltre che una precedente legge che dava l'immunità al premier, passata dal suo governo precedente, fu giudicata incostituzionale nel 2004.

Ampi servizi sulla questione dell'immunità appaiono anche sul Financial Times e sul Wall Street Journal. Il quotidiano della City, in un secondo articolo, sottolinea la coincidenza della riunione della Corte Costituzionale e della nascita di Italia Futura, il think tank di Luca Cordero di Montezemolo, visto come una possibile alternativa politica a Berlusconi in caso di dimissioni del premier e nuove elezioni, nonostante le smentite dell'interessato. Il quotidiano di Wall Street osserva che la pena massima cui Berlusconi potrebbe essere condannato, sommando i due processi per corruzione ed evasione fiscale in cui comparirebbe come imputato nel caso l'immunità fosse tolta, ammonta a "21 anni di carcere".

"Berlusconi - dice il suo avvocato - è al di sopra delle lagge", titola un altro quotidiano britannico, il conservatore Daily Telegraph. Il New York Times scrive della possibilità di elezioni anticipate, nel caso in cui la legge sull'immunità venisse abolita."La difesa di Berlusconi sostiene che la legge non deve essere uguale per tutti", titola El Pais in Spagna. In Svizzera, 24 Heures afferma che "il destino politico e giudiziario" di Berlusconi dipende dalla sentenza della Corte. E Libération scrive che la miscela di scandali, conflitti intestini e processi "potrebbe essere fatale" al premier.





Protagonisti di un estenuante braccio di ferro diplomatico nel giugno 2004
Salvarono 37 sudanesi alla deriva, furono accusati di favorire l'immigrazione clandestina
Cap Anamur, la sentenza dopo 5 anni
tutti assolti gli ufficiali della nave




AGRIGENTO - Tutti assolti i tre imputati per la vicenda della Cap Anamur, la nave dell'omonima associazione umanitaria tedesca che nell'estate del 2004 fu al centro di roventi polemiche dopo aver salvato 37 immigrati nel Canale di Sicilia. Il presidente dell'associazione umanitaria Elias Bierdel, il comandante della nave Stefan Schimdt e il primo ufficiale Vladimir Dachkevitce erano accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

La Cap Anamur fu al centro di un estenuante braccio di ferro diplomatico tra l'Italia, Malta e la Germania che andò avanti per tre settimane. Una vicenda che ebbe una larga eco nell'opinione pubblica e con uno strascico giudiziario sfociato oggi, davanti al tribunale di Agrigento, nell'assoluzione in primo grado dei tre imputati.

La vicenda risale al luglio del 2004, quando la nave dell'organizzazione umanitaria prese a bordo 37 naufraghi sudanesi originari del Darfur che erano a bordo di un gommone alla deriva tra la Libia e Lampedusa. La nave non fu autorizzata all'attracco né a Lampedusa né a Porto Empedocle perché il governo italiano contestava alla Cap Anamur di essere entrata in acque maltesi e sollecitava il trasferimento degli immigrati a Malta. Inoltre delegava alla Germania la responsabilità dei profughi, essendo la nave di nazionalità tedesca.

Dopo estenuanti trattative, la nave decise di forzare il blocco, dichiarando lo stato di emergenza sanitaria, e finalmente venne concessa l'autorizzazione a entrare nel porto empedoclino. Ma, al momento dello sbarco, il comandante, il primo ufficiale e il presidente dell'associazione furono arrestati con l'accusa di favoreggiamento aggravato dell'immigrazione clandestina e rilasciati pochi giorni dopo.

I tre imputati hanno sempre detto che i naufraghi furono soccorsi in acque internazionali. Secondo le autorità italiane la Cap Anamur rifiutò di permettere il trasbordo dei naufraghi sulle motovedette italiane. Il Pm aveva chiesto la condanna a quattro anni di reclusione e 400 mila euro di multa per Bierdel e Schimdt, mentre aveva chiesto l'assoluzione per Dachkevitce. Oggi i tre sono stati prosciolti da ogni accusa perché il fatto non costituisce reato.

"Questa sentenza è importante per tutti quelli che fanno del bene" ha commentato il comandante Stefan Schimdt. "L'unico rammarico è che col denaro speso per seguire il processo per cinque anni si poteva fare del bene alla gente e risolvere tante emergenze legate al fenomeno dell'immigrazione clandestina".

(7 ottobre 2009)

Lucky (Due di Picche)Posted: 6/10/2009, 19:11
Ghedini: "La legge è uguale per tutti, non la sua applicazione"
La Consulta non ammette l'intervento della procura di Milano
Lodo Alfano, seduta sospesa

aggiornata la camera di consiglio




ROMA - "La legge è uguale per tutti, ma non necessariamente lo è la sua applicazione", "Il premier non è 'primus inter pares' come vuole la tradizione liberale, ma 'primus super pares'". Le nuove definizioni giuridiche di Niccolò Ghedini e Gaetano Pecorella, rappresentanti legali del governo davanti alla Corte Costituzionale dove oggi è iniziato il dibattimento sulla legge che vieta i processi alle maggiori cariche dello Stato. I giudici costituzionali dopo aver sentito le parti si sono chiusi in camera di consiglio e, dopo due ore di lavoro, hanno rinviato a domani. Dunque per oggi non ci sarà l'attesa decisione.

La Consulta si è riunita al completo, con tutti e 15 i giudici. L'udienza si è aperta con un minuto di silenzio per i morti dell'alluvione a Messina. Il presidente della Corte, Francesco Amirante, ha subito passato la parola al giudice relatore, Franco Gallo, per riassumere i motivi dei tre ricorsi contro la legge che sospende i processi contro le quattro più alte cariche dello stato.

Nel frattempo televisione e fotografi sono stati fatti uscire dalla sala. Dopo una sospensione di 45 minuti, i giudici hanno deciso di non ammettere l'intervento della Procura di Milano, che non sarebbe titolata a intervenire in giudizio come parte. "Vedo negativamente l'inammissibilità", ha dichiarato l'avvocato dei pm milanesi, Alessandro Pace, "apre spiragli alla non accettazione dei ricorsi contro il lodo Alfano".

L'AUDIO DELLA SEDUTA SU RADIO RADICALE

L'arringa dei difensori. Ai banchi della difesa gli avvocati - e parlamentari - Niccolò Ghedini e Gaetano Pecorella, insieme a Piero Longo. Prima dell'udienza si sono dichiarati tutti fiduciosi nel fatto che la sentenza "sarà di dirittto e non politica".

Ed ecco, il centro della difesa del Lodo Alfano: "La legge è uguale per tutti, ma non necessariamente lo è la sua applicazione, come del resto la Corte ha già ribadito" è la motivazione con cui l'avvocato Ghedini ha aperto la sua arringa. L'avvocato ha citato come esempio "le norme sui reati ministeriali, dove la legge ordinaria distingue il comune cittadino dal ministro". E ha tirato in ballo anche le norme particolari riservate a chi ha commesso reati rivestendo incarichi nella pubblica amministrazione o nelle Forze armate.

Ghedini ha difeso poi l'adozione del lodo con legge ordinaria, rigettando la differenziazione per reato. "Questa legge" ha concluso "va letta secondo il principio di legittimo impedimento". Allo stesso principio si è appellato anche Piero Longo: "Non è possibile rivestire la duplice veste di alta carica dello Stato e di imputato per esercitare appieno il proprio diritto di difesa e senza il sacrificio di una delle due".

L'intervento di Gaetano Pecorella ha fatto leva invece sulla differenziazione tra parlamentari e presidente del Consiglio: "Con le modifiche apportate alla legge elettorale non può essere considerato uguale agli altri parlamentari. Non è un primus inter pares ma un primus super pares". Pecorella ha fatto notare come siano cambiate le prerogative del premier rispetto al passato: "Rimangono certamente salde le prerogative del presidente della Repubblica, ma il presidente del Consiglio è l'unico che riceve la sua legittimazione dalla volontà popolare".

L'avvocatura di Stato. Alle accuse di aver tentato di influenzare la Corte, l'avvocato dello Stato Glauco Nori ha risposto: "C'è stato un equivoco, una lettura fantasiosa della nostra posizione". La memoria presentata da Nori a nome della Presidenza del Consiglio parlava di "danni irreparabili alle funzioni del governo e per il premier, costretto a doversi difendere in processo, tanto da evocare il pericolo di dimissioni. Ma lui ha precisato: "Per danni si intendono quelli che deriverebbero se si trascurassero gli impegni di governo. L'Avvocatura ha semplicemente difeso la norma, prodotto legislativo del Parlamento, che lo Stato ha il dovere di tutelare"

Dopo gli interventi dei difensori l'udienza si è chiusa. La Corte ha all'ordine del giorno l'esame di altre cinque cause, poi si riunirà in camera di consiglio. Probabile, quindi, che la decisione non arriverà prima di domani.

I ricorsi. Contro il lodo Alfano sono stati presentati tre ricorsi: due dai giudici di Milano, nell'ambito dei processi in cui il premier Silvio Berlusconi è imputato per corruzione in atti giudiziari dell'avvocato inglese David Mills (che nel frattempo è stato condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi) e per irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi Mediaset. Il terzo è del gip di Roma chiamato a decidere se rinviare o meno a giudizio Berlusconi, indagato per istigazione alla corruzione di alcuni senatori eletti all'estero durante la scorsa legislatura.

Le possibilità. E' molto ampio lo spettro delle possibili sentenze della Consulta. Plausibile il riferimento all'articolo 138 della Costituzione: il lodo, in quanto legge ordinaria dello stato, potrebbe essere giudicato incostituzionale perché va a legiferare su una materia (le prerogative di figure istituzionali) che richiederebbe una norma di rango costituzionale. In questo caso sarebbe praticamente impossibili ripresentare un "lodo bis", dato che una tale sentenza ne metterebbe in discussione proprio la natura di legge ordinaria.

Ma la Corte potrebbe chiamare in causa la violazione di altri articoli della Costituzione. Si va dai più generici, come l'articolo 3 (principio di uguaglianza), ad altri più specifici: il 111, sulla ragionevole durata del processo, l'obbligatorietà dell'azione penale sancita dal 112, e ancora gli articoli che regolano le immunità per i parlamentari, il presidente della Repubblica e i ministri. E ancora: la Consulta potrebbe invece rilevare nel lodo Alfano una irragionevole disparità di trattamento tra il presidente del consiglio e i ministri.

Nel caso in cui la Corte, invece, giudichi inammissibili o infondati i ricorsi presentati, il lodo resterebbe così com'è. Ma l'Italia dei Valori ha già preparato il referendum abrogativo.

(6 ottobre 2009


A Colleferro i lavoratori bloccano le uscite: "Hanno detto che chiuderanno tra 9 mesi"
"Rapiti" un vice-presidente, il direttore personale di Milano e quello della comunicazione
Roma, operai Alstom
"sequestrano" 3 manager

I sindacalisti: "Non è un rapimento, ma vogliamo risposte. Siamo disperati"



ROMA - Da mezzogiorno, tre manager della Alstom di Colleferro, in provincia di Roma, sono "sequestrati" dagli operai che protestano contro la crisi dell'azienda."Non permettiamo a nessuno di uscire: li abbiamo chiusi in direzione, bloccando l'ingresso", spiega Paolo Caviglia, della rappresentanza sindacale Cgil. Niente violenze ma la tensione in fabbrica è alta anche perché gli operai non intendono mollare prima di aver avuto assicurazioni sul loro futuro.

"Vogliono chiudere tra 9 mesi". La Alstom è un'azienda francese che si occupa di costruzioni ferroviarie: 76.000 impiegati in 70 Paesi nel mondo. Un vero colosso nel mercato internazionale. Da tempo però la Alstom lamenta una forte contrazione delle commesse. Stamane il francese Bruno Juillemet, vice-presidente delle risorse umane; Francesca Cortella, direttore personale di Milano e Riccardo Pierobon dell'ufficio comunicazione di Milano, hanno informato gli operai che lo stabilimento ha poca vita: "Ci hanno chiesto di trasferirci perché tra 9 mesi vogliono chiudere. E noi operai - prosegue Caviglia - abbiamo reagito. Abbiamo fermato l'attività e abbiamo organizzato un presidio davanti alla direzione vietando a tutti, compreso ai tre manager, di uscire dalla fabbrica".

"E' stato un semplice sit-in". "Sequestrare" è un verbo che i delegati sindacali non vogliono sentire: "Ci siamo soltanto seduti a terra pacificamente impedendo il passaggio. Siamo 150 cassaintegrati disperati". Ma un altro sindacalista, Artemio Fanella, Rsu per la Filcem Cgil, ammetto: "Forse abbiamo forzato la mano, ma l'abbiamo fatto per essere ascoltati". Nessuno vuole parlare di "sequestro", neppure Riccardo Pierobonuno dei manager bloccati in fabbrica: "Ho scoperto di essere sequestrato dagli sms che mi mandavano gli amici dopo aver letto la notizia online. Paura assolutamente mai".

I primi "sequestri " in Francia. La "caccia al manager" era iniziata l'inverno scorso in Francia. Prima l'amministratore delegato della Sony France, poi il direttore della filiale della 3M e quattro manager della Caterpillar di Grenoble. Infine Francois-Henri Pinault, principale azionista del colosso del lusso PPR (Gucci, Yves Saint Laurent, Balenciaga) bloccato a bordo di un taxi a Parigi da una cinquantina di operai della Fnac e di Conforama preoccupati per il piano di ristrutturazione. Capitò anche ad un funzionario della Fiat, volato a Bruxelles per gestire la riduzione di 24 posti di lavoro.

Federmanager: "Fatto grave". Sacconi: "Non parlate di rapimento". Federmanager condanna il "sequestro" dei tre dirigenti: "E' un fatto molto grave che non può e non deve essere sottovalutato", dice Giorgio Ambrogioni, presidente dell'organizzazione che rappresenta i dirigenti aziendali. Ma il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi getta acqua sul fuoco: "Non c'ènessun rapimento di manager. E' solo un tentativo di drammatizzazione mediatica. La circolazione da e per la fabbrica è libera", spiega il ministro.

Sei stabilimenti in Italia. A Colleferro lavorano 150 tra operai e tecnici, ma la Alstom ha stabilimenti anche a Sesto San Giovanni; Savigliano in provincia di Cuneo; Bari; Bologna e Verona. In tutto 2.500 dipendenti. Il mese scorso, quando l'amministratore delegato delle Ferrovie Mauro Moretti ha annnunciato un investimento da due miliardi per rimodernare l'azienda con l'acquisto di almeno 150 locomotive, sembrava che la situazione nelle fabbriche italiane del gruppo industriale riprendesse fiato, ma la speranza nella nuova commessa non è bastata per invertire il trend negativo che la società denuncia da mesi. E oggi l'annuncio della chiusura la prossima estate.

(6 ottobre 2009)



L'Isaf fa il bilancio dell'attacco nella regione orientale del Paese
Proteste pacifiste alla Casa Bianca. Il Pentagono: "Aumentiamo le truppe"
Afghanistan, scontri Isaf-taliban
"Sabato uccisi 100 integralisti"


KABUL - Più di cento taliban sono rimasti uccisi sabato scorso nei violenti combattimenti tra forze afghane e internazionali nella provincia del Nuristan, nell'Afghanistan orientale. Vittime degli scontri anche otto militari statunitensi.

L'annuncio dell'Isaf, la forza a guida Nato, coincide con un'accelerazione del dibattito sulla strategia che gli Usa dovranno perseguire nei prossimi mesi in Afghanistan. Ad otto anni dall'inizio della guerra, "i taliban stanno vincendo", ripete il ministro della Difesa Robert Gates sostenendo la tesi dei militari che chiedono un massiccio aumento delle truppe.

Il presidente americano Barack Obama deve prendere al più presto quella che forse sarà la decisione più difficile e più gravida di conseguenze nella sua carriera alla Casa Bianca: accettare o respingere la richiesta del comandante sul terreno, il generale Stanley McChrystal, di un massiccio aumento delle truppe: dai 20.000 ai 40.000 soldati in più. Obama tergiversa, da un mese rinvia la sua risposta. È sinceramente combattuto, tra i fautori dell'escalation e quelli che al contrario vogliono tornare ad un intervento molto più mirato, chirurgico, di puro anti-terrorismo.

E mentre il dibattito politico si infiamma, alcune centiania di pacifisti manifestano di fronte alla Casa Bianca indossando le divise arancioni ed i cappucci in testa dei detenuti di Guantanamo. Sfilano issando foto di bambini uccisi e trasportano finte bare. Storpiando lo slogan di Obama, gridano. "Yes we can: U.S. out of Afghanistan".

Tra i manifetsanti fermati dalla polizia anche Cindy Sheehan, la mamma di un soldato caduto in Iraq diventata la leader dei pacifisti famosa in tutto il mondo per la sua protesta contro Bush.

(6 ottobre 2009)



Il più stretto collaboratore di Michele Santoro
ha ricevuto una lettera anonima al suo indirizzo privato
Annozero, a Ruotolo minacce di morte
il giornalista pedinato e sorvegliato

"Continuerò con la schiena dritta, queste cose non mi fermano"
Solidarietà da Schifani, Pd, Idv, e dal sindacato dei giornalisti



Sandro Ruotolo
ROMA - Minacce di morte a Sandro Ruotolo, la Digos sta indagando. Il più stretto collaboratore di Michele Santoro per Annozero ha ricevuto una lettera anonima al suo domicilio privato. Ci sarebbero indicazioni così precise e dettagliate da rendere pressoché certo che Ruotolo sia stato pedinato e tenuto d'occhio da parte di sconosciuti che così hanno mostrato di aver acquisito più elementi di "pressione" nei suoi confronti. Indagini sono in corso da parte della Digos di Roma, cui Ruotolo si è rivolto recandosi presso gli uffici di polizia e consegnando la missiva.

Nella lettera c'è scritto inoltre che il giornalista è il secondo obiettivo di una lista, che però non comprenderebbe - a quanto sinora si sa - altre persone legate ad Annozero. "Mi fido degli investigatori, quello che dicono loro mi va bene, sono dei professionisti", l'unico commento di Ruotolo alla richiesta di informazioni. "Non posso dire di più per ovvie ragioni di riserbo legate alle indagini. L'unica cosa che posso sicuramente affermare è che continuerò a fare il giornalista con la schiena dritta, queste cose non mi fermano".

Da rilevare che né l'indirizzo dell'abitazione, né il numero di telefono di Sandro Ruotolo compaiono negli elenchi telefonici sul web, un motivo in più per ritenere che il giornalista sia stato effettivamente seguito e sorvegliato fino ad ottenere i suoi recapiti.

Molti hanno espresso la loro solidarietà a Ruotolo, ad iniziare dal presidente del Senato Renato Schifani. Messaggi di solidarietà e vicinanza anche da parte di molti esponenti del Pd, da Paolo Gentiloni, responsabile Comunicazione del partito, ad Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato che parla di "un segnale gravissimo del clima pessimo in cui stiamo vivendo nel nostro Paese".

Ruotolo negli ultimi giorni è stato impegnato a Palermo per un'inchiesta sulla mafia, che dovrebbe andare in onda nella prossima puntata di Annozero. "Il giornalismo d'inchiesta libero e indipendente dà molto fastidio - commenta il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia - perché porta all'attenzione dell'opinione pubblica la 'questione mafiosa', mettendo in luce le collusioni con la politica e l'economia". "Su questa vicenda - conclude il senatore del Pd - bisogna andare fino in fondo e tenere alta l'attenzione".

Solidarietà e vicinanza al giornalista vengono espressi anche da Massimo Donadi e Felice Belisario, capigruppo Idv alla Camera e al Senato e dal portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti, che descrive Ruotolo come "uno dei cronisti più seriamente impegnati sul fronte della lotta contro ogni forma di attività illegale e criminale. Ed è questa la ragione per cui viene preso di mira".

Anche l'Associazione Stampa Romana esprime solidarietà a Ruotolo: "Mi auguro che forze dell'ordine, magistratura e governo facciano la loro parte nel proteggere un giornalista stimato e conosciuto proprio per la sua capacità di scavare nella parte oscura della nostra società - afferma Paolo Butturini, segretario dell'Asr - Da parte nostra siamo al fianco del collega e chiediamo alla Fnsi di attivare tutte le iniziative possibili per tutelarlo".

(6 ottobre 2009)



Nella Calabria dei rifiuti tossici statistiche allarmanti per il cancro
Tra i 30 ed i 34 anni il 2.90% contro la media nazionale dello 0.74%
Quei misteriosi tumori di Paola
dove i giovani si ammalano di più



PAOLA - Su 12.590 pazienti, a Paola, la percentuale di giovani ammalati di tumore è quattro volte superiore alla media nazionale. Il picco di malattie si è registrato negli ultimi dieci anni "ma questi - spiega il dottor Cosimo De Matteis, che ha coordinato l'indagine come responsabile nazionale del sindacato medici italiani - sono i primi dati che abbiamo". Paola è una cittadina tirrenica che si trova a metà strada tra Cetraro, dove è stata ritrovata la nave Cunsky, ed Amantea, dove si è spiaggiata l'ormai tristemente famosa JollyRosso. Entrambe con il loro carico di fusti tossici. Non si sa ancora con certezza dove siano stati interrati i rifiuti - la Procura di Paola sta indagando su questo - ma di certo proprio a partire dall'arrivo di quelle navi sono aumentati i tumori nella popolazione giovane.

Proprio nel 1990, il 14 dicembre, la Jolly Rosso arrivò sulla spiaggia nei pressi di Amantea, dove rimase abbandonata a se stessa per ben sei mesi, fino al giungo del '91. E si ipotizza che quelli fossero anche gli anni dell'affondamento della Cunsky. Ma perché solo ora la prima indagine? De Matteis, stanco di veder morire i suoi pazienti, ha incrociato le cartelle di otto medici di base che contano 241 ammalati di tumore. L'operazione può sembrare semplice, ma è una ricerca che nel contesto locale calabrese diventa difficile. E che in altri paesi della costa probabilmente non avverrà mai: non sono molti i medici propensi a osare tanto. Per questo "chiedo - dice De Matteis - che sia la Regione a fare uno studio sistematico su tutta la fascia tirrenica".

"Fino a qualche anno fa avevo pazienti ultracentenari, oggi neanche uno" - dice il dottor De Matteis - Le ricerche sono state fatte a Paola ma ora ci si augura che anche i medici degli altri paesi costieri incrocino i dati per vedere se il fenomeno riguarda tutta la zona o no".

Veniamo ai dati. La statistica realizzata da De Matteis dimostra che nella fascia tra i 30 ed i 34 anni, i giovani si ammalano di tumore con una media del 2.90% contro la media nazionale dello 0.74% per gli uomini e dello 0.86% per le donne. Dai 35 ai 39 anni la media è del 2.07 contro quella nazionale dell'1.24 per gli uomini e dell'1.78 per le donne. Nella fascia dai 40 ai 44 anni la media a Paola è del 4.15% contro il 2.11 per i maschi e il 3.33 per le donne. Ma anche se guardiamo la fascia dei 60 - 64 anni il tasso del 15,77% è superiore all'11.43 dei maschi e all'11.69 delle donne. Dopo i 65 anni la media scende.
"Chiedo il disastro ambientale - dice la senatrice Antonella Bruno Ganeri, che è stata due volte sindaco di Paola, dal '93 al 2001, e che è stata colpita personalmente dalla perdita di due figli giovanissimi, morti entrambi per tumore. "Chiedo che il governo centrale si muova. Lo deve a chi non c'è più perché vittima del lavoro, come nel caso della Marlane, e dell'ambiente, come sta accadendo a Paola. Ci sono stati casi di ragazzini morti a dodici anni. Questa è una terra avvelenata da sostanze radioattive buttate qui come se la Calabria fosse la pattumiera d'Italia".

"Io ormai ho paura nell'aprire le analisi dei miei pazienti - dice De Matteis - ora tutti vogliono fare i test tumorali. Se mi arriva una ragazza con un nodulo deve aspettare mesi per una mammografia o un'ecografia. Come si fa a fare prevenzione in queste condizioni? Noi vogliamo il potenziamento del numero e della qualità degli strumenti diagnostici e anche più personale. Se c'è solo un radiologo come si fa a fare prevenzione?".

Ma perché i rifiuti tossici sono stati buttati proprio in Calabria? "Attribuisco questo lento declino del territorio - dice la senatrice Bruno Ganeri - a due fattori: la depressione culturale in cui sta sprofondando il Paese e la malapolitica. La Seconda Repubblica non è mai decollata. In Calabria la politica ha abdicato ai propri compiti, è diventata clientela e mercato. La città di Paola è stata colpita. Cosa dobbiamo auspicare? Un esodo in massa per lasciare la nostra terra nelle grinfie della mafia e della mal politica? Spero che finalmente oggi si arrivi al punto di sapere la verità e che queste cose non vengano più insabbiate. Oggi abbiamo un Procuratore della Repubblica, Bruno Giordano ed un assessore regionale all'ambiente, Silvio Greco, che hanno fatto scudo contro il sistema dei faccendieri e della mala politica. Chiedo che lo Stato li sostenga".

L'assessore al turismo del Comune di Paola, Franco Perrotta, ha fatto sapere di non condividere i dati medici della ricerca realizzata a Paola, cifre e grafici che sono stati proiettati pubblicamente nello stesso Comune. Secondo l'assessore, non esisterebbe un allarme tumori. Dei nove medici di base, otto hanno partecipato alla ricerca. "Solo uno non è riuscito a lavorare con noi - spiega De Matteis, dall'ospedale dove è ricoverato per malori cardiaci seguiti alle forti proteste dopo la pubblicazione del nostro articolo - non perché fosse in disaccordo ma perché ancora troppo addolorato dalla morte del suo giovane figlio, per tumore".

Lucky (Due di Picche)Posted: 5/10/2009, 15:20
Roma - Sabato 3 Ottobre - manifestazione sulla libertà di stampa:
Ecco i 4 gatti che il governo, il Nanetto, Giornaleraccoglimerdadicane, Liberodispararecazzate, Minzolini e tutti i minstri non hanno voluto vedere

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Il giuslavorista era nato a Genova nel 1927, aveva fatto parte della commissione
d'inchiesta sulla P2 ed era stato ministro del governo Ciampi negli anni Novanta
Addio a Gino Giugni, il padre
dello statuto dei lavoratori

Napolitano: "Un amico, un esempio di coerenza e dedizione allo Stato democratico"



ROMA - E' morto a Roma Gino Giugni, il padre dello statuto dei lavoratori. Giugni era nato a Genova nel 1927 e nel 1969 aveva presieduto la commissione nazionale che aveva redatto il testo unico sulle tutele e i diritti dei lavoratori.

La carriera - Professore di diritto del lavoro all'università di Roma, Giugni è stato anche presidente del Psi. Dottore honoris causa alle Università di Buenos Aires e di Nanterre, ha insegnato a Parigi e Los Angeles, ed è stato presidente dell'Accademia europea di diritto del lavoro. Collaboratore negli anni '60 del ministro del Lavoro Giacomo Brodolini (primo socialista ad occupare quel dicastero negli anni del centrosinistra), negli anni '80 Giugni ha presieduto le commissioni ministeriali per la riforma delle liquidazioni e sul costo del lavoro. Nel marzo del 1983 e' stato gambizzato a Roma dalle Brigate Rosse. Eletto senatore nelle politiche dell'83, Giugni è diventato presidente della commissione Lavoro di Palazzo Madama. Dall'aprile '93 al maggio '94 ricoprì la carica di ministro del Lavoro e della sicurezza sociale del governo Ciampi. Negli ultimi anni ha ricoperto tra l'altro la carica di presidente della Commissione di Garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.
Il cordoglio di Napolitano. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ricorda Giugni in un messaggio inviato alla famiglia. Ricordando "la vile aggressione del terrorismo brigatista che colpì gravemente il suo fisico". Per il presidente Giugni, oltre che un amico, "resta esempio di appassionata dedizione allo stato democratico e di assoluta coerenza e integrità. Sono vicino con affetto al dolore dei famigliari". Per il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, scompare "una figura di autorevole studioso" anche "costantemente orientato a promuovere lo sviluppo di forme più avanzate di tutela dei lavoratori, nell'evoluzione della legislazione giuslavoristica italiana".
Sindacato e Confindustria - "Ho un ricordo affettuoso e di riconoscenza per tutto ciò che ha fatto per il nostro Paese" dice il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Per il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, Giugni è stato "un grande protagonista della riforma del diritto del lavoro e della legislazione sociale che ha messo il proprio impegno di studioso e di politico a disposizione delle lotte per la conquista dei diritti dei lavoratori". Renata Polverini, leader dell'Ugl, ricorda Giugni come "il padre della battaglia di tutte le battaglie". La Cisl esprime profondo dolore e rammarico per la scomparsa di uno dei ''padri fondatori'' del diritto del lavoro in Italia, mentre il segretario della Uil, Luigi Angeletti, ricorda "il socialista che stava dalla parte dei lavoratori".

La politica. Quello di oggi è "un grande lutto per il mondo del lavoro, per l'intero sindacato, ma anche per il Paese" commenta Dario Franceschini, segretario del Partito democratico, che definisce Giugni "un vero riformista". Il giuslavorista è stato ricordato dagli ex ministri Treu, D'Alema e Damiano. Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha annunciato l'intenzione di dedicare una sala del ministero a Giugni, un "protagonista dello sviluppo sociale dal dopoguerra ad oggi".

(5 ottobre 2009)



Le vittime erano dipendenti dell'agenzia, tra loro due donne e un iracheno
Bomba in ufficio Onu a Islamabad
cinque morti, uno straniero




ISLAMABAD - E' tornata la violenza a Islamabad: una bomba è esplosa in un ufficio del World food program (Wfp), una delle agenzie delle Nazioni Unite che operano nella capitale pachistana. Il bilancio delle vittime è di cinque morti, tutti dipendenti dell'agenzia dell'Onu: tra loro ci sarebbero due donne (Gulrukh Tahir, una telefonista e Farzana Barkat che lavorava come assistente ) e un iracheno, Botan Ahmed Ali. Le altre due vittime sono morte in ospedale in seguito alle ferite riportate.

Il ministro degli Interni pachistano, Rehman Malik, ha spiegato che l'attentatore suicida avrebbe utilizzato l'uniforme della società che garantisce la sicurezza al compound delle Nazioni Unite, per entrare negli uffici e farsi esplodere. Al momento non ci sono rivendicazioni, anche se si punta il dito contro i taliban, i cui capi, ha detto Malik, "sono stati uccisi o arrestati. Nelle nostre carceri ci sono oltre 2000 taliban". Malik ha anche annunciato che Islamabad è in stato di allerta, come le maggiori città del Paese.

Il terrorista suicida, con addosso circa sette chilogrammi di esplosivo, si è fatto saltare in aria intorno alle 12.15 ora locale (quando in Italia erano le 8.15) all'interno della sede principale del Wfp. L'edificio, in cui si trovavano una settantina di operatori umanitari, è stato immediatamente sgomberato. L'esplosione ha causato gravi danni anche a costruzioni contigue.

"E' una tragedia terribile, per il Wfp e per l'intera comunità delle organizzazioni umanitarie in Pakistan", ha dichiarato il vice direttore esecutivo, Amir Abdullah. "Sono persone che lavoravano per assistere i poveri e i vulnerabili che più di tutti soffrono la fame in Pakistan", ha aggiunto.

Per la gravità dell'attacco l'Onu ha deciso di chiudere temporaneamente tutti i suoi uffici nel Paese. "Abbiamo sospeso provvisoriamente le nostre operazioni in Pakistan a causa dei rischi per la sicurezza dello staff delle Nazioni Unite", ha dichiarato il portavoce Ishrat Rizvi, sottolineando di non essere in grado di precisare quando sarà possibile tornare alla normalità. L'attentato alla sede del Wfp a Islamabad è il secondo che colpisce la comunità Onu in Pakistan quest'anno, dopo la morte di due funzionari dell'Unhcr (l'agenzia per i rifugiati) e dell'Unicef, coinvolti nell'azione di un kamikaze contro un lussuoso albergo di Peshawar, nel giugno scorso.

L'area in cui è avvenuta l'esplosione è considerata molto sicura, è quella in cui si trovano vari uffici degli organismi internazionali e l'antica residenza del presidente pachistano, Asif Ali Zardari. Tanto Zardari che il premier, Yussouf Raza Giuliani, hanno condannato l'attentato e ordinato un'inchiesta.

Dopo che, all'inizio del 2009, c'erano state varie azioni terroristiche nella capitale pachistana, quello attuale è il primo attentato che si registra da mesi a Islamabad. Nei giorni scorsi, i taliban arroccati nella cintura tribale nel nord-ovest del Paese avevano minacciato una serie di attentati come ritorsione per la morte di Baitullah Mehsud, il sanguinario "signore della guerra" ucciso all'inizio di agosto da un drone statunitense. Stavolta ci sono andati di mezzo gli operatori umanitari del Wfp, da mesi impegnati in prima linea per portare cibo ed assistenza ai circa due milioni di sfollati, in fuga dalla valle dello Swat, messa a ferro e fuoco dai violenti combattimenti tra l'esercito pachistano e la guerriglia.

(5 ottobre 2009)



L'aggressione nella notte tra sabato e domenica a Lucera, nel Foggiano
Il giovane extracomunitario è stato picchiato, insultato e derubato

Puglia, pestato perché nigeriano
arrestati due pregiudicati italiani


ROMA - Lo hanno picchiato perché ha la pelle più scura, gli hanno sputato addosso e gli hanno rubato il cellulare. Vittima dell'aggressione, avvenuta nella notte tra sabato e domenica nel centro di Lucera, nel Foggiano, è un giovane nigeriano di 21 anni. Secondo la ricostruzione fornita dai carabinieri, a colpirlo più e più volte sono stati Antonio Russo, 48 anni, e Tullio Bevilacqua, 44. Entrambi noti pregiudicati.

I due, visto l'uomo di colore fermo da solo a una fermata bus di piazza del Popolo, si sono avvicinati e dopo averlo insultato con sputi e offese a sfondo razziale l'hanno malmenato con calci e pugni, tentando anche di sottrargli il cellulare. L'extracomunitario, dopo una debole difesa, è riuscito a divincolarsi e a scappare aiutato da un cittadino che successivamente, visto che perdeva molto sangue, l'ha accompagnato in ospedale.

Anche Russo, che durante la colluttazione aveva riportato alcune ferite dovute alla veemenza dei colpi inferti all'extracomunitario, è andato al pronto soccorso cittadino. In breve i due pregiudicati sono stati arrestati per lesioni personali volontarie aggravate dall'aver commesso il fatto per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale. Dopo le formalità di rito sono stati portati in carcere.

Il giovane nigeriano è stato giudicato guaribile in dieci giorni ed è stato accompagnato alla caserma di via San Domenico, dove è stato sentito insieme ai testimoni per ricostruire dettagliatamente la vicenda.

(5 ottobre 2009)



Prosegue con fatica l'inchiesta di Praia a Mare, tra una Procura semi-vuota e due diverse
linee di difesa: una che punta solo all'omicidio colposo, l'altra a quello volontario, come alla Tissen Krup
Anche l'amianto ha ucciso gli operai
nella fabbrica tessile Marlane-Marzotto



PRAIA A MARE - Si respirava anche l'amianto nel reparto della morte alla Marlane-Marzotto di Praia, l'industria tessile sotto inchiesta per i 120 casi di tumore - finora accertati - direttamente attribuibili alle condizioni di lavoro nello stabilimento, oltre ai morti di cancro, che non si sa ancora quanti siano, ma che potrebbero essere oltre 150.

Si è appreso infatti che, in aggiunta alle "ammine aromatiche", altamente cancerogene, sprigionate dai coloranti azoici, gli operai e le operaie della Marlane-Marzotto erano costretti a convivere anche con le polveri d'amianto prodotte dai sistemi frenanti dei macchinari dello stabilimento tessile. Un inferno di veleni micidiali che per migliaia di giorni lavoratori ignari hanno inghiottito nei polmoni e assorbito nella pelle.

La Procura semi vuota. Gli unici due magistrati della Procura di Paola che seguono le indagini sono il procuratore capo, Bruno Giordano e la sostituta, Antonella Lauri. Ce n'è anche un altro, il dottor Stefano Berni Canani, ma sta per andarsene. Altri due sostituti lo hanno preceduto di recente. Così, ai due superstiti, non resta che infoltire faticosamente i fascicoli di questa inchiesta complicata, difficile e rischiosa. E probabilmente anche accerchiata da "strane reti di accordi" - l'espressione circola negli ambienti di palazzo di giustizia - che tenderebbero a costruire un processo dall'esito penale "morbido", che non faccia troppo male alla Marlene-Marzotto.

Le due linee di difesa. Un particolare aspetto della vicenda avvalorerebbe questa ipotesi: la diversa impostazione dei due collegi legali che hanno in carico gli interessi delle famiglie colpite. Da una parte, c'è chi persegue l'obiettivo di trascinare al dibattimento la Marlane-Marzotto per omicidio colposo. Dall'altra, c'è un gruppo di avvocati - che sta raccogliendo sempre più fiducia dalle famiglie delle persone colpite - i quali invece intendono perseguire la stessa linea di difesa adottata per gli operai della Tissen Krup, che portò all'incriminazione dei vertici del colosso siderurgico di Torino per "omicidio volontario con dolo eventuale".

Una formula che sancisce senza equivoci la piena conoscenza da parte del datore di lavoro dei rischi per la salute per i dipendenti, oltre alla colpevole e volontaria negligenza, nel perseverare a mantenere in condizioni di insicurezza il luogo di lavoro. Qualora prevalesse la prima ipotesi, il reato cadrebbe immediatamente in prescrizione, per effetto della legge ex Cirielli.

I certificati di morte fasulli. Risulta al momento molto difficile rintracciare un medico che ha lavorato nello stabilimento della Marlane-Marzotto, il quale si sarebbe detto disposto a raccontare che lui, assieme ad altri medici, sarebbero stati costretti a redigere certificati di morte "alleggeriti" per operai in realtà devastati dal cancro. Si era detto disponibile a collaborare con la giustizia, ma per ora sembra sia irreperibile.

l disastro ecologico. L'altro capitolo importante dell'inchiesta è quello che ha a che fare con l'inquinamento dei terreni circostanti la fabbrica e, di conseguenza, anche della spiaggia e del mare, che sono proprio lì di fronte. Per ora, non si sa ancora se i giudici della Procura hanno intenzione di inquisire la Marlene-Marzotto di "disastro ambientale". La perizia che servirà loro per decidere è firmata dalla professoressa Rosanna De Rosa ("Scienza delle terra" all'Università della Calabria). Dalle carte emerge che nei terreni di proprietà della Marlane, negli anni sono stati seppellite tonnellate e tonnellate di schifezze di ogni sorta, dal "cromo esavalente" ad altri veleni dannosissimi per l'ambiente.

I tumori in aumento. A Paola c'è un gruppo di otto medici di base, che assistono 12.590 cittadini, in carico al Servizio Sanitario Nazionale. Il dottor Cosmo De Mattei coordina il lavoro di questa équipe spontanea, sorta sull'onda dell'allarme provocato dall'aumento preoccupante di casi di cancro nella città del Cosentino. I dati messi insieme dalle esperienze incrociate degli otto professionisti sono questi: su 12.590 persone ci sono stati 241 casi di cancro: una percentuale 4 volte superiore alla media nazionale nella fascia d'età fino ai quarant'anni.

Ma l'aspetto più inquietante è che ad essere colpiti sonosoprattutto persone giovani, nella fascia 34-40 anni. Al momento non è possibile individuare alcun nesso tra questa realtà e le vicende della Marlane-Marzotto, né con la storia delle due cosiddette "navi dei veleni", una ancora immersa sotto 500 metri d'acqua a largo di Cetraro, la Cunsky; l'altra, la Jolly Rosso, rimasta sulla spiaggia di Amantea per sei mesi e poi smantellata dopo essere stata svuotata dalle sostanze venefiche che trasportava, sotterrate in tutta fretta in una cava disabbia vicino al fiume Oliva.

(5 ottobre 2009)
Lucky (Due di Picche)Posted: 5/10/2009, 14:54
Secondo l'estensore della sentenza, il giudice Raimondo Mesiano, anche il premier
risponde "della vicenda corruttiva". Da qui la ricaduta sulla Fininvest
Lodo Mondadori, le motivazioni
"Berlusconi corresponsabile"

"E' impossibile che i vertici della società ignorassero il pagamento
fatto al giudice Metta per ottenere una decisione a loro favore
"



MILANO - Silvio Berlusconi è "corresponsabile della vicenda corruttiva" alla base della sentenza con cui la Mondadori fu assegnata a Fininvest. Lo scrive il giudice Raimondo Mesiano nelle 140 pagine di motivazioni con cui condanna la holding della famiglia Berlusconi al pagamento di 750 milioni di euro a favore della Cir di Carlo De Benedetti. "E' da ritenere - scrive il giudice -, 'incidenter tantum' (cioè solo ai fini di questo procedimento, ndr) e ai soli fini civilistici del presente giudizio, che Silvio Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva per cui si procede".

La "corresponsabilità" di Silvio Berlusconi, spiega il giudice Mesiano, comporta "come logica conseguenza" la "responsabilità della stessa Fininvest", questo "per il principio della responsabilità civile delle società di capitali per il fatto illecito del loro legale rappresentante o amministratore, commesso nell'attività gestoria della società medesima".

In definitiva, secondo il tribunale che ha condannato la Fininvest, è impossibile che i vertici della Fininvest ignorassero l'atto di corruzione: "Vale osservare che i conti All Iberian e Ferrido erano conti correnti accesi su banche svizzere e di cui era beneficiaria economica la Fininvest. Non è quindi assolutamente pensabile - scrive Mesiano - che un bonifico dell'importo di Usd 2.732.868 (circa tre miliardi di lire) potesse essere deciso ed effettuato senza che il legale rappresentante, che era poi anche amministratore della Fininvest, lo sapesse e lo accettasse".

"In altre parole - conclude il giudice -, il tribunale ritiene qui di poter pienamente fare uso della prova per presunzioni che nel giudizio civile ha la stessa dignità della prova diretta (rappresentazione del fatto storico). E', come è noto, la presunzione un argomento logico, mediante il quale si risale dal fatto noto, che deve essere provato in termini di certezza, al fatto ignoto".

La sentenza sul lodo Mondadori è stata pubblicata il 3 ottobre. La Fininvest si è messa subito al lavoro per l'appello, e per ottenere un provvedimento sospensivo della condanna, che dispone a carico della società il pagamento di 750 milioni di risarcimento alla Cir di Carlo De Benedetti.

Nelle motivazioni pubblicate stamane viene sottolineata l'ingiustizia della sentenza Metta e il fatto che fosse stata emessa in quei termini per via della corruzione del giudice Metta stesso, "argomento che resiste in ragione del ruolo primario che ebbe il Metta nella formazione della decisione del collegio all'obiezione della collegialità della sentenza".

"Ciò posto - scrive il giudice Mesiano - deve rilevarsi che se è vero che la Corte d'Appello di Roma emise una sentenza, a parere di questo ufficio, indubbiamente ingiusta come frutto della corruzione di Metta, nessuno può dire in assoluto quale sarebbe stata la decisione che un collegio nella sua totalità incorrotto avrebbe emesso".

(5 ottobre 2009


Il pm Vincenzo Barba aveva chiesto 16 e 10 anni
Gavrila condannato anche per stupro di Villa Gordiani
Stupro della Caffarella, ecco la sentenza
11 anni a Gavrila e 6 ad Alexandru

L'avvocato del romeno: "Impugneremo la sentenza"
Barba: "Inferiore alle richieste, decideremo cosa fare"




ROMA - Sono stati condannati rispettivamente a 11 e 6 anni Oltean Gavrila e Jonut Alexandru, i due romeni imputati per lo stupro della Caffarella del 14 febbraio scorso. La sentenza è stata emessa dal giudice Luigi Fiasconaro al termine del processo con rito abbreviato. Oltean Gavrila è stato processato contestualmente anche per la violenza sessuale del 18 luglio a Villa Gordiani, alla periferia di Roma. Per entrambi gli imputati il pubblico ministero Vincenzo Barba aveva chiesto una condanna a 10 anni per i fatti della Caffarella, più altri 6 per il secondo stupro commesso da Gavrila.

Grazie al rito abbreviato, Gavrila ha quindi beneficiato di una condanna inferiore rispetto ai 16 anni richiesti dal pm. A Ionut, considerata l'età - appena 18 anni - il giudice ha concesso le attenuanti generiche. Fiasconaro, rispondendo alle richieste di risarcimento della parte civile, ha riconosciuto una provvisionale di 80 mila euro per la ragazza violentata, 30 mila per il ragazzo aggredito, e rispettivamente 20 e 10 mila per i genitori dei due ragazzini.

Il commento del pm. "Sentenza troppo mite? C'è stato il giudizio abbreviato, e poi la valutazione sulla pena la fa il giudice" ha commentato il pm Vincenzo Barba, che per i due romeni aveva chiesto pene più dure. "Ora leggeremo le motivazioni e poi decideremo cosa fare", ha concluso, dichiarandosi comunque contento del fatto che la sentenza sia arrivata "poco tempo dopo il fatto".

L'avvocato dei due ragazzi, Teresa Manente, è soddisfatto: "Certo la pena inflitta dal giudice è inferiore a quella chiesta dal pm, ma la condanna stabilita non è certo poco". E sul risarcimento danni ha commentato: "E' un importante riconoscimento della sofferenza subita dai ragazzi e del disvalore criminale di questi delitti".

Possibile impugnazione. L'avvocato di Oltean Gavrila, condannato a 11 anni, ha annunciato che impugnerà la sentenza, pur essendo "comunque soddisfatto, perché le pene inflitte sono state inferiori a quelle sollecitate dall'accusa".

(5 ottobre 2009) Tutti gli articoli di cronaca



Per la prima volta dal 1991 il leader spirituale tibetano in viaggio negli Usa non vede il presidente
A novembre la visita presidenziale in Cina. Polemiche, l'amministrazione: "Incontro rinviato"
Il Dalai Lama a Washington
ma Obama non lo riceve



Il Dalai Lama
WASHINGTON - Il Dalai Lama arriva a Washington e per la prima volta dal 1991 non sarà ricevuto dal presidente americano. Il leader spirituale tibetano è nella capitale Usa a conclusione di un lungo tour nel Nord America, ma la Casa Bianca ha preferito rinviare ad altra occasione l'incontro con Barack Obama per non danneggiare i rapporti con Pechino in vista della visita presidenziale in Cina, a novembre.

Il primo faccia a faccia tra Obama e il Dalai Lama potrebbe avvenire in un'altra occasione, forse già entro la fine dell'anno, ma non mancano le critiche per questo rinvio. "Cosa deve pensare un monaco o una suora buddhista rinchiusi nella prigione di Drapchi nell'apprendere che Obama non riceve il leader spirituale tibetano?", si è chiesto Frank Wolf, un membro repubblicano del Congresso impegnato nella battaglia per i diritti umani. Anche il primo ministro del governo tibetano in esilio, Samdhong Rinpoche, ha accusato la Casa Bianca di "acquiescenza". L'attuale amministrazione Usa aveva già fatto capire quanto tenesse ai rapporti con Pechino quando a febbraio, prima di una visita in Cina, il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, aveva affermato che la difesa dei diritti umani umani non deve "interferire con la crisi economica globale, con la crisi dei cambiamenti climatici e con quella della sicurezza".

Fonti dell'amministrazione Obama hanno spiegato al Washington Post che in questo momento per gli Usa è troppo importante non irritare la Cina per coinvolgerla nel dialogo sulla minaccia nucleare posta dalla Corea del nord e dall'Iran. E' una politica ribattezzata "rassicurazione strategica" di Pechino. Inoltre, viene fatto notare, lo staff di Obama non crede molto in questi incontri rituali che si traducono spesso in una bella foto ricordo senza reali progressi per la causa tibetana. Nell'ultima visita del Dalai Lama a Washington, nel 2007, George W. Bush era stato il primo presidente americano a incontrarlo in pubblico e davanti a fotografi e telecamere in una cerimonia a Capitol Hill. In quell'occasione al leader spirituale tibetano fu consegnata la medaglia d'oro del Congresso, la più alta onorificenza civile degli Stati Uniti. Anche stavolta a ricevere il Dalai Lama ci sarà, tra gli altri, proprio la speaker democratica del Congresso, Nancy Pelosi, grande sostenitrice della lotta per i diritti umani in Tibet. Dal 1991 è l'undicesima volta che Tenzin Gyatso, questo il nome del XIV Dalai Lama, si reca in visita negli Stati Uniti. (Agi)
(5 ottobre 2009)

Shao LinPosted: 5/10/2009, 11:53
CITAZIONE (Lucky (Due di Picche) @ 4/10/2009, 19:36)
Comunicato dei giornalisti contro Minzolini che in un editoriale
ha attaccato la manifestazione sulla libertà di stampa dell'Fnsi
Rai, il cdr del Tg1 contro il direttore
"Non siamo un tg di parte ma di tutti"

"Ai telespettatori che protestano l'impegno perché siano recuperati rispetto ed equilibrio"
Il testo verrà letto nell'edizione delle 20 di stasera. Richiesto ai vertici un incontro urgente








L'azienda di Berlusconi dovrà pagare 750 milioni di euro per il danno patrimoniale
da "perdita di chance" di un giudizio imparziale. La replica: "Ingiusto, faremo appello"
Cir: maxi risarcimento da Fininvest
De Benedetti: sentenza fa giustizia

L'ingegnere: "Stabiliti in modo inequivocabile gli illeciti che mi hanno impedito
di realizzare il progetto industriale che avrebbe creato il primo gruppo editoriale italiano"



ROMA - Fininvest è stata condannata dal tribunale di Milano a risarcire Cir del danno patrimoniale da "perdita di chance" di un giudizio imparziale, (in merito al Lodo Mondadori) quantificato in circa 750 milioni (749.955.611,93, per l'esattezza). Ma Fininvest non ci sta: "Sentenza ingiusta, faremo appello".

La Cir. Nella nota della Cir si legge che "è stata depositata oggi la sentenza del tribunale di Milano nella causa civile promossa da Cir, assistita dagli avvocati professor Vincenzo Roppo ed Elisabetta Rubini, contro Fininvest per il risarcimento del danno causato dalla corruzione giudiziaria nella vicenda del lodo Mondadori. La sentenza che ha carattere esecutivo decide che Cir ha diritto al risarcimento da parte di Fininvest del danno patrimoniale da 'perdita da chance' di un giudizio imparziale, quantificato in euro 749.955.611,93; Cir ha diritto al risarcimento da parte di Fininvest anche dei danni non patrimoniali sopportati in relazione alla medesima vicenda. La liquidazione di tali danni è riservata ad altro giudizio".

La sentenza di oggi nasce da quella penale del 2007 nella quale Cesare Previti (legale della Fininvest) e altri vennero condannati per "corruzione in atti giudiziari". In sostanza, allora venne riconosciuto un comportamento fraudolento di persone legate a Finivest contro la Cir. Oggi il gruppo di Berlusconi è chiamato a risarcire i danni causati da quei comportamenti.

"In questo modo - si legge ancora nella nota della Cir - dopo la definitiva condanna penale per corruzione intervenuta nel 2007, anche il giudice civile porta luce su una vicenda che ha inflitto un enorme danno a carico di Cir, ferendo al contempo fondamentali valori di corretto funzionamento del mercato e delle istituzioni. Cir esprime soddisfazione per una sentenza che rende giustizia alla società e ai suoi azionisti".

De Benedetti. La sentenza del Tribunale di Milano "non mi compensa per non aver potuto realizzare il progetto industriale che avrebbe creato il primo gruppo editoriale italiano - scrive l'ingegner Carlo De Benedetti - ma stabilisce in modo inequivocabile i comportamenti illeciti che l'hanno impedito". Per il presidente onorario di Cir "dopo quasi vent'anni dalla condotta fraudolenta messa in atto per sottrarre al nostro gruppo la legittima proprietà della Mondadori - aggiunge De Benedetti - finalmente la magistratura, dopo la sentenza che ha confermato definitivamente in sede penale l'avvenuta corruzione di un giudice, ci rende giustizia anche sul piano civile".

La replica. Ma la Fininvest non ci sta e annuncia che "ricorrerà immediatamente in appello, assolutamente certa che la totale fondatezza delle sue tesi non potrà non essere riconosciuta". Per il presidente della Fininvest, Marina Berlusconi, "si tratta di un verdetto incredibile e sconcertante". "La Fininvest - commenta Marina Berlusconi - ha sempre operato nella massima correttezza e ha dimostrato in modo limpido e inconfutabile la validità delle proprie ragioni. Non posso non rilevare che questa sentenza cade in momento politico molto particolare. Non posso non rilevare che dà ragione ad un Gruppo editoriale la cui linea di durissimo attacco al presidente del Consiglio, per non dire altro, è sotto gli occhi di tutti. Sbaglia però chi canta vittoria troppo presto. Sappiamo di essere nel giusto e siamo certi che alla fine questo non potrà non esserci riconosciuto".

La vicenda processuale. Cesare Previti, nel 2007, venne condannato (a titolo definitivo) a un anno e mezzo di reclusione al termine del secondo processo d'appello celebrato a Milano nell'ambito del caso lodo-Mondadori. La Terza corte d'appello di Milano aveva accolto tutte le richieste di condanna avanzate dal sostituto pg Pietro De Petris anche per gli altri imputati. La pena più alta era stata per il giudice Vittorio Metta, condannato a 2 anni e 9 mesi di reclusione in continuazione con i 6 anni riportati per Imi-Sir. L'avvocato Attilio Pacifico aveva invece subito la stessa condanna di Cesare Previti, mentre l'avvocato Giovanni Acampora era stato condannato a 1 anno e 6 mesi. L'assoluzione dei quattro imputati dal parte della Corte d'appello di Milano era stata annullata dalla Cassazione che aveva disposto un nuovo processo.

In particolare il giudice Metta, secondo l'accusa, sarebbe stato corrotto dagli altri imputati per annullare, attraverso una sentenza di cui fu relatore, il lodo arbitrale che assegnava a Carlo De Benedetti il controllo azionario della Mondadori, a favore di Silvio Berlusconi. Non a caso, all'inizio del processo l'ex presidente del Consiglio figurava tra gli imputati, ma nel 2001 la Cassazione stabilì nei suoi confronti la prescrizione dei reati contestati.

(3 ottobre 2009)

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Lodo Mondadori, le tappe
della vicenda giudiziaria


ROMA - Ecco le tappe principali della vicenda giudiziaria per il Lodo Mondadori che oggi ha visto il Tribunale civile di Milano emettere una provvedimento di condanna contro la Fininvest che dovrà versare a Cir circa 750 milioni a titolo di risarcimento per danno patrimoniale.

4 ottobre 2001. Davanti ai giudici della quarta sezione del tribunale di Milano comincia il processo per il Lodo Mondadori. Imputati sono Cesare Previti, Attilio Pacifico, Vittorio Metta e Giovanni Acampora. A giugno, i giudici della quinta sezione della Corte d'Appello di Milano hanno ritenuto che nei confronti di Silvio Berlusconi è ipotizzabile il reato di corruzione semplice e, grazie alla concessione delle attenuanti generiche, questo reato è stato dichiarato prescritto.

28 gennaio 2002. Il processo Imi-Sir, cominciato nel 2000, è riunito con quello sul Lodo Mondadori.

29 aprile 2003. La Corte di Appello di Milano condanna a 13 anni Vittorio Metta, 11 anni Cesare Previti e Attilio Pacifico, 8 anni e 6 mesi Renato Squillante, 6 anni Felice Rovelli, 5 anni e 6 mesi Giovanni Acampora, 4 anni e 6 mesi Primarosa Battistella. Assolto Filippo Verde.

7 gennaio 2005. Comincia a Milano, davanti alla seconda Corte d'appello, presieduta da Roberto Pallini, il processo di secondo grado per i casi Imi-Sir e Lodo Mondadori.

23 maggio 2005. I giudici confermano la condanna di Cesare Previti per la sola vicenda Imi-Sir, assolvendolo per quella Lodo Mondadori. Previti e Attilio Pacifico hanno avuto una riduzione della condanna da undici a sette anni. Riduzioni delle pene per gli altri imputati: Vittorio Metta da 13 a 6 anni, Renato Squillante da 8 anni e 6 mesi a 5 anni, Felice Rovelli da 6 a 3 anni, Primarosa Battistella da 4 anni e 6 mesi a 2 anni.
Per la vicenda Lodo Mondadori l'avvocato Giovanni Acampora, Metta, Pacifico e Previti sono stati assolti "perché il fatto non sussiste".

4 maggio 2006. Per la vicenda Imi/Sir, la Corte di Cassazione riduce a 6 anni la condanna per Previti e Pacifico, conferma la condanna a 6 anni per Metta, riduce la pena per Acampora a 3 anni e 8 mesi, annulla senza rinvio la condanna per Squillante e Battistella e considera prescritta l'accusa per Felice Rovelli. Per il lodo Mondadori, la Cassazione accoglie il ricorso della Procura Generale di Milano e della parte civile Cir, contro le assoluzioni del maggio 2005.

18 dicembre 2006. Davanti alla terza sezione della Corte d'appello di Milano, comincia il nuovo processo d'appello per il lodo Mondadori.

23 febbraio 2007. I giudici condannano Previti, Acampora e Pacifico ad un anno e 6 mesi, Metta a due anni e otto mesi. Le condanne vanno aggiunte in continuazione con quelle del processo Imi-Sir, ormai diventate definitive.

3 ottobre 2009. La I sezione del Tribunale di Milano dà ragione ha dichiarato che la Cir ha diritto al risarcimento di 750 milioni da parte di Fininvest per il danno patrimoniale da 'perdita di chance' subito nella vicenda per la 'battaglia di Segrate'. Il provvedimento civile è arrivato alla luce dalla definitiva condanna penale per corruzione del 2007.

(3 ottobre 2009) Tutti gli articoli di politica


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(4 ottobre 2009) Tutti gli articoli di esteri

Con la Mondadori non finisce qui, poiché ci sono anche altre indagini in corso che mi sembra siano giunte alla conclusione.
Lucky (Due di Picche)Posted: 4/10/2009, 18:36
Comunicato dei giornalisti contro Minzolini che in un editoriale
ha attaccato la manifestazione sulla libertà di stampa dell'Fnsi
Rai, il cdr del Tg1 contro il direttore
"Non siamo un tg di parte ma di tutti"

"Ai telespettatori che protestano l'impegno perché siano recuperati rispetto ed equilibrio"
Il testo verrà letto nell'edizione delle 20 di stasera. Richiesto ai vertici un incontro urgente




ROMA - Il comitato di redazione del Tg1 in rivolta contro il suo direttore Augusto Minzolini. A far alzare al voce al cdr sono stati i servizi andati in onda ieri in relazione alla manifestazione sulla libertà di stampa promossa dalla Fnsi e l'editoriale dello stesso direttore che affermava di non capire il senso di quella protesta: "Denunciare che la libertà di stampa è in pericolo è un assurdo", affermava Minzolini. Il cdr ha così deciso di chiedere ai vertici Rai "una convocazione urgente per esprimere le nostre preoccupazioni".

In un comunicato di cui è stata ottenuta l'autorizzazione dell'azienda per la lettura nel tg delle 20 di oggi, si legge: "Il Tg1 non è mai stato schierato, nella sua storia, contro alcuna manifestazione. Ieri il direttore lo ha allineato contro la manifestazione del sindacato unitario dei giornalisti per la libertà d'informazione, cui ha aderito una moltitudine di cittadini".

"Il Tg1 - continua il comunicato - ha per sua tradizione un ruolo istituzionale, non è un tg di parte. E' il Tg di tutti i cittadini, anche di quelli che hanno manifestato per chiedere il rispetto dell'articolo 21 della Costituzione. E cui sbrigativamente è stato detto di aver fatto una cosa 'incomprensibile'. Il Tg1 va in tutte le case". "E' servizio pubblico - afferma ancora il cdr - e rispetta ogni opinione e sensibilità per non mettere in gioco il suo patrimonio di credibilità. Ai telespettatori che in queste ore fanno giungere le loro proteste l'impegno del comitato di redazione perché siano recuperati rispetto ed equilibrio". Il comunicato si chiude con la richiesta ai vertici di viale Mazzini di un incontro urgente.
(4 ottobre 2009) Tutti gli articoli di politica


Intervento del presidente del Financial Stability Board a Istanbul
"La recessione sta rallentando e in alcune aree si è fermata"
Draghi, finanza: "Dopo la crisi
necessarie nuove regole"

La polemica sui Tremonti bond: "Le banche devono avere
un capitale adeguato. Ma poi ognuno decide in base ai propri parametri"




ISTANBUL - "La Banca d'Italia fa supervisione e le banche devono avere un capitale adeguato". Così il governatore Mario Draghi ha risposto in conferenza stampa a chi chiedeva se per gli istituti di credito sia meglio rivolgersi al mercato o utilizzare i Tremonti bond per reperire i capitali necessari. Draghi ha inoltre ribadito che si intravede l'uscita dalla crisi mondiale: "La recessione sta rallentando e in alcune aree si è fermata. Ci sono dei piccoli segnali di ripresa, ma sarà una ripresa molto lenta e fragile, con un livello di disoccupazione in crescita ovunque". E a chi paventa un eccesso di regolamentazione per le banche, ha ribattuto seccamente che "è prematuro preoccuparsene" e che comunque "i buchi della regolamentazione saranno chiusi".

Il numero uno di via Nazionale ha comunque anche ricordato come più volte in passato Palazzo Koch abbia esortato le banche a utilizzare i Tremonti bond. Più in generale, Draghi ha osservato che "il compito del supervisore è verificare che la base di capitale soddisfi tutti i requisiti". "Poi - ha concluso - si tratta di scelte delle banche che decidono anche in base ai loro parametri".

Quanto al futuro, ha detto il governatore della Banca d'Italia, "bisogna dissipare l'idea che dopo la crisi tutto continuerà a funzionare come prima. Il mondo è cambiato e le nuove regole sono un punto cruciale".
"Alle banche - ha tagliato corto il numero uno di Palazzo Koch nel corso di una conferenza stampa tenuta in qualità di presidente del Financial Stability Board - dico chè prematuro preoccuparsi per un eccesso di regolamentazione. Daremo tempo al sistema per adattarsi ma non c'è dubbio che il sistema che vogliamo ha meno leva, più capitale ed è più immune dai perversi incentivi che hanno portato alla crisi. I buchi della regolamentazione saranno chiusi".
(4 ottobre 2009)


L'uomo, 57 anni, aveva adescato due coppie di sorelline tra i 5 e i 12 anni
Era in macchina con le bimbe piangenti e i pantaloni abbassati
Trovato in auto con quattro bambine
Arrestato un pedofilo nel Bresciano


CARPENEDOLO (BRESCIA) - Un uomo di 57 anni è stato arrestato a Carpenedolo dopo essere stato trovato seminudo in un'auto con a bordo quattro bambine di età compresa tra i cinque e i 12 anni. A notare l'auto, con a bordo l'uomo e le piccole, è stata una pattuglia della polizia stradale di Montichiari (Brescia).

Le bambine, due coppie di sorelle di origine marocchina, cugine tra loro, quando sono state soccorse dagli agenti erano in lacrime. L'uomo, un agricoltore, è un vicino di casa di due di loro e che le avrebbe adescate in un parco giochi nei pressi di un centro commerciale dicendo loro che le avrebbe portate a casa.

Agenti in servizio di perlustrazione hanno notato l'auto ferma in una stradina laterale della provinciale 343, nascosta dagli arbusti. Insospettiti dalla posizione del veicolo si sono avvicinati. All'interno c'erano l'uomo nudo dalla cintola in giù e le bambine. Al momento dell'arresto il cinquantasettenne ha provato a opporre resistenza scatenando una colluttazione ma in breve tempo è stato immobilizzato e ammanettato. E' accusato di sequestro di minorenni, atti osceni in luogo pubblico, atti sessuali con minorenni. Nella sua abitazione sono state trovate 200 videocassette, alcune di contenuto pedopornografico.

Le bambine sono state affidate a personale sanitario fino al momento in cui i genitori non si sono presentati in ospedale.

(4 ottobre 2009)



L'azienda di Berlusconi dovrà pagare 750 milioni di euro per il danno patrimoniale
da "perdita di chance" di un giudizio imparziale. La replica: "Ingiusto, faremo appello"
Cir: maxi risarcimento da Fininvest
De Benedetti: sentenza fa giustizia

L'ingegnere: "Stabiliti in modo inequivocabile gli illeciti che mi hanno impedito
di realizzare il progetto industriale che avrebbe creato il primo gruppo editoriale italiano"



ROMA - Fininvest è stata condannata dal tribunale di Milano a risarcire Cir del danno patrimoniale da "perdita di chance" di un giudizio imparziale, (in merito al Lodo Mondadori) quantificato in circa 750 milioni (749.955.611,93, per l'esattezza). Ma Fininvest non ci sta: "Sentenza ingiusta, faremo appello".

La Cir. Nella nota della Cir si legge che "è stata depositata oggi la sentenza del tribunale di Milano nella causa civile promossa da Cir, assistita dagli avvocati professor Vincenzo Roppo ed Elisabetta Rubini, contro Fininvest per il risarcimento del danno causato dalla corruzione giudiziaria nella vicenda del lodo Mondadori. La sentenza che ha carattere esecutivo decide che Cir ha diritto al risarcimento da parte di Fininvest del danno patrimoniale da 'perdita da chance' di un giudizio imparziale, quantificato in euro 749.955.611,93; Cir ha diritto al risarcimento da parte di Fininvest anche dei danni non patrimoniali sopportati in relazione alla medesima vicenda. La liquidazione di tali danni è riservata ad altro giudizio".

La sentenza di oggi nasce da quella penale del 2007 nella quale Cesare Previti (legale della Fininvest) e altri vennero condannati per "corruzione in atti giudiziari". In sostanza, allora venne riconosciuto un comportamento fraudolento di persone legate a Finivest contro la Cir. Oggi il gruppo di Berlusconi è chiamato a risarcire i danni causati da quei comportamenti.

"In questo modo - si legge ancora nella nota della Cir - dopo la definitiva condanna penale per corruzione intervenuta nel 2007, anche il giudice civile porta luce su una vicenda che ha inflitto un enorme danno a carico di Cir, ferendo al contempo fondamentali valori di corretto funzionamento del mercato e delle istituzioni. Cir esprime soddisfazione per una sentenza che rende giustizia alla società e ai suoi azionisti".

De Benedetti. La sentenza del Tribunale di Milano "non mi compensa per non aver potuto realizzare il progetto industriale che avrebbe creato il primo gruppo editoriale italiano - scrive l'ingegner Carlo De Benedetti - ma stabilisce in modo inequivocabile i comportamenti illeciti che l'hanno impedito". Per il presidente onorario di Cir "dopo quasi vent'anni dalla condotta fraudolenta messa in atto per sottrarre al nostro gruppo la legittima proprietà della Mondadori - aggiunge De Benedetti - finalmente la magistratura, dopo la sentenza che ha confermato definitivamente in sede penale l'avvenuta corruzione di un giudice, ci rende giustizia anche sul piano civile".

La replica. Ma la Fininvest non ci sta e annuncia che "ricorrerà immediatamente in appello, assolutamente certa che la totale fondatezza delle sue tesi non potrà non essere riconosciuta". Per il presidente della Fininvest, Marina Berlusconi, "si tratta di un verdetto incredibile e sconcertante". "La Fininvest - commenta Marina Berlusconi - ha sempre operato nella massima correttezza e ha dimostrato in modo limpido e inconfutabile la validità delle proprie ragioni. Non posso non rilevare che questa sentenza cade in momento politico molto particolare. Non posso non rilevare che dà ragione ad un Gruppo editoriale la cui linea di durissimo attacco al presidente del Consiglio, per non dire altro, è sotto gli occhi di tutti. Sbaglia però chi canta vittoria troppo presto. Sappiamo di essere nel giusto e siamo certi che alla fine questo non potrà non esserci riconosciuto".

La vicenda processuale. Cesare Previti, nel 2007, venne condannato (a titolo definitivo) a un anno e mezzo di reclusione al termine del secondo processo d'appello celebrato a Milano nell'ambito del caso lodo-Mondadori. La Terza corte d'appello di Milano aveva accolto tutte le richieste di condanna avanzate dal sostituto pg Pietro De Petris anche per gli altri imputati. La pena più alta era stata per il giudice Vittorio Metta, condannato a 2 anni e 9 mesi di reclusione in continuazione con i 6 anni riportati per Imi-Sir. L'avvocato Attilio Pacifico aveva invece subito la stessa condanna di Cesare Previti, mentre l'avvocato Giovanni Acampora era stato condannato a 1 anno e 6 mesi. L'assoluzione dei quattro imputati dal parte della Corte d'appello di Milano era stata annullata dalla Cassazione che aveva disposto un nuovo processo.

In particolare il giudice Metta, secondo l'accusa, sarebbe stato corrotto dagli altri imputati per annullare, attraverso una sentenza di cui fu relatore, il lodo arbitrale che assegnava a Carlo De Benedetti il controllo azionario della Mondadori, a favore di Silvio Berlusconi. Non a caso, all'inizio del processo l'ex presidente del Consiglio figurava tra gli imputati, ma nel 2001 la Cassazione stabilì nei suoi confronti la prescrizione dei reati contestati.

(3 ottobre 2009)

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Lodo Mondadori, le tappe
della vicenda giudiziaria


ROMA - Ecco le tappe principali della vicenda giudiziaria per il Lodo Mondadori che oggi ha visto il Tribunale civile di Milano emettere una provvedimento di condanna contro la Fininvest che dovrà versare a Cir circa 750 milioni a titolo di risarcimento per danno patrimoniale.

4 ottobre 2001. Davanti ai giudici della quarta sezione del tribunale di Milano comincia il processo per il Lodo Mondadori. Imputati sono Cesare Previti, Attilio Pacifico, Vittorio Metta e Giovanni Acampora. A giugno, i giudici della quinta sezione della Corte d'Appello di Milano hanno ritenuto che nei confronti di Silvio Berlusconi è ipotizzabile il reato di corruzione semplice e, grazie alla concessione delle attenuanti generiche, questo reato è stato dichiarato prescritto.

28 gennaio 2002. Il processo Imi-Sir, cominciato nel 2000, è riunito con quello sul Lodo Mondadori.

29 aprile 2003. La Corte di Appello di Milano condanna a 13 anni Vittorio Metta, 11 anni Cesare Previti e Attilio Pacifico, 8 anni e 6 mesi Renato Squillante, 6 anni Felice Rovelli, 5 anni e 6 mesi Giovanni Acampora, 4 anni e 6 mesi Primarosa Battistella. Assolto Filippo Verde.

7 gennaio 2005. Comincia a Milano, davanti alla seconda Corte d'appello, presieduta da Roberto Pallini, il processo di secondo grado per i casi Imi-Sir e Lodo Mondadori.

23 maggio 2005. I giudici confermano la condanna di Cesare Previti per la sola vicenda Imi-Sir, assolvendolo per quella Lodo Mondadori. Previti e Attilio Pacifico hanno avuto una riduzione della condanna da undici a sette anni. Riduzioni delle pene per gli altri imputati: Vittorio Metta da 13 a 6 anni, Renato Squillante da 8 anni e 6 mesi a 5 anni, Felice Rovelli da 6 a 3 anni, Primarosa Battistella da 4 anni e 6 mesi a 2 anni.
Per la vicenda Lodo Mondadori l'avvocato Giovanni Acampora, Metta, Pacifico e Previti sono stati assolti "perché il fatto non sussiste".

4 maggio 2006. Per la vicenda Imi/Sir, la Corte di Cassazione riduce a 6 anni la condanna per Previti e Pacifico, conferma la condanna a 6 anni per Metta, riduce la pena per Acampora a 3 anni e 8 mesi, annulla senza rinvio la condanna per Squillante e Battistella e considera prescritta l'accusa per Felice Rovelli. Per il lodo Mondadori, la Cassazione accoglie il ricorso della Procura Generale di Milano e della parte civile Cir, contro le assoluzioni del maggio 2005.

18 dicembre 2006. Davanti alla terza sezione della Corte d'appello di Milano, comincia il nuovo processo d'appello per il lodo Mondadori.

23 febbraio 2007. I giudici condannano Previti, Acampora e Pacifico ad un anno e 6 mesi, Metta a due anni e otto mesi. Le condanne vanno aggiunte in continuazione con quelle del processo Imi-Sir, ormai diventate definitive.

3 ottobre 2009. La I sezione del Tribunale di Milano dà ragione ha dichiarato che la Cir ha diritto al risarcimento di 750 milioni da parte di Fininvest per il danno patrimoniale da 'perdita di chance' subito nella vicenda per la 'battaglia di Segrate'. Il provvedimento civile è arrivato alla luce dalla definitiva condanna penale per corruzione del 2007.

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Crolla il muro
della finzione

di CURZIO MALTESE

C'ERA un solo Paese, fino a ieri, dove si potesse definire una "farsa" una manifestazione per la libertà di stampa in Italia. Indovinate un po', il nostro. Nel resto d'Europa e dell'universo democratico, l'anomalia italiana è ormai evidente a tutti. Bene, da oggi diventa più difficile per il potere negarla. La folla di cittadini che ha riempito all'inverosimile Piazza del Popolo e dintorni ha avuto l'effetto di far crollare un muro di finzione.

Ha portato un pezzo di realtà sulla scena pubblica, restituito un senso alle parole rubate dal marketing politico, come popolo e libertà, segnalato l'esistenza e la resistenza di un'Italia aperta al mondo, allegra e pronta a scendere in piazza per i propri diritti. Ed è un segnale del paradosso orwelliano in cui ci tocca vivere che proprio questa Italia si presenti in piazza al grido: "Siamo tutti farabutti".

È crollata in un pomeriggio una finzione costruita da mesi e anni di propaganda. Quella per cui la questione della libertà d'informazione in Italia è soltanto una lotta di élites nemiche, di qui Berlusconi e i suoi media, di là Repubblica e un pugno di giornalisti di tv e carta stampata, spalleggiati dalla fantomatica Spectre internazionale del giornalismo di sinistra. Se così fosse, aggiungiamo, avremmo già perso da un pezzo, visto i rapporti di forza.

Ma la questione è altra ed è quella che vede benissimo l'opinione pubblica internazionale. Da un lato c'è una concezione classica delle libertà democratiche, per cui il governo e l'informazione fanno ciascuno il proprio mestiere. Dall'altro, il fronte berlusconiano, dove è affermata ormai a chiare lettere una concezione di democrazia mutilata in cui i media debbono astenersi dal criticare il potere politico, perfino dal porre domande non previste dal protocollo. Altrimenti rischiano ritorsioni economiche, politiche, giudiziarie.

Sullo sfondo di un irrisolto e monumentale conflitto d'interessi, il progetto di Berlusconi è di costringere l'intero campo dell'informazione a due sole possibilità. Una metà militante a favore del padrone, cioè servile. E l'altra metà comunque deferente.

Nei quindici anni di carriera politica, Berlusconi non era mai giunto tanto vicino a raggiungere questo obiettivo come al principio del suo terzo mandato. Una televisione e una stampa prone ai voleri del governo, in molti casi liete di fare da semplici megafoni, hanno scortato il premier fra infinite passerelle nella luna di miele con l'elettorato. Poi qualcosa si è rotto. Le voci non servili o non deferenti rimangono poche, ma suonano forte e soprattutto sono sostenute da un crescente sostegno popolare.

Perfino il pubblico televisivo, il "popolo" di Berlusconi, ha cominciato a ribellarsi a una rassegnata deriva. Per il re delle antenne, abituato a riferire dell'azione di governo prima (o solo) in tv piuttosto che in Parlamento, far segnare record negativi di ascolti, quando il "nemico" Santoro polverizza un primato dopo l'altro, è davvero un brutto segno di declino. La risposta di massa in piazza all'appello del sindacato giornalisti è un altro pessimo segnale. Pessimo, s'intende, per l'egemone. Magnifico per chi continua a pensare all'Italia come a una grande democrazia occidentale.

Non sappiamo se l'opinione pubblica è davvero e ancora "una forza superiore a quella dei governi", come scriveva Saint Simon agli albori della democrazia. Nell'Italia di oggi è in ogni caso una forza superiore a quella di un'opposizione politica divisa, confusa e a giudicare dagli ultimi voti parlamentari anche distratta. Il potere ne è consapevole e infatti gli attacchi agli organi d'informazione in questi mesi hanno raggiunto toni mai toccati dalla polemica politica.

Per finire con una nota grottesca, parliamo del Tg1, ormai scaduto a bollettino governativo. Ieri sera il direttore Augusto Minzolini è intervenuto con un editoriale nel quale, dopo aver esordito definendo una manifestazione di cittadini in favore della libertà di stampa "incomprensibile per me" (nel suo caso, si capisce), ha ripetuto parola per parola gli slogan appena usati nel pastone politico dagli esponenti del Pdl.

Minzolini, che è quello senza occhiali - per distinguerlo da Capezzone - non è l'ennesimo portavoce del premier, ma un dipendente del servizio pubblico, pagato coi soldi del canone versato anche dai manifestanti. Anzi, forse più da loro che da altri. Dovrebbe tenerne conto e dare qualche notizia in più, invece di propinarci per la seconda volta il Berlusconi-pensiero mascherato da editoriale.

(4 ottobre 2009)


Non era una folla
ma era un popolo

di EUGENIO SCALFARI

QUESTO articolo è dedicato al tema del testamento biologico, che tornerà tra breve di stretta attualità e sul quale è da tempo in corso un ampio dibattito che coinvolge diverse concezioni del bene comune.
Sento tuttavia la necessità prima d'affrontare quel tema, di esprimere il mio pensiero sulla manifestazione che si è svolta ieri pomeriggio in Piazza del Popolo a Roma in nome della libertà d'informazione. Ne torno in questo momento e ne sono dunque mentre scrivo ancora caldi i sentimenti e le emozioni che essa ha suscitato.

Sul senso politico e soprattutto costituzionale di quell'imponente raduno di persone, di associazioni, di sindacati e di forze politiche, ha scritto ieri Ezio Mauro. La gente è andata in piazza per difendere la prima delle libertà, preliminare rispetto a tutte le altre, struttura portante della democrazia. Questo sentimento accomuna i cittadini al di là e al di sopra di tutte le differenze di parte e ieri infatti si è andati in piazza in nome della Costituzione repubblicana.
Non era una folla, era un popolo che gremiva fino all'inverosimile non solo la piazza ma l'adiacente piazzale Flaminio, le balconate e le terrazze del Pincio, la via di Ripetta, la via del Corso fino a piazza Augusto, la via del Babuino. Addensati come non mi era capitato mai di vedere in situazioni consimili.
Dico che non era una folla ma un popolo perché non erano lì per ascoltare e osannare un leader, un capo carismatico alle cui parole e al cui fascino avrebbero agganciato le loro pulsioni, i loro sogni, le loro attese.

Erano lì in nome di convinzioni maturate da tempo, d'una visione propria e condivisa del bene comune, del rifiuto della demagogia. Erano lì per solidarizzare con due giornali attaccati dal potere politico e con le poche trasmissioni televisive che non sono al guinzaglio del potere. Ed erano lì per testimoniare l'essenza democratica delle donne e degli uomini di buona volontà, di chi ricorda il passato e vuole costruire il futuro.

Tra le tante strette di mano e di abbracci dati e ricevuti, l'incoraggiamento che tutti ci hanno rivolto è stato di resistere, continuare, non mollare. M'è venuto in mente che "non mollare" fu il motto adottato sotto il fascismo da Ernesto Rossi e dai promotori di "Giustizia e Libertà". Le battaglie civili che si combattono oggi sono molto diverse da quelle di allora, ma il senso è il medesimo: in un'epoca appiattita e priva di ideali, occorre risvegliare un paese cloroformizzato, disinformato, indifferente e ricondurlo all'impegno civile.

Questo intendeva dirci il popolo di quella piazza. Non erano loro ad ascoltare noi, ma noi a sentirceli vicini e far nostre le loro indicazioni: resistete, continuate, non mollate. E noi, per il fatto stesso di fare correttamente il nostro mestiere, resisteremo, continueremo, non molleremo.

* * *

Il testamento biologico non è ancora calendarizzato nei lavori della Camera dei Deputati ma lo sarà tra breve. Il Senato l'ha già approvato in una versione che piace al centrodestra ed è invece ritenuta fondamentalista dal centrosinistra. I due opposti schieramenti non sono comunque compatti. Da molte parti si vorrebbe un rinvio di decantazione ma è improbabile che si ottenga poiché per il "premier" è preziosa merce di scambio con la Chiesa per riacquistare una credibilità, anzi una legittimità politica da parte della gerarchia ecclesiastica.

Le posizioni in campo si possono ridurre alle seguenti:
1. Un testamento redatto e firmato dall'interessato subito dopo l'approvazione della legge e periodicamente aggiornato, nel quale l'interessato disponga a piacimento del suo corpo quando si trovi in uno stadio terminale a causa d'una malattia giudicata dal medico incurabile. L'interessato designa anche l'esecutore testamentario chiamato a far valere la sua volontà in caso di sua incoscienza e quindi impossibilità di esprimersi. Il documento così redatto deve essere depositato presso un notaio. Dalle disposizioni del testatore è comunque esclusa per legge la somministrazione di nutrimento che non fa quindi parte della terapia.

2. Il ministro della Sanità propone in alternativa il ritiro della legge e lo stralcio per quanto riguarda la somministrazione dei nutrimenti. Lo stralcio dovrebbe stabilire secondo il ministro che il nutrimento deve essere in ogni caso somministrato fino a quando la morte non avvenga.

3. La legge di cui al punto 1 dovrebbe essere emendata e includere anche la somministrazione nella disponibilità del testatore.

4. Non si faccia nessuna legge lasciando all'interessato di decidere direttamente in accordo con i suoi familiari e con il suo medico di fiducia. Ma saranno comunque necessarie garanzie per i medici che eseguono la volontà del malato di interrompere terapia e nutrimento. In questo contesto si potranno anche inserire norme contro l'eutanasia e contro l'accanimento terapeutico.

Queste sono le quattro posizioni che si confronteranno alla Camera e al Senato se, come sembra probabile, la legge sarà modificata e quindi rinviata a Palazzo Madama per una seconda lettura.

La posizione numero 1 è appoggiata dalla maggior parte del centrodestra cui in questa occasione si aggiungeranno i voti dell'Udc. Quella numero 2 ne costituisce una variante. Quella numero 3 raccoglie la maggioranza del centrosinistra e probabilmente anche dei "liberali" di centrodestra. La numero 4 ne rappresenta una variante che tende a limitare al massimo l'intervento della politica in una questione eminentemente privata.

* * *

Decisioni su temi di questa complessità, che riguardano la concezione della vita e le modalità operative che implicano inevitabilmente l'intervento dei medici, non possono essere adottate senza un contributo determinante dell'opinione pubblica, non foss'altro per la ragione che resta possibile il ricorso ad un referendum abrogativo da parte di chi non fosse soddisfatto della normativa decisa nelle aule parlamentari.

Il pubblico dibattito è dunque oltremodo necessario, soprattutto per informare i cittadini della sostanza della questione e delle sue implicazioni rispetto ad una complessiva visione del bene comune. Si confrontano in un dibattito di questa natura posizioni diversamente ispirate ed anche specifiche deontologie, la prima delle quali si può definire "ippocratica" e riguarda l'intera classe medica, deontologicamente vincolata al cosiddetto giuramento di Ippocrate che pone la medicina al servizio della preservazione della vita. Può un medico contravvenire a quel giuramento per dare esecuzione alla volontà di un malato?

La questione non è di poco conto ed infatti è ampiamente utilizzata da quanti si oppongono alla tesi dell'interruzione delle terapie nel caso di malattie incurabili giunte allo stadio terminale.

La constatazione dell'incurabilità e dello stadio terminale è di pertinenza dell'équipe medica che segue l'ammalato in questione. I medici dunque non vengono espropriati del loro ruolo essenziale, anzi esso ne risulta ulteriormente rafforzato come è giusto che sia.
Il giuramento di Ippocrate può dunque essere razionalmente superato sulla base di tre considerazioni.

La prima riguarda il progresso delle tecnologie curative che hanno fortemente modificato il momento della morte, non più identificato nella cessazione del battito cardiaco ma nella morte cerebrale. Questa nuova concezione del momento della morte, sulla quale si basa la tecnica degli espianti e trapianti di organi ancora vivi, conferisce alla tesi ippocratica una flessibilità ed una relatività prima sconosciuta, che fanno appello alla coscienza responsabile del medico e al rapporto tra il giuramento di Ippocrate e il caso specifico di quel malato.

La seconda considerazione riguarda l'accanimento terapeutico il cui divieto è ormai universalmente accettato.

La terza riguarda la cura del dolore, anch'essa accettata da tutti, comprese le varie chiese cristiane.
Ma accanto e al di sopra della tesi ippocratica che ha natura essenzialmente deontologica, si staglia la concezione religiosa che assegna non già alla libera volontà individuale ma soltanto a Dio la potestà sulla vita e sulla morte delle sue creature. Qui sta il nocciolo dell'intera questione. Come si supera l'obiezione del "pro vita"? E le obiezioni di coscienza che da questa tesi derivano?

* * *

Va detto innanzitutto che l'obiezione "pro vita" motivata da un'autonoma decisione individuale e/o dal richiamo religioso alla potestà non discutibile del Creatore, ha pieno diritto di essere sostenuta nello spazio pubblico dove tutte le opinioni hanno diritto di esprimersi cimentandosi con opposti modi di pensare e di comportarsi. Del resto il testamento non è obbligatorio, si muore anche senza di esso. Parlo qui del testamento civile, in assenza del quale l'eredità viene assegnata "ope legis" secondo le normative del codice.

In caso di testamento biologico però, l'assenza di esso crea non pochi problemi che tuttavia vengono superati dall'esistenza d'un parente di strettissimo grado di parentela: coniuge, figlio, genitore. Oltre questa cerchia non si può andare. Su questa base del resto la Corte di Cassazione decise il caso Englaro riconoscendo al padre il potere decisionale in rappresentanza della figlia Eluana. Infine, in mancanza di parenti di strettissimo grado, il magistrato può nominare un curatore a tutela del malato incurabile e terminale.

Ma torniamo all'obiezione religiosa e dal canto nostra obiettiamo: la tesi "pro vita" ha pieno diritto d'essere pubblicamente e fortemente sostenuta ma essa non può essere imposta a chi non la condivide; lo Stato democratico non può far propria la tesi "pro vita" (intesa nel senso di impedire le libere decisioni individuali che comprendano la cessazione delle terapie e della nutrizione) senza con ciò trasformarsi in uno Stato etico, portatore di concezioni etiche e religiose, che rappresenterebbero una deformazione non solo autoritaria ma totalitaria in aperto contrasto con lo spirito e con la lettera della Costituzione repubblicana.

Queste del resto furono le motivazioni che portarono alla legislazione sul divorzio, sull'aborto, sulla procreazione medicalmente assistita: istituti che non impongono nulla a nessuno limitandosi a riconoscere diritti, anzi facoltà per chi voglia avvalersene e soltanto per lui.

Neppure la Chiesa, comunque, è monolitica su temi di questa delicatezza e complessità. Recentemente il cardinal Martini si è espresso con molta chiarezza sul significato profondo del "pro vita" cattolico e dal suo punto di vista va sostenuto e affermato mettendolo tuttavia in rapporto con la dignità della persona. Due valori che vanno entrambi rispettati e dei quali, in certe circostanze, il secondo può addirittura prevalere sul primo come del resto attesta la considerazione in cui il martirologio è ricordato e venerato dalla Chiesa. La dignità del martire è connessa alla testimonianza della sua fede e per essa una persona sana si immola anziché abiurare. La persona ammalata chiede di affrettare una ormai inevitabile morte per rispetto verso l'opera del Creatore. Non è in tutte e due i casi un problema di dignità?

Il testamento biologico rientra tra quei grandi temi morali e culturali che possono rafforzare la tempra democratica d'un paese. Avvilirlo in uno scambio lobbistico sarebbe quanto di peggio possa accadere. È purtroppo vero che al peggio ci stiamo abituando, ma questo è appunto il pericolo che sta correndo la democrazia ed anche la religione. Il popolo di Dio dovrebbe preoccuparsene quanto noi e più ancora di noi.


(4 ottobre 2009)

Frasi e citazioni, a piazza del Popolo la protesta portata da casa
Tanti contro Berlusconi, ma la parola più ricorrente è "libertà"
Foto, cartelli, collage e pennarelli
in piazza lo slogan è autoprodotto

di ALESSANDRA VITALI



ROMA - La libertà di stampa se la sono portata da casa. Hanno stampato volantini, magliette, cartelli. Striscioni, biglietti, adesivi. Chi non ha stampato ha scritto a mano. Con la penna, col pennarello, col pennello. O ha incollato: foto, fotocopie, pagine di giornali. La partecipazione alla manifestazione in difesa della libertà di informazione si traduce anche in gara creativa. Ognuno vuole dire la sua, dirla come se la sente. Un manifesto, una t-shirt, uno striscione, una rima, una foto. Tutto rigorosamente autoprodotto. La protesta è di carta e di stoffa. Nasce da quella voglia di "c'ero anch'io" che ti fa mettere la parola e la firma oltre alla faccia.

Ci sono quelli che ce l'hanno con la politica che in piazza non ce li porta e scrivono "D'Alema, ora chiedici scusa e vattene". C'è chi gioca facile e scrive "Papi, mi presti la escort?". Ci sono "farabutti" e "farabutte" d'ogni genere e età. Le signore e i bambini. Gli anziani e gli adolescenti. Le fotocopie, i collage, i pennarelli. Le parole che scendono oblique sul foglio, magari scritte sul pullman, o ieri sera sul letto ma chisseneimporta, quel che importa è dirle.

Berlusconi è il più gettonato. "L'informazione ci rende liberi, Papi ci rende schiavi". "Voglio, posso, comando... La buonanima era un santo, in confronto a Silvio". E sono cartelli scritti con il pennarello. Poi ci sono i collage, copertine e titoli di giornali affiancati a liberi pensieri. Un cartello giallo con incollata la copertina dell'Espresso che titola "Sua libertà di stampa" e sotto la scritta "No al padrone unico dell'informazione". O le magliette con gli slogan stampati: "Se la risposta è Berlusconi, la domanda è sbagliata".

Le domande, quelle dieci alle quali il premier non ha mai risposto, spuntano a ogni angolo. Sotto forma di volantino, fotocopiate da Repubblica e incollate su un cartello, qualcuno le ha anche stampate su una t-shirt. Ma la parola che più ricorre in piazza del Popolo è "libertà". Con Calamandrei: "La libertà è come l'aria, ci si accorge di quanto sia importante quando viene a mancare". Contro i giornalisti che la piazza giudica "di regime": "Libertà di informazione. Ippopotami, elefanti, cerbiatti, cani, gatti, fenicotteri, procioni, orsi, coccodrilli e lamantini. Non è Piero Angela. Questo è il Tg1 di Minzolini. No al lavaggio del cervello".

Ci sono dei ragazzi arrivati in gruppo da Reggio Emilia. Tutti con lo stesso cartello giallo appeso al collo e scritto in rosso e in nero: "La pace si nutre di un'informazione libera". Una signora mostra dei fogli vezzosamente color rosa con scritto "Ora stampiamo un bel casino". Poi c'è il "gruppo della mitra", tre-quattro ragazzi e ragazze con in testa un copricapo di cartone ispirato a quello del Papa, e la scritta: "Stanno vivendo un sogno, si sveglieranno in un incubo".

E ancora, sui telegiornali: "C'è un'Italia che non è raccontata, che non trova spazio nei sommari dei tg, che annaspa nell'oblìo del tubo catodico. Questa Italia deve essere rivelata. No all'informazione al guinzaglio". Tiene invece al guinzaglio un anziano bassotto l'uomo che, arrampicato sulla base dell'obelisco di piazza del Popolo solleva con un braccio - senza stancarsi mai - un foglio con scritto "AAA democrazia confusa cerca informatori con postura eretta".

E se una ragazza giovanissima porta in giro per la piazza un grande foglio di cartone rosso, con su scritto "Non essere ascoltati non è una ragione per tacere", trova spazio anche la protesta di una signora inglese, che con aplomb, e una scritta rossa e blu osserva: "Berlusconi liked Italy so much he bought the country", "A Berlusconi l'Italia piace così tanto che se l'è comprata".

(3 ottobre 2009) Tutti gli articoli di politica


Pesanti, combattimenti vicino al confine con il Pakistan
Per l'Isaf si tratta delle perdite più gravi nell'ultimo anno
Afghanistan, scontri con i taliban
Uccisi otto soldati americani

Catturati dai ribelli una quindicina di poliziotti afgani

KABUL - Otto soldati statunitensi sono stati uccisi nel corso di combattimenti con i taliban nella provincia orientale afgana del Nuristan al confine con il Pakistan.

Lo ha reso noto il comando del contingente Nato-Isaf sottolineando che si è trattato dell'attacco più sanguinoso nell'ultimo anno. Teatro dell'assalto il distretto di Kamdesh dove la guerriglia ha colpito due avamposti uccidendo anche due soldati afgani. Il conflitto si è verificato sabato sera e il governatore Jamaludin Badar ha dichiarato che è durato sette ore.

L'esercito statunitense e l'Isaf hanno fatto sapere di aver "respinto l'attacco e inflitto gravi perdite al nemico". Un portavoce dei talebani, Zabiullah Mujahid, ha rivendicato quest'ultimo attacco e ha inoltre annunciato che trentacinque poliziotti afgani sono stati presi prigionieri.

Dopo una prima smentita, il capo della polizia del Nuristan, Mohammad Qasim Jangulbagh ha ammesso che quindici poliziotti mancano all'appello e che sono prigionieri dei taliban. Jangulbagh ha spiegato che tra loro ci sono il capo della polizia locale e il suo vice. Forze afgane sono state inviate a rinforzo, ma ogni comunicazione nel distretto in questione è problematica e al momento si ignorano le sorti degli ostaggi.
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(4 ottobre 2009) Tutti gli articoli di esteri
Lucky (Due di Picche)Posted: 3/10/2009, 13:30
Presentato a Istanbul il "Rapporto regionale sull'Europa"
"I problemi dell'Italia vanno ben oltre la recessione, servono misure strutturali"
Fmi scettico sullo scudo fiscale
"Va adottato solo per disperazione"




ISTANBUL - "I problemi dell'Italia vanno ben oltre questa recessione" e dipendono dal "basso potenziale di crescita" dell'economia, ricorda Ajai Chopra, vicedirettore del Dipartimento europeo del Fondo monetario internazionale, che stamane a Istanbul ha presentato il "Rapporto regionale sull'Europa". Proprio perché si tratta di problemi antichi, con radici profonde, per risolverli servono riforme strutturali, e non certo interventi come quello dello scudo fiscale: misure di questo tipo, ha affermato il direttore per l'Europa del Fondo Monetario Internazionale Marek Belka, rispondendo alla domanda di un giornalista, vanno adottate "soltanto in casi eccezionali" e "per disperazione", tenendo conto che maggiore è la loro frequenza minore è la loro efficacia.

"L'Fmi - ha detto l'ex capo del governo e ministro delle Finanze polacco nel corso della conferenza stampa tenuta per presentare il Rapporto sull'Europa - non ha una specifica opininone al riguardo. Quello che penso io, come ex politico ed ex regolatore, è che più questi interventi sono frequenti meno sono efficaci. Se uno ricorre a queste misure, lo deve fare soltanto in circostanze eccezionali. In questo caso possono, anzi devono, riportare fiducia, altrimenti resto scettico. Le amnistie fiscali vanno adottate soltanto per disperazione".

Il Fondo Monetario Internazionale nei giorni scorsi ha rivisto al rialzo le sue previsioni di crescita del Pil per il 2010 per l'Italia, con una crescita positiva dello 0,2% dopo il crollo del 5,1% stimato per quest'anno. Ma il problema del nostro Paese non è certo la crisi mondiale, ma, ha ricordato Chopra, "la produttività declinante dell'ultimo decennio, i redditi stagnanti mentre si è aperto ulteriormente un gap di produttività". "Bisogna agire - ha concluso Chopra - con molto più impegno per affrontare gli impedimenti strutturali alla crescita".

E del resto, ha ricordato l'economista del Fondo, in Europa la recessione economica sembra giunta alla fine, ma la ripresa si profila "lenta e fragile". In parte il recupero poggia sulla ripresa del commercio con l'estero, determinata a sua volta soprattutto dall'Asia. Ma "l'Europa non può contare solo su questo per la ripresa. - ha avvertito Belka - Inoltre, il credito resta scarso, la disoccupazione sta aumentando e la crisi ha ridotto il potenziale di crescita dell'Europa".

In questo quadro l'istituzione di Washington richiama governi e istituzioni sulla necessità di adoperarsi per stabilizzare la ripresa, in particolare favorendo un pieno risanamento dei bilanci delle banche. "Fino a quando i problemi del settore bancario non saranno risulti - ha avvertito Belka - la ripresa potrebbe rivelarsi più debole del previsto".


(3 ottobre 2009)


IL RETROSCENA. Tarantini "agitato" dopo le parole della D'Addario in tv
I legali: Berlusconi ignorava che lei fosse una escort
I nastri di Patrizia all'ascolto dei pm
chiave per capire se il premier mente





BARI - Il Presidente del Consiglio e il suo ex ruffiano, Gianpaolo Tarantini, tornano ad avere un problema. Serio. Con un solo affondo - "Berlusconi sapeva che ero una escort. E che le altre ragazze erano escort come me" - Patrizia D'Addario strappa il canovaccio cui dall'inizio di questa storia hanno lavorato lo staff del Presidente ("Berlusconi? Tutt'al più un utilizzatore finale", Niccolò Ghedini) e gli avvocati di Tarantini, "l'ospite sbagliato" che la storiella raccontata sin qui ai pubblici ministeri vorrebbe ladro della buona fede dell'"inconsapevole" Presidente.

Di più: con quell'affondo, Patrizia D'Addario - quale testimone - pone al lavoro della Procura un'alternativa che non ammette conclusioni ambigue e che comporta conclusioni processuali opposte. Perché delle due l'una. O la D'Addario mente e allora la sua è una calunnia di cui il Presidente sarebbe vittima. O, se dice il vero, Berlusconi ha concorso con Tarantini nei reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

Che sia questa la posta cruciale che torna a ballare nella vicenda barese lo dice la gran fretta con cui, ieri, Nicola Quaranta e Nico D'Ascola, gli avvocati di Tarantini, dettano una nota che torna a scavare un fossato tra il ruffiano di Palazzo Grazioli e "l'inconsapevole utilizzatore finale". "Tarantini - si legge - non ha presentato la D'Addario al Presidente come escort. Non esisteva un accordo per prestazioni sessuali pre-commissionate. Tarantini non ha mai chiesto alla D'Addario un curriculum per una sua candidatura alle elezioni europee. Tarantini non ha mai accompagnato a Palazzo Grazioli un numero indeterminato di ragazze, ma al massimo due o tre per fare bella figura. In quelle cene non si è mai verificato nulla di inconsueto".

Ma che sia questa la posta lo dicono anche le parole con cui il procuratore Antonio Laudati, al di là delle clausole di stile ("Non ho visto Annozero, e mi sto impegnando perché i processi si facciano in aula"), informa che, a tre mesi dal loro deposito, è finalmente iniziato, insieme a quello delle centinaia di intercettazioni telefoniche dei colloqui tra Berlusconi e Tarantini, il lavoro di trascrizione dei nastri consegnati alla Procura dalla D'Addario. Diverse ore di registrazioni che documentano le sue conversazioni con il Presidente, con Gianpaolo Tarantini e con Barbara Montereale, una delle altre ragazze presenti a Palazzo Grazioli.

Del contenuto di quei nastri è stata svelata sin qui solo una parte (ne ha dato conto l'Espresso in luglio). Ma è in quelli ancora coperti dal segreto che sarebbe la prova che la D'Addario non mente o quantomeno non si avventura nell'accreditare la "consapevolezza" del Presidente. Del resto, è un fatto che in quei nastri siano le conversazioni telefoniche tra la D'Addario e la Montereale. E che in quelle conversazioni si discuta delle "buste" di denaro del Presidente di cui la stessa Montereale avrebbe poi dato conto a Repubblica già a fine giugno ("Gianpaolo ci diceva che chi rimaneva la notte con il premier riceveva dal Presidente direttamente una busta").

Così come è significativo che - come riferito ieri dal Fatto - nei nastri che documentano la prima delle cene cui la D'Addario partecipò a Palazzo Grazioli, si possa distinguere il Presidente fare un divertito cenno al "Sistema Tarantini": "Giampaolo mi ha detto che siccome vado a Pechino, vuole venire giù, perché ai medici della mutua lui dice: tu gli dai la geisha e loro ti ordinano la protesi".

A Bari, le gheishe si chiamavano escort. La contropartita erano anche gli appalti per le protesi. E qualcos'altro. Come ha spiegato Marcello Vernola, ex europarlamentare Pdl: "Alle Europee le ragazze da candidare nella circoscrizione meridionale dovevano essere otto. Ricordo nitidamente le voci su Patrizia D'Addario e Angela Sozio come candidate praticamente sicure".


(3 ottobre 2009)


Il bilancio delle vittime del sisma di mercoledì scorso si aggrava
almeno 1.100 morti, 2400 feriti sono ricoverati in ospedale
Indonesia, 4.000 sotto le macerie
Arrivati i primi soccorsi internazionali
Si continua a scavare per recuperare i dispersi
otto persone vive localizzate sotto le rovine di un albergo




Giakarta - Fino a 4.000 persone sarebbero ancora sepolte sotto le macerie dopo la forte scossa di terremoto che ha colpito mercoledì scorso l'isola indonesiana di Sumatra. La stima l'ha fornita El Mostafa Benlamlih, coordinatore degli aiuti umanitari dell'Onu in Indonesia. E l'ha confermata il responsabile in Indonesia della Croce Rossa Internazionale, Bob McKerrow. Il coordinatore dell'Onu ha dichiarato che "si ritiene che la durata massima di sopravvivenza di una persona sotto le macerie dopo un terremoto è di cinque giorni", lasciando intendere che c'è ancora speranza di salvare qualcuno. Proprio a Padang in un albergo, l'Ambacang Hotel, le squadre di soccorso hanno trovato otto persone ancora vive sotto le rovine e stanno cercando di costruire un tunnel per tentarne il recupero.

Le vittime. Le autorità indonesiane hanno dichiarato che finora sono 777 i morti accertati. Diversa la stima dell'Onu, che ritiene che le vittime siano 1.100. In ospedale sono ricoverate 2400 persone.

I soccorsi internazionali. Sono arrivate intanto in Indonesia le prime squadre di soccorso internazionali. I primi gruppi di provengono da Giappone, Australia, Svizzera, Corea del Sud e Singapore. Sono stati riuniti questa mattina nella residenza del governatore della provincia occidentale di Sumatra per decidere come coordinare la loro azione con i soccorritori già al lavoro.

California. Un terremoto di magnitudo 4,9 della scala Richter ha scosso in nottata la California. L'epicentro del sisma, avvenuto alle 3.10 di stamattina ora italiana, è stato localizzato a 11 chilometri a sud della città di Keeler. Non ci sono vittime o danni.
(3 ottobre 2009)
Lucky (Due di Picche)Posted: 2/10/2009, 16:24
A Montecitorio, con solo venti voti di scarto via libera al dl anticrisi
In Aula mancavano, tra gli altri, 23 deputati del Pd. In arrivo sanzioni
Camera, passa lo scudo fiscale
Decisive assenze dell'opposizione

Barbato (Idv): "Berlusconi e il Pdl sono mafiosi". E' bagarre. Fini: "Affermazioni gravi"



ROMA - Via libera definitivo della Camera al decreto correttivo del dl anti-crisi che comprende, tra l'altro, le contestate norme sullo scudo fiscale. I sì sono stati 270 e i no 250. In pratica si tratta di un via libera ottenuto con solo 20 voti di scarto. Ciò significa che, se l'opposizione fosse stata al completo, il provvedimento non sarebbe passato. Sono 279 infatti i deputati che non appartengono ai gruppi del Pdl e della Lega.

La maggior parte delle assenze si registrano nel Pdl (213 presenti su 269 appartenenti al gruppo) ma subito dietro c'è il Pd (23 i deputati che non hanno partecipato al voto. I big c'erano tutti). Ed ancora 6 su 37 sono i deputati dell'Udc assenti, uno solo tra le file dell'Idv.

Per i deputati democratici assenti, la presidenza del gruppo annuncia sanzioni. Anche se precisa: "Su 22 assenti, 11 erano in malattia". Quindi gli assenti ingiustificati sono 11, e dunque "non determinanti ai fini del voto". Sanzioni anche per gli assenti Udc, con Pier Ferdinando Casini che denuncia la "grave mancanza di responsabilità" di chi non ha votato.

Gli assenti. Tra gli assenti, l'Idv Aurelio Misiti, i Pd Ileana Argentin, Paola Binetti, Gino Bucchino, Angelo Capodicasa, Enzo Carra, Lucia Coldurelli, Stefano Esposito, Giuseppe Fioroni, Sergio D'Antoni (che fa sapere di essere ricoverato in ospedale), Antonio Gaglioni, Dario Ginefra, Oriano Giovanelli, Gero Grassi, Antonio La Forgia, Linda Lanzillotta, Marianna Madia, Margherita Mastromauro, Giovanna Melandri, Lapo Pistelli, Massimo Pompili, Fabio Porta, Giacomo Portas. Nell'Udc gli assenti erano Francesco Bosi, Amedeo Ciccanti, Giuseppe Drago, Mauro Libè, Michele Pisacane, Salvatore Ruggeri.

Bagarre in aula. In mattinata sono state le parole di Francesco Barbato, deputato dell'IdV, a scatenare la lite in aula e la sospensione della seduta. L'esponente dipietrista ha infatti accusato la maggioranza e il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, di essere dei "mafiosi". Immediata la reazione del vicepresidente del gruppo del Pdl, Italo Bocchino: "Questo è reato, siamo nell'aula della Camera e chiedo al vicepresidente di turno, Rosy Bindi, di intervenire usando il regolamento". Il vicepresidente della Camera ha sottolineato di aver "espressamente richiamato all'ordine Barbato" ed è Scoppiata la bagarre: l'IdV ha protestato mostrando le agende rosse usate nella manifestazione di alcuni giorni fa in memoria di Paolo Borsellino, e la Bindi si è vista costretta a sospendere la seduta. Duro il commento del presidente Gianfranco Fini: "Alcune espressioni dell'onorevole Barbato, a mio avviso oggettivamente gravi, saranno oggetto di valutazione da parte dell'ufficio di presidenza". Poi lo stesso Fini ha invitato tutti ad "avere un atteggiamento consono al luogo in cui ci troviamo, evitando atteggiamenti che offendono in primo luogo chi se ne rende responsabile".

(2 ottobre 2009)

Il capo dello Stato: "Provo nostalgia per i tempi in cui
le forze politiche si confrontavano con civiltà in Parlamento"
Napolitano, monito ai partiti
"Stanco della politica incivile"


MATERA - Il presidente della Repubblica, con toni secchi e perfino amareggiati, torna a criticare la qualità del dibattito politico: "Sono stanco della politica incivile". Il presidente aggiunge di provare nostalgia per i tempi in cui le forze politiche si confrontavano con civiltà in Parlamento".

Nel suo discorso a braccio a Matera, l'inqulino del Colle ha ricordato la politica degli anni '50-'60, "tempi in cui non si facevano tanti complimenti, c'erano divisioni ideologiche, ma ci si rispettava, ci si ascoltava, c'era molto rispetto tra avversari".

Il Mezzogiorno e il suo sviluppo sono stati il secondo punto forte del discorso. Si riferisce ai sassi di Matera, il presidente e sottolinea come siano "patrimonio locale, ma anche dell'Italia unita". Infatti sono "parte del più grande patrimonio di quell'Italia che abbiamo voluto, che hanno voluto unificare i garibaldini di Bergamo e della Liguria come i siciliani".

"I padri del Risorgimento mai hanno immaginato che si potesse fare l'Italia senza il Mezzogiorno: non sarebbe stata l'Italia" prosegue Napolitano.

Da questo bisogna partire per "trarre le conseguenze" del ragionamento. Magari sarà "duro" ma necessario anche per "la politica e le istituzioni" nazionali. Sembra di cogliere un richiamo generale a non rinchiudersi nei localismi e nelle vecchie divisioni Nord-Sud. La questione meridionale "deve essere riportata al posto che gli spetta, in prima fila", nonostante qualcuno recentemente abbia teorizzato persino che non esistesse più.

Eppure "c'è una parte del Paese "che è troppo lontana dai livelli di sviluppo e di vita dell'altra". Superare questo divario "è una delle questioni su cui è nata l'Italia".



(2 ottobre 2009)


Il presidente della Camera non si avvarà dell'immunità per difendersi da una accusa di diffamazione
L'ex pm di Potenza rimette la querela per le frasi a Porta a Porta
Querela del giudice Woodcock
Fini rinuncia al Lodo Alfano


ROMA - Il presidente della Camera Gianfranco Fini rinuncia al Lodo Alfano che tutela le 4 cariche più alte dello Stato. La scelta dell'inquilino di Montecitorio è legata ad un procedimento nei suoi confronti che nasce da una querela di Henry John Woodcock, ex pm di Potenza, per le parole pronunciate dall'ex leader di An a "Porta a Porta".

E' stata Giulia Bongiorno, deputata del Pdl e avvocato del presidente della Camera a depositare l'istanza di rinuncia al Lodo da parte di Fini su questo fatto specifico.

La decisione di Fini che ha avuto come immediata conseguenza la decisione del pm di rimettere la querela nei confronti di Fini. Chiudendo di fatto il caso."La sensibilità istituzionale mostrata dal Presidente Fini compensa la pur grave offesa arrecatami dalle sue dichiarazioni dell'epoca - commenta il pm - Da magistrato e da uomo dello Stato in questo momento ritengo doveroso rimettere una querela nei confronti di chi ha mostrato leale collaborazione tra le istituzioni e, soprattutto, fiducia nell'azione della magistratura".

Da Vespa Fini disse che Woodcock era "noto per una certa fantasia investigativa, chiamiamola così". Poco dopo lo definì "personaggio verso il quale il Csm avrebbe già da tempo dovuto prendere provvedimenti". Più avanti definì il magistrato potentino "un signore che in un Paese serio avrebbe già cambiato mestiere".

(2 ottobre 2009)


Mille e cento i morti finora accertati. Il ministro della Sanità
"Servono squadre di soccorso". Timore per la situazione sanitaria"
Sisma, appello dell'Indonesia
"Servono aiuti internazionali
"

PADANG (Indonesia) - L'Indonesia ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché invii al più presto delle squadre di soccorso per aiutare le operazioni di ricerca dei dispersi dopo il terribile terremoto che mercoledì ha colpito l'isola di Sumatra. Ieri il coordinatore degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite, John Holmes, ha aggiornato il bilancio delle vittime salito a 1.100 morti.

Nella città di Padang, la più devastata dal sisma di magnitudo 7.6, l'odore che proviene dagli edifici crollati alimentano i timori di un rischio sanitario e possibili epidemie. La situazione nei villaggi non è più semplice: molte le persone, affamate e terrorizzate, costrette a dormire all'aria aperta.

''Il problema principale è che ci sono ancora molte persone intrappolate nelle macerie'', ha detto il ministro della Sanità Siti Fadilah Supari. ''Abbiamo bisogno di aiuto dall'estero. Abbiamo la necessità di squadre di soccorso'', ha affermato.

(2 ottobre 2009)


Identificato per gli indumenti trovati su un'altra auto rubata in precedenza
Era sfuggito a un primo posto di blocco, poi ha travolto il maresciallo a Foligno
Col Suv investe e uccide carabiniere
arrestato pregiudicato a Modena


Andrea Angelucci
FOLIGNO (Perugia) - E' in manette l'uomo accusato di aver forzato un posto di blocco provocando la morte di un carabiniere ieri notte nei pressi di Foligno. Si chiama Rocco Varanzano, ha 40 anni, ed è stato arrestato a Modena ancora al volante dell'auto, una Bmw X5 rubata, con cui ha travolto e ucciso Andrea Angelucci, 36 anni, maresciallo dei carabinieri in servizio alla compagnia di Foligno e residente a Spello.

Dopo aver evitato il posto di blocco, il malvivente a bordo della Bmw ha percorso cinque chilometri contromano sulla strada a quattro corsie 77 Valdichienti, da Foligno a Sant'Eraclio, inseguita dalla polizia stradale, quindi ha imboccato una strada sterrata facendo perdere le tracce.

Della Bmw, fermata nella zona di Modena, il presunto autore dell'investimento si era impossessato nei pressi di Colfiorito dopo avere abbandonato una Ford Focus, risultata rubata a Cesena, nella quale i carabinieri hanno trovato i documenti e gli indumenti che hanno portato a individuare Rocco Varanzano, identificato anche grazie alle impronte digitali. Sembra che Varanzano avesse un fratello in provincia di Perugia e una convivente nel capoluogo umbro. Dagli accertamenti è emerso che era stato scarcerato nel marzo scorso.

La procura di Perugia ha aperto nei suoi confronti un fascicolo per omicidio volontario. Le indagini sono coordinate dal pubblico ministero, Manuela Commodi, che ha seguito per tutta la notte sul posto l'evolversi della situazione. Il magistrato sta ora valutando se disporre l'autopsia sul corpo del carabiniere.

Secondo la ricostruzione fornita dai carabinieri nel primo pomeriggio di ieri a Foligno una pattuglia aveva intimato l'alt a una Ford Focus con un uomo a bordo. L'auto aveva rallentato e poi era ripartita di scatto. I due carabinieri si erano spostati evitando di essere investiti ma avevano comunque riportato lievi ferite. A questo punto era scattata una sorta di "caccia all'uomo" con posti di blocco in tutta la zona circostante e l'impiego di un elicottero. Il velivolo in serata aveva individuato la Ford Focus (risultata rubata a Cesena), in un bosco di Verchiano, sulle montagne di Colfiorito, ma non ha potuto atterrare perché la zona era impervia. Alla vista dell'elicottero l'uomo che era in auto è scappato a piedi in mezzo ai boschi mentre è scattata una battuta anche con l'impiego di unità cinofile.

L'uomo è riuscito a fuggire e si è impossessato di un Suv di colore nero a bordo del quale ha forzato, sempre nella zona di Colfiorito, uno dei posti di blocco investendo il maresciallo Andrea Angelucci. Poi è fuggito. Il maresciallo è morto alcune ore dopo, verso le quattro di stamani, all'ospedale di Foligno.

Dopo qualche ora la Bmw è stata intercettata a un posto di blocco in largo Garibaldi, a Modena. Il conducente ha tentato di forzare anche questo ma gli agenti hanno esploso alcuni colpi d'arma da fuoco contro le gomme dell'auto che poco dopo è stata bloccata in via Ancona, terminando la fuga del presunto omicida che è stato arrestato. Varanzano ha 41 anni, è un sorvegliato speciale e ha precedenti per reati contro il patrimonio. Oltre che di omicidio volontario, dovrà rispondere di resistenza aggravata, lesioni e ricettazione.

(2 ottobre 2009)



Diffusi dall'Istat i dati relativi al secondo trimestre 2009
Conti pubblici, aumentano
deficit/Pil e pressione fiscale

Il rapporto è stato del 3,3%, in calo rispetto al al 9,3 del primo trimestre ma molto più dell'1,3 di un anno fa. Il gettito tributario è calato del 2,7%, ma la pressione passa da 45 a 45,8%

ROMA - Il rapporto deficit/pil si è attestato al 3,3% nel secondo trimestre (contro l'1,3% dello stesso periodo del 2008), mentre nei primi sei mesi è stato del 6,3% (contro il 3,5% dei primi sei mesi 2008). Lo comunica l'Istat. Nel primo trimestre di quest'anno il rapporto aveva raggiunto il 9,3%.

Positivo il il saldo primario, ovvero l'indebitamento al netto degli interessi passivi, ma sceso a quasi un terzo di quello del corrispondente periodo del 2008. L'avanzo primario del settore pubblico nel secondo trimestre del 2009 è risultato positivo per 5.417 milioni di euro, con una incidenza sul Pil dell'1,4%, mentre era stato del 3,9% nel 2008).

Sempre nel secondo trimestre del 2009 le entrate fiscali sono diminuite rispetto a un anno prima del 2,4%, contro il -0,5% dello stesso periodo dell'anno precedente. L'Istat aggiunge che nel semestre le entrate sono diminuite del 2,7% (+1,5% nel corrispondente semestre del 2008). Nonostante il calo delle entrate la pressione tributaria, nel secondo trimestre, è pari al 45,8% rispetto al 45% dello stesso periodo del 2008.

(2 ottobre 2009)
Lucky (Due di Picche)Posted: 30/9/2009, 17:12
La scossa di magnitudo 7.6 in fondo al mare, nell'isola di Sumatra
Edifici crollati, incendi, strade interrotte, raso al suolo un ospedale
Terremoto in Indonesia
"Migliaia sotto le macerie"

La Farnesina: "Per ora nessun italiano coinvolto nella tragedia"



GIACARTA - Un violento terremoto di magnitudo 7.6 scuote l'isola Sumatra in Indonesia. Crollati decine di edifici; distrutti alberghi e scuole; incendi e scoppi sono segnalati in buona parte dell'isola; "migliaia di persone sono intrappolate sotto le macerie", ha detto il ministero della Sanità. Raso al suolo un ospedale a Padang, capoluogo della provincia di Sumatra Occidentale, nell'area vicino all'epicentro del terremoto. Nelle città regna il panico. Le strade sono interrotte e allagate dalle condotte dell'acqua spaccate; le comunicazioni telefoniche impossibili e l'erogazione dell'energia elettrica sospesa. Le immagini televisive rimandano scene di devastazione. Un'emittente tv ha detto che il tetto dell'aeroporto di Padang è crollato. Le vittime accertate sarebbero 75 ha riferito il vice-presidente indonesiano, ma il bilancio è destinato tragicamente ad aumentare. L'agenzia della Protezione civile a Giacarta non è ancora in grado di comunicare con i locali per un bilancio preciso delle vittime.

Erano le 17.16 (le 12.16 in Italia), quando si è scatenato l'inferno. E un'ora dopo, una seconda scossa meno violenta ma ancora intensa ha fatto tremare ancora l'isola. Secondo le prime valutazioni, si è trattato di un sisma sottomarino, percepito sulla costa occidentale dell'isola di Sumatra, a circa 50 chilometri dalla costa di Padang, sulla stessa faglia del maremoto che nel 2004 provocò un gigantesco tsunami sotto il quale morirono 260.000 persone.

La città di Padang, 900.000 abitanti a 1.300 chilometri dalla capitale Giacarta, è stata investita da un'onda d'urto che ha sbriciolato gli edifici e fatto crollare i ponti. Il sisma ha risparmiato la capitale dove ci sono i più importanti siti petroliferi del Paese e il più antico terminal di gas liquido naturale, ma è stato avvertito a Singapore, 2.000 chilometri a ovest di Padang.

La Farnesina, in contatto con l'ambasciata italiana di Giacarta, ha fatto sapere che - al momento - non risultano cittadini italiani coinvolti nel violento terremoto.

(30 settembre 2009)


Abu Omar, chiesti 13 anni per Pollari
"Condannate anche 26 agenti Cia"

MILANO - Tredici anni di reclusione per l'ex direttore del Sismi Nicolò Pollari, definito "il regista di un sistema criminale": questa la condanna chiesta dal pubblico ministero Armando Spataro, al termine della sua lunga requisitoria del processo per il sequestro di Abu Omar. Il magistrato ha invocato anche 26 condanne per gli agenti della Cia coinvolti nel rapimento, con pene comprese tra i 13 anni e i 10 anni di reclusione.

Per l'ex capo del controspionaggio militare italiano, Marco Mancini, l'accusa ha chiesto 10 anni di reclusione. Richiesta di proscioglimento, invece, per tre funzionari minori del Sismi, Raffaele Di Troia, Di Gregorio e Giuseppe Ciorra.

Secondo la ricostruzione del sequestro fatta in aula da Spataro, il Sismi diretto da Pollari non solo offrì copertura alla Cia nel rapimento dell'ex imam, avvenuto a Milano, ma collaborò. Probabilmente senza dire nulla al governo. "Forse le autorità governative - afferma Spataro - non sono state avvertite di un accordo preso da Pollari. O almeno non c'è prova che lo abbia fatto". E questo dimostrerebbe, a suo giudizio, il "silenzio imbarazzato" con il quale i governi Prodi e Berlusconi hanno affrontato la vicenda: non hanno mai detto una parola in sede di Commissione europea, e nemmeno si sono presentati alle audizioni.


(30 settembre 2009)

Dopo le polemiche e l'annuncio dell'istruttoria del governo
la trasmissione di Raidue torna sulle feste di Palazzo Grazioli
Scandalo escort, Annozero insiste
Domani sera ospite la D'Addario

La replica del viceministro Romani: "Anche in questo caso, verificare se è servizio pubblico"

ROMA - Annozero non molla lo scandalo escort. Dopo le polemiche, gli attacchi del centrodestra e l'istruttoria sul programma di Michele Santoro annunciata dal viceministro Romani, domani sera sarà Patrizia D'Addario a raccontare la sua verità sulle feste di Palazzo Grazioli. Una presenza che secondo lo stesso Romani ribadisce la necessità di verificare se nella trasmissione "si faccia davvero servizio pubblico". E che provoca una prima defezione tra gli ospiti previsti: Flavia Perina, direttrice del Secolo d'Italia, vicina al presidente della Camera Gianfranco Fini, ha deciso di non partecipare più alla puntata.

Secondo quanto appreso da Repubblica.it la donna che per due volte fu nella residenza del premier, e che nella seconda occasione si fermò per la notte, interverrà in diretta. Non è stato ancora deciso se in collegamento video o in studio.

Romani: "E' servizio pubblico?". "La D'Addario in trasmissione domani ad Annozero? Non conosco il programma, comunque ci sarà il solito problema se un programma di questo tipo e con queste presenze è compatibile con il servizio pubblico Rai". Così si è espresso Paolo Romani, viceministro con delega alle Comunicazioni, al termine dell'audizione in commissione di Vigilanza.

Flavia Perina: "Non vado più". "Avevo dato la mia disponibilità di massima a partecipare alla puntata di domani di Annozero, che mi era stata presentata - dice Flavia Perina, direttore del Secolo d'Italia - come dedicata al "sistema Tarantini" e al rapporto tra il potere e le donne. Ma l'annuncio della presenza in studio della signora D'Addario mi ha costretto a declinare l'invito, con la convinzione che una trasmissione così congegnata rischi di risolversi nella ricerca di facili effetti scandalistici. Ho troppo rispetto per la politica, e per il tema della dignità della donna, per affidarla a un confronto di questo tipo".
(30 settembre 2009)


Ferrari-Alonso: è ufficiale
La casa di Maranello annuncia l'ingaggio del pilota spagnolo. Contratto di 3 anni a partire dal 2010. Farà coppia con Felipe Massa, Fisichella sarà la riserva. ''Un sogno che diventa realtà''. Ufficiale anche l'addio a Raikkonen a fine stagione





MARANELLO - E' ufficiale. Fernando Alonso è un nuovo pilota della Ferrari. Lo spagnolo ha firmato un contratto di tre anni a partire dalla prossima stagione. La formazione della Ferrari del prossimo Mondiale sarà dunque composta da Alonso, Felipe Massa e da Giancarlo Fisichella come pilota di riserva. Contestualmente all'annuncio dell'arrivo di Alonso, la Ferrari ha ufficializzato l'addio a Kimi Raikkonen. Il pilota finlandese, campione del mondo con la Rossa nel 2007, ''lascerà la squadra alla conclusione di questo campionato, al termine di una partnership fruttuosa e ricca di successi''.

IL SECONDO SPAGNOLO PER LA ROSSA - Alonso è il secondo pilota spagnolo che guiderà la Ferrari. Per rintracciare un altro pilota iberico nella storia di Maranello bisogna risalire al 1956 e 1957 quando Alfonso De Portago fu scelto per correre nella massima Formula, anche in coppia con Peter Collins e Jose Froilan Gonzales. Nato a Oviedo (Asturie) il 29 luglio 1981, Alonso debutta in Formula Uno nel 2001, al volante della Minardi, in occasione del Gran Premio d'Australia del 2001. L'anno successivo è collaudatore alla Renault e nel 2003 diventa pilota ufficiale della scuderia francese e realizza la prima pole position (Malesia) ottenendo la prima vittoria (Ungheria). Con la Renault Alonso diventa Campione del mondo nel 2005 e nel 2006.

UN SOGNO CHE SI REALIZZA - Guidare la Ferrari è per Alonso un sogno che si realizza: ''Guidare una monoposto del Cavallino Rampante - dice al sito ufficiale di Maranello - rappresenta un sogno per tutti quelli che fanno questo mestiere e io oggi ho la fortuna di poterlo realizzare. Di questo voglio ringraziare innanzitutto il Presidente Luca di Montezemolo, che ha fortemente voluto questo accordo triennale. Già durante l'estate avevamo raggiunto un'intesa a partire dal 2011 ma poi, negli ultimi giorni, il quadro della situazione è mutato e abbiamo deciso di anticipare l'arrivo a Maranello di un anno. Sono sicuro che, insieme a Felipe, sapremo dare delle grandi soddisfazioni alla Ferrari e ai suoi tifosi sparsi in tutto il mondo. Non vedo l'ora di mettermi al lavoro con la mia nuova squadra''.

IL BENVENUTO DI DOMENICALI - "Siamo molto lieti di accogliere nella nostra squadra un pilota vincente, che ha dimostrato il suo straordinario valore conquistando già due titoli iridati nella sua carriera - commenta Stefano Domenicali, direttore della gestione sportiva della Ferrari -. Fernando ha una personalità eccezionale e faremo di tutto per mettere a disposizione sua e di Felipe una vettura competitiva. Siamo certi questi due grandi piloti formeranno la miglior coppia possibile per una squadra come la nostra. Detto questo, vogliamo ringraziare Kimi per quanto ha fatto in questo periodo trascorso alla Ferrari''.

30 settembre 2009



Il presidente della Camera esprime dubbi sul dl anticrisi
che contiene anche lo scudo fiscale. "Pronto a tagliare i tempi"
Scudo fiscale, i dubbi di Fini
"Al voto domani, o 'ghigliottina"

Granata (Pdl) al governo: "Basta con il decisionismo ipocrita"
L'opposizione: "Decisione imperdonabile su un provvedimento vergognoso"




ROMA - "Oggettive anomalie procedurali". Gianfranco Fini non nasconde i dubbi sull'iter dello scudo fiscale, inserito nel dl anticrisi e sul quale oggi si vota la fiducia. E al tempo stesso sottolinea che per garantire la conversione in legge del provvedimento provvederà a porlo direttamente in votazione entro le 15 di domani (in vista della scadenza). Questo, continua la nota dell'inqulino di Montecitorio, "anche tenuto conto della necessità di assicurare un minimo di margine di tempo per l'esercizio da parte del capo dello Stato delle sue prerogative costituzionali".

In sostanza il presidente della Camera ha annunciato di voler ricorrere alla cosidetta "ghigliottina" (sarebbe la prima volta nella storia della Camera). Ovvero la decisione del voto finale di un provvedimento dopo il voto di fiducia anche senza attendere che sia completato l'iter. Alle opposizioni che hanno espresso la loro contrarietà a questa ipotesi, Fini ricordato che è "sua precisa responsabilità" assicurare il voto entro limiti di tempo tali da permettere un esame del testo al Capo dello Stato.

Una spiegazione che non convince la minoranza in piena lotta ostruzionistica. "Non si tratta di un'accortezza nei confronti di Napolitano ma è l'ennesima furbata per impedire all'opinione pubblica di prendere coscienza di ciò che questa maggioranza sta facendo di illiberale". "Sarebbe una decisione imperdonabile su un provvedimento vergognoso" ha affermato il capogruppo Pd, Antonello Soro. "Fini aggiungerebbe un'altra forzatura a un percorso parlamentare già zeppo di forzature" ha rincarato la dose Michele Vietti, vicecapogruppo Udc.

Ma a far capire che i dubbi di Fini sul metodo scelto dal governo sono forti, basta leggere le parole di un finiano di ferro come Fabio Granata. "Sono forti le perplessità soprattutto sugli inserimenti dell'ultim'ora nello scudo fiscale, quelli su frodi fiscali e falso in bilancio, ma la proposizione in forma di fiducia da parte del governo ha ovviamente stroncato questo dibattito che doveva esserci: non in Parlamento, ma prima, all'interno del Pdl, doveva precedere la dinamica di approvazione della norma - dice il parlamentare del Pdl - E' evidente che su certe problematiche si va avanti in maniera assolutamente decisionista, senza coinvolgere minimamente i gruppi parlamentari".

Le critiche dell'Avvenire. ''In tempo di crisi e di crollo delle entrate, sindacare sul 'profumo''' dei 5 miliardi di euro che, secondo le stime Cei, saranno portati in cassa dalla scudo fiscale, ''rischia di sembrare un discutibile esercizio retorico'', ma, allo stesso tempo, ''il messaggio veicolato dall'operazione-scudo rischia di avere effetti deleteri'' perche' comunque si tratta della ''terza sanatoria in dieci anni'', ''una soluzione premia-furbi'' che non puo' essere controbilanciata da ''proclami'' e ''grandi battaglie su fannulloni, burosauri, caste e baroni''. Lo scrive oggi 'Avvenire', il quotidiano della Cei, in un editoriale dedicato al provvedimento per il ritorno dei capitali all'estero che verra' approvato oggi.

(30 settembre 2009)


BUFERA IN CAMPIDOGLIO
La lettera del consigliere Bianconi
"Niente favori se non mi aiuti..."



Patrizio Bianconi«Chieda subito scusa». È una lettera di censura pesantissima quella inviata ieri dal sindaco Alemanno a Patrizio Bianconi, il consigliere pidiellino che - rispondendo alla richiesta di informazioni di un cittadino - ha sollecitato in cambio del suo "onorevole" interessamento la stipula di «un patto di sangue» elettorale, ovvero il sostegno per sé e un suo compagno di partito alle prossime comunali, pretendendo per di più di conoscere l´indirizzo di casa, la mail e il numero di telefono in modo da poterlo «schedare» e rintracciare «quando ci servirà il voto suo e della sua famiglia».

Parole definite «inqualificabili» dal primo cittadino, che ha anche sollecitato il presidente dell´Aula Giulio Cesare ad «adottare tutti i provvedimenti del caso, incluse - ove possibile - sanzioni severe» nonché di «mettere sotto osservazione l´attività di Bianconi perché comportamenti del genere non si devono ripetere e non saranno mai più tollerati».

Sa di cosa parla, il sindaco. Il signor Marcello Mancini, titolare di un centro di ortopedia in Prati, quando ha ricevuto la risposta «scioccante» del consigliere capitolino, ha subito inoltrato l´intero carteggio ad Alemanno e a tutti i capigruppo dell´assemblea comunale, presentando pure un esposto alla Procura della Repubblica. «Ho chiesto al magistrato di intervenire perché in un paese democratico è inaccettabile che un libero cittadino subisca pressioni di questo tipo», spiega. È davvero sconfortato, Mancini: «Il mio dubbio è: si tratta dell´errore di un singolo o anche gli altri giovani politici sono educati alla scuola del ricatto e dello scambio di favori?».

Un dilemma che l´inquilino del Campidoglio ha tentato a stretto giro di sciogliere. Prima ha parlato con i suoi per verificare l´autenticità della corrispondenza, quindi ha preso carta e penna e inviato la censura scritta a Bianconi. Che tuttavia l´offesissimo Mancini reputa «il minimo indispensabile: in verità mi sarei aspettato una presa di posizione più dura, bisognerebbe dare una sterzata seria e forte, stigmatizzare con atti concreti certi tipi di comportamenti. Ora mi auguro solo che la questione non si risolva in un niente». Come in realtà avrebbe voluto il Pdl. Che per tutto il giorno ha fatto finta di ignorare il caso di Mangiafuoco, come il "focoso" consigliere è stato soprannominato. Più volte interpellato, il capogruppo Dario Rossin ha risposto in modo evasivo di «saperne poco», di non aver «ancora letto le carte». Fino a sera. Quando, appreso della lettera di Alemanno, s´è finalmente sbilanciato: «Ho convocato Bianconi, lo incontrerò tra oggi e domani per capire qual è la sua versione. Lui sostiene che è stato uno scherzo, certo di cattivo gusto, ma non ho motivo di non credergli». Una linea di cautela adottata anche dal vice-coordinatore romano del Pdl, Luca Malcotti: «Secondo me fra i due ci sono stati dei pregressi. Sarà successo qualcosa che non conosciamo. Altrimenti non ha senso: i consiglieri comunali vivono di consenso, coltivarlo sul territorio, nel contatto con i cittadini, è il nostro modo di fare politica. Avrò modo di parlare con Bianconi perché intanto noi dobbiamo accertare cosa è realmente accaduto».

Ad attaccare a testa bassa è invece il Pd. «È un comportamento inaccettabile che danneggia l´intero consiglio comunale», tuona il capogruppo Marroni, «chiederemo subito al presidente dell´Aula di censurare Bianconi». Parla di «squallore e tristezza infinita» Valeriani, «vorrei incontrare il signor Mancini per dirgli che non siamo tutti così», mentre Masini fa sue le parole di Napolitano e Vittorio Foa: «Chi rappresenta le istituzioni sia esempio di moralità». (30 settembre 2009)


Conclusa l'inchiesta della Procura di Paola, in provincia di Cosenza, sulla Marlane
Il lavoro dei magistrati è durato anni. Il primo fascicolo nel '99, un altro nel 2006
Morti quaranta operai nella fabbrica tessile
La nube tossica dei coloranti covava il cancro




PAOLA - Ne sono morti quaranta di cancro. Altri sessanta hanno lo stesso male e sono ancora vivi. Erano tutti operai, colleghi, per anni fianco a fianco nell'azienda tessile Marlane, in provincia di Cosenza, a Praia a Mare. La Procura di Paola ha concluso le indagini, durate anni, e ha ipotizzato i reati di omicidio colposo dei dipendenti, la cui morte è stata attribuita alle condizioni di lavoro, e inquinamento ambientale.

Sono stati anni difficili per i parenti delle vittime, difficili per gli ex operai che dopo anni di lavoro in fabbrica combattono contro tumori che hanno colpito la vescica, o i polmoni, l'utero o la mammella. Le fasi delle indagini sono, per il momento, concluse, si attende ora la decisione di rinvio a giudizio di una decina di indagati.

Ci sono voluti anni e anni di indagini, prima lungo un doppio percorso, poi riportate in un unico fascicolo, per dimostrare la connessione tra i decessi e l'uso di alcune sostanze usate nella fabbrica di coloranti azoici, che contengono "ammine aromatiche", indicate da una ampia letteratura scientifica come responsabili delle insorgenze tumorali.

Tre procedimenti - il primo iscritto nel '99, il secondo nel 2006 (con sette indagati) e il terzo nel 2007 (con quattro indagati) - che il Procuratore Capo Bruno Giordano ha fatto confluire in un unico fascicolo. Più di mille operai hanno lavorato nell'azienda fondata negli anni '50 dal conte Rivetti. Si producevano tessuti di vario tipo, per lo più divise militari. Fino alla metà degli anni Sessanta, nella Marlane esistevano dei muri divisori tra i reparti.

Poi l'azienda passò dal Lanificio Maratea, nel 1969, all'Eni - Lanerossi. In quell'anno i muri che dividevano i reparti furono abbattuti e così la fabbrica diventò un unico ambiente di lavoro: la tessitura e l'orditura, trasferite dal lanificio del vicino comune di Maratea, vennero inserite tra la filatura e la tintoria, senza alcuna divisione fisica. E così i fumi saturi di sostanze chimiche di coloritura, provenienti dalla tintoria si espandevano ovunque. Una nube permanente e densa sugli operai.

A chi lavorava su certe macchine, alla fine della giornata veniva donata una busta di latte per disintossicarsi. Era l'unica contromisura proposta, che evidentemente non poteva bastare. I coloranti - quelli che generalmente vengono contenuti nei bidoni con il simbolo del teschio - venivano buttati a mano dagli operai in vasche aperte, dove ribollivano riempiendo di fumi l'ambiente e le narici dei lavoratori.

Senza aspiratori funzionanti. Gli operai tossivano e i loro fazzoletti diventavano neri. E poi c'era l'amianto. L'azienda dice di non averlo usato, ma chi ha lavorato nello stabilimento sa bene che i telai avevano freni con le pastiglie d'amianto, che si consumavano spesso e dalle quali usciva polvere respirata da tutti.

Nel corso del 1987 il gruppo tessile Lanerossi - già appartenente al gruppo ENI, di cui faceva parte la Marlane di Praia a Mare - venne ceduto alla Marzotto di Valdagno, che ne detiene ancora la proprietà. Negli anni '90 la svolta: arrivarono le vasche a chiusura, dove i coloranti potevano ribollire senza riempire l'aria di vapori. Ma per molti operai fu troppo tardi, dopo decenni di inalazioni tossiche. Nel 96 la tintoria è stata chiusa. Oggi l'azienda è vuota. Dismessa.

"Le indagini sono praticamente chiuse - ha dichiarato il Procuratore Capo di Paola, Bruno Giordano - recentemente abbiamo richiesto un ultimo sequestro preventivo che il gip ha emesso relativo all'area circostante lo stabilimento e credo che sia stato l'ultimo passo istruttorio da parte nostra.

Ora aspettiamo solo di chiudere formalmente le indagini". La Procura di Paola ha infatti sequestrato il terreno circostante l'azienda: sotto, tonnellate di rifiuti industriali. Sostanze che erano nocive ancora prima di diventar rifiuti e che per questo avrebbero dovuto seguire l'iter di smaltimento secondo legge. Ma evidentemente qualcuno ha preferito seppellirli lì. Per questo, all'indagine iniziale sulle morti bianche se ne è aggiunta una seconda: non si indaga solo sulle modalità del ciclo di produzione ma anche sull'interramento dei rifiuti. Così oggi la fabbrica, chiusa da cinque anni, non è sotto sequestro ma i terreni circostanti sì.

Secondo la Procura, gli operai deceduti potrebbero essere più di ottanta: non tutte le famiglie dei deceduti infatti hanno sporto denuncia. Per questo il dottor Giordano ha costituito un gruppo di lavoro per individuare tutte le eventuali parti offese. Per molti operai, tuttavia, sarà dificilissimo avere giustizia: tanti sono i casi caduti in prescrizione. Con la legge Cirielli, infatti, solo i decessi a partire dagli anni '90 possono rientrare nella vicenda giudiziaria in corso.

Le prime morti risalgono agli inizi degli anni '70. Tra i primi, nel '73, due trentenni che lavoravano con gli acidi. E così via. Qualcuno sostiene che i morti siano un centinaio, ma secondo l'azienda sarebbero "solo" una cinquantina. Dato, questo, che rivelerebbe un rischio pari a un caso su un totale di 1058 operai, nell'arco di 40 anni. Motivo per cui l'azienda non vuole riconoscere il nesso di causalità tra le morti e le sostanze lavorate in fabbrica per decenni.

Non è dello stesso avviso il prete del paese, che ha celebrato più di ottanta funerali di operai. E non lo sono neanche le vedove, gli orfani di padri morti dopo una vita trascorsa in fabbrica. E poi c'è la storia di un operaio ammalato di cancro, Luigi Pacchiano, che ha trovato il coraggio di far causa alla Marlene - e che ha denunciato di aver ricevuto minacce per la sua azione legale - ma a cui poi l'Inail ha riconosciuto la malattia professionale ed ha ottenuto dal tribunale di Paola un risarcimento di 220 mila euro.

Ma le questioni sulla Marlene non finiscono qui. Ci si interroga sui finanziamenti dall'Unione europea e dalla Regione, sulle storie di precariato e cassa integrazione, sui sindacati e sui partiti e persino, come si può leggere nei rapporti del Ministero della Sanità, sul mare non balneabile di fronte alla fabbrica, nonostante ci fosse un depuratore.

(30 settembre 2009)


Il tragico bilancio della violenza di stato dopo le manifestazioni per la democrazia
Un operatore umanitario: "Bloccate le vie di accesso, poi hanno riempito le strade di sangue"
Guinea, oltre 150 morti nella repressione
"Si sparava a vista, contro tutto e tutti"



DOPO il massacro, due giorni di lutto nazionale. Potrebbe apparire grottesco, ma la giunta militare al potere in Guinea propone l'improponibile e cerca di passare per vittima di una strage che lei stessa ha ordinato e che il mondo intero ha condannato con forza e sdegno.

Solo ora, due giorni dopo le manifestazioni di decine di migliaia di persone che invocavano il passaggio alla democrazia, si traccia un bilancio della carneficina. Il numero dei morti è ben superiore a quello ammesso, a fatica, dalla fonti ufficiali. Chi ha operato per le strade, chi ha soccorso feriti che agonizzavano sui marciapiedi, chi ha raccolto i corpi ormai senza vita che riempivano gli angoli delle strade attorno allo stadio di calcio "28 settembre", chi ha portato via di nascosto le ragazze aggredite, pestate e violentate dalle case in cui avevano trovato rifugio, racconta di una mattanza che li ha lasciati senza fiato.

Organizzazioni indipendenti, impegnate nella battaglia per i diritti umani, parlano di 157 vittime e di 1283 feriti. Tutti per colpi di arma da fuoco o per ferite da taglio, probabilmente inferte con coltelli e machete. Ci telefona un operatore di Medicins sans frontières, forse una della pochissime organizzazioni presente in ogni angolo dell'Africa e del pianeta. Con voce rotta dall'emozione per lo spettacolo a cui ha assistito ci conferma che la repressione è stata "violentissima". Per la sua incolumità e per garantire il lavoro di assistenza che lui e i suoi colleghi stanno svolgendo ancora in queste ore, evitiamo di riportare il suo nome. Sappiamo che è un italiano, che si occupa di logistica.

"Non sono un medico", ci spiega, "ma chiunque abbia assistito al massacro di lunedì scorso è in grado di capire chi e in che modo ha riempito le strade di Conakry con il sangue. L'aggressione è avvenuta all'interno dello stadio. Poco prima delle 10 e 30 del mattino si erano radunate migliaia di persone. Erano venute da ogni quartiere della città. Molte, addirittura, da fuori. Era stata indetta una manifestazione di protesta contro la giunta militare al potere. L'atmosfera era elettrica. I militari avevano bloccato ogni via di accesso con mezzi, uomini e barriere di ferro e cemento. La folla non si è fatta intimidire. Ha riempito lo stadio. Era previsto un comizio, ma non c'è stato il tempo. Centinaia di soildati e di poliziotti hanno fatto irruzione, hanno iniziato a colpire con mazze, bastoni e coltelli. Poi, davanti alla folla che cercava scampo fuori e dentro lo stadio è iniziata la sparatoria. Si sparava a vista, contro tutti e tutti. Ad altezza d'uomo. I corpi cadevano come birilli. La gente correva, cadeva, cercava di rialzarsi. Fuggivano, ma erano presi da più fuochi. Come greggi allo sbando, molti hanno cercato di rintanarsi nelle case che sorgono all'esterno dello stadio. C'è stata molta solidarietà. Gli abitanti aprivano i portoni e raccoglievano i feriti. Noi siamo usciti con due e poi cinque mezzi. Facevamo la spola tra lo stadio e gli ospedali. Nel giro di un'ora le corsie si sono riempite di 400 feriti. Sette sono arrivati già morti. Almeno quattro, ragazze giovanissime, presentavano i segni inequivocabili della violenza sessuale. Ragazze aggredite per strada o prese direttamente dentro le case dove avevano trovato rifugio".

La situazione è rimasta tesissima per tutto martedì. Solo stamane sono tornate a circolare alcune macchine civili e i negozi hanno ripreso lentamente la loro attività. Lo scenario rimane molto incerto. Il capo della giunta, il capitano Musa Dado Camara, il classico ufficiale che ha preso il potere con un colpo di Stato, si è presentato in tv e ha cercato di gettare acqua sul fuoco. Non si è assunto, ovviamente, la responsabilità di quanto è accaduto. Ha ammesso, candidamente: "Qualcuno ha esagerato. Hanno perso il controllo, io stesso non sono in grado di controllare tutti i soldati". Ma ha anche avvertito: "Nessuna manifestazione sarà tollerata. Ogni assembramento, di ogni natura, verrà considerato sovversivo. Ho dato ordine di intervenire con forza e durezza.". Poi ha sentenziato: "E'venuto il momento della riflessione e del dialogo. Invito tutti, dalle associazioni religiose, a quelle civili, ai leader dei partiti, a parlare di quanto è avvenuto". Ma l'appello è caduto nel vuoto. La gente ha visto e giudica. C'è poco da capire. La maggioranza del paese chiede giustizia, chiede che i responsabili della mattanza siano individuati e condannati. Francia e Belgio, le due grandi ex potenze coloniali che hanno continuato a sostenere la giunta con sforzi militari e forniture di armi, giocano la carta di sempre. Condannano con espressioni di dolore e di orrore e interrompono il flusso di materiale bellico che rimpingua le casse degli uni e degli altri. Fino al nuovo ordine. Il capo della giunta ha un solo obiettivo: garantire una giornata tranquilla per la festa dell'indipendenza che cade domani, 2 ottobre. In attesa delle elezioni di gennaio quando si candiderà a nuovo presidente della Guinea.

(30 settembre 2009)


Rispetto alle stime, riuscito a metà il maxicondono per la regolarizzazione dei clandestini
Le associazioni di assistenza agli immigrati: allungare i tempi ed estendere i criteri
La sanatoria delle badanti è un flop
266.000 domande, Maroni: "No proroghe"


«L'abbiamo spedita a metà mese. Ora non ci resta che aspettare e pregare». Irina è una giovane moldava. Fa la colf per una famiglia di professionisti romani. Oggi è un'invisibile, un'immigrata irregolare. Ma è stata fortunata: «I miei datori di lavoro hanno presentato domanda di sanatoria». Solo così Irina potrà salvarsi dai rigori del nuovo reato di clandestinità. Come lei, tante sono le immigrate che stanno cercando di emergere. Quante? Meno delle previsioni del Viminale, in verità.

Il maxicondono di colf e badanti straniere ha infatti partorito una minisanatoria. I numeri parlano chiaro: dal 1 al 30 settembre alle ore 9 (la procedura on line chiuderà oggi a mezzanotte) sono state 266.092 le domande di regolarizzazione trasmesse on-line.

I moduli richiesti riguardano soprattutto lavoratori ucraini (42mila), marocchini (38mila), moldavi (29mila) e cinesi (22mila). Le domande più numerose provengono dalla provincia di Milano con oltre 50mila moduli scaricati, seguita da Roma con oltre 37mila. A essere richieste sono soprattutto colf (161mila).

Nonostante la notevole accelerazione degli ultimi giorni, non sono state rispettate le stime originarie del ministero dell'Interno, che prevedeva tra le 500 e le 750mila domande. Perché? Innanzitutto, molti datori di lavoro hanno preferito rimanere nel sommerso, per convenienza (non dover presentare il 740) o paura. Non solo. Secondo alcune associazioni a frenare la regolarizzazione sarebbero stati anche i requisiti imposti: l'idoneità dell'alloggio del lavoratore, il limite di reddito (20mila euro) richiesto al datore di lavoro per le colf, il minimo di 20 ore settimanali dovute da contratto.

Per questo Asgi, Arci e Cgil hanno chiesto al governo di emanare un decreto-legge per estendere a tutti i lavoratori stranieri (e non solo colf e badanti) la facoltà di regolarizzare la propria posizione; di consentire la sanatoria anche degli immigrati che svolgono contestualmente più rapporti di lavoro a tempo parziale e infine di prorogare il termine per accedere alla regolarizzazione. Anche l'Adoc, la Uil e l'Associazione nazionale datori di lavoro domestico auspicano una proroga dei termini di regolarizzazione.

Ma il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, fa sapere che non ci sarà alcuna proroga: «Chi non ha usufruito della norma per la regolarizzazione ha deciso di continuare nel lavoro irregolare e sarà soggetto a sanzioni previste dalla legge». Il ministro contesta anche chi ha parlato di flop per la regolarizzazione: «Si sono fatte stime a casaccio, chi ha parlato di 500mila, 700mila, o un milione di domande, ma la norma è stata fatta per fare emergere il lavoro nero di colf e badanti e basarsi sulle stime fatte per dire che è stato un flop è sbagliato».

(30 settembre 2009)